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Autore: Fiamma Drakon    14/08/2011    3 recensioni
Shirou era fermo a centrocampo, lo sguardo grigio-blu che guardava il suolo in assenza di oggetti o persone su cui fissarsi. Il freddo non era un problema particolarmente rilevante per lui, visto che era nato e cresciuto tra i monti, in mezzo a temperature tutt'altro che calde. I suoi occhi si alzarono dopo un po’ dal terreno per guardare la condensa del suo stesso fiato, una nuvoletta bianca e semitrasparente che nasceva dalla sua bocca e si disperdeva nell'aria.
Il ragazzo non aveva nessuna fretta, era animato solamente dalla curiosità: quand'era andato a cambiarsi aveva trovato un bigliettino nella sua borsa scrittogli da qualcuno che si era firmato "A. delle Nevi".

[Personaggi: Atsuya Fubuki, Shirou Fubuki]
[FubukiCest - scritta per la community casti&puri]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A centrocampo La partita era finita già da un po' - mentre era nello spogliatoio aveva calcolato che fosse più o meno passata mezz'ora - eppure lui era sempre lì. Non indossava più la divisa della squadra, bensì una tuta da ginnastica di un bianco opaco con un grazioso fiocco di neve argenteo ricamato sull’avambraccio destro.
La neve aveva smesso di cadere dalla fine dell'incontro ed il campo era cosparso di isolati cumuli di polvere ghiacciata che prima della prossima partita sarebbero stati sicuramente rimossi.
Il campo da gioco privo dei giocatori sembrava immensamente più grande.
Shirou era fermo a centrocampo, lo sguardo grigio-blu che guardava il suolo in assenza di oggetti o persone su cui fissarsi. Il freddo non era un problema particolarmente rilevante per lui, visto che era nato e cresciuto tra i monti, in mezzo a temperature tutt'altro che calde. I suoi occhi si alzarono dopo un po’ dal terreno per guardare la condensa del suo stesso fiato, una nuvoletta bianca e semitrasparente che nasceva dalla sua bocca e si disperdeva nell'aria.
Il ragazzo non aveva nessuna fretta, era animato solamente dalla curiosità: quand'era andato a cambiarsi aveva trovato un bigliettino nella sua borsa scrittogli da qualcuno che si era firmato "A. delle Nevi".
Il testo del messaggio era incredibilmente semplice, talmente semplice che lo ricordava a memoria.
Esso recitava:
Shirou, possiamo incontrarci? Troviamoci in campo appena le tribune saranno completamente vuote. Devo parlarti.
- A. delle Nevi -
A giudicare dal modo di esprimersi colloquiale e familiare - e dal semplice fatto che sapesse il suo nome - doveva essere una persona che conosceva, solo che non riusciva a capire chi fosse - né perché dovesse parlargli proprio in campo e non da qualche altra parte.
«Probabilmente, visto che ha sottolineato il fatto delle tribune vuote, lo fa perché così non c'è rischio di essere visti da altri» aveva ipotizzato l'albino mentre usciva dallo spogliatoio.
Adesso il credito che dava a quella teoria la stava per trasformare in una certezza pressoché assoluta.
Però il fatto che quella fosse ormai una sicurezza lo portava automaticamente a porsi un'altra domanda ovvia e conseguente: se questo fantomatico A. delle Nevi aveva bisogno di tanta riservatezza, che cosa aveva mai da dirgli?
Era un punto interrogativo che Shirou non riusciva a togliersi dal cervello ed il motivo predominante per cui era lì.
Certe volte la sua curiosità era veramente assassina, qualcosa di quasi pericoloso, ma sapeva di non poterci fare niente.
«Spero solo che non tardi troppo...» mormorò tra sé e sé: cominciava a sentirsi abbastanza stanco e voleva andare a casa.
«Ti ho fatto aspettare?».
Shirou si girò di scatto al sentire quella voce così dannatamente familiare.
Sgranò gli occhi incredulo nel constatare che davanti a lui c'era suo fratello gemello.
«Atsuya?» chiamò l'albino, in cerca di un'ulteriore conferma a ciò che i suoi occhi gli mostravano.
Il minore indossava una felpa piuttosto pesante grigio-argento ed un paio di spessi jeans chiari.
In un lampo la mente del maggiore collegò il "soprannome" dell'autore del biglietto a quello del fratello: la "A" stava per "Atsuya".
«Sei tu A. delle Nevi?» esclamò Shirou, perplesso.
Atsuya annuì col capo, avvicinandosi a lui di qualche altro passo.
«Allora... cosa devi dirmi?».
Visto che era suo fratello, non gli sembrava così sconveniente chiedere in modo diretto.
Atsuya si guardò intorno, contemplando lo stadio deserto, poi posò lo sguardo sul più grande e rispose: «Shirou... mi piaci».
Semplice e diretto.
L'albino ci mise qualche attimo a realizzare la replica ricevuta.
Sbatté le palpebre, perplesso, fissando il più giovane senza capire.
«Come?».
«Fratellone mi piaci» ripeté il rosso a voce più alta e con più decisione.
Shirou era confuso più che mai.
«Atsuya, cosa stai dicendo...? È ovvio che...»
«Non in quel senso».
Il minore scosse la testa, per rinforzare anche visivamente il suo diniego.
Possibile che non capisse? Tra loro c'era sempre stata un'intesa perfetta sia perché erano gemelli sia per la perfetta coppia attaccante-difensore che formavano.
«E allora in quale senso? Spiegati».
L'albino lo fissava, in attesa.
Atsuya si strinse nelle spalle e gli sorrise con quel fare risoluto e determinato tipico di lui.
«D'accordo, se la metti in questi termini, te lo dirò chiaramente: Shirou ti amo».
Il cervello del più grande impiegò più di qualche momento per registrare, interpretare ed infine accettare che suo fratello avesse seriamente pronunciato quel "ti amo".
Fu una rivelazione incredibile che lo lasciò completamente di stucco: anche lui voleva bene a suo fratello, ma addirittura amarlo...!
La prima reazione che ebbe fu di rifiuto.
«Non puoi dire sul serio» disse, in tono vagamente sarcastico, anche se in esso si riusciva a percepire una leggera nota nervosa di sottofondo.
«E perché no?» domandò Atsuya. Il suo sguardo improvvisamente serio lasciava presupporre che non fosse minimamente uno scherzo.
Shirou abbandonò il tentativo di prendere l'affermazione dal lato divertente.
«Siamo fratelli e due maschi» disse, l'espressione di colpo grave.
«Lo so, ma non m'importa» replicò il minore dei due Fubuki «Per favore, Shirou... accettalo».
Il suo sguardo aveva assunto sfumature di tristezza e sofferenza.
Sembrava finalmente arrivato al nocciolo della questione, la richiesta che più gli premeva di sottoporre alla sua attenzione, il fulcro dell'intera conversazione.
Shirou scosse la testa.
«Non si può! Siamo fratelli!»
«Ma se potessi lo faresti...?» gli domandò Atsuya.
L'albino distolse lo sguardo, senza rispondere: non sapeva cosa dire. Suo fratello - in teoria - si era appena dichiarato.
Ora lui doveva dargli un responso.
«Non lo so» disse.
Era la verità: per qualche strano motivo non riusciva a dirgli un “no” secco e cercare poi di farlo ragionare.
Era confuso e non ne sapeva il perché.
Atsuya gli prese all'improvviso il mento e lo attirò a sé, posando sulle sue labbra le proprie.
Shirou sentì il proprio cuore accelerare le pulsazioni, martellare nel suo petto ad una velocità tale che temeva gli aprisse in due lo sterno ed uscisse.
Perché stava avendo una reazione del genere baciando suo fratello? Perché, anche se sapeva che una relazione tra due maschi non era esattamente nella norma, in fondo si sentiva bene?
Che fosse... innamorato anche lui?
Più ci pensava e più si convinceva che fosse così. Era come se fosse crollato qualcosa dentro di lui e che i resti di quel qualcosa stessero lentamente sparendo, dandogli la consapevolezza di cosa stavano nascondendo.
In quel momento capì che fino ad allora aveva nascosto senza accorgersene quell’amore dietro il naturale amore fraterno, ma adesso che era a conoscenza dei veri sentimenti che Atsuya nutriva nei suoi confronti aveva inconsciamente mandato in frantumi quella protezione.
Ora i suoi sentimenti erano stati messi a nudo e lui sentiva crescere dentro la certezza di corrispondere quel "ti amo".
Improvvisamente del fatto che l'amore tra due maschi fosse strano non gliene importava più niente - o, meglio, lo riteneva solo un problema marginale da tener in considerazione solo per quanto riguardava eventuali e probabili terzi.
I gemelli si baciarono molto castamente e non per molto tempo. Quando Atsuya decise di recidere il contatto e lentamente ritrasse le labbra, Shirou gli carezzò una guancia e lo guardò dritto negli occhi, stirando le labbra in un sorriso.
«Atsuya... anche tu mi piaci» rivelò, le guance leggermente imporporate per l'emozione.
Il rosso gli sorrise e lasciò che la propria mano scendesse a stringere quella del più grande.
«Andiamo a casa: mamma e papà si preoccuperanno» disse.
Shirou annuì, rinsaldando la presa sulle sue dita.
«Sì, è meglio andare» convenne.
I due Fubuki corsero di nuovo all'interno della struttura, verso gli spogliatoi, dove avevano lasciato i loro effetti personali.
Una volta recuperati quelli, si avviarono a passo svelto verso l'uscita.
   
 
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