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Autore: Marauders    07/04/2006    7 recensioni
“E’ terribile, ragazzi! REMUS E’… E’ UN… UN LUPO MANNARO!!!” James giurò di aver avvertito uno strano rombo alle orecchie proprio allora, come se il sangue gli fosse fluito alla testa, e si convinse di non aver udito bene, quando incontrando gli occhi smarriti di Sirius capiva che non si era sbagliato. Sirius era pallido, incredibilmente pallido, ed era arretrato fino ad inciampare sul suo baule, cadendo a bordo del letto con un tonfo sordo. Sudava freddo, anzi, tremava. Peter si era liberato di ogni dignità, e piangeva come il più viscido dei vermi, ai piedi di James; non piangeva neanche per Remus, ma per se stesso, a cui era capitata la sciagura di annunciare ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi. Moony
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“E’ terribile, ragazzi

“E’ terribile, ragazzi! REMUS E’… E’ UN… UN LUPO MANNARO!!!”

James giurò di aver avvertito uno strano rombo alle orecchie proprio allora, come se il sangue gli fosse fluito alla testa, e si convinse di non aver udito bene, quando incontrando gli occhi smarriti di Sirius capiva che non si era sbagliato. Sirius era pallido, incredibilmente pallido, ed era arretrato fino ad inciampare sul suo baule, cadendo a bordo del letto con un tonfo sordo. Sudava freddo, anzi, tremava. Peter si era liberato di ogni dignità, e piangeva come il più viscido dei vermi, ai piedi di James; non piangeva neanche per Remus, ma per se stesso, a cui era capitata la sciagura di annunciare ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi.

 

            Moony

 

Ancient Moon

 

Povero Pete: sembra proprio che il mondo intero ce l’abbia con lui, chissà per quale ragione, poi.

 

Va bene fare l’ennesima brutta figura dinanzi alla classe, va bene diventare rossissimo davanti ad ogni essere di sesso femminile, ma quello che gli era capitato durante la mezz’ora precedente superava ogni concetto possibile della parola “sfiga”.

 

Inoltre, le scale che portavano alla sala Comune di Grifondoro non erano mai parse così numerose al piccolo Peter, che tuttavia trovò gradevole il fatto che decisero di star ferme.

 

"Alle scale piace cambiare", ma chi è che si è divertito ad inventare una cosa del genere?

 

“Una persona che non ha niente da fare fa una partita a Gobbiglie, o gioca a Quidditch, o mangia qualche prelibatezza di Mielandia, o chessò… di certo non inventa delle scale ad alto rischio di rottura di collo!” – pensò Minus proprio allora, e la scala parve leggergli nel pensiero, perché pochi secondi dopo il gradino sul quale stava poggiando il piede si abbassò d’improvviso, facendolo cadere clamorosamente a pochi passi dal traguardo.

 

Per fortuna riuscì a frenare la caduta sulle sue stesse mani; poi, rialzatosi, si diresse verso l’entrata della sala comune.

 

E’ da notare che quando giunse davanti al ritratto della Signora Grassa – la quale festeggiava con un’ostentata dignità la vigilia di Ognissanti - la sua divisa era ormai consunta a tal punto da presentare molti strappi in tutto il tessuto.

 

"Parola d'Ordine?" - chiese il dipinto, agitando con velato sdegno un ventaglio di pizzo, che ben si intonava col vestito da ella stessa indossato. Ospitava nella cornice una dama vestita di nero, la quale – alla prima occhiata – apparve come una pettegola di prim’ordine. E infatti, non appena vide Peter conciato in quel modo, scoppiò in una fragorosa risata.

 

Si susseguirono momenti di silenzio, in cui il dodicenne guardò smarrito le donne, come in cerca d'aiuto: non si ricordava la parola d’ordine.

 

"Emh... uh... giuro che la so! Aspetti... è per caso Leone Rampante?"

 

La risposta fu... sbagliata, come al solito: la Signora Grassa lo scrutò con cipiglio severo, poi riprese a parlare con la dama al suo fianco, totalmente indifferente nei confronti del giovane Grifondoro.

 

E già, è in questi momenti che ti crolla il mondo addosso: hai bisogno d’aiuto, ma tutti pensano a come complicarti l’esistenza.

 

*

 

"Ma và, Pete. Non c'è bisogno che mi ringrazi. Dovere di Grifondoro." - esclamò Yori, mentre faceva entrare il ragazzetto dagli occhi acquosi, rivelando una parola d'ordine davvero fuori dal comune: "si vis pacem para bellum".

 

Yori era un conoscente dei Malandrini, noto ovunque come il logorroico della scuola, simpatico, ma a tratti insopportabile per quel suo vizio di parlare troppo.

 

"Forse faresti meglio ad annotartela: cambiano spesso la parola d'Ordine di questi tempi, anche se non ho capito bene il motivo di tutta questa sicurezza. A proposito di parole d’ordine, sai che…”

 

Ma Minus non ebbe il tempo necessario per ascoltare certe sciocchezze, perciò si scusò per l'ultima volta col quattordicenne, prima di attraversare la sala comune ad ampie falcate e così dirigersi verso i dormitori maschili.

 

Quando entrò nella camera condivisa con gli altri tre Malandrini, vi trovò Sirius che, seduto sul suo letto, parlava a James della prossima partita che Grifondoro avrebbe dovuto affrontare.

 

Quest’ultimo lo ascoltava distrattamente, adagiato sul letto in tutta la lunghezza, piuttosto assorto nell'osservare il modellino di una partita di Quidditch, regalatogli dai suoi genitori per il suo compleanno, con un profondo, quasi maniacale, interesse.

 

Inutile dire che faceva finta: più che altro ora la sua attenzione si era spostata su Peter, ma sembrava non volerlo dare a vedere.

 

Remus non c'era: un gran peccato, dato che era la notte di Halloween, e tutti se l'erano spassata alla grande.

 

Purtroppo, la famiglia di Remus viveva un brutto momento, e il ragazzo si recava una volta al mese in visita della madre, la quale si era ammalata gravemente.

 

Non che questi viaggi gli facessero bene: ogni volta che tornava sembrava sempre più vecchio e lacero, e profonde borse gli scavavano la faccia.

 

Ognuno reagiva in modo diverso nel vederlo così simile ad un fantasma: Sirius gli comprava chili di cioccolata (probabilmente con i galeoni del tesoro Black), Peter lo guardava pietosamente, incerto sul da farsi, ma un più sottile James Potter sospettava che Remus nascondesse qualcosa.

 

In ogni caso, non appena Minus fece la sua tumultuosa entrata, il silenzio calò nella stanza, prima che i due ragazzi lo salutassero con entusiasmo, chiedendogli dove fosse stato fin ad allora.

 

Peter li interruppe con uno strano gridolino: era come se volesse dire qualcosa, ma la voce - o, meglio, il coraggio - l'avesse abbandonato.

 

Sirius trattenne a stento le risate, mentre James lo guardò con un’ostentata vena sarcastica.

“E' successo qualcosa, Peter? Ci eravamo dati appuntamento alle dieci e mezza, e tu sei in un ritardo pauroso, il coprifuoco sarà già scattato da un pezzo.

 

Di questo passo non riusciremo ad eludere la sorveglianza e...” - ma James si interruppe improvvisamente quando si rese conto delle condizioni in cui versavano le vesti del ragazzo, il quale anche nell’aspetto sembrava aver dovuto affrontare un Ungaro Spinato.

 

“Ehi... cosa hai combinato?”

 

“James! Sirius! E’... è successa una cosa orribile a Remus!”

 

La preoccupazione per il Malandrino si diffuse negli istanti successivi a questa affermazione: James rizzò a sedere, incredulo, mentre Sirius si alzò, e in uno scatto fu subito dinanzi allo sfortunato messaggero, che iniziò a scuotere con forza crescente, in cerca di ulteriori notizie.

 

Il pensiero di poter perdere uno dei suoi migliori amici ebbe un effetto incredibilmente violento su di lui: uno strano bagliore aleggiava nei suoi occhi chiari, e la sua faccia – visibilmente contratta in un’espressione a dir poco disorientata – pareva terribile e rabbiosa come quella di un grosso cane.

 

“PARLA! Cosa è successo a Remus?” – quasi esplose, mentre urlava tali parole, rendendo Peter ancora più piccolo di quanto già non fosse, impaurendolo, se possibile, ancora di più.

 

James, che fino ad allora aveva reagito quasi passivamente, a causa dello stupore, intervenne per la prima volta, alzandosi da dove era seduto e costringendo Sirius a mollare la presa con una forza pari, se non superiore, alla sua.

 

“Basta, Sirius! Dacci un taglio, anche io e Pete siamo preoccupati per Remus nel tuo stesso modo!”

 

Potter non scherzava affatto, anzi squadrava l’amico con occhi seri dietro i suoi occhiali cerchiati di corno ramato, che ben si intonavano col colore nocciola delle sue iridi.

 

Pochi secondi dopo si rivolse a Minus, non preoccupandosi nemmeno di fingere un sorriso d’incoraggiamento, di cui il biondino sembrava proprio aver bisogno, e porse nuovamente la domanda fatta in precedenza da Sirius.

 

“Allora… cosa… cosa è successo?” – con suo grande stupore, proprio mentre parlava, si rese conto di una grande insicurezza insita nei suoi verbi.

 

No, qualcosa in lui non voleva saperlo, perché forse sapeva già la risposta.

 

Maledì la sua viltà subito dopo, ricordandosi che ora la vita di Remus era la cosa più importante, ed invitò il più piccolo dei Malandrini a rispondere, nuovamente.

 

La titubanza di Peter negli attimi che seguirono gli fece tremare il cuore, quando tutto d’un tratto Minus si gettò a terra, legandosi con le mani alle sue gambe, implorando aiuto in un modo alquanto pietoso e al contempo vomitevole: Sirius lo dette a notare pienamente, bofonchiando qualcosa come

 

‘che scena rivoltante’.

 

“E’ terribile, ragazzi! REMUS E’… E’ UN… UN LUPO MANNARO!!!”

 

James giurò di aver avvertito uno strano rombo alle orecchie proprio allora, come se il sangue gli fosse fluito alla testa, e si convinse di non aver udito bene, quando incontrando gli occhi smarriti di Sirius capiva che non si era sbagliato.

 

Sirius era pallido, incredibilmente pallido, ed era arretrato fino ad inciampare sul suo baule, cadendo a bordo del letto con un tonfo sordo.

 

Sudava freddo, anzi, tremava.

 

Peter si era liberato di ogni dignità, e piangeva come il più viscido dei vermi, ai piedi di James; non piangeva neanche per Remus, ma per se stesso, a cui era capitata la sciagura di annunciare ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi.

 

 

“Peter, stai scherzando, non è così? No, dai… non è divertente. Insomma, non può essere. Remus un lupo mannaro… che fesseria! Non può essere.” – James avrebbe ripetuto quel ‘non può essere’ centinaia di volte, per persuadere Peter che sicuramente si era sbagliato.

 

Ridacchiò nervosamente, come per convincersi che lui aveva ragione, e non Peter.

 

Sirius, a quelle parole, si voltò speranzoso verso il piccolo Malandrino, con la stessa immediatezza con cui un cane fiuta un’usta fresca.

 

“No. S-sono sicuro… Malfoy… m-mi ha r-rubato il set nuovo di Gobbiglie che mi ha inviato mia madre. Poi… poi mi ha detto che se lo rivolevo… insomma… dovevo andare al Platano Picchiatore senza di voi e riprendermelo. Io avevo paura. C’era la luna piena, e strani ululati provenienti da quella parte. E…”

 

“Tsk.” – Sirius lo interruppe subito, stizzito. Non ci credeva ancora, non poteva credere che Remus, suo grande amico, fosse un essere così… così… ignobile sarebbe stata la parola giusta? – “La Foresta è piena di lupi mannari. Come fai a sapere che è lui?”

 

“L-l’ho visto t-trasformarsi… lui non mi ha percepito, credo, e sono riuscito a scappare prendendo dalla Foresta. Mi sono pure graffiato tutto, ecco. James… tu… tu mi credi, non è così?” – tirò su col naso, fiducioso nei confronti del ragazzo, nei confronti del quale nutriva una fanatica ammirazione.

 

James lo guardò, adesso sorpreso.

 

Sembrava essersi ripreso in fretta, ed un grosso sorriso era stampato sulle sue labbra rosate, seppur lievemente forzato.

 

“Ma certo che ti credo, Pete. C’ho pensato, sai? Remus è sempre stato un tipo… ‘speciale’, ecco.

 

Non importa che cosa lui sia in realtà: vampiro, zombie, o lupo mannaro, ciò non cambia che lui è un nostro amico. Sirius, tu che dici?”

 

Sirius squadrò i due con occhi truci, profondamente scavati; ombre nere incupivano le sue iridi chiare, rendendole fredde, gelide.

 

“Io non credo si possa essere amici di un lupo mannaro.” – rise, emettendo un cupo latrato – “Impossibile, vi dico. Lo so, è Remus. Ma potrebbe fare del male non solo a noi, ma anche a tutti gli altri studenti di Hogwarts. La scuola potrebbe chiudere se combinasse dei danni, no? Dobbiamo avvertire Silente, è la cosa migliore. Non può più stare qui.”

 

James avvertì in quel momento una rabbia incontenibile, che l’avrebbe portato ad uccidere Sirius, se solo lui non fosse stato il suo migliore amico.

 

Già, amico: lo stesso che ora Sirius stava tradendo con parole che mai si sarebbe aspettato da lui.

 

In quell’istante si chiese quale sarebbe stata la sua reazione se fosse stato lui al posto di Remus, e con grande dispiacere si rese conto che probabilmente sarebbe stata la stessa.

 

Sirius… un traditore.

 

Quella parola gli rimase a lungo nella mente, cosicché anche parecchi anni dopo se ne sarebbe ricordato, stringendo un patto con la persona sbagliata.

 

“Sei uno sporco egoista. Anteponi te stesso agli amici, che pena che mi fai...”

 

Il moro smise solo allora di ridere in quel modo grottesco, adesso mostrando con rabbia i suoi canini bianchi, leggermente più lunghi del normale.

 

“Ma tu cosa ne sai di me, eh? Cosa ne vuoi sapere? E’ questo il problema, tu non sai proprio nulla, James!”

 

“Dici?” – rispose fulmineo James, cogliendo subito la palla al balzo – “Eppure credo di essere il tuo migliore amico, e di conoscerti da almeno due anni. Qual è il problema, Sirius? Hai paura di tornare dalla mammina?”

 

L’altro si alzò, afferrando la bacchetta, e spinse James fino al muro, sbattendolo con violenza e puntandogli contro la sua tredici pollici di mogano rosso.

Peter era atterrito, e anche se avesse avuto i riflessi per impedire a Sirius di giungere fino a James, non sarebbe mai stato capace di fronteggiare Black, molto più bravo di lui in Incantesimi.

 

Potter, da parte sua, pareva tranquillo, anzi non si era nemmeno preoccupato di prendere la sua, di bacchetta, nonostante da quella di Sirius ora fuoriuscissero scintille rosso acceso.

 

Stava così, con la schiena adagiata al muro, le braccia lungo i fianchi e le mani serrate a pugno, fermo in una convinzione inamovibile.

 

“Avanti, lancia il tuo incantesimo… ma sii sicuro di centrare il colpo, mi raccomando.” – qui fece una breve pausa, arruffandosi con un gesto scomposto i capelli corvini, con fare arrogante. – “Ti dimostri un Black, alla fine. Tua madre ne sarà fiera, hai tradito un amico e ne stai per uccidere un altro… la tua prossima mossa quale sarà, quella di passare a Serpeverde?”

 

Proprio allora Peter si mostrò coraggioso per la prima volta nella sua vita: si asciugò le lacrime con la manica della divisa, e con voce decisa, seppur tremante, si schierò dalla parte ‘dei buoni’.

 

“Io sono d’accordo con James, Sirius! Remus è nostro amico, ed abbiamo il dovere di aiutarlo… starà soffrendo.”

 

Potter lo guardò, sorridendo, poi tornò faccia a faccia con Sirius, inarcando il sopracciglio destro, come a dire: ‘ti fai battere da Peter?’

 

Sirius abbassò la bacchetta, ma non pareva voler demordere nella sua convinzione: James aveva valicato un sottile confine, la linea invisibile del suo orgoglio.

 

Aveva tirato in ballo sua madre, gli aveva dato del Black, cose per lui del tutto inaccettabili.

 

“Forse hai ragione, James. Non sono maturo come te, anzi sono sicuro che mi consideri un traditore. Ma non sono così stupido da farmi sbranare. Ora, scusatemi…”

 

Aprì la porta della camera, e uscì sbattendola con tutta la forza che aveva in corpo.

 

Gli altri due Malandrini si rabbuiarono, e Peter cominciò a farfugliare qualcosa.

 

“Forse me ne sarei dovuto stare zitto…”

 

“Non pensarci neppure, Pete. Non è stata colpa tua. Sirius è un tipo impulsivo… cambierà idea sicuramente.”

 

Ma lo avrebbe fatto sul serio?

 

James stesso non sapeva se le sue parole erano veritiere, ma era certo che così dicendo Peter si sarebbe rassicurato, e così fu: sapeva che Peter lo stimava moltissimo, e credeva ciecamente a ciò che gli diceva.

 

Gli faceva pena, Pete: era piccolo, grassoccio e semplice; sembrava quasi un enorme topo, a causa dei suoi piccoli occhietti acquosi e dei suoi capelli biondi talmente chiari da essere quasi incolori, grigi.

 

Si diresse verso la finestra della camera, osservando il paesaggio al di fuori.

 

Da lì si scorgeva il Platano Picchiatore: chissà se avesse potuto vedere Remus trasformato, mentre lottava contro il suo alter ego.

 

Una grossa luna piena, cremisi, come se stesse grondando di sangue, era stagliata nella volta celeste, priva di stelle.

 

Era una luna antica, vecchia di millenni, bugiarda e crudele come le vecchie streghe nei pensieri Babbani.

 

Chissà perché ogni tanto la luna cambiava colore, diventando rossa o gialla… erano poche le volte che aveva visto tale fenomeno, e tuttavia solo ora si poneva tale domanda.

 

Forse Remus lo sapeva: dopotutto ormai erano quasi le due, e se non ricordava male quella notte la luna si sarebbe ‘eclissata’ verso le tre del mattino; perciò perché non andare a chiederglielo direttamente?

 

“Peter… fra un’ora che ne diresti di andare al Platano?”

 

Spiegò all’amico del suo piano, e di tutto ciò che avevano bisogno; Minus acconsentì di accompagnarlo, al contempo intimorito ed entusiasta.

 

Vedeva in James una specie di eroe, e adesso che erano solo loro due – senza Lupin o Black – lui era il suo piccolo, fedele aiutante.

 

James anticipò poi a Peter un suo piccolo sogno, che ora sarebbe stato ancora più bello da applicare, dato il ‘piccolo problema peloso’ di Remus.

 

Era un progetto estremamente difficile per dei ragazzi che nemmeno avevano raggiunto i GUFO, ma loro non erano dei ragazzi normali, e niente era impossibile per i Malandrini.

 

L’ora intanto passò velocemente.

 

Uscirono dalla camera alle tre precise, stretti sotto il Mantello dell’Invisibilità, le bacchette sguainate al di sotto.

 

Imboccarono una strada celata da una grossa statua poco distante dall’ufficio del professor Lumacorno, ovviamente conosciuta solo dai Malandrini, e si inoltrarono verso la fine del tunnel; il viaggio fu breve e tranquillo, dato che sapevano di gran parte dei passaggi segreti del castello, alcuni probabilmente oscuri anche allo scorbutico Gazza.

 

Giunsero al di fuori quando l’orologio Babbano di James, lui lo riteneva utile ed interessante, indicava le tre e mezza.

 

“Al Platano, giusto? Dobbiamo stare attenti all’albero più che a Remus, quello vuole veramente la nostra morte…”

 

Peter ridacchiò sommessamente alla battuta di James, poi i due si incamminarono verso la loro destinazione.

 

L’unico rumore che scuoteva leggermente l’aere era quello dell’erba fresca, bagnata da una leggera rugiada, che crepitava allegramente sotto ogni loro passo.

 

La luna era sparita da nemmeno dieci minuti, quando i due si gettarono nel buio della notte, cercando l’amico.

 

“Manca poco…” – pensò James proprio allora, mentre l’ombra del Platano si faceva sempre più vicina, e così il loro obiettivo.

 

La prima cosa che notò era che l’albero, stranamente, non si dimenava, né i suoi rami sferzavano con violenza la prima cosa che si avvicinasse al suo fusto.

 

Quando fu abbastanza vicino all’arbusto, finalmente lo vide: un ragazzo vi si sosteneva a fatica, premendo un nodo nella corteccia; perdeva molto sangue, e diverse ferite erano sul suo corpo, in particolare sulle braccia.

 

Aveva folti capelli castani che gli arrivavano alla nuca, e il suo volto era smunto e pallido, mentre i suoi vestiti presentavano ovunque strappi e segni di una dura colluttazione.

 

Peter e James lo riconobbero subito, e col cuore in gola lo chiamarono all’unisono.

 

“Remus!” – gridarono, e proprio allora giunsero dinanzi a lui.

 

Remus sembrò al contempo sorpreso e felice: anche se avevano appena scoperto il suo segreto, si sentì incredibilmente rincuorato alla vista degli amici; d’altronde, lui stesso sapeva che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, in un modo o nell’altro.

 

Si lasciò cadere sulle ginocchia, mentre James si abbassava su di lui, per verificarne le condizioni, accorgendosi di un grosso taglio aperto sul suo petto.

 

Caldo sangue ne fuoriusciva a fiotti, sporcando di rosso l’erba sotto di lui: sembrava essersi ferito da solo, non trovando niente da mordere, da rendere mannaro.

 

“Accidenti, Remus… sei ferito…” – sibilò James.

 

“Non è niente…” – disse Remus, biascicando le parole. Abbozzò un occhiolino a Peter, nel vano tentativo di convincerli che stava veramente bene. Si accorse allora che erano solo in due. – “E Sirius… dov’è…?”

 

“L-lui… n-non è qui.” – balbettò Minus, convinto che mentire sarebbe stato inutile.

 

“Capisco. Immaginavo… che per lui sarebbe stato difficile accettare…”

 

Asserì questo con una semplicità ed una rassegnazione innaturale, che sorprese parecchio James.

 

Lui, invece, non se lo sarebbe mai aspettato dall’amico: era rimasto inorridito alle parole di Sirius.

 

Perché Remus lo accettava in questo modo?

 

Era forse stupido?!

 

Sirius lo aveva tradito, aveva tradito la loro amicizia, perché lui prendeva tutto quello con una tale leggerezza d’animo?

 

Un’improvvisa rabbia prese James, mentre pensava a tutte quelle cose, un turbinio di pensieri ricolmi di delusione e tristezza.

 

“James… Sirius ha le sue buone ragioni. Tu e Peter siete un po’ pazzi per venire a cercare un Lupo Mannaro” – disse Remus ridacchiando, interpretando l’espressione dell’amico.

 

Un’improvvisa fitta lo colse: si toccò la ferita, la quale ora si era gonfiata, ed una smorfia di dolore apparve per la prima volta nel suo volto.

 

“Andiamo in infermeria, Madama Chips saprà cosa fare. Se chiede cosa è successo mi inventerò una storia…” – mormorò James, il quale parve non aver ascoltato le sue precedenti parole.

 

“Non c’è bisogno… Silente, Chips, i professori… sanno tutto.”

 

“Ancora meglio” – irruppe in risposta Potter, facendo appoggiare il ragazzo su di sé, ed aiutandolo a camminare verso il castello.

 

In quelle condizioni sarebbe stato impossibile stare sotto il mantello tutti e tre, ma data l’ora era improbabile che qualcuno li scoprisse, così avanzarono, ben visibili allo sguardo.

 

Attraversare il prato in quelle condizioni fu più stancante del previsto: James, indebolito dalla mancanza di sonno, non sembrava più poter sopportare da solo il peso di Remus, il quale non aveva più alcuna forza e si lasciava trascinare dall’amico.

 

Peter era inutile: oltre a disporre di poca forza fisica, era basso rispetto a James e a Remus, perciò non avrebbe fatto altro se non rallentarli.

 

Fu proprio allora che un quarto ragazzo afferrò Remus per l’altro braccio, aiutandoli in quella dolorosa traversata.

 

Nascondeva il proprio volto dietro i ciuffi mori dei suoi capelli, ma un sorriso affabile era stampato sulle sue labbra.

 

“Non volevate prendervi tutto il divertimento, spero.”

 

“Sirius…” - sussurrò Remus, sorridendo a sua volta.

 

James e Sirius si guardarono, per un solo, interminabile attimo: erano tornati gli amici di una volta, era bastato quel semplice gesto per farli ritornare ‘i fantastici due’.

 

“Pensavo non avresti cambiato idea…” – iniziò reticente Potter, notando che le luci del castello diventavano via via meno tenui.

 

“Anch’io. Ma certe volte ho bisogno di riflettere un po’ da solo per mettere da parte l’orgoglio Black. Ho capito a quanto tengo a Remus, e a tutti voi, che siete i miei unici, veri amici. Sapevo che, se avessi agito in quel modo, vi avrei perso.”

 

“Eh… ecco il Sirius che conosco!” – esclamò James, ed i tre risero, a parte Peter, che pensava ancora a quanta paura aveva avuto.

 

*

 

Erano passati tre anni da quella notte in cui i Malandrini avevano rafforzato il loro legame, stretto ora ulteriormente dal segreto di Remus.

 

Tante cose erano cambiate: Sirius era diventato molto più avvenente e al contempo responsabile, mentre James molto più arrogante (segno ne era quel suo scombinarsi i capelli in continuazione), seppure anteponeva ancora l’amicizia a tutto il resto.

 

Remus era diventato prefetto, e, seppur spesso pallido e malaticcio, aveva un non so che di attraente; era inoltre il più maturo fra i quattro, oltre ad essere quello che riusciva maggiormente nello studio.

 

Peter era quello che era mutato di meno, invece: era sempre basso e bruttino, ed inoltre aveva rafforzato quella sua abitudine di vedere James come un dio, e quest’ultimo glielo lasciava fare con voluta tranquillità.

 

Quell’anno i Malandrini avrebbero dovuto affrontare i ‘terribili’ GUFO: Peter in particolare sembrava temerli, mentre James e Sirius erano sicuri di ottenere un Eccellente più o meno in tutto; allo stesso modo lo era Remus, il quale tuttavia aveva paura di prendere un brutto voto in Pozioni, nel quale era decisamente un disastro.

 

Lumacorno non lo apprezzava, affatto: un Lupo Mannaro non sarebbe mai diventato celebre o importante, e il professore sembrava evitarlo con una certa accuratezza.

 

Remus si faceva quindi aiutare da una certa Lily Evans, anche lei Prefetto di Grifondoro, la prediletta di Lumacorno.

 

Avevano avuto modo di conoscersi proprio quello stesso anno sul treno, ma lei non aveva dato segno di apprezzare i suoi amici, in particolare James Potter, ennesimo pallone gonfiato della razza maschile.

 

Lily pensava infatti che Remus fosse tra i Malandrini l’unico da prendere, ed anzi si sorprendeva che un tale ragazzo stesse in compagnia di quei tipi, uno peggio dell’altro.

 

Anche Peter non era male, se solo non si lasciasse sodomizzare da quella serpe di Potter; Sirius invece era odioso quanto il compare, e si divertiva a spezzare tanti cuori solo perché era di bell’aspetto.

 

Era un soleggiato giorno di Marzo quando Lily e Remus erano in biblioteca a ripassare Pozioni, ed il resto dell’allegra banda Malandrina fece il suo trionfante ingresso, sovvertendo completamente l’antica regola del ‘non parlare’.

 

James fu il primo a fiondarsi su Remus, giungendo alle sue spalle ed arruffandosi i capelli in modo che Lily potesse vederlo.

 

La rossa, da parte sua, sembrò non gradire, anzi borbottò chiaramente le parole ‘insopportabile’ e ‘montato’.

 

“Dobbiamo dirti…”

 

“…una cosa importantissima!” – completò Sirius, sopraggiunto proprio allora, mostrando un sorriso a trentadue denti.

 

Cinque ragazze svennero subito dopo.

 

“Ma cos’è tutta questa fretta?” – chiese Remus, mentre gli altri tre lo spingevano con foga all’interno della stanza delle Necessità: sembrava che non riuscissero a trattenersi, anzi dovessero raccontare tutto immediatamente al ragazzo.

 

Non aveva avuto nemmeno il tempo di scusarsi con Lily della sua dipartita: James gliel’aveva impedito trascinandoselo via, nel vero senso della parola.

 

“Allora…” – iniziò James, sfregandosi le mani con aria divertita. La stanza si mostrava come uno dei tanti cortili della scuola, giacché il loro desiderio era stato semplicemente quello di trovare un luogo dove nessuno fosse potuto entrare. – “Io, messer Ramoso…”

 

“Ed io, messer Felpato…” – aggiunse Sirius.

 

“Ed io, messer Codaliscia…” – disse Peter, un po’ titubante.

 

Remus li guardò, alzando il sopracciglio con aria interrogativa.

 

Cos’erano quei soprannomi?

 

Oltre ad essere incredibilmente ridicoli, pensò divertente il fatto che James si fosse dato del ‘ramoso’, perché in qualche modo gli fece venire alla mente qualcosa di cornuto… ed il binomio James-cornuto era a dir poco esilarante…

 

“…siamo lieti di annunciare al messer Lunastorta che i qui presenti sono riusciti a diventare Animagi, per cui io so trasformarmi in cervo…”

 

“…mentre io in cane…”

 

“…ed io in topo!”

 

Dichiararono i tre mantenendo l’ordine di prima, lasciando a dir poco di stucco Remus, che si rese conto di avere anche il soprannome più decente fra i quattro.

 

Lunastorta rise proprio allora, raggiante, conscio che da quel momento non sarebbe stato più solo, nemmeno durante le interminabili notti di luna piena.

 

“Ragazzi… è fantastico!”

 

“Ed ora il nostro giuramento!” – disse Felpato, ridendo a sua volta.

 

Ramoso, Codaliscia, Lunastorta e Felpato allungarono le bacchette, incrociandole l’una sopra all’altra, mentre scintille rosse e dorate fuoriuscivano da ognuna di esse.

 

“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!” – esclamarono tutti insieme, felici, uniti da un’amicizia indissolubile.

 

           “Non si vede bene che col cuore.                                                                                                                                                    L’essenziale è invisibile agli occhi.”

 

Fine.

 

 

Siamo arrivati alla seconda storia su Remus Lupin. Speriamo che vi sia piaciuta!

 

Sicuramente Moony gradirà tantissimo i commenti…datele notizie! Siamo curiose anche noi di sapere che ne pensate! Prongs e Padfoot

 

  
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