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Autore: Nebula216    18/08/2011    5 recensioni
-Salve.-
Disse con una voce talmente strafottente da infastidire persino la sbirra all’altro capo del telefono, la quale tentò con tutta la sua buona volontà di risultare cordiale.
-Come posso aiutarla?-
La domanda che attendeva. Il ghigno tornò nuovamente sulle sue labbra tinte di un rossetto viola funerale scuro.
-Li ho uccisi… tutti quanti…-
Genere: Dark, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Hidan, Itachi, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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 La Bête

Prologo
 

Desolazione.
Silenzio.
Umidità.
Qualche cane randagio.
Ecco quello che percepiva, oltre a un orrendo odore di alcool e vomito proveniente da un vicolo secondario; avrebbe voluto amputarsi il naso, non poteva fare altro che smorfie di disgusto. Si strinse nel cappotto di pelle nero, sentendolo quasi sfiorare il suolo letteralmente allagato; non avrebbe mai pensato che fosse così semplice, non se lo immaginava proprio.
Girò le spalle quando una coppia felice passò: se si fosse fatta beccare adesso poteva dire addio alla tanto desiderata libertà. Tornò sui propri passi soltanto quando i due furono abbastanza lontani, continuando a camminare con passo calmo e distaccato. Quel gelo d’ottobre avrebbe fatto venire una fame tremenda a chiunque.
Lei, però, era sazia.
L’unica cosa che le dava fastidio era la pioggia.
Troppo fredda.
Troppo insistente.
No, non faceva proprio per lei.
La stava irritando, sempre di più.
Entrò in una cabina telefonica, estraendo da una tasca del cappotto delle monete, quelle poche monete che l’ex possessore aveva ancora con sé, per poi infilarle in un telefono pubblico, un’ orrenda cabina di vetro macchiata con pennarello indelebile e dalla moquette puzzolente… una vera tortura per le sue povere narici.
Sbuffò infastidita dall’odore, domandandosi come mai quei maledetti ci mettessero tanto a rispondere. I palazzi, che un tempo dovevano esser stati dei veri esempi di architettura moderna, adesso sembravano crollare su loro stessi: l’intonaco cadeva a pezzi dai muri, le finestre dal legno ormai marcio crollavano all’interno degli abitacoli e, probabilmente, persino i tetti franavano negli appartamenti.
-Pronto? Centrale di polizia mi dica.-
Ghignò sentendo la voce della poliziotta: denti splendenti come pietre di luna, macchiati di sangue, si rifletterono sul poco vetro pulito della cabina, così come il suo volto pallido di giovane ragazza.
-Salve.-
Disse con una voce talmente strafottente da infastidire persino la sbirra all’altro capo del telefono, la quale tentò con tutta la sua buona volontà di risultare cordiale.
-Come posso aiutarla?-
La domanda che attendeva. Il ghigno tornò nuovamente sulle sue labbra tinte di un rossetto viola funerale scuro.
-Li ho uccisi… tutti quanti…-
Iniziò a ridere, inquietando non poco l’agente.
-C…Cosa!?-
-Oh sì… dal primo all’ultimo… odiavo i loro taser, le loro voci, i loro sguardi. Hanno giocato col fuoco… e sono rimasti carbonizzati.-
Sentì un gran trambusto, la poliziotta ordinarle di consegnarsi alla giustizia, prima che la sua mano facesse cadere la linea con un gesto fulmineo ed elegante.
Finalmente uscì dalla cabina, libera da un peso, dalla puzza… da catene di ogni genere; l’unica cosa di cui aveva bisogno erano degli abiti puliti, integri soprattutto, e un tetto sopra la testa. Per il cibo ci avrebbe pensato in seguito.
Camminò, ignorando i cani che le abbaiavano contro impauriti e i gatti che soffiavano con il pelo ritto sulla schiena: quel cappotto, per quanto caldo le facesse, non poteva continuare a coprire il suo corpo snello macchiato dal sangue delle sue vittime. Aveva bisogno di vestiti, dato che i precedenti erano andati a farsi fottere. Come se qualcuno le avesse letto nel pensiero, alla sua destra fece capolino una boutique alquanto accessoriata… forse qualche abito in meno non le avrebbe fatto male, no?
Ghignò, prima di spaccare con un pugno la vetrina della porta e aprire, ignorando l’allarme mezzo scassato che provava a segnalare la sua presenza. Distrusse con un calcio ciò che restava del vetro, prima di entrare e selezionare gli abiti che più le piacevano.
Cambiatasi all’interno di un camerino, uscì con un borsone contenente quelli di ricambio, cercando di focalizzare la sua attenzione su un appartamento meno cadente degli altri che le si presentavano davanti: doveva esser capitata nei quartieri bassi della città, non riusciva a vedere un edificio decente, l’unica cosa che meritava attenzione era la boutique dalla quale aveva prelevato gli abiti.
Sbuffò infastidita, riprendendo la sua camminata senza meta: la luna, quasi piena, sbucava da dietro le nubi cariche di pioggia, illuminando a malapena i vicoli del quartiere. Procedette per qualche minuto, fino a quando la strada non le fu sbarrata da un punkettone con abiti strappati, piercing, tatuaggi e una moto vicina verde acceso.
-Dove andiamo dolcezza? Come mai tutta sola? Posso offrirti un passaggio?-
Le sorrise, sorriso che fu ricambiato.
-Ovvio… e magari qualcosa da mangiare. Sai… lo stomaco inizia a brontolare.-



Angolo autrice: Lo so cosa state pensando... "questa non fa in tempo a finire una storia che ne inizia un'altra!". Ebbene sì gente!
Quando l'ispirazione mi ronza intorno come una zanzara fastidiosa non posso far altro che coglierla al volo. Come si suol dire... CARPE DIEM! (sì sì, muoviti che non vogliamo diventar vecchi! ndHidan)(Zitto tu! Non puoi invecchiare! ndMe).
Comunque, questa forse sarà la storia che verrà aggiornata con meno frequenza, dato che solo ieri sera ho scritto il prologo; inoltre, il rating aumenterà se necessario (significato: sì, aumenterà, eccome se aumenterà!).
Detto questo, bacioni! Nebula216

   
 
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