Oskuld - Coscienza pulita
Ambientato dopo "La regina dei castelli di carta"
_
_
_
_
Come spesso faceva,
Lisbeth Salander andò a sedersi sul vano della finestra.
Guardava il mondo al
di fuori del suo grande appartamento a Stoccolma mentre si accendeva
una
sigaretta – la quinta della giornata.
Pensò che, per avere
ventisette anni, aveva vissuto finora una vita piuttosto movimentata.
Era una
donna gracile dall’aspetto quasi adolescenziale, ma era stata
ritenuta da molti
pericolosa – anzi, da quasi tutta la Svezia. Alla fine,
però, era stata
sollevata dalle proprie accuse.
Rifletté.
All’età di
dodici anni
aveva deciso di ribellarsi a suo padre, per difendere se stessa e sua
madre.
Sì, l’aveva ucciso, ma solo con la mente. In
concreto non aveva fatto niente,
se non renderlo handicappato. Ma più tardi era tornato
comunque a darle delle
rogne.
L’avvocato Bjurman. Nils
Bjurman, il sadico. Oh, lui sì che l’avrebbe
voluto uccidere. A volte pensava a
come sarebbe stato, se fosse stata lei a giustiziarlo. Poi
però tornava ad
essere razionale, e a pensare che in fondo era stato meglio
così. Analisi delle conseguenze. Quella
frase
insegnatale dal suo precedente tutore Palmgren le era servita.
IO SONO UN SADICO PORCO,
UN VERME E UNO STUPRATORE.
Sì, ripensare a quella
invece, di frase, faceva il suo bell’effetto. Non
l’aveva ucciso, eppure era stata
accusata di averlo fatto. Sembrava quasi che l’avvocato
l’avesse voluta
perseguitare anche dall’aldilà.
Martin Vanger. Un altro
sadico porco che odiava le donne. L’aveva colpito
violentemente con una mazza
da golf – la prima arma che aveva trovato – ma non
l’aveva ucciso. Aveva
assistito alla sua morte, mentre andava a schiantarsi in automobile, ma
anche
lì, lei non c’entrava.
E poi c’erano Dag e Mia.
Aveva fatto loro visita, e poco dopo il loro assassino aveva bussato
alla loro
porta. Anche di quello, era stata accusata. Per un bel po’ di
tempo furono
tutti convinti che fosse stata lei, a giustiziarli in modo
così brutale. Ma
ucciderli non era mai stato nemmeno nei suoi pensieri.
Peter Teleborian.
Ricordava quella notte in cui compì tredici anni; lui le
venne a fare visita. E
sì, anche lì stava fantasticando su una tanica di
benzina e un fiammifero.
Anche lui, sulla lista nera. Ma non era mai riuscita a torcergli un
capello, a
parte quell’episodio del suo mignolo sinistro, che
l’aveva riempita di
soddisfazione.
Poi c’erano Mimmi e
Paolo Roberto, che avevano rischiato di tirare le cuoia a causa sua.
Immaginarsi la sua amica Miriam Wu immobile su un letto
d’ospedale la faceva
tutt’ora rabbrividire. Le dispiaceva che fosse andata
così. Ma fortunatamente
erano vivi entrambi, e quel che era stato era stato.
Magge Lundin e Sonny
Nieminem. Se l’erano vista con lei, quei due. Il secondo se
l’era cavata con
poco: una scarica dalla sua pistola elettrica sulle parti basse. Al
primo aveva
assestato solamente un colpo di pistola al piede. Sonny Nieminem era
poi morto
cercando di farsi strada sparando quando la polizia era arrivata per
Niedermann,
ma anche lì, lei non aveva ucciso.
Ronald Niedermann.
Inevitabilmente, Lisbeth arricciò un labbro con disgusto. E
pensare che,
biologicamente, lui era suo “fratellastro”.
Ricordava quando Zalachenko le
disse che aveva molti più fratelli e sorelle sparsi per il
mondo di quanti
immaginava. E non faticava a crederci. Comunque sia, anche lui era uno
di
quegli elementi che non avrebbe esitato a punire. Peccato che, anche
lì, ci
aveva pensato qualcun altro. Gli aveva permesso di seppellirla viva, e
non
l’aveva dimenticato. Poi era stata quasi uccisa,
l’ultima volta che si erano
incontrati. Si era difesa come poteva, ne era uscita incolume, e alla
fine ci
aveva pensato sempre qualcun altro ad eliminarlo. Un
regolamento di conti, a quanto pare, le aveva detto
Blomkvist.
No, pensò, quel bestione non poteva essere suo fratello.
Dulcis in fundo,
rimaneva Alexander Zalachenko, disertore nonché suo padre, che aveva fatto partire il cerchio
e l’aveva anche concluso.
Faticava a riconoscerlo
suo padre biologico, e non era fiera di essere sua figlia. Lui era il
peggiore
di tutti. Le aveva reso la vita un inferno. Ma alla fine aveva preso
quel che
si meritava. Un delinquente che odiava le
donne. La
notte in cui era stata
seppellita era tornata, per vendicarsi, aveva preso un’altra
arma improvvisata
– un’accetta trovata vicino alla legnaia
– e l’aveva conficcata sulla parte
destra del volto del disertore, frantumandogli lo zigomo, e poi avrebbe
tanto
voluto fracassargli la testa, ma si era dovuta accontentare della
rotula.
Il vecchio aveva
ricevuto il colpo di grazia quand’era ancora in ospedale,
dove in quel momento
era anche lei. Ma lei non era stata – anzi, aveva quasi
rischiato di essere
uccisa a sua volta, se non fosse stato per l’avvocato
Giannini, nonché sorella
di Blomkvist.
Lisbeth Salander. Innocente. Lei non aveva ucciso nessuno. Chiuse gli occhi con questa consapevolezza, sentendosi, tutto sommato, la coscienza pulita.
__
_
_
Jade's
place:
Salve a
tutti! Ecco qui la mia prima fanfiction non
originale, un "omaggio" - o almeno questo era il mio tentativo - al
mio "maestro" Stieg Larsson. I suoi libri mi hanno insegnato
veramente tanto, e devo ringraziare lui e la sua trilogia se la mia
passione
per la scrittura si è accesa ancora di più.