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Autore: blaineywainey    16/08/2011    4 recensioni
Kurt Hummel si è rassegnato ad una doppia vita nella sua piccola città dell'Ohio, Lima, nel 1959: un arrogante Greaser di giorno ed un fashionista romantico, amante della musica, di notte. Ma la vita di Kurt sta per essere totalmente scossa; nel bene o nel male.
Kurt avrebbe ceduto tutto quello per anche solo un briciolo di accettazione.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Lime, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 – Orange Colored Sky

 

Era una tarda estate del 1959 nella piccola città di Lima, Ohio e Kurt stava aiutando suo padre in negozio. Burt si era preso una pausa così da occupare l’entrata del negozio, solo per assecondare la nevrosi di Kurt; aveva la costante paura che suo padre si sarebbe sentito male se avesse lavorato troppo duramente per troppo tempo. Burt gli faceva sempre quella cortesia, sentendosi soprattutto orgoglioso del fatto che suo figlio fosse così preoccupato per lui. Inoltre, Kurt ora era grande abbastanza per potersi occupare dei lavori nel garage. 

Così una volta che Burt fu al sicuro nel fresco interno dell’officina, Kurt si permise una piccola pausa. Strofinò via la sporcizia e il grasso sulle sue mani con lo straccio di scorta che teneva a portata di mano, e rimboccò le maniche corte della sua maglietta bianca, oltre ai risvolti dei suoi jeans slavati. Stappò una bottiglia di Coca-Cola e si arrampicò sul cofano della Station Wagon che stava riparando, piegandosi indietro sui gomiti e incrociando delicatamente le caviglie coperte da scarpe nere a stivaletto.

Bevve tutto d’un fiato, assaporando la sensazione delle fredde bollicine scendere lente giù per la sua gola.

Approfittò di quel meritato tempo libero per stilare nella sua testa una lista di cose da fare. Dopo aver terminato di aiutare suo padre avrebbe fatto un salto alla gelateria per incontrare i suoi amici e prendere rapidamente una coppetta di pistacchio, e subito dopo avrebbe fatto un salto a casa della sua vicina Mercedes per aiutarla a prepararsi per un appuntamento, e alla fine sarebbe tornato a casa per la cena con i Berry.

Respirò nell’aria estiva che sapeva di muschio e chiuse gli occhi momentaneamente, beandosi semplicemente dei profumi e della calma che i suoi sensi percepivano.

Un leggero colpo di tosse risvegliò Kurt dal suo fantasticare. Voltò la testa verso l’entrata del garage, sobbalzando leggermente non appena il cuore cominciò a battere contro il suo petto senza motivo.

A metà strada tra la brillante luce del sole e l’afosa ombra del negozio si fermò un giovane uomo all'incirca della stessa età di Kurt, con un accecante sorriso bianco sul viso. I suoi disordinati, ricci capelli neri erano in qualche modo domati con la lacca, la faccia abbronzata priva di barba e sulle gambe indossava grigi pantaloni sportivi stretti. Un papillon rosa acceso metteva in risalto la camicia a quadri bianchi e neri con il colletto e le maniche corte. Attorno alle dita roteava il mazzo di chiavi di una macchina.

“Ciao,” disse mentre gli occhi di Kurt si spalancavano leggermente alla sua vista. “Il mio nome è Blaine Anderson.”

Seriamente, chi era questo tipo? Le persone non andavano in giro mettendo così in mostra papillon rosa accesi, pensò Kurt, con una strana sorta di rancore (che non era per niente dovuto al fatto che desiderava poter strappargli quell’accessorio).

Blaine tese una mano quando Kurt non gli rispose immediatamente. Il suo sorriso si allargò inverosimilmente, come intenzionato a voler attirare Kurt giù dalla macchina per salutarlo.

“Kurt Hummel” si presentò, domandandosi come mai la sua voce suonasse così alta e senza fiato, quando lui l’aveva allenata perché desse un'impressione diversa ai visitatori. Prese la mano di Blaine e la strinse, classificando la scossa che percepì con quel tocco come elettricità statica della calda aria estiva.

Ritrasse la mano e velocemente la portò ai capelli per sistemare la corta frangia sulla fronte - portata sul viso a meno che non si trovasse da solo - lentamente e dietro il suo orecchio, in modo che non gli bloccasse la vista.  “Cosa posso fare per te, Blaine Anderson?”

Blaine alzò le spalle, sorridendo. “Beh, Kurt Hummel, speravo che tu potessi dare un’occhiata alla mia macchina. Sembra che stia… funzionando male.”

“Nessun problema,” disse Kurt. Dio, la sua voce era alta di natura, ma era sempre così stridula? Si schiarì la gola imbarazzato. “Fai strada,” fece un movimento vago con le braccia magre, mettendo in mostra le lunghe dita che di solito teneva nascoste nelle tasche.

“E’ giusto qui fuori,” rispose Blaine, girando sui tacchi per guidare Kurt in mezzo al sole.

Quasi rimase senza fiato quando vide la Cadillac del ’58 nera e lucida, ma riuscì a mantenersi composto mentre alzava il cofano. Individuò immediatamente il guasto.

“Non dovrebbe essere un problema, signor Anderson,” cominciò Kurt, tirandosi su per ritrovarsi faccia a faccia con il suddetto. Fece un salto allarmato e picchiò la testa contro il cofano sollevato. Imprecò sottovoce, arrossendo e massaggiandosi la testa.

Blaine ridacchiò e si scusò. “Scusa, non intendevo spaventarti. Volevo soltanto dare un’occhiata per conto mio. E uhm, puoi chiamarmi Blaine. Probabilmente hai la mia stessa età, giusto?”

Kurt annuì e chiuse il cofano. “Diciassette anni.”

“Anche io.”

“Allora, Blaine. Perché non ti ho mai visto per la città?”

“Ah beh,” Blaine si massaggiò la nuca come se avesse sentito la domanda già altre volte. “Mi sono appena trasferito qui circa una settimana fa, da New York.”

Il cuore di Kurt perse un battito. Le parole “se posso farcela qui, posso farcela ovunque” improvvisamente gli vennero in mente. Perché mentre Kurt aveva accettato che il suo dovere per la comunità era prendere il posto di suo padre nella gestione del negozio, il ragazzo aveva sogni per se stesso, sogni più grandi della popolazione di Lima.

Ma, si ricordò Kurt, le persone di una piccola città non prendevano molto bene i sogni riguardanti lo show business e la moda. Era per questo che tali sogni spesso restavano chiusi nel suo cuore e non andavano più lontani da quello.

Mise da parte i suoi desideri più intimi per fare spazio e concentrarsi sul suo attuale cliente. “New York?” chiese, senza fiato un’altra volta.

“Sei un fan?” sorrise compiaciuto Blaine.

Kurt fece spallucce. “Aspiro solo a guadagnarmi qualsiasi tipo di vita io possa lì, ma oltre questo-” si trattenne dal continuare, domandandosi invece perché avesse appena confessato uno dei suoi più profondi e oscuri segreti ad un perfetto sconosciuto.

Un perfetto sconosciuto con un papillon rosa.

Ma in qualche modo il perfetto sconosciuto con il papillon rosa sembrò comprenderlo appieno. “Se puoi farcela qui puoi farcela ovunque, giusto?”

Kurt stava cominciando a sentirsi a disagio con quel ragazzo in grado di toglierli letteralmente l'aria dai polmoni. “Sei il mio gemello separato alla nascita?” chiese, senza preoccuparsi  di pensare alla scelta di parole adatta.

Blaine piegò la testa di lato, sorridendo leggermente. “Posso esserlo, se ti fa piacere.”

Kurt inarcò le sopracciglia curate. “Penso che mi piacerebbe in effetti,” disse sicuro. Gli piaceva quel ragazzo; c’era un qualcosa nella sua modesta fiducia in se stesso che risultava gradevole al normale senso di smarrimento provato da Kurt.

Blaine si agitò sul posto felice, sorridendo ampiamente. “Beh se finisci con la mia macchina in tempo di record forse possiamo farci un giro. Sarebbe bellissimo potersi fare degli amici da queste parti.”

“Sarei felice di farti questo favore,” disse Kurt, sorridendo orgoglioso. “Ora portiamo questa piccola dentro al garage.”

 

“PAPA’,” urlò Kurt in direzione dell’ufficio. “Termino il mio turno di lavoro per oggi, va bene?”

La macchina di Blaine era stata riparata circa mezz’ora prima, ma Blaine e Kurt si erano divisi un paio di bottiglie di Coca-Cola mentre erano impegnati in chiacchiere. C’era qualcosa nel sorriso di Blaine che abbatteva tutte le barriere di Kurt, metteva disordine tra le sue facciate. Il ragazzo non era sicuro di apprezzare questo, ma era sicuramente confortante poter parlare con qualcuno a cui sembrava piacere la compagnia del vero Kurt Hummel.

Burt uscì momenti dopo dall’ufficio. “Nessun problema, figliolo. Dove stai-” i suoi occhi caddero su Blaine, che era rimasto con lui e stava ancora sorseggiando la sua bibita. “Chi è questo?”

“Questo è Blaine,” spiegò Kurt. “Si è trasferito qui la settimana scorsa.”

“Blaine Anderson, signore,” disse Blaine pieno d’entusiasmo, camminando verso Burt per stringergli la mano.

“Burt Hummel. Anderson?” chiarì Burt. “Il figlio di Greg?”

Blaine piegò la testa in segno di affermazione. “Sì, signore.”

“Giusto. E’ venuto qui per un cambio d’olio pochi giorni fa.” la bocca di Blaine mimò un “oh” mentre annuiva. Burt continuò, indicando loro di andare. “Divertitevi, ragazzi. Lo porterai a fare un giro per la città, Kurt?”

“Il tour completo ed integrale,” rispose Kurt.

Burt annuì e lasciò che un caldo sorriso gli solcasse il volto prima di tornare indietro nell’ufficio.

“Sembra davvero simpatico,” disse Blaine mentre entrava nella piccola decappottabile Thunderbird blu del ’58 di Kurt. “Bella macchina” aggiunse, accarezzando il rivestimento con delicatezza.

“Grazie,” disse Kurt orgogliosamente, mantenendo una stretta ferrea sul volante. “E sì, mio padre è davvero bravo. E’ molto… tollerante.” Si morse il labbro. Eccolo lì, ad ammettere segreti profondi e oscuri un’altra volta.

Blaine piegò la testa in quel modo che lo faceva sembrare in maniera snervante ad un cagnolino. “E' un’interessante scelta di vocabolo.”

“Sì, beh.” Kurt mise in moto la macchina e si allontanò dal negozio. “Sono semplicemente diverso. Le persone da queste parti non sono propriamente interessate al diverso.”

“Diverso come? Voglio dire, ehi, posso capire,” disse Blaine, sorridendo e torturando nervosamente con le dita il suo papillon rosa.

“Oh, non lo so-” spostò gli occhi dalla strada vuota per lanciare uno sguardo a Blaine, che stava guardando l’altro in attesa. Increspò le labbra pensieroso. “Prometti di non prendermi in giro?”

Blaine scosse la testa in modo drammatico. “Prometto.” Tese una mano e Kurt la strinse.

“Beh vediamo. Io- oh, quello è Breadstix, ha il cibo italiano più buono di Lima,” indicò vagamente il popolare luogo d’incontro dei suoi coetanei. “Ad ogni modo, credo si possa dire che i miei interessi differiscono leggermente da quelli degli altri ragazzi della mia età.”

“In che senso?” insistette Blaine.

“Mi preoccupo molto del mio aspetto e cosa indosso,” si lasciò scappare di bocca Kurt, desiderando cacciare tutto fuori dal suo corpo subito. “Amo cantare, e tratto con molta cura i miei dischi e non solo quelli popolari, quelli vecchi e specialmente dei musical di Broadway. Ho molti… amici che sono ragazze-”

“Non fidanzate?” Blaine diede una piccola gomitata a Kurt scherzosamente.

“Mai avuta una,” disse Kurt sinceramente, stringendosi nelle spalle. “Conosco quei ragazzi sin da quando andavamo all’asilo perciò questo è probabilmente un fattore rilevante. La maggior parte dei miei amici più stretti sono ragazze, ma principalmente vado in giro con i miei compagni quando non stanno giocando a baseball, questo perché faccio schifo a coordinare la mano e l’occhio-”

“Cos’è quello?” lo interruppe Blaine, indicando oltre Kurt verso un edificio color pastello.

Kurt abbassò il braccio di Blaine. “Non riesco a vedere,” rise. Il ragazzo appoggiò la mano sulla gamba di Kurt per sporgersi e guardare più da vicino. “Quello è Dellie. Gelati, hamburger, dolcetti, un karaoke, dei lavoretti part time. Ah dannazione,” disse, colpendosi la testa con la mano mentre si fermava ad un semaforo rosso. “Avrei dovuto incontrare il gruppo lì per pranzo.” Storse le labbra riflettendo. “Oh poco importa. Sono sicuro che capiranno.”

Blaine si piegò indietro sul sedile e osservò Kurt con preoccupazione, stringendo la mano sul ginocchio del suo nuovo amico. “Sei sicuro? Non era mia intenzione distrarti dai tuoi impegni di oggi.”

Kurt toccò gentilmente la mano di Blaine. “Non è un problema. Posso uscire con loro qualsiasi giorno. Oggi è riservato ad accompagnare il nuovo arrivato in giro per la città.”

“Lo apprezzo molto,” sorrise Blaine, stringendo brevemente la mano di Kurt prima di farla tornare sul proprio stomaco. Kurt contrasse di nascosto la mano prima di farla tornare sul volante. “Beh ora hai fatto un giro della città. Hai per caso fame? Possiamo tornare indietro a casa mia per pranzare un po’ se ti va.”

“Mi sta bene.”

 

“Dunque, io ti ho detto molto di me,” disse Kurt tra i suoi avanzi di bistecca e patate schiacciate. “Ma non so davvero niente di te. Oltre al fatto che hai una fissa per i papillon colorati.”

Blaine sbuffò tra gli avanzi di spaghetti della cena a Breadstix della sera precedente. “Lo dice proprio il ragazzo che afferma di essere interessato alla moda?”

“Non potrei mai rivelare una cosa del genere,” disse Kurt a voce bassa.

“Potresti rivelare qualsiasi cosa tu voglia,” disse Blaine con veemenza.

Una pausa.

“Perché ti sei trasferito in Ohio?” chiese Kurt, cercando di non sorridere.

Blaine si strinse nelle spalle e tornò alla sua pasta. “Oh, non lo so. Ai miei genitori piace muoversi molto, e hanno i soldi per farlo. Mia madre era stufa della vita di città e mio padre ha trovato un buon lavoro qui, e questo è quanto.”

“Cosa fa tuo padre?”

“E’ un avvocato.”

Kurt annuì. “Impressionante.”

Blaine sorrise timidamente. “Sì, suppongo.”

“Allora, cosa ti rende diverso?” chiese Kurt.

Blaine puntò gli occhi sul’altro, con lo stesso sguardo che gli aveva indirizzato quando aveva esitato in macchina. Kurt si perse qualche secondo in un oceano color nocciola, scombussolato da una miscela di affetto, confusione ed entusiasmo, senza credere che quegli occhi riflettessero precisamente ciò che Kurt stava provando in quell’istante. Blaine prese un lungo respiro per parlare.

Il campanello suonò. Più volte in successione.

“Chi potrebbe essere?” si chiese Kurt con onestà. Suo padre era ancora al lavoro, a la sua matrigna era al supermercato, allora-

Corse alla porta, Blaine gli corse dietro, e la aprì con uno scatto.

Ancora prima che la porta venisse aperta di due centimetri un gruppo di ragazzi entrò di colpo nel salotto.

“Kurt, amico, dove sei stato?”

“Stavamo cominciando a preoccuparci.”

“Ragazzi, io-”

“Avevi promesso che ti saresti fatto vedere!”

“Ragazzi-”

“Sai dov’è la mamma? Sto morendo di fame.”

“RAGAZZI!”

Il silenzio cadde dal momento che Kurt aveva alzato la voce e tirato su le mani per fermare i suoi amici, Blaine cortesemente in piedi all’entrata della cucina.

Sentì il corpo rilassarsì in una posizione ciondolante per adeguarsi a quella dei suoi coetanei. Sprofondando le mani nelle tasche, si rivolse al gruppo.

“Scusate se mi sono potuto unire a voi, ragazzi. C’è un nuovo ragazzo in città e gli stavo facendo fare un giro.”

Al sentirsi menzionato, Blaine corse in avanti con entusiasmo. “Blaine Anderson,” disse, piegando un po’ la testa.

Kurt rabbrividì dentro di sé quando vide le facce dei suoi amici inquadrare Blaine. Il più muscoloso di loro alla fine ruppe il silenzio. “Bel papillon, secchione.”

“Ehi,” Kurt lo riprese freddamente, schiaffeggiandogli il braccio e guardando storto tutti loro. “Siate gentili, ragazzi.”

Gli amici di Kurt si scambiarono delle occhiate ma si presentarono, e osservando Blaine poteva dire che gli stesse studiando per cercare di collegare i nomi alle facce.

“Noah Puckerman,” disse il ragazzo muscoloso con una testa quasi del tutto rasata. “Ma chiamami Puck. Solo Puck, o ti darò un calcio in culo.”

Prima che Blaine avesse tempo di spaventarsi il tipo biondo e alto stava già parlando. “Sam Evans,” disse, con un sorriso grande.

“Mike Chang,” disse un ragazzo pallido dai corti capelli neri.

“Finn Hudson,” disse il tipo bruno più alto. “Sono il fratello di Kurt.”

Blaine piegò un sopracciglio curioso guardando Kurt, che chiarì, “Fratellastro.”

Ci fu un ulteriore silenzio.

Poi però Sam parlò con franchezza. “Seriamente, ci hai scaricati per questo-”

“Okay ragazzi, vi raggiungerò più tardi,” disse Kurt ad alta voce, riaccompagnandoli alla porta. “Mi farò perdonare, prometto. Breadstix con me domani?”

Questo distrasse decisamente i ragazzi che marciarono allegri fuori dalla porta, sul pianerottolo, giù per le scale, e oltre lo steccato.

“Torna in tempo per la cena con i Berry,” Kurt richiamò l’attenzione di suo fratello.

Finn si immobilizzò. “Rachel Berry viene a casa nostra?”

Kurt inarcò le sopracciglia con l’aria di chi la sa lunga, chiudendo la porta intanto che i suoi amici davano scherzosamente delle gomitate a suo fratello. Premette la schiena contro la porta, preoccupato che altre forze potessero inaspettatamente irrompere, e guardò Blaine con apprensione.

“Cos’era quello?” chiese Blaine, insicuro se sorridere o meno.

“I miei amici,” disse Kurt, raddrizzando la schiena e liberando un respiro che non si era accorto di aver trattenuto.

Blaine si morse il labbro con aria pensierosa. “Non mi è sembrato che a loro io piacessi poi così tanto.”

“Oh, gli piacerai sempre di più,” disse Kurt velocemente. “Non sono semplicemente abituati ai nuovi arrivati.”

“Sì, si era notato.”

“Cosa intendi dire?”

Blaine si mosse a disagio. “Sembravi… diverso con loro.”

“Non so di cosa tu stia parlando,” rispose Kurt, evitando il suo sguardo.

Blaine si strinse nelle spalle. “Era solo una sensazione. Niente di ché.” Sorrise debolmente.

Kurt lo ricambiò un po’ freddamente. Sapeva esattamente quello di cui parlava Blaine. Sapeva di piegare la sua solita schiena dritta, di nascondere dentro le tasche le sue mani aggraziate allenate al piano, di lasciare che i suoi capelli ricadessero sul viso, di come la voce si abbassava di un’ ottava per volere suo.

Ma perché allora non sentiva il bisogno di comportarsi così in quel momento, da solo con Blaine?

Guardando dentro quegli accoglienti occhi nocciola, sentì la risposta. Non la conosceva, ma la sentiva dentro il suo stomaco. Quella sensazione scaturì dal suo corpo, permettendo ad un brillante sorriso di abbellirgli il volto.

“Finiamo di pranzare.”

 

Attorno alle quattro e mezza Kurt riaccompagnò Blaine al negozio per ritirare la sua macchina e tornare a casa. Sinceramente esitava a salutare il suo nuovo amico; abbandonare la terra delle fantasie che aveva condiviso con Blaine tutto il giorno, in cambio di una realtà dura e inesorabile, non sarebbe stato un cambiamento piacevole.

“Ecco,” mormorò Blaine mentre i due si dirigevano verso la Mustang e frugava nelle sue tasche. “Quanto hai detto che sarebbe venuto?”

Kurt sorrise. “Non l’ho detto. Nessun costo.”

Le sopracciglia triangolari di Blaine si mossero agitate mentre frugava più velocemente, trovando finalmente delle banconote. “Kurt, Dio no, davvero non potrei-”

Kurt spinse la mano di Blaine, che stava cercando di consegnarli le banconote, verso il suo petto. “Consideralo un favore ad un amico.”

Quel sorriso abbagliante si distese un’altra volta sul viso di Blaine. “Caspita, grazie Kurt.”

E poi strinse le braccia attorno a Kurt in un abbraccio.

Kurt sapeva che il cuore gli stava martellando in petto a causa dello shock. E nient’altro. Perché i ragazzi non facevano semplicemente coming out e si abbracciavano l’un l’altro, giusto? Non c’entrava niente il fatto che sentisse uno strano senso di protezione tra le braccia accoglienti di Blaine, non aveva niente a che fare con l’odore di lacca tra i suoi lucidi ricci scuri, e decisamente niente a che fare con il fatto che Kurt non era mai stato abbracciato da nessuno esclusi i suoi genitori, in tutta la sua vita.

Esitando ricambiò il gesto, ma appena ebbe realizzato cosa esso significasse davvero, Blaine si stava già tirando indietro.

“Grazie mille, Kurt. A dirti la verità avevo paura che avrei passato i miei giorni qui da solo, perché non sarei piaciuto a nessuno.” Mentre giocherellava di nuovo con il suo papillon, Kurt realizzò che non sapeva ancora niente di Blaine. Ma c’era tempo per questo. C’era tutto il tempo del mondo.

Kurt sorrise spontaneamente in risposta. “Vediamoci domani. Da Dellie alle due?”

“E’ un impegno,” Blaine sorrise scioccamente, saltando dentro la macchina.

Questo era l’inizio di una bell’amicizia, pensò Kurt mentre salutava con la mano Blaine finché questi non sparì dalla piazzola, con un ultimo sorriso da togliere il fiato.

Kurt corse verso casa, gioendo dell’aria che soffiava tra i suoi capelli. Si era divertito di più oggi che in tutta la sua vita. Era così facile essere semplicemente se stesso con Blaine, mostrare il suo vero io che di solito restava chiuso a chiave su nella sua stanza dopo ore ad ascoltare melodie dei musical con la crema per la notte in faccia. Ma c’era qualcosa che ancora gli tormentava la mente:

“Sembravi… diverso con loro.”

Kurt si era facilmente adattato alla sua vita dalla doppia immagine col passare del tempo, così tanto che sembrava essere una cosa naturale. Non aveva mai nemmeno pensato quanto in realtà  fosse diverso fino ad ora, e con lo smagliante sorriso di Blaine ancora impresso negli occhi chiusi non riusciva esattamente a comprendere che cosa era diverso. Era diverso il modo in cui si sentiva dentro, a confronto con quello dei suoi amici e coetanei, oppure era diverso il modo in cui si era adattato agli standard della società rispetto a come si comportava quando era da solo e a proprio agio?

Kurt scacciò via l’idea irritato, mentre entrava nel vialetto di casa sua. C’era sempre tempo per esaminare i suoi svariati disturbi della personalità. Risolse la situazione decidendo di rilassarsi poco prima del tramonto e di concentrarsi invece al momento sui lavori a portata di mano.

Kurt si liberò dei suoi vestiti da lavoro non appena ebbe messo piede in camera, cambiandosi con una leggera camicia rosso ciliegia con il colletto abbottonato e dei jeans blu scuri, prima di avventurarsi fuori verso casa di Mercedes.

Lungo la strada giù per il corridoio fino alle scale, tuttavia, udì uno sconfortato che lo fece fermare sui suoi passi. Bussò piano alla porta del fratellastro prima di entrare.

Finn stava a faccia in giù sul suo letto disfatto, vari capi d’abbigliamento sparsi per la stanza. Kurt sospirò e cominciò a ripulire il disastro.

“Kurt,” gemette Finn.

“Sì?” rispose Kurt, sedendosi accanto alla testa di Finn per piegare alcune paia di pantaloni.

“Perché i Berry devono venire a casa stasera?” si lamentò, voltando la testa per guardare Kurt.

“Perché è venerdì, e questo è il giorno della settimana in cui i Berry vengono da noi per cenare.”

“Ma cosa devo indossare?” sospirò Finn.

Il cuore di Kurt sobbalzò. Non era sicuro di poter avere a che fare con due crisi di vestiario in una notte, specialmente se una implicava vestire il suo fratellastro che in realtà non doveva nemmeno sospettare dell’abilità di Kurt nel saper scegliere i vestiti.

Perciò cambiò argomento. “E’ per Rachel?” chiese a bassa voce, mettendo da parte la pila di pantaloni piegati.

“Forse,” disse Finn con voce sottile.

Kurt sorrise compiaciuto dentro di sé, domandandosi che cosa ne avrebbe potuto cavare fuori dalla testa di Finn se avesse insistito con quella delicata conversazione.

“Non vedo come questo dovrebbe avere importanza,” disse Kurt con finto disinteresse. “Dal momento che esci con Quinn Fabray.”

“Dimmi soltanto cosa devo indossare, okay?” Finn si tirò su di scatto in una posizione seduta, sulla difensiva.

Kurt arrossì. “Come faccio a sapere che cosa devi indossare?” strillò.

Finn roteò gli occhi. “Non sono stupido, Kurt. Lo so che ti piacciono… i vestiti.” Fece giusto una piccola smorfia, indicando vagamente l’abbigliamento di Kurt.

Kurt si irrigidì, incrociando le braccia sul petto come se quel gesto potesse nascondere la sua camicia fatta su misura. “Io… Io non-”

“No, ehi,” sorrise Finn. “Lo sai che mi sta bene questo. Sei mio fratello.”

Kurt lo osservò in modo scettico, e Finn rise.

“Va bene. Se non rivelerai la mia cotta per Rachel io non dirò niente della tua fissa per i vestiti.”

Kurt sbuffò. “D’accordo.”

Finn si tirò su dal letto. “Lo sai, scommetto che a Puck e Sam andrebbe bene la cosa.” Esitò. “Ma il tuo nuovo amico d’altra parte… Brian?”

“Blaine,” disse con tono seccato Kurt.

“Blaine, giusto. E’ un pochino strano, huh?”

Kurt fece per alzarsi in piedi irritato ma Finn lo fermò spingendolo giù di nuovo sul letto, afferrando due camicie dal suo armadio e tirandole su.

“Blu o verde?” sorrise con aria colpevole.

 

“Blu o verde?” sospirò Mercedes con esasperazione.

Kurt sedeva sul letto della sua vicina di casa, sperimentando un serio caso di déjà vu.

“Nessuno dei due,” concluse, scendendo giù dal letto. “Hai bisogno di qualcosa che risalti il colore della tua pelle.”

Il colore della pelle di Mercedes, guarda caso, era un caldo marrone cioccolato.

Benché lei non andasse nella sua scuola, Kurt la considerava la sua amica più fidata. Lima era solitamente neutrale sulla faccenda del razzismo, ma c’erano quei pochi radicali che pendevano da un lato o dall’altro. Kurt e la sua famiglia tendevano ad accettare le persone senza preoccuparsi di chi fossero, fintanto che si mostrassero rispettabili, persone dalle buone maniere,  perciò era naturale che Kurt facesse frequenti visite alla porta accanto per vedere come stava la sua migliore amica.

Mercedes era una formosa diva completamente devota al soul e al jazz che condivideva il sogno segreto di Kurt, ovvero che un giorno si sarebbe guadagnata da vivere cantando. Perciò a Kurt non importava proprio se Mercedes era nera o bianca o viola, gli importava avere qualcuno che lo capisse, anche solo un pochino.

Intanto che Kurt rovistava nell’armadio di Mercedes, sentì la madre di lei chiamarlo dal piano inferiore.

“Kurt, tesoro? Ti piacerebbe restare per cena?”

Kurt urlò in risposta, “No grazie signora. Jones, abbiamo ospiti a casa stasera. Apprezzo l’invito, però.”

“Mercedes, questo ragazzo è così educato. Perché non lo porti a cena fuori questa sera?”

“Mamma!” gridò Mercedes.

Kurt arrossì mentre sentiva delle risate dal piano inferiore che sparivano nella cucina.

Mercedes sorrise con imbarazzo verso Kurt, che evitò i suoi occhi per rovistare un po’ più velocemente nell’armadio.

Quella era l’unica ragione per cui Kurt non poteva contare esclusivamente su Mercedes come migliore amica. Sapeva che Mercedes aveva un quasi impercettibile cotta per lui. Entrambi erano riusciti a superare una particolare occasione legata ad una grave incomprensione e ad una pietra scaraventata contro la Thunderbird di Kurt, e ne erano usciti come persone migliori. Kurt si sentiva quasi colpevole di non poter provare la stessa cosa per Mercedes. No, non che “non potesse”. Non riusciva. Semplicemente non riusciva.

C’era quella dura verità che minacciava di rientrargli in testa a calci.

Ma Mercedes capiva. Apprezzava la sua amicizia ad ogni modo, e il piccolo sorriso che sfoggiava  si trasformò in un amichevole ghigno.

“Allora quale metto?” chiese, indicando con la testa l’armadio.

Kurt le sorrise raggiante in riconoscimento e affondò in modo affettuoso la testa nella spalla di lei, prima di allungare una mano e tirare fuori un abito rosso con lo scollo che continuava a sbuffo dalla vita.

“Pattinaggio, giusto?” precisò Kurt. “Questo è perfetto. Ripeti un po’ chi è il fortunato ragazzo?” fece una smorfia incolpando la sua memoria corta.

Mercedes alzò gli occhi al cielo e prese l’abito dalle braccia di Kurt. “Matt Rutherford. Va alla… mia scuola.” Gli lanciò un’occhiata eloquente.

“Beh Matt ti troverà irresistibile con questo vestito, e spero di incontrarlo un giorno.”

Mercedes sorrise con gratitudine. “Sono così contenta di averti con me.”

“E io di avere te,” rispose Kurt.

 

Dopo una torta di mele, il signore e la signora Berry seguirono Burt e Carole per chiacchierare in salotto. Kurt fuggì rapidamente dalla cucina per lasciare Finn da solo con Rachel che, bisognava ammettere, stava molto bene con un abito blu marino a pois bianchi ed i ricci capelli castani raccolti in due codini. L’ultima cosa che Kurt vide prima di andarsene furono gli scintillanti occhi scuri di Rachel fissi devotamente su Finn, e gli occhi di Finn spalancati che supplicavano Kurt senza sapere che cosa fare.

Una volta al sicuro nella sua camera, Kurt chiuse a chiave la porta e corse dal suo giradischi per far partire il disco scelto: Nat King Cole. Con una doccia lavò via la fatica del giorno passato e si mise il pigiama, applicò la sua crema per la notte prima di gettarsi sul letto per chiudere gli occhi e ascoltare la voce canticchiare dall’apparecchio.

I was walking along, minding my business

When out of an orange-colored sky

Flash! Bam! Alakazam!

Wonderful you came by

Ci fu un colpetto alla sua finestra. Scostò le tende e si trovò davanti giusto la finestra di Mercedes. Stava in piedi davanti a lui con addosso il vestito rosso, tenendo in mano un foglietto che recitava:

Matt ha adorato il vestito! Sei un genio.

Kurt fece un sorriso e piegò le dita a formare una pistola con il pollice e l’indice e la puntò scherzosamente verso di lei, con un inappropriato schiocco della lingua contro i denti ed un sorrisetto, prima di rilasciare le tende e farle cadere al loro posto.

One look and I yelled timber

Watch out for flying glass

'Cause the ceiling feel and the bottom fell out

I want into a spin and I started to shout

I've been hit, this is it, this is it!

Quando Kurt cominciò a prendere sonno, i suoi pensieri volarono a Blaine. Il suo fiducioso, puro sorriso entusiasta ed un persistente profumo di lacca per capelli cullò Kurt nella convinzione che tutto si sarebbe in qualche modo risolto per il meglio. Questo sentimento, simile a quello prodotto dal contatto con Blaine, fu ciò che portò finalmente Kurt ad addormentarsi.

I was walking along minding my business

When love came and hit me in the eye

Flash! Bam! Alakazam!

Out of an orange-colored sky.

   
 
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