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Autore: Leireel    17/08/2011    4 recensioni
Erano i primi giorni dopo Beltane; Rowena avvertì chiaramente che, in sintonia col fiorire della terra, qualcosa in lei cresceva allo stesso modo, pur al riparo da sguardi e riscaldato da un sole che solo lei vedeva.
Quando Salazar la sfiorò nel passarle accanto, a Rowena parve di sentire la voce della Dea cantarle nell’animo, e comprese. Un tocco sfuggente, e il suo destino era segnato.

[Salazar/Rowena]
Prima classificata a parimerito nel Founder Contest indetto da miki_tr nel forum di Efp.
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corvonero, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie '[Harry Potter] Shipping is the way!'
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Titolo: Il canto della Dea

Beta: la meravigliosa Kukiness

Pairing: Salazar/Rowena

Genere: Introspettivo, Fantasy, Romantico

Rating: Arancione

Avvertimenti: //

Conteggio Parole: 2.298 (w)

Note: L'ambientazione è liberamente ispirata a quella del Ciclo di Avalon di Marion Zimmer Bradley. I Wicing sono i Vichinghi: ho preferito mantenere la terminologia dell'Alto Medioevo. Re Æthelred, detto lo Sconsigliato, fu re d'Inghilterra dal 978 al 1016.

La storia ha partecipato al Founder Contest indetto da miki_tr nel forum di Efp, classificandosi prima a parimerito con un punteggio di 59/60. Qui trovate i giudizi, mentre questo (e questo) sono i meravigliosi banner <3 Io ancora non riesco a crederci! Spero che la storia vi piaccia.

 

 

Il canto della Dea

Lo vide per la prima volta quando aveva quattordici anni, mentre con le sue compagne raccoglieva le erbe medicinali per la lezione con la sacerdotessa; avevano visto la barca affiorare lentamente dalla foschia che proteggeva Avalon, e lui era lì, ritto a prua, quasi si avvicinasse a comandare e non a chiedere. Rowena alzò lo sguardo, e lui era lì.

Salazar Slytherin. Aveva udito il suo nome nei pettegolezzi che circolavano nella Casa delle Fanciulle, unito alle descrizioni più fantasiose; e niente si avvicinava alla realtà. C’era impresso nel suo volto pallido e nei suoi occhi slavati il segno di una discendenza nordica, forse da quei barbari Wicing che infestavano le coste e razziavano villaggi; gli spigoli del suo viso erano così affilati da farle pensare che si sarebbe tagliata solo ad arrischiare una carezza. Aveva l’aspetto indomito e fiero di chi è abituato a conquistare senza sforzo; non aveva la corporatura di un guerriero – quelle spalle gracili e secche difficilmente avrebbero potuto sopportare il peso della spada – ma c’era nei suoi occhi un lampo glaciale, selvaggio, che costringeva ad abbassare lo sguardo e averne timore.

Sentì le guance avvampare nel vedersi fissata proprio da lui, quasi fosse stata colta in flagrante.

Erano i primi giorni dopo Beltane; Rowena avvertì chiaramente che, in sintonia col fiorire della terra, qualcosa in lei cresceva allo stesso modo, pur al riparo da sguardi e riscaldato da un sole che solo lei vedeva.

Quando Salazar la sfiorò nel passarle accanto, a Rowena parve di sentire la voce della Dea cantarle nell’animo, e comprese. Un tocco sfuggente, e il suo destino era segnato.

---

Salazar andò a reclamarla come propria solo due anni più tardi; e Rowena non era più quella bambina timida che l’aveva occhieggiato senza risolversi a guardarlo negli occhi. La sua figura, prima asciutta e nervosa come un giunco di palude, aveva acquistato le forme mature di una donna; ma era il suo sguardo a essere mutato più nel profondo. Al di là del velo che celava il suo viso e il tatuaggio a forma di mezzaluna sulla fronte, gli occhi di Rowena, penetranti e acuti, sembravano perforargli l’animo ogni volta che si trovava nella stessa stanza con lei.

Aveva compiuto il rito per diventare sacerdotessa solo un anno prima: a guardarla, tuttavia, si sarebbe detto che lo fosse da una vita, per quella consapevolezza che gravava su ogni suo movimento e le dava più anni di quanto meritasse. Gli era stato detto che la ragazza era uno degli oracoli della Dea, e se aveva stentato a crederci prima, vedere quella saggezza nei suoi occhi aveva dissipato ogni suo dubbio.

Rowena sarebbe stata sua.

---

Nell’isola fervevano i preparativi per i festeggiamenti di Beltane: le sacerdotesse avevano già allestito i pali ornati di ghirlande e nastri, e alcuni dei druidi più giovani stavano accatastando legna per il falò del tramonto; gli isolani stavano iniziando ad accorrere col bestiame, e l’aria era satura di strilli, risate e muggiti, mentre nei campi ci si apprestava a festeggiare.

Dietro il colle, tuttavia, c’era silenzio. Fu lì che Salazar scorse Rowena, appoggiata al tronco di un albero quasi lo stesse aspettando.

«Vi cercavo» esordì in tono quieto, guardandola. Privi del velo che li fermava sulle spalle, i suoi capelli scendevano come una cascata di pece; e i suoi occhi, seppur fissati in un punto imprecisato tra gli alberi, sembravano nondimeno scavargli dentro.

Rowena non rispose per qualche minuto, assorta nella contemplazione di qualcosa che solo lei vedeva.

«Perché avete chiesto proprio di me, messere? Non vi conosco, e voi non conoscete me» disse poi, pacata. Non c’era traccia di incertezza nella sua voce, come se la risposta non le stesse così a cuore come le sue parole facevano intendere.

«Siete voi l’oracolo della Dea, mia signora. Come accade che voi non lo sappiate?»

La risata di Rowena risuonò come un trillo nell’aria vuota.

«Vi prendete gioco di me, adesso? Non vi conviene sfidarmi, messere. Potrete anche essere un mago abile» e fece gesto di indicare la bacchetta, nascosta tra le pieghe del mantello «ma con una Sacerdotessa non potreste mai competere, sappiatelo».

Lo sapeva. Avvertiva nell’aria la magia crepitare e dissolversi in vista della cerimonia di quella sera, in attesa.

«Non avevo l’intenzione di offendervi, mia signora» disse Salazar. «E non è mio desiderio sfidarvi, specialmente in questo momento. Da quanto mi è dato capire, non è la guerra che si celebra questa notte».

«Avete ragione, non lo è» concordò Rowena con un mezzo sorriso. «Sebbene, la Dea lo sa, amore e guerra si assomiglino parecchio, di questi tempi».

Salazar non rispose.

«Non volete rispondere al mio quesito, dunque» riprese, divertita.

«Ve ne parlerei, ma non è l’ora adatta. Tuttavia, posso concedermi la speranza di vedervi, dopo il rito dell’oracolo? O sarete voi a vaticinare, stanotte?»

Rowena si volse a guardarlo. Nulla di quella conversazione sembrava scuoterla, osservò Salazar: era soltanto lui, dunque, a sentirsi tremare dentro al pensiero della notte che sopraggiungeva?

«È compito della Somma Sacerdotessa presenziare ai riti di Beltane» rispose. «Ma sarò con lei ad assisterla, durante l’oracolo. Se avrete ancora lo stesso desiderio per quando avrà finito» e gli rivolse uno sguardo obliquo «saprete dove trovarmi».

---

Le stelle del crepuscolo sembravano svanire davanti alla luce che il falò spandeva sulla folla radunata davanti alla collina, in attesa che la Somma Sacerdotessa facesse la sua entrata; il bestiame era stato messo a riposo, e l’atmosfera silenziosa era rotta soltanto dai sospiri di qualche coppia innamorata, che attendeva l’inizio delle danze.

Salazar fissava come molti il sipario di alberi da cui a breve sarebbe uscito il corteo di sacerdotesse, impassibile nonostante il tumulto della sua mente. Ripensare alle parole di Rowena non era una buona idea, lo sapeva; e non poteva farne a meno. Quelle frasi avevano lasciato solchi nella sua mente, che lui continuava a tracciare con pensieri ossessivi, smanioso di risolverne il mistero – e magari risolvere il mistero che era lei, quella sacerdotessa vestita di blu che sembrava sempre anticipare ogni sua mossa.

Accolse con sollievo l’arrivo del corteo, una manciata di minuti più tardi; e il suo sguardo, ovviamente, corse a cercarla, senza però riconoscerla tra le sacerdotesse velate.

L’Arcidruido, nel frattempo, aveva iniziato a parlare.

«Questo giorno di celebrazione dell’Unione della Dea e del suo sposo, il Dio che è rinato dal lungo inverno, è quasi giunto alla fine; i nostri campi e i frutti del nostro lavoro sono benedetti dal loro amore, che rinnova la terra. Il Re e la Regina di Maggio hanno celebrato oggi il loro sposalizio: che i nostri lidi possano essere fertili come il loro amore!»

La Somma Sacerdotessa, seduta sul triclinio, sembrava ondeggiare al vento. Fu a lei che l’Arcidruido si rivolse, chiedendole se i raccolti dell’anno sarebbero stati abbondanti. Salazar si concesse un attimo di distrazione: tra le sacerdotesse, una lo stava fissando. Ricambiò lo sguardo, dimentico del rito.

«Sangue… sangue di fratelli versato nella nostra terra!» esclamò la Somma Sacerdotessa, facendolo riscuotere. «Le colline si tingono di rosso al passaggio degli elmi lucenti, villaggi arsi come sterpaglie… li vedo arrivare dal mare come oche migranti…» continuò, con la testa riversa e le orbite bianche.  

«Quando, mia signora? Quando giungeranno?» intimò l’Arcidruido.

«Tre lune, tre lune dal raccolto» disse ancora l’oracolo, e poi il nulla.

Tra il popolo si diffuse un mormorio di inquietudine; se le parole della Dea si fossero rivelate esatte, i Wicing avrebbero saccheggiato ancora le coste. Bisbigli e sussurri concitati serpeggiarono nell’aria tesa.

«E noi saremo pronti a dargli il benvenuto, quando arriveranno!» gridò un ragazzo nella folla, accompagnato da fischi e urla di approvazione. Salazar lo riconobbe senza aver bisogno di girarsi a guardarlo: sicuramente una delle nuove reclute di re Æthelred, giovani ancora imberbi che non sapevano nulla di guerre e battaglie. Dai campi si udì il mugghiare dei buoi, disturbati dalla confusione che quella frase aveva suscitato; anche tra la folla sembrava essersi diffusa una certa agitazione, che tradiva inquietudine per le parole della Sacerdotessa.

Salazar udì solo di sfuggita l’Arcidruido invocare l’inizio delle danze; tutta la sua attenzione era rivolta alle sacerdotesse, che attorniavano con premura l’oracolo. Le vide disperdersi nella foresta: prima che sparissero, gli parve di cogliere lo sguardo di Rowena luccicare tra gli alberi, come un richiamo.

---

L’aveva trovata dopo un lungo peregrinare che a lui era sembrato durare ore: il chiarore del crepuscolo aveva già lasciato il posto al blu profondo della notte, e nella foresta c’era un silenzio innaturale, come se tutto fosse in dormiente attesa. Gli avevano detto che ad Avalon i due mondi non erano separati che da un velo: circondato da quella quiete, non gli fu difficile pensare di averlo oltrepassato, forse proprio per volere di Rowena, che sembrava governargli la mente oltre ai tumulti del corpo.

Lei lo attendeva in piedi, circondata dalle ombre scure degli alberi che strisciavano sotto il vento leggero.

«Ne avete impiegato di tempo per trovarmi, messer Slytherin» disse, mentre le labbra si increspavano in un sorriso sardonico.

«È difficile cercare chi non vuole essere trovato, mia signora» rispose con una smorfia. «Come avete avuto premura di ricordarmi, la mia magia conta poco davanti al potere della Dea».

«Non avete tutti i torti» rise Rowena, e si scostò il velo dal viso. I suoi occhi brillavano di malizia. «Alla fine, tuttavia, siete riuscito a scovarmi. Insinuate forse che sia stata io a farmi trovare?»

«Siete voi a dirlo, mia signora».

Il gracidare di un corvo interruppe la quiete tra loro. Salazar si voltò verso la fonte del rumore, con espressione assorta.

«Non siamo più in Britannia. Non è così?» disse poi, guardandola.

«Avalon è come un fragile velo tra i due mondi. Chi può dire se questa non sia la vera Britannia, dopotutto?» replicò Rowena, di nuovo seria. «Non so dirvi perché ci troviamo qui. Il volere della Dea mi è imperscrutabile tanto quanto il vostro. Dunque, è giunta l’ora propizia per annunciarmi il motivo del vostro arrivo?»

Salazar si avvicinò. Il profumo di Rowena, dolce e intenso, sembrava offuscargli la mente: mentre le accarezzava una guancia, si chiese se ci fosse ancora qualche parte di sé che non fosse in balìa di quegli occhi di ossidiana.

«Credo l’abbiate già visto nelle vostre visioni, mia signora. Ho bisogno di voi» le disse piano, senza tradire incertezza. Rowena scostò la guancia, quasi irritata.

«Voglio sentirlo da voi, messere, non dalla voce dell’oracolo».

Salazar represse un moto di fastidio.

«È un progetto che coltiviamo da poco, io e un mio vecchio compagno d’arme. Un’Accademia dove istruire giovani maghi nelle arti dei sortilegi, per perfezionarne le abilità e incanalarle al meglio. E abbiamo bisogno di voi, per questo. Ci sono branche della magia che gli uomini non riescono a padroneggiare. È della vostra sapienza che abbiamo bisogno».

«Della sapienza di una sacerdotessa, vorrete dire» ribatté Rowena. «Ancora non volete dirmi perché avete scelto me, tra tutte le mie compagne, per aiutarvi in questa impresa».

Salazar le si avvicinò di nuovo, fino a trovarsi a un soffio da lei. «Pensavo lo sapeste» sussurrò. «Siete stata voi a chiamarmi, due inverni fa. Anche desiderandolo, non avrei potuto scegliere diversamente».

«E lo desideravate, forse?»

«Sarei pazzo a desiderare qualcuna che non sia voi, mia signora» mormorò, chinandosi a baciarla.

---

I fuochi di Beltane ardevano oltre la foresta; Rowena ne riusciva a sentire il crepitio anche attraverso il velo che separava i due mondi. Al di là degli alberi si celebrava l’unione degli dei.

Mia Signora, è quello che desideri? Dovrò onorarti anch’io tra queste siepi?

Se anche il volere della Dea fosse stato diverso, Rowena non avrebbe saputo come sfuggire alla stretta di Salazar: la sua volontà si era dissolta in brividi non appena lui l’aveva sfiorata, tanto da farla sentire di nuovo quella ragazzina sperduta e tremante che lo osservava emergere dalle nebbie.

Aveva sentito di nuovo il canto della Dea, quel pomeriggio: lo stesso canto di due anni prima, quando Salazar le aveva sfiorato una spalla nel passarle accanto. Aveva avuto una visione, quel giorno: lei nella neve, con la mezzaluna pallida sulla fronte e un mantello pesante a riscaldarle le spalle. E lui, accanto, con lo sguardo perso tra i monti, come un lupo che si appresti a cacciare: le aveva offerto il braccio e si erano incamminati, lasciando nella neve impronte simili a sangue.

Aveva udito il canto della Dea, e il suo destino era segnato. La visione era stata tanto forte da darle il capogiro: per giorni nella mente non aveva avuto altri che lui.

Se è ciò che desideri, mia Signora, rispetterò il tuo volere.

Il tocco di Salazar risvegliava il suo corpo come dopo un lungo letargo, accendendo sulla sua pelle tanti piccoli fuochi che sembravano crepitare nella notte; nel far scivolare la veste giù per le spalle e per i fianchi le era parso di abbandonare una vecchia pelle ormai stretta, come un serpente nei giorni della muta. I baci che le disseminava sulla pelle pallida sembravano forgiarla tra le fiamme.

Rowena lasciò che Salazar la adagiasse delicatamente sul suo mantello con un sospiro, e sussultò appena quando lo sentì premere contro la sua apertura. Nel dischiudersi davanti a lui come un fiore notturno, stringendogli le spalle come a salvarsi da un baratro, udì di nuovo il canto della Dea, luminoso e cristallino.

Come tu desideri, ripeté ancora tra sé; ma era soprattutto lei a desiderarlo, in quel momento.

Avvertiva il piacere scorrerle nelle membra come una marea, annebbiandole la mente. Vi si abbandonò con un gemito soffocato, e sentì anche il corpo di Salazar tendersi contro la sua pelle e abbandonarsi a lei, vinto.

I fuochi di Beltane ardevano ancora alle loro spalle. Il loro legame era stato forgiato, comprese Rowena; non aveva più modo di sfuggirgli. Il loro destino era stato segnato.

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Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

   
 
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