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Autore: _Ella_    13/08/2011    2 recensioni
«La senti, la musica?».
Il biondo tese l’orecchio, sentendo oltre il battito del suo cuore, sopra il rumore delle onde, la melodia delicata della musica; un lento, per essere precisi. Posò quindi lo sguardo sul volto ammiccante di Axel e rise appena, arcuando un sopracciglio e scuotendo la testa; borbottò un “tu sei fuori” divertito, ma il rosso non cambiò espressione
«Oh, c’mon Roxas… shall we dance?»
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Dance with me- St. Lorence

 

Era la notte di San Lorenzo e la musica alta proveniente dalla spiaggia arrivava sin lì, alla camera nel piccolo appartamento del residence vicino al mare.
Roxas sospirò silenziosamente, fissando il cielo stellato dalla finestra aperta, che lasciava entrare la dolce e fresca brezza del mare, che gli carezzava il viso chiaro e gli scompigliava appena i ciuffi biondi.
Da lì riusciva a vedere la spiaggia semilluminata, ed il mare che si univa al cielo in un'unica tonalità zaffiro. Poteva vedere la pista improvvisata che era stata creata sulla sabbia bianca che adesso pareva color cenere, riusciva a vedere le persone che ballavano senza sosta ed immaginava senza difficoltà i sorrisi sui loro volti.
Vedeva tutto il mondo da quella piccola stanza, poteva vedere anche l’universo impreziosito dai quei punti luce meravigliosi, poteva scavare solchi nel petto delle persone, fissando i loro cuori battere forte dalla gioia.
Sospirò malinconico, cercando di sentire il melodico rumore del mare che si infrangeva sulla sabbia, sugli scogli, sotto il frastuono della musica.
Avrebbe voluto passare una bella serata, ma l’idea di stare nella mischia con tutte quelle persone lo infastidiva.
Roxas adorava fissare il mondo.
Adorava poter ascoltare suoni sussurrati dalla natura, parole appena accennate delle persone.
Adorava stare al buio per vedere la più piccola luce, gli piacevano le giornate piene di sole da passare a guardare le nuvole mentre gli uccellini cinguettavano.
Adorava la pioggia per sentire le gocce scivolargli sul viso, amava sentire il sole avvolgerlo come la più vellutata delle coperte.
Adorava passare la giornata con una persona o poco più, a parlare oppure a stare zitti per osservare anche loro.
Quando c’era caos non si pensava e tutto era tanto confuso da sembrare uguale e si sentiva sperso, perché non c’era il momento per fermarsi un attimo a pensare e lui amava prendere le cose con assoluta calma, per non perderne nemmeno un attimo.
«Che fai, non vieni?» la voce calda lo riscosse dal torpore, facendogli battere lentamente le palpebre.
Ricordò  in quel momento di non aver chiuso la porta d’ingresso, quando era rientrato per correre in camera a guardare il panorama.
Ricordò di aver detto ad Axel, poggiato sull’uscio della porta della sua camera, che non sarebbe andato alla festa quella sera, perché quando stava con troppe persone perdeva stupidamente se stesso.
Ricordò che però, tuttavia, non c’era suo desiderio più grande che passare la serata con quel ragazzo e l’idea che l’avesse raggiunto, nonostante avesse già precedentemente declinato l’invito, gli lasciò da pensare.
In fondo, se aveva insistito tanto forse era vero che ci teneva alla sua compagnia.
Lo sentì avvicinarsi ed un brivido lo pervase, dolce e confortevole; volle dare la colpa al vento.
«Lo sai che non mi piace quando c’è troppa gente».
Il rosso s’appoggiò con la spalla al muro di fianco la finestra, a pochi centimetri da Roxas; gli rivolse un leggero sorriso, guardandolo dolcemente
«Lo so ma… tu stai con me, stasera. Non con “gente”» e Roxas arrossì appena a quelle parole, prima di annuire «Non te ne pentirai».

Rabbrividì di terrore quando, pietrificandosi al fianco di Axel, mise piede sul lungomare, proprio di fronte a tutto quel mucchio di persone scatenate.
Aveva già iniziato a preoccuparsi quando, man mano che si avvicinavano, sentiva la musica farsi sempre più assordante e le urla che creavano una cacofonia che gli pugnalava il cervello.
Gli era già venuto mal di testa.
Un altro passo e sarebbe scoppiato in lacrime di puro terrore.
Axel dovette accorgersene, perché disse qualcosa riguardo il suo volto pallido e, accennando al fatto che fosse palesemente sociofobico, gli disse di aspettare qualche minuto, prima di sparire tra la folla.
Proprio quando stava cominciando a pensare che l’avesse lasciato lì come un fesso da solo, oppure calcolando l’idea che magari qualche alieno l’avesse rapito, Axel uscì dalla folla con due birre in mano, sorridendogli ed ammiccando verso dove la spiaggia era completamente deserta e buia, se non fosse stato per la luce di qualche lido che la illuminava.
Roxas restò impalato per qualche secondo al proprio posto, prima di capire cosa intendesse. Era colpa di tutto quel rumore, che non riusciva a pensare, forse stava diventando ritardato.
Quando capì, poi, che Axel aveva intenzione di passare tutta la nottata da solo con lui in riva al mare, il cuore prese a battergli tanto forte che quasi non gli esplose nel petto.
«Beh, non ti va?» chiese il rosso, confuso dal suo silenzio, ma poi l’altro gli sorrise di gratitudine, afferrando una delle due birre fra le mani ed avviandosi sulla spiaggia.

Si erano tolti le scarpe, camminando a piedi nudi sulla sabbia fresca.
Roxas la sentiva solleticargli i palmi dei piedi, insinuarsi tra i solchi delle dita, mentre la musica era diventata ormai leggera, confondendosi col rumore delle onde.
Faceva fresco, ed Axel gli aveva dato la propria camicia blu e gliel’aveva messa sulle piccole spalle, rimanendo solo con la t-shirt grigia. L’aveva ringraziato timidamente, il biondo, mantenendo i lembi della camicia con la mano libera, visto che nell’altra aveva la birra.
Aveva avuto la brillante idea di legare i lacci delle scarpe alla cintura per lasciarlo libero dall’impiccio, ed adesso le converse bianche gli dondolavano al fianco, andando a sbattere contro il bermuda di jeans chiaro.
Axel, al suo fianco, sembrava non patire il freddo con la sua t-shirt ed il pantalone stracciato alle ginocchia e in vari punti della gamba, che aveva piegato per il momento fin su al polpaccio, per poter camminare tranquillamente con i piedi in acqua.
Si erano scambiati sì e no qualche parola da quando avevano preso a camminare lontano dalla folla, ma Roxas considerò sollevato che quello era tutt’altro che un silenzio imbarazzato, almeno non per lui. Nemmeno Axel sembrava teso, a dirla tutta, anzi.
«Ehi» fece ad un tratto quello, facendolo fermare «Perché non ce ne stiamo qui? Non c’è tanta luce e si vedono benissimo le stelle in questo punto».
Il biondo rivolse il naso al cielo, considerando che la vista era a dir poco meravigliosa; annuì in risposta e, togliendo le scarpe dalla cinta e poggiandole per terra, si accomodò nella sabbia, facendo segno all’altro di raggiungerlo.
Axel non se lo fece dire due volte e, dando un’ultima volta un calcio all’acqua scura, lo raggiunse, sedendosi al suo fianco e facendo tintinnare le due bottiglie di birra
«A cosa brindiamo?» domandò Roxas, avvicinando il collo della bottiglia verde alle proprie labbra
«Uhm…» l’altro ci pensò, portandosi le dita al mento «Ai desideri»
«Ai desideri?»
«Beh, in una notte con le stelle cadenti mi sembra la cosa più appropriata, no?».
Roxas sorrise per l’infantilità, nonostante Axel avesse qualche anno in più a lui, ed annuì compiaciuto. In effetti, non poteva esserci di meglio su cui brindare; così, dopo un “ai desideri” i due bevvero un sorso della birra, prima che tornassero a posare i loro occhi sul cielo sopra di loro.
Quando ebbe finito la birra, il biondo si stese con la schiena sulla sabbia, incrociando le braccia dietro alla nuca. Erano bellissime le stelle quella notte, sembravano più luccicanti del solito in qualche modo, più brillanti, come se fossero state lucidate, se possibile.
Gli sembravano tanti piccoli diamanti incastonati nel cielo, uno più prezioso e bello dell’altro.
«A cosa pensi?» fu la domanda che il rosso gli rivolse, stendendosi sul fianco e mantenendo la testa sul pugno chiuso, fissandolo in viso
«A nulla, stranamente…» sussurrò, girando il volto per guardarlo ed arrossendo, quando si accorse della vicinanza «Tu?»
«Al desiderio che esprimerò» asserì sorridendogli «Non vedo l’ora che si avveri»
«E qual è?» chiese flebilmente; poteva sentire il suo buon odore da quella distanza
«Segreto» disse, posandogli un dito sulle labbra «Altrimenti non si avvera».
Roxas rimase in silenzio, fissandolo negli occhi; sentiva la bocca scottargli per quel contatto e il tempo sembrava essersi fermato. Axel non parlava, non si scostava, solo gli fissava le labbra e, muovendo il polpastrello dell’indice, seguì il contorno della sua bocca schiusa.
Si ritirò poi lentamente, sorridendogli ed alzandosi in piedi, tendendogli la mano
«La senti, la musica?».
Il biondo tese l’orecchio, sentendo oltre il battito del suo cuore, sopra il rumore delle onde, la melodia delicata della musica; un lento, per essere precisi. Posò quindi lo sguardo sul volto ammiccante di Axel e rise appena, arcuando un sopracciglio e scuotendo la testa; borbottò un “tu sei fuori” divertito, ma il rosso non cambiò espressione
«Oh, c’mon Roxas… shall we dance?» fece con voce bassa e leggermente rauca e Roxas, forse per via della bottiglia bevuta, afferrò la mano che era tesa verso di lui, non riuscendo a dirgli di no.
Axel gli posò una mano alla schiena, tenendo l’altra intrecciata alla sua e, avvicinandolo a sé, cominciò a improvvisare qualche passo sulla sabbia, facendolo ridere divertito
«Ah, lei ferisce la mia sensibilità… cos’è, my lord, per caso non so ballare?» chiese il maggiore, facendolo volteggiare e strappandogli un altro sorriso «Sei bellissimo quando sorridi, sai? I-insomma… sei bello sempre però… quando sorridi di più, ecco».
Roxas abbassò il volto di scatto, arrossendo fin alla punta dei cappelli. Gli… gli aveva fatto un complimento!
Axel rise del suo imbarazzo, chinando il viso fino a sfiorare con le labbra i suoi capelli profumati.
Altri giri, altri pochi passi, poi il rosso lasciò scivolare in giù il corpo del ragazzo più giovane per fargli fare un caschè, chinandosi nella schiena per arrivare al suo viso ancora rosso; gli occhi celesti sgranati, il cuore palpitante e il respiro di Axel che sfiorava il suo volto. Gli occhi si scrutarono per diversi attimi, mentre lentamente i visi si avvicinavano, finché i nasi non si sfiorarono tra loro.
«A-axel… i-io…».
In realtà nemmeno lui sapeva cosa dire. Forse “io ho capito che mi piaci”, forse un “io voglio baciarti, non trattenerti”, forse altre mille e mille cose che l’altro parve capire, dandogli un bacio così dolce e leggero che valeva sicuramente più di milioni di parole, infinite spiegazioni.
Durò solo un attimo, ma Roxas ci trovò racchiuso tutto il tempo del mondo.
Riaprì gli occhi che aveva chiuso appena le labbra si erano sfiorate e si trovò a scrutare quelli brillanti di Axel, che lo trascinò a sedersi sulla sabbia, facendoselo sedere tra le gambe e lasciando che si poggiasse con la schiena contro il proprio petto, in modo che entrambi potessero guardare il cielo in attesa di una stella cadente.
Il rosso posò la guancia contro la testa dell’altro, circondandogli le spalle con le braccia
«Si è fatto tardi, meglio ritornare» sussurrò, socchiudendo gli occhi; Roxas s’imbronciò appena
«Ma non abbiamo ancora visto le stelle cadenti» borbottò
«Beh, per quanto mi riguarda, il mio desiderio si è già avverato».
Roxas sorrise, mordendosi un labbro e stringendosi più ad Axel. Sentiva ancora il suo buon sapore, sulle labbra, misto a quello un po’ amaro della birra.
Ma sì, in fondo non c’era bisogno di una stella cadente.
In quel momento aveva tutto quello che potesse desiderare.



Allora.
Questa è di San Lorenzo, lo so.
Ma chi se ne frega.
Non è colpa mia se sono passati 3 giorni XD
Oh, per aver scritto questa storia ringrazio tanto Hayley Black *-* che mi ha ispirata moltissimo
Tante grazie amor mio <3
Allur.
Niente **
Spero che quetta piccola sturiella che mi ha fatto venire le carie piaccia <3
Buon AkuRoku day anche qui **
(Si vede che sono esaltata? D: )
See ya! <3

   
 
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