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Autore: Rebel Girl    13/08/2011    2 recensioni
Non ho la minima idea di come introdurre questa storia! T.T
Umi Serizawa è la fidanzata di Aiba Masaki. Sembra la ragazza perfetta per Aiba.Ma Umi nasconde un segreto.....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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umi

Ne, Sachiko, tu cosa ne pensi delle persone che si trovano l'amante?”
Erano le tre del pomeriggio di una fredda giornata invernale. La biblioteca dell'università era zeppa di studenti che, a causa del freddo pungente, si erano rinchiusi in quel edificio adiacente alla sede centrale, leggendo libri, sorseggiando lo scadente caffè delle macchinette o parlando con le amiche fingendo palesemente di studiare. Umi girò annoiata le pagine del libro di diritto civile, attendendo che l'amica alzasse il viso dal suo pesantissimo quaderno degli appunti e le prestasse un minimo di attenzione. Sachiko tamburellò con la penna sul tavolo di legno scuro, alzando quel poco che bastava gli occhi per sbirciare il viso di Umi.
“Perché fai una domanda del genere ad una single?”
La mora alzò le spalle, concentrandosi sulle scritte sul quaderno della castana.
“Così, mi incuriosisce la tua opinione.” buttò li la ragazza. La pioggia non dava segno di voler smettere di cadere, l'acqua scorreva veloce sui vetri delle finestre. Sachiko esitò un attimo prima di rispondere, indecisa se chiudere quel libro di diritto che non le sembrava particolarmente invitante quel giorno e spettegolare con l'amica.
“Beh, se una persona si fa l'amante molto probabilmente l'attuale fidanzato non la soddisfa pianamente. Magari è una spina nel fianco.” rispose la castana, appoggiando il mento sul palmo della mano e scrutando la mora con grande interesse.
“Sai, conosco un'amica che ha l'amante. Ma non se l'è fatto perché il fidanzato era seccante.” mormorò Umi, osservando una coppietta di amiche che si precipitava dietro ad uno scaffale con una montagna di libri tra le braccia. “ Tra loro va tutto alla grande, eppure lei ha un altro.”
“Da quanto stanno insieme?”
Umi sembrò pensarci su, appoggiando la schiena sullo schienale della sedia e raccogliendosi i capelli in una coda di cavallo alta con il solo intento di impiegare le mani in un'attività che fosse stata diversa dallo scrivere su un quaderno frammenti di frasi ricopiati da un libro dell'università. “Saranno più o meno tre anni.”
“E con l'amante?” chiese Sachiko, sorridendo maliziosamente. I gossip erano da sempre stati l'argomento preferito della ragazza. Umi alzò gli occhi al soffitto, pensierosa.
“Un anno.”
Sachiko cercò di trattenere una risata, timorosa che la bibliotecaria la sbattesse fuori sotto al diluvio universale.
“E non ha ancora lasciato il fidanzato?” esclamò stupita, nascondendo un sorriso dietro alla mano. Umi posò i piedi per terra, diede una piccola spinta e cominciò a dondolarsi sulla sedia.
“Forse perché non ha nessun motivo di farlo.”
La castana si portò la penna alle labbra, mordicchiando il tappo nero di plastica e lanciando occhiate fugaci all'amica.
“Ne, chi è questa?”
Umi smise di dondolarsi, riprendendo il libro dalla borsa rossa e riaprendolo al capitolo che pochi istanti prima aveva accantonato per mancanza d'ispirazione.
“Non la conosci .”
Troncò lì la conversazione, lasciando Sachiko senza parole.
Non poteva certo dirle che quella ragazza era proprio lei.





Buona serata, signorina.”
La voce del conducente del taxi le giunse calda e cristallina alle orecchie mentre si chiudeva la portiera dell'auto alle spalle. Umi si avvicinò al finestrino del sedile vicino al guidatore, sorridendo all'ometto basso e dall'aspetto tondeggiante.
“Anche a lei, Miura-san.” rispose allegramente la moretta, porgendo i soldi della corsa all'uomo. Umi sentì le ruote della macchina sgommare leggermente sull'asfalto, prima di prendere velocità e incolonnarsi dietro alle numerose macchine che sfrecciavano lungo la strada principale di Tokyo. L'aria fredda di Febbraio le scompigliò i lunghi capelli neri come la pece, facendoli ondeggiare al vento. La ragazza si strinse nel trench di lana rosso, rabbrividendo al freddo della sera invernale.
L'odore di fritto proveniente da qualche bancarella del parco le arrivò fino alle narici, facendole venire l'acquolina in bocca. L'ultimo pasto che aveva consumato era stato il pranzo che aveva condiviso con l'amica Sachiko e i crampi della fame le stavano facendo andare lo stomaco in subbuglio. Affrettò il passo, pensando che non appena arrivata dentro avrebbe sicuramente cenato con il suo fidanzato. Sorrise all'idea di rivederlo, sbadato e smemorato com'era non si era nemmeno fatto sentire per tutta la giornata. Molto probabilmente il suo manager l'avrà costretto a chiudersi in sala di registrazione come un'appestato o, e questa le sembrava la risposta più incline alla verità, il ragazzo aveva semplicemente accostato l'idea di chiamarla insieme ai tanti altri messaggi che gli arrivavano e a cui rispondeva giorni e giorni dopo averli ricevuti. Umi si scrollò di dosso un paio di foglie che le erano finite sopra alla spalla, facendole cadere sul marciapiede pieno di pozzanghere . Quella mattina aveva piovuto parecchio e l'aria odorava ancora di pioggia e umidità. Salendo alcuni gradini di un possente edificio si scontrò con una bambina di appena cinque anni che, dall'urto , fece cadere il suo peluche di pezza. La bambinette si fermò sull'ultimo gradino, voltandosi alla ricerca del pupazzo e ignorando le richieste della madre di sbrigarsi.
Umi ritornò sui propri passi, si chinò appena e raccolse la pantera morbida e soffice . Con il palmo della mano spolverò la testa dell'animale, privandola della polvere che gli si era annidata sotto al pelo arruffato. Il rumore degli stivali della bambina le fecero alzare lo sguardo, costatando che la piccola aveva risalito i scalini e ora stava in piedi davanti a lei, il faccino tondeggiante e le guanciotte rosa rivolte all'insù, osservando la pantera che Umi stringeva tra le mani. La moretta sorrise, porgendo il pupazzo alla legittima proprietaria.
“Tieni.” disse la ragazza, dando un leggero e affettuoso buffetto sulla guancia morbida e bianca come la porcellana della bambina. Quella sorrise, mostrando i denti, agli angoli della bocca comparvero due fossette ben marcate.
“Arigatou, Onee-chan!” rispose la bambina allegramente, salutandola con la mano piccina e ritornando dalla madre. Umi sorrise, riconoscendo nel sorriso della bambina le sue stesse fossette. Non riuscì a non pensare al fatto che quelle fossette infantili che possedeva fin dalla nascita facevano impazzire lui.

Quel lui che non era il suo ragazzo....


Cercò di scacciare dalla mente il viso del ragazzo, stringendo la borsa e voltandosi verso la porta dell'edificio che portava la luminosa insegna “ Johnny's Entertainment.” , spingendo la porta a vetri con una mano e facendo ondeggiare il pacchetto rosso plasticato con l'altra.
La donna in tailleur al bancone della reception le lanciò un'occhiata veloce, alzando una mano dalla cartellina nera e abbozzando un mezzo saluto.
“Buonasera, Serizawa-san.” esclamò la donna, sorridendo pacatamente. Umi la salutò sventolando la mano libera. Erano mesi ormai che faceva avanti e indietro in quel edificio e benché si ostinasse ad arrivare quasi sempre all'orario di chiusura, la vigilanza e le donne che lavoravano come manager o segretarie chiudevano sempre un occhio, fingendo di non vedere le sue incursioni notturne.
Premette il tasto del decimo piano, guardando le porte dell'ascensore chiudersi con un silenzioso e attutito clic. Il suo sguardo si posò sulla sua immagine riflessa sulla superficie argentata che ricopriva le pareti dell'ascensore, sistemandosi velocemente una ciocca di capelli dietro all'orecchio. Strinse nervosamente il pacchetto tra le dita tremanti delle mani, sospirando e contando mentalmente i secondi che le mancavano per arrivare al suo piano.
Quella era una giornata importante, era il 14 Febbraio, San Valentino. Quasi le sembrava ieri il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta il suo ragazzo, Aiba Masaki. Umi sorrise, ricordando come se fosse appena successo il loro primo incontro.
Quel lontano Febbraio dei suoi 17 anni....

Umi osservava il fumo biancastro del suo respiro congelato uscirle dalla bocca dischiusa, si contorceva nell'aria come nuvole di fumo magico, salendo lentamente verso il cielo per poi scomparire in un batter di ciglia. Erano ore ormai che stava in piedi in mezzo al marciapiede pullulante di liceali, uomini d'affari e coppiette che avevano deciso di passare il sabato sera in giro per le vie di Tokyo, rinchiudendosi dentro a qualche bar, ristorante o andando al cinema a guardare qualche nuovo film uscito da poco nelle sale.
Umi fece schioccare la lingua spazientita, prendendo tra l'indice e il pollice la manica del giubbotto rosa dell'amica, tirando leggermente la stoffa verso il basso.
“Ne, Sachiko-chan... non possiamo semplicemente andare in qualche bar aperto per noi povere liceali minorenni?” esclamò la moretta, dando più forza al suo strattone “ Non passerà nessun idol per di qua, lo vuoi capire?”
Sachiko si liberò della stretta salda dell'amica, lanciandole uno sguardo di fuoco, allontanandosi di qualche passo da lei, visibilmente irritata.
“Sono sicura che qualcuno passerà, sono sicura.” esclamò la ragazza, il tono di voce aveva leggermente sfiorato i decibel consentiti per non prendersi una denuncia di disturbo della quiete pubblica. Umi alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto, facendo ondeggiare la borsetta bianca. Presa da una sfrenata noia, cominciò a camminare avanti e indietro per lo spiazzo deserto davanti ad un ristorante francese, strascicando i piedi per terra, colpendo qualche sassolino con la punta degli stivali neri, maledicendo l'amica che si stava comportando come una perfetta fan girl in mezzo al marciapiede.
Avrebbe potuto fare tante altre cose quella sera, invece di passarla all'agghiaccio con la sua migliore amica in mezzo ad una via particolarmente trafficata in centro Tokyo ad aspettare, Dio sapeva solo perché, qualcuno di famoso. Avrebbe potuto studiare per il prossimo compito di matematica che le sembrava particolarmente difficile, dato che non aveva mai aperto il libro da quando era iniziata la scuola. Oppure si era appena ricordata che facevano quel bellissimo film basato su una storia strappalacrime e particolarmente deprimente che aveva atteso di vedere da mesi.
Era così concentrata a camminare come una funambola sul ciglio del marciapiede, allineando attentamente i piedi uno dietro all'altro mentre con le braccia spalancate cercava di mantenere l'equilibrio più stabile possibile, che non si accorse minimamente delle occhiate preoccupate che i passanti le davano, catalogandola come l'ennesima ubriaca del sabato sera. Umi si sentiva una stupida nel vedere che la sua unica attività di quella sera era quella di rendersi ridicola davanti alla gente.
Mise un piede in fallo, scivolando dal marciapiede nell'esatto momento in cui un taxi stava per parcheggiare vicino a lei. La macchina gialla non aveva ancora rallentato e si prestava ad avvicinarsi al marciapiede ad una velocità che sicuramente avrebbe investito Umi se fosse caduta in mezzo alla strada. Lanciò un urlo stozzato, ma una mano la prese per il polso, trascinandola verso la parte sicura del marciapiede. Umi inciampò sbadatamente sui suoi stessi stivali, andando a finire tra le braccia del suo salvatore. Si allontanò velocemente da lui, massaggiandosi con le punta delle dita la guancia dolorante che era andata a sbattere contro il petto dello sconosciuto. Alzò lo sguardo verso il viso del ragazzo, incrociando un paio di occhi scuri e vivaci. Sulle prime non riuscì a capire se fosse di aspetto gradevole o meno, dato che la pesante sciarpa blu gli copriva metà del viso. Anche il cappello di lana verde faceva il suo gioco, camuffando il suo aspetto. Indossava un giubbotto pesante con il cappuccio, un paio si jeans chiari e delle scarpe da ginnastica.
“Stai bene? Non avrai mica pensato di toglierti la vita lanciandoti sotto ad un taxi in procinto di parcheggiare, vero?”
La sua voce era squillante, allegra. Umi aggrottò la fronte, voltandosi per notare che il taxi si era fermato a pochi metri di distanza da lei.
“Non volevo morire. Mi stavo solo annoiando.” esclamò la ragazza, sistemandosi la sciarpa rossa attorno al collo che, dallo scossone, le si era allentata. Umi alzò lo sguardo verso lo sconosciuto, rimanendo stupita nel vedere che se ne stava davanti a lei silenzioso, come se attendesse qualcosa di più che una semplice negazione di un suicidio. Abbassò la testa in un inchino, aggiungendo: “Grazie per avermi salvata.”
Sorrise e ritornò a grandi passi dall'amica che guardava con gli occhi sgranati il ragazzo che, dopo averle risposto con un educato “Di niente” stava entrando in un piccolo Karaoke infondo alla strada.
Si aggrappò alla manica di Umi, strattonandola con forza e indicando come una pazza in preda ad una crisi isterica la porta del Karaoke dietro a cui era appena scomparso il miracoloso salvatore.
“O mio Dio, sai chi era quello?” esclamò tutta eccitata Sachiko, gli occhi le stavano uscendo dalle orbite da quanto sgranati erano. Umi rifletté per alcuni secondi, cercando di ricordare il viso dello sconosciuto.
“Una persona che entrava in un karaoke?” domandò dubitante la mora, ma a quanto pare l'amica non intuì la sua vena ironica dato che le assestò un colpo con la borsetta firmata chanel sulla spalla.
“Quello era Aiba Masaki! Ma ti rendi conto che le fan pagano per vederlo cantare e tu hai avuto una conversazione con lui gratis!!?”
Umi aggrottò la fronte, osservando Sachiko con la stessa espressione che avrebbe riservato alla comparsa di un alieno davanti ai suoi occhi.
“Io non la riterrei una conversazione, dato che ci siamo scambiati due parole e lui stava decisamente dubitando della mia sanità mentale.” rispose la mora. Sachiko alzò gli occhi al cielo, decidendo che non avrebbe mai più portato Umi Serizawa a caccia di idol con lei.
La prese saldamente per una mano, trascinandola come un bambina dietro a quel ristorante francese ,dove erano state ferme per ben due ore, il cui proprietario avrebbe sicuramente chiamato la polizia se sarebbero di nuovo tornate davanti al suo locale. Dietro alla struttura c'era un piccolo parco dotato di qualche panchina e un'altalena dall'aspetto cadente. La fece sedere su quella che doveva essere stata una panchina in origine e incrociò le braccia al petto, lo sguardo decisamente irritato. Umi sospirò, abbandonando la borsetta di fianco a se e appoggiando la schiena allo schienale.
“Perché mi hai trascinato qui?”
Sachiko le mise le mani sulle spalle, stringendo appena la presa.
“La domanda che devi farti non è perché ti ho trascinata qui ma ..” lasciò passare qualche secondo per dare enfasi alla frase che stava per dire, per poi aggiungere: “ Ho abbastanza eye-liner sugli occhi?”
Per poco Umi non le scoppiò a ridere in faccia, trattenendo una grossa risata solo per non fare arrabbiare ulteriormente Sachiko. La castana evitò apertamente le lamentele di Umi ed estrasse dalla borsa un lucida labbra, che le passò con cura sulla bocca, e una boccietta di profumo che solo Dio sapeva come c'era finita dentro alla sua borsa. Ignorando le suppliche di Umi di lasciarla andare a casa, la trascinò a forza dentro al Karaoke.
Il locale era caldo e accogliente, il bancone della reception era illuminato da luci rosse e palloncini a forma di cuore erano appesi vicino alla porta. Il clima era così in tema con San Valentino che Umi non poté non commiserarsi ulteriormente per essere ancora single a 17 anni. Sachiko prenotò una stanza del karaoke per un'ora e, con il scontrino ancora stretto tra le dita smaltate di rosa, si avviò allegramente per il corridoio. La loro stanza portava il numero 6 appeso alla porta bianca e non appena le due ragazze furono entrate, Sachiko si chiuse la porta alle spalle allo stesso modo di una spia in incognito.
“Bene, Aiba Masaki è qui dentro e noi lo attireremo cantando tutte le canzoni che ci sono degli Arashi.” esclamò Sachiko, togliendosi la sciarpa e lanciandola sul divano nero.
“Non è mica un animale della savana!” esclamò Umi, togliendosi il giubbotto ed esibendo per la prima volta la maglia che aveva comprato con tanta fatica con i soldi del suo lavoro par-time “Sembri una bracconiera.”
Sachiko non la stette nemmeno ad ascoltare e cominciò selezionare una canzone degli Arashi a caso.
Per ben mezz'ora non fecero altro che cantare canzoni su canzoni di quel gruppo musicale. Umi non conosceva le loro canzoni, così si limitò ad suonare le maracas a tempo di musica e a ondeggiare il microfono come se fosse stato un uchiya.
Umi sentì il polso dolerle così abbandono il microfono sopra al tavolo, guardandosi i piedi con aria distrutta, desiderosa più che mai di tornare a casa e di togliersi quei stivali che le stavano facendo gonfiare i piedi. Erano passati anni dall'ultima volta che aveva messo piedi in un Karaoke. Ora ne ricordava il motivo. Lei e la musica non andavano decisamente d'accordo.
Si alzò in piedi, dirigendosi con fare annoiato verso la porta bianca. Sachiko alzò lo sguardo dal display luminoso dell'apparecchio per il karaoke, lanciandole un'occhiata preoccupata.
“Non avrai mica intenzione di scappare vero?”
Umi sventolò una mano all'altezza del viso, scuotendo la testa. “Vado solo in bagno. Torno subito, fan-girl.”
Si chiuse la porta alle spalle, nell'esatto momento in cui le note di “Hadashi no mirai” cominciarono a risuonare per la stanza. Si voltò in direzione del bagno, andando a sbattere contro qualcosa.
Alzò lo sguardo, massaggiandosi la fronte dolorante. Un ragazzo sui 24 anni le stava davanti, un paio di occhi vivaci si incatenarono con i suoi. Aveva un bel fisico, la maglia a maniche lunghe bianca gli ricadeva un po' larga sul corpo.
“Chiedo scusa, non l'avevo vista.” mormorò Umi, inchinandosi appena. Sentì la risata allegra del ragazzo giungerli alle orecchie, costringendola ad alzare il capo.
“E' la seconda volta che ci incontriamo.” esclamò divertito il castano, sorridendo alla moretta. “Non è che mi stai pedinando per caso?”
Umi l?osservò attentamente e solo allora riconobbe il ragazzo con il berretto verde che aveva incontrato fuori sul marciapiede. Ora che si era tolto il giubbotto e la sciarpa la ragazza lo poteva vedere bene il faccia. Aveva un bel viso che le ricordava le fattezze di un felino, i capelli erano corti e dall'aspetto morbidi.
“Veramente potrei pensare anch'io la stessa cosa di lei.” rispose Umi, ricambiando il sorriso che Aiba le aveva appena donato. La verità era proprio come l'aveva detto il cantante ma Umi non poteva certo rivelargli i piani da stalker dell'amica. Masaki annuì, osservandola intensamente, un sorriso quasi bambinesco stampato sulle labbra. Umi si inchinò nuovamente, superandolo e dirigendosi a passo spedito verso il bagno. Non sapeva perché ma aveva sentito qualcosa, una specie di scossa elettrica scorrerle lungo la schiena quando il ragazzo l'aveva osservata con quello sguardo. Il suo sguardo aveva semplicemente indugiato troppo sul suo viso.
Umi stava per scomparire dietro alla porta del bagno quando la voce di Aiba la fece voltare nuovamente.
“Facciamo così, se ci incontriamo di nuovo all'uscita tu mi dai il tuo numero di telefono.”
La mora sgranò gli occhi, spalancando la bocca stupita.
“Come? Che cosa ti fa credere che lo farò?” rispose, non riuscendo a controllare il tremolio che si era impossessato della sua voce. Da quando le tremava la voce quando parlava con i ragazzi?
Aiba sorrise, infilando le mani nelle tasche dei jeans e voltandosi nella direzione opposta, saltellando leggermente da un piede all'altro.
“San Valentino, oggi mi sento fortunato.”
Umi lo guardò scomparire dietro ad una porta, canticchiando una canzoncina a bassa voce.
Quella sera la ragazza diede veramente il numero al giovane Masaki.
E il giorno dopo, Masaki telefonò sul serio.



Le porte dell'ascensore si aprirono lentamente, ridestando dai suoi pensieri la moretta. Umi si avviò lungo il corridoio canticchiando la stessa canzone con cui tre anni fa Aiba l'aveva lasciata senza parole al Karaoke. Un sorriso malinconico tinse le labbra rosate della ragazza, il cuore le si strinse in una morsa d'acciaio.

Se solo Aiba avesse saputo tutto.......

Raggiunse il camerino degli Arashi, indugiando alcuni secondi davanti alla porta bianca.
Che cosa avrebbe fatto se lui fosse stato li?
Sarebbe riuscita a comportarsi come sempre?
La maniglia si piego verso il basso e la porta si aprì con uno scatto deciso. Sulla soglia fece capolino Jun, i bei capelli neri ordinati e all'apparenza appena stirati alla perfezione dalla parrucchiera.
A quanto pare non aveva visto all'istante Umi, dato che gli andò a sbattere letteralmente addosso. Umi barcollò leggermente, cercando di mantenere l'equilibrio. Jun alzò lo sguardo dal telefono, osservando con una espressione accigliata la ragazza.
“Oh, Umi-chan. Scusa, non ti avevo proprio vista. Ti ho fatto male?” domandò il moretto, posandogli un mano sulla spalla. Umi sorrise, inginocchiandosi per prendere il sacchetto rosso che le era caduto a causa dell'urto. Il ragazzo aveva un non so che di diverso quel giorno. Umi lo conosceva ormai da un paio di anni e Jun per lei era diventato come un libro aperto. L'osservò velocemente, notando ciò che le pareva diverso allo sguardo. Il ragazzo aveva semplicemente accorciato la frangia. Si diede della stupida al pensiero di aver notato quel piccolo particolare.
“No, tranquillo Jun-kun. Sono io che devo scusarmi. Stavo davanti alla porta come una perfetta imbecille.” rispose Umi, cercando di sistemare velocemente il fiocco del regalo rosa che si era leggermente afflosciato. La voce squillante di Sho giunse dall'interno del camerino, il tono palesemente canzonatorio.
“Scusalo, Umi-chan. Si è appena fatto i capelli quindi il suo cervello è un tantino in tilt a causa del vapore della piastra!”
Jun aggrottò la fronte, rientrando nella stanza velocemente, visibilmente irritato. Umi lo segui, non riuscendo a trattenere una risata divertita. Sho sedeva su una sedia davanti a uno dei tre specchi destinati alle parrucchiere e alle truccatrici. Reggeva in mano un quotidiano spiegazzato aperto sulla pagina dedicata alla politica. Indossava una tuta dell'adidas dall'aspetto trasandato, i capelli sembravano aver appena combattuto una battaglia persa contro il pettine. Non appena la vide entrare, le sorrise e alzò una mano in segno di saluto. Umi lo salutò allegramente, sbirciando da dietro le sue spalle l'articolo che il ragazzo stava leggendo.
“L'economia va a rotoli, Sho?”
“Non quanto la stiratura di Jun.”
“Smettila di fare certe battute, Sho! A quelle ci pensa Nino.” rispose acidamente Jun, strappandogli il giornale dalle mani. Satoshi, seduto sul divanetto bianco, alzò lo sguardo dal suo album degli schizzi, posandolo su i due compagni.
“Per piacere, smettetela di litigare.” mormorò con il suo solito tono di voce basso e biascicato. Jun e Sho capirono a mala pena quello che aveva appena detto.
Umi alzò lo sguardo dal giornale, posandolo sulla figura minuta del Riida. Non riusciva a capirne il motivo, ma ogni volta che entrava nel loro camerino non captava mai la presenza di Satoshi. Era silenzioso come una statua e si sapeva mimetizzare meglio di un camaleonte.
“Ciao Oh-chan.”
Satoshi mormorò un “oh” a bassa voce. Umi spostò lo sguardo verso il divanetto e vide, seduto in modo scomposto vicino al ragazzo, Nino. Reggeva in mano il nintendo rettangolare, spostando le dita magre velocemente da un tasto all'altro, lo sguardo visibilmente assorto nel suo gioco.
Umi si schiarì la gola, cercando di attirare la sua attenzione.
“Ciao, fidanzatina di Aiba-chan.”
La voce di Nino era totalmente incolore, quasi come se il suo saluto fosse una pura formalità e non una cosa veramente desiderata. Umi arricciò le labbra, sentendo il desiderio infrenabile di uccidere quel sociopatico minuscolo e drogato di videogiochi.
“Ciao ,nano malefico.”
“Non fare caso a lui. E' da stamattina che è totalmente intrattabile.” esclamò Jun, dandole una leggera pacca sulla spalla “Più del solito, direi.”
Sho rise a pieni polmoni, riprendendosi il giornale che il moretto stringeva ancora tra le mani . “Nessuno gli ha regalato nemmeno un cioccolatino per San Valentino.”
“Come se tu ne avessi ricevuto qualcuno, Keio-boy.” borbottò Nino, gli occhi scuri che scorrevano velocemente sul display illuminato del nintendo.
Ohno lanciò un'occhiataccia a Sho, invitandolo a tacere. Sho si limitò a scrollare le spalle, ritornando alla lettura del suo quotidiano.
“Scusate, sapete dov'è Masaki?” domandò la ragazza, sondando la stanza con lo sguardo, nel vano tentativo di vedere sbucare il suo ragazzo da qualche angolo del camerino.
Alzò il pacchetto rosso a mezz'aria, sorridendo. “Dovrei dargli questo.”
Jun prese il pacchetto tra le mani, esaminandolo con cura.
“Sono cioccolatini?”
“Si. Sono fatti in casa, spero che gli piacciano.” rispose Umi, osservando Jun sorridere e restituirle il pacchetto.
“Aiba è davvero fortunato nell'avere una fidanzata che gli prepara dei cioccolatini fatti in casa.” esclamò Sho, girando una pagina del giornale, lanciandole una fugace occhiata compiaciuta.
Ohno appoggiò il quaderno sul tavolino di vetro, alzandosi dal divano e avvicinandosi alla ragazza, osservando con grande interesse il sacchettino rosso.
“Oggi è il vostro anniversario, vero?” domandò il ragazzo, lasciando che Umi gli mettesse il regalo di San Valentino tra le mani per poterlo guardare meglio.
La ragazza annuì felicemente. “Si, sono tre anni oggi.”
Le esclamazioni di Jun e Sho la stupirono parecchio.
“Wow, già tre anni?” chiese stupito il rapper degli Arashi, alzando gli occhi e puntandogli leggermente sconvolto su Umi.
“Sembrava ieri quando gironzolavi di nascosto nel nostro camerino indossando la divisa scolastica.” esclamò l'esteta del gruppo, guardando sbalordito la ragazza che, inevitabilmente, aveva riso nel vedere gli occhi a palla di Sho puntati su di lei.
Umi annuì nuovamente, sorridendo.
“Io non direi gironzolare liberamente. Masaki mi nascondeva la faccia sotto al suo giubbotto come se fossi una clandestina abusiva, spacciandomi per la sorella di Sakurai-kun.”
La porta alle loro spalle si aprì nell'esatto momento in cui le persone all'interno della stanza scoppiarono in una risata generale, escludendo Nino che aveva sbuffato sonoramente, imbronciando di più il viso già da prima solcato da un'espressione scocciata.
“HO FINITO LE REGISTRAZIONI GENTE!”
La voce squillante di Aiba precedette il corpo stesso del ragazzo, entrando nella stanza come un uragano estivo. Il castano lanciò con poca attenzione il grande fascicolo delle nuove canzoni appena incise sul divano, colpendo in testa il povero Kazunari che, senza tante pretese, rigetto i fogli per terra. Aiba individuo nel giro di pochi secondi Umi, sorridendo allegramente e correndo verso di lei,stampandogli un leggero bacio sulle labbra.
“Umi-chan, che ci fai qui? Pensavo che mi aspettassi a casa tua.” esclamò il ragazzo, cingendole i fianchi con le braccia. Sho alzò il giornale sopra al viso, costringendo se stesso a non guardare quella scena troppo amorosa che assomigliava vagamente ad un episodio di un drama sentimentale. Jun si voltò dall'altra parte con Satoshi, fingendo di leggere lo script del “Quiz Show” con l'amico.
Umi arrossì leggermente, scompigliando amorevolmente con una mano i capelli soffici e profumati del fidanzato.
“Pensavo di passare a farti una visitina. Sono appena uscita dall'appartamento di una mia amica, abbiamo studiato fino a tardi per il prossimo esame e dato che ero di strada, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedermi.” rispose la moretta, cambiando l'espressione gioiosa sul volto in un broncio deluso. “Non ti sei mai fatto sentire, oggi.”
Aiba sbatte le palpebre confuso, cercando velocemente di trovare una risposta che non avesse alimentato l'ira della fidanzata.
“Oggi? Beh, oggi ho avuto molto da fare. Sai, tra le registrazioni e le riprese per il Vs non ho mai avuto un minuto libero.” rispose il castano, sorridendo come un bambino che cerca di addolcire la sfuriata imminente della madre.
Notando il silenzio prolungato di Umi e il pungo alzato con cui lo stava minacciando, Aiba si affrettò ad aggiungere: “ Ma avevo intenzione di farlo, ne?”
Umi rimase senza parole. Non le aveva nemmeno fatto gli auguri!
Scosse il capo, abbassando il braccio e decidendo di arrabbiarsi più tardi con il cantante.
“Comunque, ti ho portato una cosa.” disse la moretta, scostandosi da Aiba per cercare il sacchetto rosso con i cioccolatini “ Ma dove sono?”
Satoshi si avvicinò di qualche passo, alzando il regalo a mezz'aria davanti al viso di Umi. “ Scusa, lo avevo ancora io in mano.”
Umi sorrise, prendendolo tra le mani. “Non importa.”
Lo porse ad Aiba, schioccandoli un veloce bacio sulla guancia calda.
“Questo è il mio regalo, Masaki-kun.”
Aiba rimase senza parole dalla gioia, un sorriso luminoso gli si era allargato sulle labbra. Prese il pacchetto tra le mani, raggiante.
“Oh, Umi-chan! E' fantastico!” esclamò il castano, aprendo il sacchetto e affondando la mano al suo interno. Ne estrasse un cioccolatino a forma di cuore, ricoperto di glassa rosa. Lo addentò, sentendo il gusto del cioccolato dolce che li si scioglieva sulla lingua.
“E' buonissimo, Umi!” esclamò il ragazzo, ingoiando il resto del cioccolatino rimasto, prendendone subito un altro dal sacchetto. “ Ne, ne, come mai questo regalo? C'è qualche occasione speciale oggi?”
Umi spalancò la bocca stupita mentre dietro di lei Sho aveva fatto cadere il giornale dallo shock, Jun si era quasi soffocato con la gomma da masticare e Satoshi aveva assunto un'espressione sbalordita oltre ogni limite. Nino si era limitato a sogghignare.
Aiba gli osservò stupito, masticando lentamente il cioccolatino. “ Che c'è? Ho detto qualcosa che non va?”
Jun sospiro, massaggiandosi le tempie. Ma era possibile che Aiba fosse così dannatamente ingenuo e possedesse una memoria così limitata? Tutti si erano ricordati del loro anniversario, tranne il diretto interessato. Umi prese un profondo respiro, non riuscendo a credere alle parole del fidanzato.
“Stai scherzando, vero Masaki?” chiese la ragazza, sbalordita.
Aiba stava per dire qualcosa ma la porta alle loro spalle si aprì, e il maneger di Aiba fece capolino nella stanza.
“Masaki-kun, dobbiamo rifare la registrazione del tuo assolo. Ci siamo accorti che c'erano degli errori.” esclamò l'uomo, reggendo in mano una cartellina piena di fogli.
Il castano dubitò per alcuni secondi sul da farsi, masticando ancora quel cioccolatino che Umi aveva preparato con tanto amore e fatica per San Valentino.
“D'accordo, arrivo.” rispose, annuendo verso il maneger che scomparve dietro alla porta. Aiba le diede un bacio casto sulle labbra, accarezzandole una guancia. “Ne parliamo più tardi, ok? Vango a casa tua dopa le registrazioni, ne?”
“Se un perfetto cretino, Aiba!” esclamò Jun, lanciandoli dietro la spazzola della parrucchiera nell'esatto momento in cui il castano era scomparso oltre la soglia della porta.
Umi strinse in pugni, decisa più che mai che non appena avrebbe rivisto Aiba Masaki l'avrebbe preso a pugni così forte che la sua faccia si sarebbe trasformata in un pallone aerostatico. Jun scese dal tavolo sopra al quale era seduto, appoggiandole una mano sulla spalla.
“E' sbadato, perdonalo.”
Umi si morse un labbro, cercando di sedare la rabbia. “Dopo averlo picchiato lo farò, ci puoi contare.”
Nino si alzò dal divanetto, abbandonando il nintendo bianco tra i cuscini. Si avvicinò ad Umi, prendendola per un polso.
“Ora tu vieni con me a pestare Aiba-chan.” disse il ragazzo, trascinandola fuori dalla stanza. Prima di scomparire dal tutto dalla visuale degli Arashi, Umi sentì la voce di Sho urlare: “Senza pietà, Umi-chan!”
Percorsero il corridoio a grandi falcate, superando tecnici dello staff che stavano lasciando lo stabile per ritornare alle rispettive case. Scesero le scale che conducevano in una parte dell'edificio deserta, dato che era l'area dove si trovavano i camerini dei News e dei Kat-tun, ormai tutti sgombri dato che i legittimi proprietari erano già rincasati. Umi l'osservò agitata prendere un mazzo di chiavi dalla tasca, inserendone una nella toppa.
“Lo studio di registrazione è di sopra.” disse la moretta, visibilmente perplessa.
“Lo so.” mormorò a bassa voce Nino, aprendo la porta e accendendo le luci. La trascinò dentro alla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. L'ambiente era spoglio, solo qualche divanetto, una finestra e un paio di appendi abiti.
“Kazunari-kun, ma che diavolo...”
Le parole le morirono in gola nell'esatto momento in cui Nino premette le labbra sulle sue.







Ok, ok sto provando a scrivere una fan fic strana....decisamente strana.
Ammetto che forse la trama non si capisce molto bene ma nel prossimo capitolo tutto sarà più chiaro.
Mentre scrivevo pensavo nella mia testolina “ non è che Umi sembra vagamente una.....”
Vi prego, ditemelo se lo è!!!!
Ho passato tre giorni a scrivere questo capitolo, spero che qualcuno abbia la forza di recensirlo.
Per gli errori grammaticali......vi do il permesso di fucilarmi se ne trovate alcuni. T.T
Un grazie a tutti quelli che hanno avuto la forza di leggere fino a qui.
BENE, spero che vi sia piaciuta

un baciottone,

Rebby

°(^__^)°

   
 
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