Fanfic su artisti musicali > Green Day
Ricorda la storia  |      
Autore: Rhye and Embrido    08/04/2006    13 recensioni
Eccoci di nuovo alla ribalta,ma stavolta per fortuna con una piccola one-shot, sull'enorme amicizia che lega i nostri adorati Green Day, Billie, Mike & Trè. Inizia con l'incontro tra Mike e Billie, e prosegue fino ad arrivare alla loro vecchiaia e....leggete e commentate, please!!!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Mi raccomando Billie, cerca di non combinare guai” sospirò un po’ apprensiva Anne, guardando il fratellino allontanarsi senza

-Was it all worth it?-

 

“Mi raccomando Billie, cerca di non combinare guai” sospirò un po’ apprensiva Anne, guardando il fratellino allontanarsi senza neanche un cenno di saluto.

Billie Joe Armstrong camminò a testa bassa lungo il marciapiede, poi attraversò svogliatamente la strada, diretto alla prigione, a quel luogo di infami torture nel quale avrebbe dovuto stare fino al conseguimento del diploma: la sua adorabile scuola. Già per conto suo odiava profondamente frequentare le lezioni, ma nell’ultimo periodo questo dovere si era fatto sempre più oneroso: da quando suo padre si era ammalato e, infine, dopo una lunga ma fulminante malattia, era giunto alla fine, proprio tre settimane prima.

La morte del padre aveva veramente distrutto il bambino, che da poco aveva compiuto dieci anni: tra padre e figlio c’era un legame davvero speciale, che sorpassava perfino il normale affetto che c’è tra un genitore e il proprio figlio. Si vedeva lontano un miglio che Billie era il preferito del padre, che dal canto suo non se ne rendeva neanche conto, convinto com’era di trattare tutti i suoi figli allo stesso modo. Ma nessuno dei fratelli maggiori di Billie gliene faceva una colpa, capivano perfettamente, e da quando Andrew si era ammalato, avevano cercato di lasciarlo sempre più spesso con il figlio minore, che in fondo era colui che se lo era goduto di meno. Eh sì, Billie aveva amato suo padre più di tutti e cinque i suoi fratelli messi insieme, e paradossalmente era quello che ci aveva passato meno tempo.

La morte del padre non gli era giunta inaspettata: era un ragazzino intelligente, e si era accorto che qualcosa non andava in suo padre, qualcosa che tutti gli avevano taciuto il più possibile, per evitargli delle sofferenze. Ma alla fine l’aveva scoperto, era rimasto affranto dal dolore alla notizia: sapeva che prima o poi Andrew se ne sarebbe andato, ma nel profondo era rimasta una ferrea, ostinata convinzione propria dei bambini,  la speranza che suo padre guarisse miracolosamente. Per questo, quando era scomparso, dapprima non lo aveva voluto accettare. Vagava spesso per la casa, alla ricerca del padre, come se non fosse morto, ma semplicemente partito per una scampagnata, e in procinto di ritornare da un momento all’altro. Ma poi si era rassegnato: suo padre non sarebbe più ritornato.

E, a quel punto, era sopraggiunta la rabbia. La rabbia verso suo padre, che lo aveva lasciato solo. La rabbia verso sua madre, che non era mai presente per occuparsi di lui. La rabbia contro i suoi fratelli, che nonostante tutto se ne erano fatti una ragione e adesso andavano avanti per la loro strada come se niente fosse successo. La rabbia contro tutti gli altri bambini, che avevano un padre e a volte se ne lamentavano, dicendo frasi come: “Ieri il mio papà non mi ha voluto portare al luna park…che cattivo!!”

Andava sempre meno volentieri a scuola: era un emarginato, e non faceva niente per migliorare questa sua condizione. Semplicemente se ne fregava altissimamente. “Non ho bisogno di nessuno” si diceva, guardando fosco gli altri suoi compagni di classe che giocavano e scherzavano durante l’intervallo. In effetti, questo astio nei loro confronti non era del tutto ingiustificato: tutti sapevano benissimo delle sue condizioni famigliari, eppure nessuno di loro si era mai mosso a compassione nei suoi confronti, nessuno aveva cercato di aiutarlo, nessuno aveva neanche tentato di consolarlo un pochino.

E da quando aveva picchiato un ragazzino dell’altra classe, tutti gli altri lo guardavano con sospetto misto a timore: nessuno avrebbe immaginato che quel ragazzetto mingherlino, con quella faccia tanto dolce illuminata da quegli occhi verdi così splendenti, potesse essere così violento. La vittima di Billie, dopo il suo trattamento speciale, aveva la faccia ridotta ad una macchia nero-violacea, da quanti lividi aveva. Quel “pestaggio” messo in atto dal moretto apparentemente senza motivo valido, era stato attuato invece per conquistarsi un po’ di rispetto tra i suoi compagni di scuola, che lo prendevano continuamente in giro: le canzonature erano cessate, ma quel gesto non aveva risolto niente, i bambini continuavano ad evitarlo come e più di prima, con la sola differenza che adesso alle sue spalle non dicevano che era un musone solitario, ma un pazzo violento e pericoloso. In ogni caso, non erano termini molto lusinghieri.

Billie si soffermò un attimo nel cortile della scuola, guardando storto l’odiato edificio, che decisamente non era in buone condizioni: l’intonaco era scrostato in parecchi punti, e era crollata buona parte del cornicione.

Era talmente intento ad osservare la scola, che non si era accorto che un ragazzino gli si era parato davanti, guardandolo con espressione incuriosita.

“Beh?! Che hai da guardare?!” chiese sgarbatamente il moretto, quando si accorse finalmente della presenza dello sconosciuto.

“Oh, niente…mi chiedevo solo cosa ci fosse di tanto interessante in una scuola brutta come questa…sai, sembrava che ti fossi incantato” rispose l’altro, scrollando le spalle magre.

Billie lo squadrò attentamente: era sicuro di non aver mai visto quel bambino prima. Era abbastanza alto,  ma era anche spaventosamente magro, ma questo non dipendeva dalla mancanza di cibo, ma più probabilmente dal fatto che non stava un minuto fermo. Aveva la pelle chiara, con una leggera spruzzata di efelidi intorno al naso decisamente evidente, i capelli di un biondo quasi bianco che gli arrivavano fin sotto l’orecchio e che ricadevano perennemente sugli occhi azzurri come pezzetti di ghiaccio, vivaci e sempre in movimento.

“Non mi ero incantato” ribatté imbronciato il bambino “sei nuovo di qui?” chiese poi, leggermente incuriosito.

“Esatto, genione…io sono Michael Ryan Pritchard, ma credo che ti sarà più comodo chiamarmi solo Mike, per risparmio di tempo e fatica” esclamò allegro il ragazzo, piantando una mano ossuta e completamente scritta davanti al naso di Billie.

“Ok, Mike, io sono Billie Joe Armstrong…” cominciò lui, ma fu immediatamente interrotto dall’altro.

“Billie Joe?!? Vorrai dire William Joseph!”

“No, è proprio Billie Joe” fece gelido il ragazzino: odiava le tipiche battutine sul suo nome.

Mike gli battè una mano sulla spalla, con un gesto che voleva essere comprensivo, ma in realtà quasi fece cadere in ginocchio il poveretto: “Eh, ti capisco, anch’io con un nome del genere darei un nome falso”

Billie alzò gli occhi al cielo, reprimendo un gesto di stizza: nonostante tutto, quel buffo ragazzetto cominciava a stargli simpatico.

Che classe frequenti?” chiese il biondino, interrompendo il penoso silenzio, che in realtà era durato solo una frazione di secondo, ma fin troppo per l’irrequieto Mike.

“La quinta b…” rispose laconico il moretto, che non aveva assolutamente voglia di entrare in classe.

“Oh, ma che fortuna, siamo finiti in classe insieme!”  proruppe l’altro, palesemente contento.

“Che bello…” ironizzò Billie, che però si concesse il primo vero sorriso da quando suo padre si era ammalato.

“Eh, questo è proprio Destino…forza, andiamo, non vedo l’ora di fare un po’ di casino!!

Detto questo, prese per un braccio  il povero malcapitato e lo trascinò dentro la scuola, sbagliando strada per ben tre volte, prima di convincersi a seguire Billie.

Arrivati in classe, Billie si sedette al suo solito posto, l’ultimo banco in fondo a sinistra, dietro a Kevin,  un ragazzo odioso, alto e grosso, che non perdeva mai occasione per prenderlo in giro. Era uno dei pochi che non lo temeva, a causa della sua mole considerevole che lo preservava da qualsiasi attacco. Mike, che non aveva un posto, e voleva assolutamente stare il più vicino possibile a quello che ormai considerava un amico di lunga data, con uno spintone non molto elegante scaraventò il grosso Kevin giù dalla sedia, prendendo prontamente il suo posto.

“Ma tu cerchi rogna, pivellino!!” ringhiò Kevin, rialzandosi per fronteggiare il nuovo arrivato.

“Suona strano sentirsi chiamare “pivello” da uno che ha la mia stessa età!” esclamò tranquillo il biondo, mentre negli occhi gli si accendeva una luce eccitata: lui adorava le risse…

L’ingombrante ragazzino afferrò con uno scatto il polso sottile di Mike, cominciando a torcerglielo: avrebbe anche continuato fino a sentire lo schioccare sinistro delle ossa, se una violenta astucciata in faccia non lo avesse fermato appena in tempo.

Kevin mollò immediatamente la presa sul braccio del biondino e si girò furente verso colui che aveva osato compiere quel gesto così sconsiderato.

Billie Joe stava in piedi davanti a lui, sul bel viso vi era dipinta un’espressione furente: “Non ti azzardare a toccarlo mai più!”

Il ragazzo più grande fece per ribattere qualcosa, ma fu interrotto dall’arrivo dell’insegnante, che gli intimò subito di mettersi a sedere da qualche parte. Durante la presentazione di Mike, Billie scollegò il cervello dall’ambiente scolastico e si mise a riflettere su ciò che aveva appena fatto: aveva difeso un ragazzino che aveva appena conosciuto, proprio lui, che non aveva mai avuto pena o compassione per un altro bambino. O meglio, se mai le aveva avute, lo aveva fatto solo molto tempo prima.

Ma quel ragazzino tutto pelle e ossa gli faceva uno strano effetto: dopo appena poche parole scambiate con lui, sentiva una nuova strana emozione nascergli nel petto…un’emozione che comunemente viene definita amicizia. Un sentimento che però Billie non conosceva ancora, in quanto non aveva mai incontrato qualcuno che potesse condividere con lui i giochi, le passioni, le gioie, i dolori. Chissà, forse questa poteva essere la volta buona.

Distolse i suoi pensieri da quell’argomento, che stava diventando troppo profondo e complicato per un bambino della sua età, e si mise a scarabocchiare qualche frase a caso su un foglietto, canticchiando a mezza voce una canzone dei Queen.

Ci mise un po’ per accorgersi che un paio di occhi azzurrissimi lo stavano guardando fissamente.

Però, te la cavi parecchio bene!” commentò dopo un po’ Mike, ammirato.

 “Grazie, lo so…” replicò Billie, dando sfoggio della sua enorme modestia “so anche suonare la chitarra, me ne hanno regalata una quattro anni fa, e sono anche parecchio bravo!” concluse.

Mike notò che al bambino gli si illuminavano gli splendidi occhi verdi e gli si imporporavano le guance per l’eccitazione: evidentemente aveva toccato il tasto giusto, la musica doveva essere la sua passione. Che, guarda caso, lui condivideva pienamente.

“Forte!!! Sai, anch’io suono la chitarra, però non sono proprio il massimo…mi piacerebbe provare qualche altro strumento, che so, magari il basso, dicono che sia più facile della chitarra” sospirò il biondo, che avrebbe tanto desiderato quello strumento, ma che per ora non poteva comprare per mancanza di fondi monetari.

“Mmmh, ti posso insegnare io..aggiunse meditabondo Billie.

“Perché, sai suonare anche il basso?!” esclamò stupito Mike.

“No, sinceramente non l’ho mai nemmeno tenuto in mano, però sono sicuro che qualcosa riuscirei a fare lo stesso….” Ribatté il moro, pienamente convinto di ciò che stava dicendo.

“Vabbè, mi sa che farò da autodidatta…” fece il biondo, leggermente deluso.

E che tipo di musica ti piace?” chiese Billie, deciso a sottomettere il bambino ad un vero e proprio terzo grado.

“Mah, Rock e Punk- Rock....Non mi dispiacerebbe suonare in una band!”

“Wow, hai i miei stessi gusti…Ci pensi, Mike? Io la chitarra, te il basso…magari formeremo un gruppo punk insieme!” esclamò sognante Billie, che non si era mai sentito così a suo agio con qualcuno.

“Ehi, questa sì che sarebbe un’idea…” assentì l’altro.

“E di sicuro diventeremo famosi, e gireremo il mondo, con migliaia di fan che ci inneggeranno!!” continuò il ragazzino, che ormai era partito per la tangente.

“Sì, Billie-Bello, sogna….” replicò Mike, la cui mente, molto più pragmatica, analizzava soltanto il presente, e in quel momento trovava difficile il realizzarsi del sogno di Billie, soprattutto per il fatto che lui, il basso, ancora non ce l’aveva, né mai l’aveva provato.

“Ah, quasi mi dimenticavo….Grazie per prima, Billie-Bello”

Il moretto inorridì: “Billie-Bello?!?” esclamò: si era accorto solo adesso che per ben due volte il biondo lo aveva chiamato con quel ridicolo soprannome, pescato da chissà dove.

“Non ti piace?”

“E’ terrificante!! Ed è da donnicciole!!” si indignò  Billie.

“Appunto, ti si addice…insomma,guardati, con quel visino è facile scambiarti per una femmina…”replicò tranquillamente il biondo, per il quale praticamente non esisteva la diplomazia.

Il moro fece un ringhio sommesso, e Mike decise per una volta di chiudere quella bocca: non aveva voglia di ritrovarsi anche lui un astuccio tatuato sulla guancia.

Comunque, ritornando al discorso di prima, non c’è di che, mi sembrava doveroso aiutarti…sai, mingherlino come sei ti avrebbe spezzato un braccio senza il minimo sforzo” fece Billie dopo un po’, gustandosi una piccola vendetta nel vedere la faccia scandalizzata di Mike.

“Io non sono mingherlino!”

“E io non sembro ad una femmina!!

Mike sembrò pensarci su, poi disse solennemente: “In effetti hai ragione, adesso siamo pari…allora, amici come prima?!”

“Amici come prima!” rispose Billie, ridendo per la prima volta dopo un lunghissimo lasso di tempo. Quasi si spaventò al suono della sua risata, non l’aveva più sentita da una vita e si era quasi dimenticato come si faceva. Si sentiva tremendamente contento e spensierato, come se quasi tutto quello che gli era successo in quegli ultimi tempi fosse stato cancellato dall’arrivo di quel biondino tutto pelle e ossa nella sua vita. E questo può sembrare un po’ strano, in fondo lo conosceva da meno di un’ora, ma questo pensiero non aveva nemmeno sfiorato la sua mente da bambino, che dava per scontato che quell’amicizia sarebbe durata per lungo tempo.

Non si era mai sentito così con nessuno, quel ragazzino appena conosciuto aveva il potere di farlo ridere, di farlo divertire, cosa che nessuno era mai riuscito a fare prima di quel giorno: condivideva anche la sua stessa passione per la musica, e questo era decisamente un punto in più in suo favore.

“Ehi, Billie-Bello, ti sei incantato di nuovo?!? Ma non è possibile, sei sempre tra le nuvole, ragazzo mio!!!” la voce spaccatimpani del suo nuovo amico lo distolse dai suoi profondi pensieri.

Piantala di chiamarmi…” cominciò il moretto, infastidito, ma fu interrotto dalla maestra, che emise un urlo rivolto a loro, richiamandoli al silenzio, dato che, ormai lo sapeva, era praticamente inutile pretendere che Billie Joe Armstrong  stesse attento.

Prima di girarsi, Mike sussurrò: “Allora, fratello, se ti va oggi puoi venire a casa mia….

“Ok, per me va bene!” rispose lui senza esitazione, ritornando poi alla sua precedente occupazione di scarabocchiamento.

 

7 anni dopo…

“Andiamo, Billie-Bello, datti una mossa, Larry ha detto che ci vuole parlare urgentemente!” esclamò saltellando un ragazzo, strattonando un altro giovane che si era bloccato in mezzo alla strada a contemplare una splendida chitarra esposta nella vetrina di un negozio.

“Sì, Mike, arrivo…” fece poco convinto l’altro “e non mi chiamare Billie-Bello!” aggiunse, quasi meccanicamente.

“Billie, sono quasi sette anni che me lo ripeti, e non ho ancora smesso, a questo punto mi sembra inutile ribadire il concetto ogni volta….tanto ormai per me sei Billie-Bello, quando morirai ti farò scrivere questo nome sulla lapide” replicò Mike serafico, mentre l’altro si esibiva in un gesto scaramantico non molto fine.

“Allora, andiamo? E’ un’ora che ti aspetto!” proruppe il moretto, dirigendosi con passo deciso verso un locale dall’altra parte della strada.

Ma sentilo! Che faccia tosta…” borbottò contrariato il suo degno compare, seguendolo a poca distanza.

Ne erano passati un bel po’ d’anni, ma la loro amicizia non si era sfaldata, e non avevano neanche litigato molto spesso: certo, chiaramente qualche lite c’era stata, ma niente più di qualche piccola ed innocua discussione...erano diventati sempre più intimi, e adesso si confidavano qualsiasi cosa. La loro comune passione per la musica aveva permesso loro di fondare un band, gli Sweet Children, all’età di quindici anni. Ovviamente, Billie era la voce solista e il bravissimo chitarrista, mentre Mike finalmente si era comprato un basso e aveva cominciato a suonarlo, mostrando quasi da subito una straordinaria attitudine per quello strumento.

Uniti al batterista John Kiffmayer, erano diventati anche piuttosto famosi, nell’ambiente del Gilman Street, ma appena due settimane il batterista li aveva abbandonati per proseguire dignitosamente i suoi studi, lasciandoli così con un palmo di naso e tremendamente amareggiati con lui. “Se lo trovassi per strada, lo metterei sotto con un rullo compressore” aveva affermato, serissimo, Mike, che non andava certo famoso per la sua delicatezza nell’agire e nell’esprimersi. E il peggio era che anche Billie si trovava d’accordo con l’amico su questo punto, rincarando la dose dicendo: “Hai proprio ragione, anche io gli sparerei a vista..

Ma John, molto prudentemente, si era tenuto alla larga da quei due scalmanati, e i ragazzi, in mancanza di sfoghi, erano quindi partiti in quarta alla ricerca di un nuovo componente per la band: di smettere di suonare non se ne parlava nemmeno!!

“Mike, Billie! Forza, entrate, è un po’ che vi aspetto!” urlò un ragazzo molto alto e con i capelli castani, di qualche anno più grande di loro, invitandoli ad entrare nel locale.

“Ciao, Larry, scusa per il ritardo, è tutta colpa di Mike” si giustificò Billie, facendo un sorriso malizioso in direzione dell’amico, che lo fulminò con lo sguardo.

I tre si avviarono nel punto un po’ più appartato del locale, mentre molte ragazze si giravano a guardarli, facendo loro dei gran sorrisoni, un po’ perché alcune li conoscevano, ma soprattutto perché erano dei gran bei ragazzi.

Billie non era cresciuto molto in statura, ma rimaneva comunque uno dei ragazzi più ambiti dell’ambiente, snello e abbastanza muscoloso, merito non dell’attività fisica, ma piuttosto delle corse furiose che gli toccava fare quando ne combinava una delle sue ed era costretto a scappare. Ma ultimamente, trascinato dall’entusiasmo di Mike, si era fatto coinvolgere in uno dei suoi interminabili allenamenti: lo aveva portato a correre, a nuotare, e gli aveva persino fatto fare yoga. Nonostante si lamentasse per tutta quella fatica, doveva però ammettere che tutto quel lavoro stava giovando al suo fisico, normalmente piuttosto esile.

Ma ciò che attraeva le ragazze era il suo viso, dolce, incorniciato dai capelli nerissimi, e  con quegli occhi sognanti di un verde stupendo, che incatenavano tutte al suo sguardo. Non c’era ragazza al Gilman Street che non avrebbe venduto il fidanzato (o il migliore amico, in mancanza del primo) pur di ottenere un sorriso, un’ occhiata di apprezzamento da parte del bel Billie Joe.

A contrastare con Billie, fisicamente parlando, c’era Mike. Non era più il ragazzino tutto pelle e ossa di una volta, si era irrobustito grazie agli allenamenti che faceva; aveva provato qualsiasi tipo di sport, dal fotball al basket, dal nuoto all’atletica leggera, e tutte queste attività gli avevano notevolmente scolpito il fisico. E poi, ultimo ma non per importanza, c’era la sua notevole esperienza nel pugilato, dato che dove c’era una rissa, al 99% di probabilità, c’era anche Mike Dirnt. Proprio in quel momento, esibiva con orgoglio un  piccolo taglio slabbrato proprio sopra al sopracciglio sinistro, ricordo dell’ultimo scambio di opinioni che aveva avuto con un paio di ragazzi lì al Gilman, tre giorni prima. Gli occhi, rimasti immutati, azzurri e vivacissimi, erano spesso coperti da ciocche di capelli biondissimi, che adesso portava lunghi fino alle scapole, incurante di tutti i commentini di Billie, che ripeteva ogni volta che sembrava una ragazza, bruttina per di più. Lui era convinto di stare bene, e ormai sapevano tutti che se Michael Ryan Pritchard si convinceva di qualcosa, era inutile tentare di smuoverlo.

“Allora, che ci volevi dire?” chiese incuriosito Mike, sorseggiando la sua birra mentre si dondolava svogliatamente sulla sedia.

“Vi ho trovato un batterista” sparò lì Larry, senza alcun preavviso, godendosi la reazione stupita ed eccitata dei due ragazzi: Billie si era quasi affogato con la birra, che gli era andata di traverso, mentre l’altro si era schiantato a terra.

“Davvero?!?” urlò entusiasta Mike dal pavimento.

“Sei un grande, Larry, io te l’ho sempre detto!” esclamò il moro, quando riuscì a respirare nuovamente.

“Grazie, modestamente lo so…” ribatté il ragazzo. L’influenza malefica dei due si faceva sentire anche su di lui, visto che, prima di fare la loro conoscenza, era un tipo piuttosto timido, sobrio e modesto. Ma si sapeva, sia Mike che Billie avevano uno spirito che contagiava chiunque stesse loro vicino. Larry sorrise impercettibilmente sotto i baffi, pensando a come si sarebbero trovati con il nuovo arrivato…all’incirca era della loro stessa pasta, perlomeno per quanto riguardava la modestia.

E, di grazia, dove sarebbe l’aspirante batterista?” chiese dopo un po’ Billie con aria molto professionale, distogliendo Larry dalle sue elucubrazioni.

“Ve lo vado subito a prendere, aspettate un attimo che ve lo vado a cercare…” disse l’interpellato, prima di defilarsi in direzione del bancone.

Ce lo va a prendere?? Cos’è, un pacco?!?” sbuffò divertito Mike, tirandosi su e guardandosi furtivamente intorno, prima di fregare dal tavolo più vicino un boccale di birra ancora pieno a metà, sostituendolo con il suo che ormai era vuoto.

“Non essere così attento alle sfumature del lessico, my dear…” lo redarguì Billie, facendo finta di non aver visto il “furto” dell’amico.

Finalmente, dopo una decina di minuti, ecco arrivare di corsa Larry Livermore, che si piantò davanti al loro tavolo e proruppe solennemente: “Eccolo qua, ragazzi, vi presento Trè Cool!” .

Billie e Mike si sporsero un po’ per vedere chi era quella misteriosa persona (“Con un nome assurdo” aveva pensato Mike) , e rimasero leggermente delusi.

“Ehm, ecco…Larry…non per rovinarti la tua entrata in scena clamorosa, ma ci terrei a farti notare che non c’è nessuno…” osservò timidamente Mike.

Il giovane si girò, e dopo aver appurato che effettivamente le sue mani stavano indicando il vuoto, proruppe in una serie di imprecazioni a mezza voce, nelle quali si poteva distinguere cose tipo “Ma dove si è andato a cacciare, due minuti fa era qui con me” oppure “ma quando lo becco…”.

Improvvisamente, alle loro spalle, un urlo intelleggibile, che fu poi registrato come una specie di forma di saluto, fece saltare Mike e Billie sulle loro sedie. Si girarono contemporaneamente verso la sorgente di quel suono inumano, e si ritrovarono davanti…..il loro aspirante nuovo componente. Anche se, ovviamente, loro ancora non lo sapevano, e scambiarono quel ragazzo dall’aria un po’ bizzarra per un pazzo furioso che passava di lì.

Era piuttosto bassino e un po’ in carne, ma questo non toglieva niente al suo fascino, dato che tutte le ragazze lo giudicavano “dolce, pacioccoso e morbido” e lo strapazzavano ogni volta che lo incontravano. E ovviamente, lui ne approfittava biecamente.

Aveva la pelle chiara, un viso buffissimo illuminato da grandi occhi azzurri, quasi della stessa tonalità di quelli di Mike, e i capelli ritti, di un vistosissimo color verde fosforescente. Oltre ai capelli, anche i vestiti attraevano l’attenzione generale, e se c’era una cosa che si poteva capire di lui al primo sguardo, era che sicuramente non voleva passare inosservato.

“Ragazzi, lui è Trè Cool” fece Larry con un sospiro, cercando di riprendersi dallo spavento causatogli dall’arrivo tempestivo del batterista.

“Piacere gente….scusate il ritardo, ma sono stato trattenuto da una splendida ragazza…” esclamò Trè, prendendo una sedia e sedendosi davanti Billie e Mike. “Ehi, Larry, non mi avevi detto che c’era una ragazza, nel gruppo…e anche parecchio brutta, per di più!”  aggiunse, rivolgendosi chiaramente a Mike.

“Non sono una femmina, razza di idiota!” ringhiò il biondo, che si inalberava ogni volta che veniva messa in discussione la sua virilità.

“Mon Dieu, mia cara, che linguaggio scurrile!! Dovresti migliorare un po’ le tue maniere, o non troverai mai un ragazzo!” esclamò il batterista, fingendosi scandalizzato.

Billie, Larry e Trè scoppiarono a ridere, nel vedere la faccia furiosa di Mike, che dopo un po’ decise di lasciar perdere e si mise a sghignazzare pure lui.

Dopo che si furono calmati, Billie esclamò, asciugandosi le lacrime: “Ok, Trè, hai superato la prova…benvenuto negli Sweet Children!”

Ma come! Non avete nemmeno sentito come suono….Anche se, ovviamente, suono benissimo” ribatté Trè, un po’ perplesso.

“Per me, uno che riesce a prendere in giro Mike e rimanere vivo per raccontarlo, è già più che sufficiente…devi essere un batterista straordinario” spiegò Billie.

Anche se lo conosceva da pochi minuti, sentiva che quello era l’uomo giusto per loro. D’altra parte, il suo istinto non si era mai sbagliato, perché non dargli ascolto proprio adesso?? E oltretutto, anche Mike sembrava d’accordo: si erano scambiati una fuggevole occhiata, prima, e come al solito si erano capiti. Trè sarebbe entrato nella band.

“Già, sono due le proprietà importanti per stare con noi: in primis, devi avere una totale dedizione per la musica, e in secondibus,  devi riuscire a convivere e sopravvivere con noi” aggiunse Mike “E ti assicuro che non è facile…ma a parer mio, ci puoi riuscire benissimo”

“Ah, come sono contento, ragazzi…Adesso saremo inseparabili, gli Sweet Children al gran completo, diventeremo famosi e sfonderemo nel mondo della musica, non è vero, compari, amici e fratelli?!?!” replicò Trè, saltando in piedi sulla sedia e tenendo il suo discorso enfatico sventolando una mano per aria.

“Giusto!” urlarono gli altri due, sbattendo i boccali di birra per brindare, spaccandoli completamente.

“Chissà cosa combineranno insieme questi tre…. Borbottò tra sé Larry, non osando pensare alle possibili conseguenze di quell’incontro. Chissà che ne sarebbe venuto fuori?

 

Oakland, 45 anni dopo…

“Allora, Trè, quand’è che ce lo porti ‘sto caffè??” urlò la voce di Billie dal salotto, interrompendo il miracoloso silenzio che per un attimo si era creato nella grande casa.

“Un momento, non sono mica agile come voi giovincelli, io!!” replicò ridendo il batterista, avanzando lentamente con in mano un vassoio con tre tazze di caffè fumanti.

“Bah, che storie, sei anche più giovane di noi….” Esclamò Mike, scrollando le spalle e rubando il vassoio a Trè prima che lui rovesciasse tutto.

“Di nove mesi, capirai, sono un neonato, rispetto a voi…” fece sarcastico il diretto interessato, sedendosi a sorseggiare il suo caffè.

I tre Green Day, ormai sessantenni, avevano smesso di dare concerti esattamente otto anni prima, al culmine della loro carriera; era stata una decisione dura, nessuno di loro voleva abbandonare il pubblico, le luci della ribalta, ma alla fine, quella era stata la decisione migliore. Negli ultimi tempi del gruppo, insieme con la loro fama ormai mondiale, erano cresciuti anche i loro problemi. Mike era stato lasciato definitivamente dalla moglie, più giovane di lui di qualche anno, che l’aveva tradito con un altro. Trè aveva continui dissidi con la figlia, che con il fatto che suo padre non era mai presente ne combinava di tutti i colori. Solo Billie aveva una situazione familiare serena, ma anche lui desiderava stare un po’ di più con la sua famiglia, dato che, come diceva sempre lui: “E’ già tanto che i miei figli e mia moglie non abbiano bisogno di una fotografia, per ricordarsi come sono fatto”.

E così avevano detto addio ai loro fan, ma questo non li aveva assolutamente divisi. Anche dopo molti anni, i tre amici si trovavano spesso a casa di uno di loro. A parlare come presone serie? A giocare a bridge come la maggior parte delle persone anziane? Macchè…loro si ritrovavano spesso per divertirsi un po’ come ai vecchi tempi, scherzando proprio come se avessero avuto ancora 17 anni. Anche se, in effetti, i loro 62 anni non li dimostravano più di tanto. Certo, tutti e tre avevano la maggior parte dei capelli striati di bianco, e le loro rughe attorno agli occhi e alla bocca, ma questi aspetti non li sfiguravano affatto. Sembrava quasi che il loro spirito così giovanile li avesse preservati dall’erosione del tempo.

“Nove mesi contano, caro il mio Trè….ricordo vagamente che lo dicesti una volta….se non sbaglio fu quando rimorchiasti una ragazza carina che aveva qualche anno meno di noi…” osservò Billie, nascondendo un sorrisetto.

“Sì, ti ricordi bene, Billie-Bello…e io me lo ricordo anche meglio, visto che ci stavo provando io con quella!” esclamò tagliente Mike.

“Era troppo piccola per te” replicò serafico Trè.

Ma se…” cominciò Mike, preparandosi ad una lunga discussione, ma fu interrotto da Billie, che si era appena chinato su quella che sembrava essere una foto.

“Guardate, ragazzi, il concerto di Woodstock…” sussurrò, con aria sognante, osservando la foto che aveva appena trovato in terra.

“Già…chissà che ci faceva sul pavimento” commentò pensieroso Trè, avvicinandosi “era da un bel po’ che non la vedevo in giro….

“Ci siamo divertiti un mondo quella volta, vero?” saltò su Mike, strappando di mano a Billie l’oggetto.

“Eh sì, puoi dirlo forte…” rise Trè, cercando anche l’approvazione di Billie, che però rimase a contemplare il vuoto con un’aria strana dipinta negli occhi verdi.

“Billie?!?” fecero il batterista e il bassista insieme, piuttosto perplessi.

“Ragazzi, ne è valsa la pena?”  chiese il moro dopo un po’.

“Eh?”

“Intendevo, ne è valsa la pena, tutto quello che abbiamo fatto, la nostra musica….è servito a qualcosa?” insisté Billie.

“Ma che domande fai?? Proprio tu, che adori la musica…certo che è servito, ci siamo divertiti un sacco per più di trent’anni!” affermò Mike, guardando l' amico come se fosse un marziano, con tanto di antennine verdi in cime alla testa.

Billie scosse confuso la testa, sorridendo timidamente: “Scusate ragazzi, lo sapete che ogni tanto mi prendono questi momenti….capita, no?”

“Eh sì, è l’età…” scherzò Trè “guarda Mike, con l’invecchiare è diventato anche più scemo di prima!”

“Ehi!!” esclamò offeso Mike, prendendo un cuscino e scaraventandolo addosso al batterista, scatenando immediatamente una battaglia.

Sì, ne è valsa la pena…pensò Billie, prima di unirsi anche lui all’amichevole scontro.

 

Played the circuit, thought we were

Perfect

Was it all worth it?  given all my heart

 and soul and

Staying up all night, was it all

 worth it

Living breathing rock’n’roll,

a  godforsaken life

Was it all worth it? was it all worth it

all these years

 

Put down our money withouth counting

the cost

it didn’t matter if we won- if we lost

Yes we were vicious, yes we could kill

Yes we were hungry, yes we were brill

 

We served purpose like

a bloody circus

We were so dandy, we love you madly

Was it all worth it?

Living breathing rock’n’rol ,

 this  godforsaken life

Was it all worth it? was it all worth it?

When the hurly burly’s done

 

We wen to Bali, saw God and Dali

So mystic, surrealistic

Was it all worth it?  given all my heart

 and soul and

Staying up all night, was it all

 worth it

Living breathing rock’n’roll this

 never ending fight

Was it all worth it? was it all worth it?

 

Yes, it was a wothwhile experience

It was worth it!

 

P.S: Et voilà!! Tanto per cambiare, siamo tornate alla carica con questa nuova fic…che, per vostra fortuna è già finita…In ogni caso, speriamo che vi piaccia! L’idea ci è venuta un po’ di tempo fa, dopo aver visto il “Driven Green Day” su MTV…e da quel servizio abbiamo sviluppato altre due idee, sempre sui nostri adoratissimi tesorucci! Ma ritornando a questa one-shot, l’idea ci ronzava in testa da un po’, ma l’ispirazione finale ci è venuta vedendo un bambino che, fisicamente, è la copia esatta di Mike da piccolo…Quindi lo ringraziamo, chiunque sia!!!

E ringraziamo anche i Green Day, per il semplice fatto di esistere, e i Queen, sempre per lo stesso motivo, che oltretutto ci hanno prestato la splendida canzone “Was it all worth it” della quale scriveremo la traduzione per chi non abbia avuto voglia di tradurla.

 

Suonavamo nel circuito, ci credevamo perfetti

Ne è valsa la pena? Dare tutto il mio cuore e la mia anima

Stare in piedi tutta la notte, ne è valsa la pena?

Vivere respirando Rock, una vita da reietti, ne è valsa la pena?

Ne è valsa la pena per tutti questi anni?

 

Tirare fuori i nostri soldi senza badare a spese

Non importava se avremmo vinto o perso

Sì, eravamo cattivi, sì, pronti a uccidere

Sì, eravamo affamati, sì, eravamo brillanti

 

Siamo serviti ad uno scopo come un maledetto circo

Eravamo così splendidi, “Vi amiamo alla follia

Ne è valsa la pena? Vivere respirando Rock, una vita da reietti

Ne è valsa la pena? Ne è valsa la pena?

Quando il tumulto sarà finito

 

Siamo andati a Bali, a vedere Dio e Dalì

Così mistico, surrealistico

Ne è valsa la pena? Dare tutto il mio cuore e la mia anima

Stare in piedi tutta la notte

Ne è valsa la pena?

Vivere respirando Rock, questa battaglia senza fine

Ne è valsa la pena? Ne è valsa la pena?

 

Sì, è stata un’esperienza da vivere

Ne è valsa la pena.

 

Tra parentesi, non abbiamo messo tutta la canzone, ma solamente la parte finale, perché la prima strofa non si adattava molto alla situazione…

Dato che è la nostra prima one-shot sui Green Day, vi saremmo molto grate se ce la recensiste…abbiamo bisogno del vostro giudizio!!

Arrivederci a tutti e bacionissimi by Rhye and Embrido!!

  
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Rhye and Embrido