Il problema degli umani era che vivevano troppo poco, erano come leggiadre brezze primaverili. Speciali, unici e irripitebili ma finito il loro momento nulla restava pił. Eppure li vedeva vivere la loro vita come se quello non li toccase, c'erano intere opere letterarie che affrontavano l'argomento e avevano molta paura della fine ma questo non li aveva fermati.
Nel bene o nel male, con parsimonia e dedizione progredivano passo dopo passo in una routine che mai pareva aver fine.
Chissą come doveva essere? Una nazione non soffriva questi problemi. Certo, alcuni di loro erano spariti e se il loro territorio subiva danni irreparabili anche loro sarebbero andati incontro a questo concetto ma...
Il tempo era loro amico, potevano usarlo come volevano o perfino non usarlo affatto. Potevano permettersi di dormire stagioni intere e non risentire degli effetti della vecchiaia.
Gli umani invece dovevano sfruttare ogni secondo al massimo delle possibilitą, ogni occasione perduta non sarebbe pił tornata.
Avevano addirittura dei tempi per innamorarsi, per quei legami cosģ intesi e "duraturi nel tempo". Alcuni sceglievano di amare solo una persona per il resto della vita, sapevano che qualunque cosa fosse successa avrebbero sempre potuto contare su di essa.
I legami di una nazione erano destinati a sciogliersi prima o poi, lui ne era la prova. Aveva dedicato tanto tempo ai suoi occhi azzurri, tanto affetto ricambiato con l'indipendenza.
Forse era colpa della noia, una "staticitą" eterna era troppo da sopportare. Forse il cambiamento li faceva sentire vivi.
Il problema delle nazioni era che vivevano troppo.