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Autore: Chicca Weasley    16/08/2011    2 recensioni
Di patatine fritte, biscotti e mirtilli.
Di bambini iperattivi e zii premurosi.
Ma anche di ricordi, riflessioni sull'amicizia e ringraziamenti.
Se anche voi amate i momenti fluffosi da passare in famiglia... questa è la shot giusta per voi!
Enjoy the reading, Chicca Weasley
[Harry/Ginny, accenno Ron/Hermione]
Storia partecipante al "Maschi contro Femmine! - Contest" indetto da Wynne_Sabia sul forum di EFP, classificatasi Quarta e vincitrice del Premio Esordiente
Storia partecipante al contest "flash green! -storie a rating verde" indetto da camy_country dreamer sul forum di EFP, classificandosi tredicesima
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hugo Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender | Contesto: Nuova generazione
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Autore: Chicca Weasley
Titolo: A Blink of an Eye
Personaggi scelti: Harry Potter (protagonista) Ginny Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley,
Hugo Weasley, Rose Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Albus Severus Potter
Pairing: Harry/Ginny, Ron/Hermione (accennato)
Prompt: Mirtillo
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Avvertimento: One-shot
Rating: Verde

 

They say that good things take time
But really great things
happen in a blink of an eye *




Quella, decisamente, non era una giornata fortunata.

Harry Potter si era svegliato di soprassalto, sudato e ansimante, il fiato corto come se avesse corso una maratona. Cosa che -ovviamente-, essendo appena le nove di domenica mattina e trovandosi lui nel comodo letto della stanza che condivideva con la moglie, avviluppato nel piumone rosso e oro, non era possibile.

Scalciò via le coperte e maledisse mentalmente Ron e la parure matrimoniale dai colori nostalgici, regalo dell’amico per il suo trentesimo compleanno. Parure che tra l’altro Ginny si ostinava a utilizzare.

La causa di un risveglio così tumultuoso era l’incubo ricorrente di Harry, lo stesso che lo tormentava sin da quando era solo un adolescente, che l’aveva colpito anche pochi istanti dopo la definitiva sconfitta di Voldemort: la rinascita del suo nemico, la prospettiva che il mondo magico fosse nuovamente dilaniato dagli orrori della magia oscura, la paura di non riuscire a proteggere la sua famiglia, Ron, Hermione e i loro figli, Teddy e gli innumerevoli Weasley con i quali era imparentato.

Cercando di scacciare le immagini vivide dell’incubo che ancora gli danzavano nella mente, Harry aprì le tende e lasciò che la luce calda del sole mattutino invadesse la stanza. Si mise davanti allo specchio della toeletta, appoggiando le mani al piano di marmo chiaro, e fece un respiro profondo nel tentativo di calmarsi. Molto meglio. Si azzardò addirittura ad alzare lo sguardo per capire in che stato fosse. Gli occhiali, inforcati in tutta fretta per permettergli di controllare l’ora, ricadevano storti sul naso; gli occhi erano gonfi di sonno e qualche gocciolina di sudore gli imperlava ancora le tempie e il labbro superiore.
Spostò lo sguardo alla cicatrice sulla sua fronte e un brivido gli corse lungo la schiena: in casi come questo -si disse-, ma in un’era più lontana e molto meno felice, sarebbe arsa dolorosamente.

Quando fu sicuro che il respiro gli fosse tornato regolare, si decise a scendere in cucina per la colazione. Man mano che percorreva il corridoio e la manciata di gradini che lo dividevano dall’idea di uova fritte e bacon, e magari una ciotola di pudding ai mirtilli o del succo di zucca fresco, la voce della moglie lo raggiunse, insieme allo sbatacchiare allegro delle pentole e al piagnucolio del figlio maggiore.

“Dai mamma, perché non posso mangiare le patatine fritte a colazione?”
“Perché, James, sono le nove del mattino! Vuoi forse spaccarti il fegato? E ti ho già detto che non ho intenzione di assecondare i tuoi capricci!” sbottò Ginny, lasciando cadere una ciotola nel lavello e borbottando qualcosa che conteneva “esasperata” “impossibile” e “come Ron”. Evidentemente la discussione andava avanti da molto.
Albus e Lily, che mangiucchiavano mesti rispettivamente una ciotola di cereali e uno yogurt alla fragola, fissarono preoccupati la madre.
“’Giorno!” esordì Harry, facendo la sua apparizione sulla porta della cucina.
“Buongiolno papi!” lo salutò Lily allegra, ogni preoccupazione cancellata dal suo viso di bimba di quattro anni.
Albus, che stava masticando piuttosto rumorosamente i suoi cereali, gli rivolse un sorriso e un cenno con la mano; James si limitò a sbuffare e incrociò le braccia, mettendo il broncio.
“Qual buon vento! Come mai così presto? È domenica… ricordi?” fece Ginny, voltandosi e rivolgendo al marito un sorriso radioso.
Il sorriso che le aveva rivolto dopo il loro primo bacio.
Esattamente il genere di sorriso che dieci anni di matrimonio, quasi il doppio di fidanzamento e tre figli dopo faceva ancora sciogliere le viscere di Harry come un ghiacciolo al sole.

Mentre Harry faceva il giro del tavolo, scompigliando i capelli dei maschietti e dando un bacio sulla guancia a Lily, Ginny con un unico movimento della bacchetta tagliava a bastoncini quattro o cinque patate già sbucciate e le faceva ricadere in una ciotola, che galleggiò a mezz’aria per poi planare vicino alla friggitrice nella quale versò prontamente il proprio contenuto.
James seguì speranzoso con lo sguardo il volo delle patate, ma fu subito richiamato dalla madre.
“Per pranzo.” gli disse in tono severo, senza però riuscire a trattenere un sorriso dolce. Il bimbo parve rallegrarsi.
“È impossibile arrabbiarsi con lui” sussurrò la donna, quando sentì un paio di braccia cingerle i fianchi da dietro e le labbra del marito posarle un bacio leggero sulla nuca “Per quanto voglia non ci riesco mai.”
Harry rise nei capelli rossi di lei, inspirando il familiare profumo di fiori freschi.

Forse non era proprio una cattiva giornata.

“Amore, ti ricordi che oggi io, Hermione e Fleur andiamo in centro per i saldi?” disse la donna con noncuranza, liberandosi dell’abbraccio del marito.

Come non detto.

“Ginny, le parole “Hermione”, “centro", “saldi” e “Fleur” non possono stare insieme nella stessa frase.” ironizzò Harry, nel tentativo di distogliere la moglie dal quel progetto suicida. “Dico sul serio! Hermione ti odierà a vita, Fleur anche, e poi… hai davvero intenzione di fare shopping?”.

“Harry ti prego, non ricominciare! Lo sai che non sono una patita dello shopping, ma ho bisogno di qualcosa di nuovo. Anche per i bambini…” rispose stizzita la donna, togliendo dal tavolo le tazze sporche. “Sai quanto ho impiegato a convincere Hermione? Ne hai una vaga idea? Flebo si è solo accodata.”

Chiamava ancora così Fleur, nonostante le avesse ormai da tempo accordato una muta fiducia quando aveva capito che a Bill lei teneva davvero.

Harry sbuffò. Questo -il fatto che moglie e cognate avessero allegramente dato forfait- voleva dire solo una cosa.
Perché, per quale razza di motivo al mondo aveva messo Ron di guardia la domenica mattina?
Ah, già. Gliel’aveva chiesto lui.
L’aveva lasciato solo.
Traditore, ipocrita, doppiogiochista.
Aveva calcolato tutto.
“Ginny… i bambini vengono con voi?”
“No, i bambini li tieni tu!”
E con un gran sorriso e uno svolazzo della mano Ginny uscì dalla cucina.

No, non era una buona giornata. Per niente.

Non che Harry non amasse i bambini. Per i suoi figli e i suoi nipoti, e specialmente per Rose e Hugo, che erano insieme così scherzosamente Ron e così diligentemente Hermione, lui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche riaffrontare Voldemort per dieci, cento, mille altre volte.

Ma il pensiero di James, Lily, Albus, Hugo e Rose… insieme, nella stessa casa, era… devastante.

James e Rose, poi… da soli bastavano a mettere in piedi un’impresa di demolizioni.

Avrebbe dovuto pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, per intrattenerli per qualche ora.
I giochi da tavolo erano da escludere, a prescindere. L’ultima volta che ci avevano giocato… no, meglio non pensarci.

Qualsiasi cosa che includesse la realizzazione di un oggetto, era da escludere anch’essa. Con un brivido Harry ricordò che Lily aveva pianto per buoni tre quarti d’ora, dopo che James aveva accidentalmente fatto esplodere il suo Ippogrifo di gesso. Merlino, quel ragazzino era davvero da rinchiudere.

Si arrovellò alla ricerca di un intrattenimento non pericoloso, magari istruttivo, se possibile non facilmente infiammabile né esplodente, preferibilmente non troppo costoso e soprattutto, soprattutto che non richiedesse l’uso della magia.
Cinque maghi minorenni, tutti incredibilmente dotati, erano davvero molto difficili da gestire.

Seduto ai piedi del letto, Harry fissava Ginny, intenta a spazzolarsi i lunghi capelli rossi, con uno sguardo inevitabilmente adorante.
Trasudava tranquillità, ma al suo interno ribolliva come un fiume in piena. Cosa avrebbe fatto fare ai bambini?
Sembrava un interrogativo sciocco per il mago che aveva salvato il mondo magico, e che in vita sua era stato posto di fronte a domande ben più grandi e dagli esiti pericolosi, ma la realtà era che Harry non sapeva davvero cosa fare.

Inaspettatamente, con un notevole anticipo (ma d’altra parte si trattava di Hermione, Harry lo aveva previsto), il campanello suonò.

Scendendo le scale per accogliere la sua amica -altra traditrice, gliel’avrebbe fatta pagare- Harry sentì i passetti eccitati dei figli, che lo precedevano nell’aprire la porta.

“Tia!” squittì Lily felice, mentre Hermione la abbracciava. Albus e Rose, da sempre molto legati, si esibivano in uno strano saluto, che comprendeva strette di mano e svariate giravolte, per le quali guadagnarono un’ occhiata disgustata da James e una risatina da Hugo.

“Ma ciao!” sputò fuori Harry “il maritino è al lavoro?” aggiunse sarcastico.
Hermione alzò gli occhi al cielo, reprimendo una risata.
“Harry ti prego, non ricominciare!”
“È la stessa cosa che gli ho detto mezz’ora fa!” disse Ginny, comparendo in fondo alle scale ed entrando nell’ingresso sovraffollato “Andiamo? Dobbiamo anche passare a prendere Flebo…” sorrise all’indirizzo di Hermione.
“Certo… ragazzi, non fate impazzire lo zio Harry, chiaro?”
Rose, senza farsi vedere dalla madre, sorrise compiaciuta all‘indirizzo di James. Lui per tutta risposta le diede una gomitata scherzosa, sotto lo sguardo preoccupato di Albus. Per loro sfortuna, Ginny intercettò lo scambio.
“Voi due, parliamo seriamente! Fate i bravi!”

Non meno di dieci minuti più tardi, dopo aver salutato i ragazzi, ripreso James che infastidiva Hugo e Lily, rassicurato Albus che continuava ad ammiccare preoccupato all’indirizzo di fratello e cugina, Ginny ed Hermione uscirono.

Harry, con un bacio veloce alla moglie, richiuse la porta alle loro spalle e si voltò verso i bambini.
“Allora, che vi va di fare?” chiese sedendosi sul pavimento del salotto, con la schiena appoggiata al divano.
“Facciamo i pupattetti di gesso!” tentò Lily, ancora offesa per l’affronto subito dal suo piccolo Ippogrifo.
“No, meglio un gioco da tavolo” s’inserì Albus
“A me piacciono più i pupattetti” disse Hugo in difesa della cugina
“Ragazzi, non credo siano buone idee” dissentì Harry, in tono incerto
“Perché non cuciniamo qualcosa… potrebbe essere divertente!” propose James.
“Si! Ti prego zio, per favore! Potremmo fare i biscotti, ho già una ricetta. Biscotti con glassa di mirtilli. Me l’ha insegnata mamma l’altra sera mentre preparava gli involtini per papà. È un po’ complicata ma dovremmo riuscire a farla. Possiamo prendere il calderone autorimestante di zia Ginny, così…” disse tutto d’un fiato Rose, in una perfetta imitazione della madre.
“Va bene Hermione, va bene!” la interruppe ridendo Harry. A volte la nipote assomigliava così tanto alla sua amica che non poteva fare a meno di chiamarla “Hermione”, scatenando l’ilarità generale.
E infatti i bambini risero, dando i loro cenni d’assenso alla proposta.

Harry era comunque un po’ preoccupato: non avevano mai sperimentato nel campo culinario, e l’improvvisa immissione nella sua giornata degli elementi fornelli, calderone autorimestante e biscotti gli creava non poca ansia. Ma allo stesso tempo confidava nel fatto che i bambini era d’accordo sul da farsi, quindi forse, forse sarebbero anche andati d’accordo e gli avrebbero ubbidito. Forse.

Miracolosamente, fu così. Un’ora e mezzo dopo erano tutti seduti sugli sgabelli intorno al tavolo della cucina, Harry al centro. Davanti a se aveva il calderone, dal quale, con la fedele bacchetta di agrifoglio, estraeva tante piccole porzioni di impasto già lavorato e ne una spediva davanti ad ogni bambino.
Aveva rinunciato quasi subito a fare tutto “alla Babbana”: troppo faticoso.

E si era anche scoperto un bravo cuoco! Mentre l’ultimo pezzo di impasto planava di fronte a James, con la bacchetta Harry spedì una ciotola di mirtilli nel frullatore.
Tutti stringevano febbrilmente i loro piccoli mattarelli in legno, che Harry aveva Trasfigurato da dei tappi di sughero trovati in un cassetto. Ora dovevano solo stendere la sfoglia, per poi ricavarne con delle formine i biscotti. Pochi minuti dopo, Rose era l’unica ad essere riuscita ad ottenere una sfoglia liscia ed omogenea, e solo dopo aver messo da parte il mattarello, preferendo di gran lunga la “manina magica”, come la chiamava Lily: tenendo il palmo sospeso sopra la sua porzione e arricciando e stendendo le dita ritmicamente, Rose era riuscita a stendere la sua sfoglia, sotto gli sguardi ammirati degli altri.
Harry ormai era talmente fiducioso che aveva lasciato addirittura che anche i bambini usassero la magia, in caso quella si fosse presentata nelle loro manine.
Così diceva Lily, per spiegare a se stessa e agli altri i numerosi fenomeni di magia involontaria che tanto spesso capitavano nelle mura di casa loro.
Ora, mentre Rose provava a stendere anche la pasta di Lily, che osservava con un misto di ansia e commiserazione James, il quale aveva abbandonato ogni speranza e picchiava la pasta con un lato del mattarello, Harry era impegnato a ripulire Albus, che nel tentativo di imitare la cugina si era spruzzato il viso e i capelli di farina.
“Aspetta tio, ti aiuto!” era scattato Hugo, saltando giù dal suo sgabello e avvicinandosi al cugino con i palmi delle mani rivolti verso l‘alto. “Sento la magia che arriva!”
“Aspetta Hugo, non credo sia una buona idea…” fece Harry improvvisamente allarmato.
Ma ignorandolo del tutto, il piccolo alzò le mani all’altezza del viso e le spinse in avanti, come a spostare l’aria. Si udì una sorta di fruscio e uno schiocco.
Harry scrutò preoccupato il volto del figlio, aspettandosi di vedere piaghe purulente, bolle o chissà cos’altro. Invece Albus era di nuovo ripulito, ogni traccia di farina era sparita, addirittura i capelli erano perfettamente pettinati.
Hugo si guardò incredulo le manine, poi fece un gran sorriso e urlò, correndo incontro ad Harry “Tio, la mia prima magia!!”
In effetti, quella era la prima magia di Hugo: mentre Lily, sua coetanea, aveva cominciato sin dai due anni a fare le cose più disparate (Levitava oggetti, cambiava colore ai suoi peluche…), Hugo non aveva mai dato segno di possedere doti magiche. Ron era segretamente convinto che fosse un Magonò, anche se non l’avrebbe mai confessato al bambino. Ma, come tutti i suoi fratelli non mancavano di fargli notare, anche lui aveva cominciato a manifestare i suoi poteri molto tardi, un paio di anni prima di andare ad Hogwarts. E poi secondo George, era statisticamente improbabile che il figlio di Hermione Granger non sapesse usare la magia, bisognava solo aspettare perché la parte di DNA di Ron rallentava tutto. Ovviamente Ron era molto offeso dalle considerazioni dei suoi parenti.
Arrovellandosi su quello che era un argomento ricorrente nelle chiacchierate post pranzo della domenica alla Tana, Harry abbracciò felice Hugo, complimentandosi con lui per la magia appena compiuta.
Raggiante di felicità, il bimbo trotterellò al proprio posto e si risedette sullo sgabello.
“Hai visto tio, pensavi che combinavo un guaio, invece sono stato bravo!” aggiunse sorridendo in direzione di Harry. E gli fece l’occhiolino.
Per un attimo, a Harry parve di cadere nel vuoto, di essere trascinato via dalla cucina, come se avesse appena preso una Passaporta.
All’improvviso, un’immagine si presentò ai suoi occhi, senza che lui l’avesse cercata nella memoria. Gli stessi tratti del viso, la stessa massa di capelli rossi, lo stesso occhio azzurro che gli faceva l’occhiolino. Non era esattamente un ricordo, era semplicemente un’immagine del passato. Per un attimo se chiese se stesse forse usando il Pensatoio, ma si rese immediatamente conto che era impossibile.
Eppure, gli pareva di vederlo, proprio davanti a se, come una fotografia.
Chiuse gli occhi, incapace di lasciarsi sfuggire il momento.

~


Seduto davanti a lui, sul bordo di un letto da campo, dentro una tenda da campeggio. Aveva i gomiti poggiati sulle ginocchia, distanti una dall’altra e si fissava le mani, una chiusa a pugno e avvolta dentro l’altra. Un ragazzo sui diciassette anni, che conosceva fin troppo bene. Rideva. Ma non era una risata spensierata: era più un suono gutturale, forzato.
“Sul serio Harry, me lo devi promettere” la testa si alzò di scattò, le mani ricaddero flosce in mezzo alle ginocchia, come se a tenerle ferme fino a quel momento fosse stato lo sguardo.
Un’ombra fuori dalla tenda si mosse impercettibilmente.
“Harry, giuramelo. Giuramelo su questa guerra, sui tuoi genitori, su Sirius e su Silente. Giurami che lo farai.” il ragazzo parlava con un tono di voce basso, lentamente, scandiva ogni parola, come se avesse paura che l’interlocutore potesse non recepire il messaggio.
“Lo farò, l’avrei fatto anche se non me l’avessi chiesto” rispose Harry “Proteggerò Hermione, l’ho fatto anche quando te ne sei andato. E proteggerò Ginny, e la tua famiglia… sai che se potessi lo farei anche ora. Hai la mia parola.” rimarcò.
Il ragazzo seduto parve rallegrarsi un po’, quello in piedi invece s’incupì.
L’altro lo notò subito. “Ehi amico, adesso però non buttarti giù. Volevo soltanto essere sicuro che l’avresti fatto. Se solo penso a Hermione” e abbassò la voce, temendo che qualcuno li ascoltasse “e a ciò che sarebbe potuto succederle, io…”
Strinse nuovamente le mani in quell’assurda posizione, sembrava quasi che lottasse contro di loro per impedire che lo colpissero.
“Va tutto bene… andrà tutto bene.” si corresse il ragazzo in piedi “Non ci sarà bisogno di me, potrai proteggerli anche tu, tutti quanti. Li proteggeremo insieme. Ti fidi di me?” chiese poi.
“Mi fido.” rispose serio il ragazzo seduto, e gli fece l’occhiolino.

~


“Papà? Papà… va tutto bene?” la vocina preoccupata di Albus lo riportò alla realtà.
Il Ron diciassettenne si dissolse, e con lui il letto, la tenda e l’ombra di Hermione fuori di essa.
Sia Albus che Hugo lo fissavano preoccupati, gli altri invece non si erano accorti di nulla.
“Si, si certo. Tutto bene.” rispose meccanicamente, battendogli sulla spalla.
Poi sorrise, e sorrise di nuovo, chiedendosi se avesse mantenuto quella promessa.

I biscotti cuocevano nel forno, riempiendo l’aria del profumo della glassa di mirtilli che Rose e Lily
avevano insistito per preparare.
Tutti erano tranquilli: Rose e Albus sfogliavano un manuale di Trasfigurazione consunto dal tempo, appartenuto proprio a Harry; James giocava con Hugo a Sparaschiocco, sotto lo sguardo divertito di Lily, che faceva il tifo per l’uno o per l’altro. Harry, seduto sul divano, rifletteva.

Era stato un attimo. Hugo gli aveva fatto l’occhiolino, e il ricordo era riaffiorato nella memoria, dal confine labile tra presente e passato.
Anche Ron gli aveva fatto l’occhiolino. Forse era la prima volta che se ne rendeva conto, ma quei due si somigliavano in una maniera inverosimile. Credeva fosse stato questo -la somiglianza- ad aver scatenato quella strana reazione.
Ma lui, no. Lui non aveva mantenuto quella promessa.
Non aveva mai protetto Ron, Hermione, Ginny o chiunque altro.
Erano stati loro a proteggerlo dalle insidie del mondo, da Voldemort, dalla paura, da se stesso.
Si era improvvisamente reso conto che Ron e Hermione erano sempre stati in qualche modo presenti nella sua vita. Aveva sempre dato per scontata la loro amicizia, ma solo ora capiva che era di più.
Improvvisamente ebbe voglia di parlare con loro, di riunirsi, solo loro tre, neanche avessero di nuovo quindici anni e dovessero progettare riunioni segrete di gruppi studenteschi clandestini. In un certo senso gli mancava la loro adolescenza, forse perché non era stata un’adolescenza vera. Si era trovati catapultati nell’età adulta, in un mondo fatto di responsabilità e di paura, di misteri e missioni da compiere, di enigmi da risolvere e orrori da cui avrebbero voluto essere lontani anni luce.
Tutto era stato veloce: gli anni della scuola, la decisione di lasciarla, la ricerca degli Horcrux, la battaglia finale.
Dopo di essa, se possibile, la loro vita era stata ancor più frenetica. L’ultimo anno di scuola per Hermione, il lavoro al negozio di scherzi per Ron e la specializzazione da Auror per Harry.
E poi il matrimonio, il lavoro, i bambini. Non si erano fermati un attimo. Eppure, dopo anni, tirando le somme… Harry si rese conto di essere felice. E di doverlo proprio a loro. A Ron e Hermione, e a Ginny, naturalmente. L’avevano protetto.
Si chiese se anche loro avessero mai fatto questa riflessione.
Avrebbe dovuto chiederglielo. Ma prima doveva assolutamente dir loro grazie.

Quella stessa sera, quando suonò il campanello e Hugo si precipitò ad aprire, Harry lo precedette.
Si trovò davanti Ron, e vide Hermione e Ginny, dietro di lui, cariche di sacchetti.
Non diede loro tempo nemmeno di entrare, si precipitò su Ron e lo abbracciò forte, battendogli con la mano dietro la schiena.
“Amico, ma che ti prende? Sei impazzito?” chiese con la voce soffocata dall’abbraccio inaspettato.
“Niente, deve esserci per forza un motivo se voglio abbracciare il mio migliore amico?” rispose il moro con naturalezza “E comunque, grazie.” disse solennemente.

Lo liberò dalla stretta, ricevendo uno sguardo della serie “questo non sta bene, portiamolo al St. Mungo”.
Gli parve di cogliere la voce eccitata di Hugo che raccontava al padre della sua magia, ma non ne fu poi così sicuro. Hermione lo guardava sorridendo e annuiva piano: poteva scommetterci qualsiasi cosa, lei aveva capito.
“Grazie Hermione”.
Fu più veloce di lui: lo strinse a se, mormorando un “Grazie a te Harry” contro la sua guancia. Quando si staccarono, vide che aveva gli occhi lucidi. Raggiunse il marito e abbracciò anche lui, che le passo comprensivo una mano sul viso, accarezzandola. Aveva ancora un’aria un po’ spaesata, ma gli avrebbero spigato tutto più tardi. Ora Harry aveva altro da fare. Ginny era ancora appoggiata allo stipite della porta e gli sorrideva.
Fece un respiro profondo e lanciò un’occhiata a Hermione. Lei con molto tatto guidò Ron e i bambini in cucina, dove il profumo di mirtilli era talmente forte che Harry sospettava il forno potesse scoppiare da un momento all’altro.
“Com’è andata?”
“Bene, credo. È stata una domenica piena di colpi di scena. E di mirtilli.”
Così dicendo, Harry prese Ginny tra le braccia e la abbracciò. “Grazie amore.”
Lei posandogli la testa sulla spalla, chiese: “Perché?”
“Perché non sarei l’uomo che sono senza te, Ron e Hermione. Sono una persona migliore grazie a voi, ma non vi avevo mai detto grazie per questo.” rispose serio Harry.
“Allora grazie anche a te, Harry.” e gli posò un bacio sulle labbra.
Harry le prese la mano e insieme si avviarono in cucina dagli altri.
Incontro a una cena a base di pizza e biscotti ai mirtilli.
Incontro ad altri anni di felicità.

Alla fine, era stata una giornata davvero fortunata.


NdA:

Buonasera!
Taa-dan! Eccomi qui con l’ennesima schifezza!
Ho molte cosuce da dire riguardo questa storia, quindi non perdiamo tempo.
Per prima cosa, la valutazione della meravigliosa giudiciA, Wynne_Sabia!

Quarta Classificata: Chicca Weasley con "A blink of an Eye"

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- Grammatica: 8,8/10
- Stile: 9/10
- Originalità: 10/10
- Caratterizzazione personaggi: 10/10
- Squadra vincente: 0/3
- Utilizzo del prompt: 2/2
- Gradimento personale: 9,5/10

Totale: 49,3/55

Ciao.

Cominciamo dalla grammatica, perdi 0,5 per un errore grave (un'adolescente, trattandosi di Harry non ci vuole l'accento, perché è un personaggio maschile), mentre altri 0,7 punti li perdi a causa di alcuni errori di punteggiatura -nulla di grave- che sono disposta a correggerti se ne avrai bisogno. Lo stile va bene, è scorrevole, ma nonostante ciò molto semplice e forse risente anche degli errori nella punteggiatura.

L'originalità e molto buona, mi piace il modo in cui hai analizzato Harry e la somiglianza fra Hugo e Ron, senza contare che la tua Rose mi ha stupita! E parlando dei bambini mi ricollego alla caratterizzazione, che è ottima. I bambini sono ben delineati, ho apprezzato tanto il fatto che tu abbia inserito dei piccoli errori nel loro modo di parlare, li rende più credibili, ed Harry con i suoi dubbi e i suoi sensi di colpa mi piace. Il fatto che Ginny continui a chiamare Fleur Flebo mi sembra azzeccatissimo.

Il prompt è utilizzato bene, mi piace la tua idea di farli cucinare, e mi sembra che tu abbia dato ai mirtilli abbastanza importanza nella storia.

Mi è piaciuta. Non posso dire di averla letteralmente amata, ma la trovo tenera e al tempo stesso profonda, perciò senza dubbio meriti un punteggio alto per quello che riguarda il mio gradimento, ben fatto!


La storia è stata anche vincitrice del Premio Esordiente

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Passiamo alle vere e proprie note dell'autrice (questa pazza sconsiderata...)!
Innanzitutto, mi scuso con la giudicia e con tutto il popolo di EFP per la mia totale incapacità di usare un prompt che, ne sono sicura, mi farà perdere molti punti ù.ù
Per scrivere questa storia, mi sono ispirata a una frase della canzone “One in a Million” di Miley Cyrus, la stessa della citazione all’inizio della storia. L’espressione “a blink of an eye” vuol dire letteralmente “un batter d’occhio” e viene usata (nello slang americano, per esempio) per indicare uno spazio di tempo molto breve. Io mi sono basata sul gioco di parole tra lo spazio di tempo e il vero e proprio battito dell’occhio (il famoso occhiolino) per far rivivere a Harry quel momento.
Lo so, è un ragionamento piuttosto contorto… ma questo è uscito, e questo vi tenete ù.ù
Per quanto riguarda i personaggi, mi ha dato un’enorme mano Wikipedia: grazie alla scheda personaggi minori di Harry Potter sono riuscita a risalire alle date di nascita di tutti i bambini. Nella storia Harry, Ron, Hermione e Ginny hanno circa 32 anni; James ne ha 7; Rose e Albus circa 6; Hugo e Lily poco più di 4.
È per questo che ho voluto inserire nelle frasi dei bambini dei piccoli “errori” (tia/o invece che zia/o, buongiolno, “credevi che combinavo…” invece che “credevi che combinassi/avrei combinato…”. ecc.): ovviamente non sono veri errori, ma scelte puramente stilistiche… spero che la giudicia sia d’accordo con me in questo!
Anche per i lavori svolti dai protagonisti mi sono basata sulle fonti riportate da Wikipedia: infatti, secondo delle interviste a zia Jo, Hermione è l’unica ad esser tornata ad Hogwarts dopo la guerra, mentre Ron per un periodo ha lavorato con George al negozio di scherzi, e Harry si è dedicato alla carriera da Auror. In seguito però, tutti e tre avevano deciso di diventare Auror, infatti nella storia Harry dice chiaramente che Ron “è di guardia sabato mattina”. Ho ipotizzato anche che Harry fosse il capo dell’ufficio Auror.
Ok, credo di aver detto tutto, se non siete d’accordo con me fatemelo sapere…. Magari con una recensione ^^

Alla prossima, Chicca Weasley

[EDIT] 02/09/2012

La storia ha partecipato al contest "flash green! - storie a rating verde" indetto da camy_country dreamer sul forum di Efp classificandosi tredicesima. Questo è il giudizio ricevuto:

Tredicesima classificata (42,15/45)
A blink of an Eye di Chicca Weasley
_Grammatica: 8,1510
Non sono riuscita a capire una cosa.
Hai dimenticato in tantissime occasioni lo spazio fra il punto e la maiuscola.
Sono io che non lo vedo per qualche ragione misteriosa di lay out o è un vero errore?
Fra il punto e la maiuscola ci vuole sempre uno spazio. In tantissime frasi manca, e ti ho tolto un punto per questo.
Non avrei mai voluto farlo, anche perché è una bella storia ed è un peccato penalizzarla tanto per la grammatica.
Se la mancanza di spazi fra il punto e la maiuscola esistesse e fosse solo una questione di lay out strano, per favore, dimmelo. Correggerei subito!
Altri errori:
-Un’adolescente: te lo ha corretto anche la giudicia dell’altro contest, perlomeno potevi correggerlo (-0,25).
“con unico movimento”. Manca l’articolo un (-0,25)
“le disse in tono severo.” Qui Ginny parla a James. Disse a lui, gli disse. (-0,5)
- Magiare le patatine fritte. Quando Lily ed Hugo parlano male, lo posso capire. Ma qui, magiare, detto da un bambino di otto anni… Potremmo stare a discuterne ore, effettivamente. Io l’ho interpretato come un errore di battitura, sinceramente. (e qui perdi 0,1)
-
_Stile: 8,5/10
Vai a capo, vai a capo, vai a capo.
Da’ respiro al testo, non aver paura di staccare le frasi.
Soprattutto nei dialoghi, non lasciarli attaccati alla parte narrativa/descrittiva.
Saranno gli errori di punteggiatura, ma un po’ hanno appesantito lo stile, che comunque mi è piaciuto.
Brava nell’utilizzo di un lessico semplice nei dialoghi dei bambini, non ripeti mai le parole.
_IC: 10/10
Sicuramente, il punto forte di questa storia.
Bellissimi i bambini, umani, credibili e teneri.
Stupendi gli adulti, Harry in particolar modo. Di Harry così completi e ben caratterizzati ne ho trovati pochi, davvero!
_Originalità: 10/10
Particolare, davvero.
Anche perché l’idea di base, questo mix di passato e presente, è già di per sé inusuale, e l’hai resa molto bene.
_Gradimento personale: 5/5
È una delle mie storie preferite.
Tenera e commovente, mi ha lasciata con un groppo alla gola davvero stupefacente.
Bravissima!

  
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