2. Incontri ravvicinati del terzo tipo
Quella mattina, Harry si svegliò abbastanza di buon umore.
Saltò giù dal letto canticchiando e fischiettando dei motivetti inventati sotto
lo sguardo attonito di un Ron assonnato che si vestiva nel più assoluto
silenzio.
Di solito il momento del risveglio e quello successivo – che comprendeva il
vestirsi e il prepararsi per andare a fare colazione – erano sacri, nessuno
parlava né diceva niente, chi per il sonno o chi semplicemente perché non aveva
voglia di parlare di nulla.
Dean e Seamus gettarono ad Harry un’occhiata quasi spaventata, precedendolo giù
per le scale per andare a fare colazione; Neville si scambiò un’occhiata con
Ron che gli fece cenno di uscire, portandosi poi un dito alla tempia facendolo
roteare.
Neville rise e si allontanò, e Ron lo sentì inciampare nell’ultimo gradino
delle scale e probabilmente cadere a terra – fortunatamente sul morbido tappeto
rosso della Sala Comune.
“Harry?” domandò Ron mentre l’amico piegava il pigiama e lo poggiava sul letto.
“Mh?” Harry si voltò verso di lui con la faccia di un bambino, la stessa faccia
con cui Ron l’aveva conosciuto al binario 9 e ¾. Completamente innocente.
“È inutile che fai così, Hermione non accetterà” disse Ron sentendosi un po’
nervoso. Non gli piaceva affatto l’idea che Harry si fosse intestardito sulla
possibilità di usare la Pozione Polisucco, ma soprattutto non gli andava
affatto a genio l’idea che dovesse proprio essere Hermione a prendere il posto
di Pansy Parkinson. Non gli piaceva il fatto che dovesse entrare nella Sala
Comune di Serpeverde, per di più da sola e con un piano decisamente scadente tra
le mani.
Harry fece una pausa prima di rispondere, ponderando bene le parole. D’altronde
capiva lo stato d’animo di Ron, e l’espressione che aveva sul viso era più che
esaustiva.
“Non le accadrà niente”
“Noi abbiamo avuto problemi, ed eravamo in due”
“Io e te messi insieme non facciamo neanche la metà del cervello di Hermione,
lo sai” ribatté Harry sicuro, e Ron si imbronciò, incrociando le braccia.
“Non è questo” rispose serio, sapendo che dopotutto era vero, l’intelligenza di
Hermione non era neanche lontanamente paragonabile alla loro. Senza di lei non
avrebbero mai protetto la Pietra Filosofale dal Professor Raptor, perché Harry
non sarebbe mai riuscito a superare da solo la sciarada di pozioni di Piton;
senza di lei non avrebbero mai scoperto che il mostro che girava per il
castello al secondo anno era un Basilisco. Al terzo anno era stata lei a
risolvere la questione di Sirius con la Giratempo, e al quarto anno era stata
lei a insegnare a Harry gli incantesimi necessari a sopravvivere nel labirinto
all’ultima prova del Torneo Tremaghi.
Sì, Harry aveva decisamente ragione.
“Ma è una cosa pericolosa” esitò Ron,
torturandosi le dita con le mani, “E anche se non credo che Malfoy sia un
Mangiamorte, se i tuoi dubbi si rivelassero esatti? E se scoprisse che la
Parkinson non è lei ma Hermione? E cosa faremmo se la Parkinson si presentasse
all’improvviso nella Sala dei Serpeverde?”
“Ma non sto dicendo che dobbiamo farlo subito, senza un piano. Escogitiamo
qualcosa e giuro, giuro che se Malfoy non ha il Marchio Nero smetterò di
rompervi le scatole”
Ron sospirò scuotendo la testa. Harry era testardo, quando si metteva in mente
qualcosa nessuno riusciva a smuoverlo. Era stato così quando lo aveva
trascinato nella Foresta Proibita nel secondo anno, dove avevano quasi lasciato le penne per colpa del ragnetto Aragog, ed era stato lo stesso quando l’anno prima li
aveva portati all’Ufficio Misteri nel Ministero della Magia.
Si guardò bene dal farglielo notare perché sapeva quanto ci avesse sofferto, ma
quella storia non gli andava affatto bene.
“Dai” cambiò discorso dandogli le spalle, “Andiamo a fare colazione, di sicuro
Hermione ci sta aspettando”
Scesero velocemente le scale in silenzio, trovando la Sala Comune completamente
vuota; probabilmente si erano recati tutti nella Sala Grande per la colazione.
Attraversarono il buco del ritratto e si unirono allo sciame di studenti che si
stava dirigendo in Sala Grande; entrarono e percorsero la strada tra i tavoli e
trovarono Hermione seduta, un bicchiere in mano e un librone aperto sul tavolo
davanti a lei.
“Buongiorno” sbadigliò Ron sedendosi accanto a lei. Harry si sedette all’altro
fianco di Hermione mentre lei alzava gli occhi dal volume e poggiava il calice
sul tavolo, sorridendo all’indirizzo di entrambi.
“Buongiorno ragazzi!”
“Cosa leggi?” domandò Harry curioso sporgendosi sul volume, mentre Ron si
riempiva il piatto per una perfetta colazione.
Hermione cercò disperatamente di non guardare nella sua direzione, a volte la
disgustavano le inesistenti buone maniere di Ron.
“Storia della Magia” disse a Harry. “L’abbiamo alla prima ora, voglio solo
leggere qualcosina”
Harry sorrise e annuì con la testa. Hermione era sempre esagerata, leggeva
sempre tutti i libri di testo prima dell’inizio dell’anno scolastico, ma in
quel frangente la capiva perfettamente. Le lezioni del Professor Rüf
erano talmente noiose che neanche lei riusciva a prestare attenzione a lungo,
quindi si preparava in anticipo, così anche se avesse perso qualche parola o
frase non sarebbe rimasta in alto mare.
Harry sbadigliò, servendosi una porzione di dolce mentre si guardava intorno.
Il suo sguardo cadde sulla tavola di Serpeverde, e scorse la testa bionda che
era abituato a vedere ogni giorno.
Draco Malfoy era seduto tra Blaise Zabini e Pansy Parkinson e teneva la testa
poggiata alla mano, l’espressione corrucciata mentre fissava la sua ciotola
intatta di porridge.
Harry sentì di nuovo quella sensazione particolare allo stomaco e il suo
sguardo si spostò sull’avambraccio sinistro del suo acerrimo nemico. Niente.
Manica della tunica tirata giù fino al polso.
“Senti, Hermione…” si voltò verso l’amica, che nel frattempo aveva riposto il
libro nella borsa, e aspettò che lei gli prestasse tutta la sua attenzione
prima di proporle qualunque cosa.
“Ho un favore da chiederti…”
*
“Scordatelo” sibilò Hermione richiudendo la cinghia della
propria borsa. Afferrò il libro di Storia della Magia e lo poggiò sul banco,
gettando un’occhiata al Professor Rüf che fluttuava nella stanza in
attesa che anche gli altri studenti facessero lo stesso.
“Ti prego, dobbiamo scoprire cos’ha in mente e solo tu sei in grado di
preparare quella pozione!” la implorò Harry in un sussurro, mentre Ron
allungava il collo per ascoltare la conversazione dal banco accanto al loro.
Hermione provò un piccolo senso di orgoglio a quell’ultima frase, dopotutto
sentirsi dire che era la più brava le era sempre piaciuto, ma non avrebbe
ceduto. Per una richiesta del genere, poi!
“Per favore!” Harry la fissò negli occhi, incrociando le mani in segno di
preghiera, “L’ho già detto a Ron, se mi sbaglio giuro che smetterò di rompervi
con questa storia, ma io devo
sapere!”
“Harry, capisci cosa mi stai chiedendo? Dovremmo infrangere di nuovo le regole,
rubare gli ingredienti dalla riserva privata di Piton, trovare un posto per
fabbricare la Pozione, trovare un modo per tenere la Parkinson lontana dalla
Sala Comune di Serpeverde… E spiegami perché proprio lei, poi!”
“Credo che lei e Malfoy stiano insieme” disse Harry riflettendo, cercando di
non farsi sentire da Ron. Se avesse saputo che Hermione avrebbe anche dovuto
fingere di essere la ragazza di Malfoy, di certo avrebbe fatto di tutto per
impedire la riuscita di quel progetto. Dopotutto che Ron fosse cotto di
Hermione non era una novità, e Harry sospettava che anche da parte dell’amica
ci fosse un qualche sentimento non ben definito, ma che comunque andava oltre
il voler bene.
Hermione sgranò gli occhi, voltandosi di nuovo di scatto verso di lui, i
capelli mossi e fluenti che ondeggiavano minacciosamente.
“E io dovrei fingere di essere la ragazza
di Malfoy?!” sibilò, gli occhi fuori dalle orbite. Harry doveva essere
impazzito. No, non poteva farlo.
“Ma non devi fare niente! Devi solo… parlare” tentò lui, la stessa espressione
innocente sul viso che Ron gli aveva visto quella mattina nel Dormitorio.
“Parlare?! E cosa dovrei dirgli?”
Harry accennò un sorriso. “Non saprei, sei tu quella intelligente, qui”.
Hermione scosse la testa, imbronciata. Non avrebbe ceduto ai complimenti.
Quello che le stava chiedendo Harry non solo era pericoloso perché implicava
Malfoy, ma perché avrebbe anche potuto rischiare di essere espulsa. E poi
l’ultima volta che aveva bevuto la Pozione Polisucco, i risultati erano stati
alquanto bizzarri.
“No, Harry. Senza contare che non so per quanto tempo dovrei prendere il suo
posto. Non posso mica andare lì, tirargli su la manica per controllare e poi
andarmene”
“Potresti cercare di farlo con disinvoltura” disse Harry incerto, accorgendosi
che quel discorso non stava prendendo la giusta piega. Hermione non sembrava
intenzionata ad aiutarlo, e le sue motivazioni per convincerla stavano
lentamente cadendo.
“Certo, con disinvoltura” rispose lei scettica sbuffando, e Ron decise che era
arrivato il momento di intervenire. Fortunatamente, pensò Harry, evidentemente
non si era accorto del fatto che probabilmente Pansy e Draco avevano una storia
e che questo implicasse che Hermione anche l’avesse, seppur per poco.
“Basta Harry, Hermione non vuole, lasciala il pace” disse scocciato, aprendo
anche il proprio libro.
Harry si voltò verso di lui e vide di sfuggita il Professor Rüf che aleggiava
davanti alla lavagna su cui non avrebbe mai potuto scrivere nulla, e nonostante
fossero passati dieci minuti da quando erano entrati in classe, non aveva
ancora iniziato la lezione.
“Ma…” cercò di iniziare Harry, disposto a mettere in tavola le sue motivazioni
ancora una volta, ma Ron sollevò una mano per farlo stare zitto.
“No, basta. Oltretutto a te non basterebbe che Hermione veda il suo Marchio
Nero. Sono sicuro che le chiederesti anche di scoprire cos’ha in mente
nell’eventualità – remotissima – che ce l’abbia”.
Hermione annuì, e Harry, risentito, incrociò le braccia.
“Sono sicuro che a quel punto diventerete curiosi come me. Non è una cosa su
cui si scherza, se i miei sospetti sono fondati abbiamo un Mangiamorte tra noi,
non è cosa da poco. Potrebbe aiutare gli altri adepti di Voldemort a entrare
qui, e-”
“Se davvero i Mangiamorte vogliono entrare qui, potrebbero Smaterializzarsi e
non mi risulta che l’abbiano mai fatto” ribatté Ron, coinvolgendo subito le
proteste di Hermione.
“Non ci si può Materializzare o
Smaterializzare nel territorio di Hogwarts, quante volte devo ripetervelo?!” sbottò
cercando di mantenere un tono di voce basso, ma comunque minaccioso. Davvero,
quand’è che quei due avrebbero letto quel maledetto Storia di Hogwarts?
“A prescindere da questo” rispose Ron agitando la mano, come se quello che
Hermione aveva appena detto avesse poca o nessuna importanza – e Hermione lo
fulminò con lo sguardo -, “Malfoy ha sedici anni, pensi sul serio che
Tu-Sai-Chi gli affiderebbe un qualunque compito? Sotto gli occhi di Silente,
poi?”
“Ok, ok! Ho capito” rispose Harry afferrando il proprio libro. “Vorrà dire che
cercherò di cavarmela da solo” disse in tono accusatorio senza guardarli, e
poté sentire gli sguardi degli amici premere ai lati delle sue orecchie.
Ron sbuffò e si lasciò andare scompostamente sulla sedia, fissando il Professor
Rüf che finalmente aveva iniziato a parlare, mentre Hermione continuava a
fissare imperterrita Harry.
Dopo qualche secondo, scosse impercettibilmente la testa e concentrò la sua
attenzione su quello che aveva iniziato a spiegare il Professore, rendendosi
conto poco dopo che erano le stesse identiche cose che aveva letto quella
stessa mattina a colazione.
*
Senza neanche rendersene conto, Hermione aveva passato quasi due giorni
a riflettere su quanto le aveva detto Harry e su sul piano per scoprire la
verità su Draco Malfoy.
L’amico non aveva più menzionato il suo piano, ma l’aveva visto parecchie volte
con la testa fra le nuvole o mentre parlottava tra sé e sé per far sì che la
sua idea riuscisse.
Nonostante l’insistenza con cui Harry si era imposto con quell’idea, Hermione
dovette ammettere che comunque in fin dei conti non aveva tutti i torti. Probabilmente
Malfoy non era un Mangiamorte, ma se invece per caso avesse scoperto che aveva
davvero il Marchio Nero? Avrebbero dovuto assolutamente dirlo a Silente e
all’Ordine, essendo una cosa di estrema importanza.
La cosa che le faceva storcere il naso in tutto quello, oltre alla pericolosità
della faccenda, era il dover prendere il posto di Pansy Parkinson in prima
persona, ma d’altronde capiva anche lo stato d’animo di Harry, e probabilmente
di Ron. Per loro fingere di stare con Malfoy sarebbe stato ancora più tremendo
che per lei, essendo due maschi.
Si perse nei suoi pensieri mentre camminava per i corridoi con lo sguardo
concentrato, un paio di grandi libri stretti al petto con una mano e la
valigetta contenente altri libri nell’altra.
Forse non era una cattiva idea; forse avrebbe anche potuto provare. Dopotutto
era di Voldemort che si parlava, e se Malfoy era implicato in qualche modo,
andava immediatamente fermato.
Camminando con questi pensieri che le ronzavano in testa, non si rese conto di
voltare l’angolo un po’ troppo bruscamente e in un secondo si trovò a terra, la
borsa aperta, i libri sparsi ovunque e il sedere dolorante.
“Ahi…” mormorò con un occhio chiuso, massaggiandosi la parte lesa mentre si
alzava.
“Guarda dove metti i piedi, Mezzosangue zannuta” si sentì dire da una voce
sprezzante e odiosa che purtroppo conosceva fin troppo bene.
Hermione non se ne curò e si chinò a raccogliere i propri libri, rendendosi
conto che anche la bottiglietta di inchiostro si era aperta e aveva sparso tutto
il suo contenuto a terra.
Imprecando, tirò fuori la bacchetta magica e mormorò Gratta e Netta, ripulendo tutto il pavimento dall’inchiostro nero.
Si rialzò dopo aver sistemato tutto e trovò ancora il suo interlocutore a
guardarla.
“Togliti di mezzo” disse Hermione fissando Pansy Parkinson negli occhi, che la
fissava con un ghigno divertito sulle labbra.
“Passa da un’altra parte” rispose lei con lo stesso tono di voce usato da
Hermione.
“Mi piacerebbe, ma con la tua… mole,
occupi tutto il corridoio, non c’è altro spazio per passare”
Pansy divenne di tutti i colori in un istante, gli occhi furenti e le narici
dilatate. Frugò freneticamente nelle tasche del mantello e ne estrasse la
bacchetta, ma Hermione fu più veloce. Gliela puntò all’altezza dello stomaco,
un sorrisetto stampato sul volto. Nonostante avesse mentito sulla stazza di
Pansy Parkinson, il suo volto scioccato era la visione più bella che avesse mai
avuto davanti agli occhi.
“Calmati, Parkinson. Non mi sembra il caso di fare una scenata qui in corridoio”
disse Hermione calma. Le gettò un’ultima occhiata e poi la sorpassò,
ridacchiando tra sé.
L’attenzione di Pansy fu attirata dal punto da cui Hermione era appena andata
via. Con un solo colpo della bacchetta e un mormorio che somigliava molto a Wingardium Leviosa, sollevò la boccetta
di inchiostro che aveva dimenticato a terra e le rovesciò in testa quello che
ne era rimasto.
Hermione si bloccò sul posto. Quello era davvero troppo.
La borsa e i libri caddero a terra, così come la boccetta di inchiostro che
andò in frantumi, e si avventò sulla la Serpeverde, spingendola nell’intento di
farla cadere.
In quel frangente a Hermione venne in mente quando si era azzuffata con
Millicent Bulstrode al secondo anno, durante il Club dei Duellanti, e come ne
era uscita malconcia a causa della stazza imponente della sua avversaria.
Pansy fece qualche passo indietro barcollando, ma riuscì a mantenersi in piedi.
Puntò la bacchetta contro Hermione, controllando con una veloce occhiata che il
corridoio fosse completamente vuoto, e mormorò a mezza bocca uno Schiantesimo
che Hermione riuscì facilmente a evitare con un Sortilegio Scudo.
La Grifondoro sentiva tutto l’inchiostro appiccicarle i capelli sulla testa, e
una rabbia quasi sconosciuta impossessarsi di lei. Odiava quella schifosa
Serpeverde, odiava tutti i
Serpeverde.
Con un colpo di bacchetta fece sparire la macchia nera dalla propria testa e
fissò con disprezzo Pansy Parkinson, che aspettava ancora una sua mossa.
“Cos’hai, Granger, pensi di non essere alla mia altezza?” disse lei, sempre con
la bacchetta sollevata. “Guarda, non c’è nessuno, puoi fare quello che vuoi
senza che qualcuno ti dica qualcosa. Oppure i Mezzosangue non sanno eseguire
neanche gli incantesimi più elementari, essendo esseri inferiori?”
Hermione strinse i pugni e tremò per la rabbia. Odiava quando qualcuno la
chiamava Mezzosangue, e soprattutto odiava quando veniva chiamata in quel modo
con quella punta di disprezzo nella voce. Era migliore di tante persone –
soprattutto di quella schifosa Serpe-, non meritava affatto di essere trattata
così.
Si avvicinò a passo veloce alla ragazza
di fronte a lei, viso a viso.
“Non mi abbasserò al tuo livello” disse solo, il cuore che le martellava nel
petto.
Gli occhi di Pansy lampeggiarono per un istante, un lungo istante in cui
Hermione poté leggervi dentro la parola trionfo
scritta a caratteri cubitali.
Digrignò i denti e senza perdere un secondo le afferrò una piccola ciocca di
capelli e tirò forte facendola strillare, e il secondo dopo dalla bacchetta di
Pansy partì un fascio di luce rossa che colpì Hermione dritta in pieno petto.
La Grifondoro volò a cinque metri di distanza, atterrando con un tonfo sordo
poco lontano da dove aveva lasciato cadere i suoi libri prima a terra.
Pansy Parkinson si massaggiò la testa, le lacrime agli occhi e una serie di
insulti nascenti sulle labbra, ma una voce la interruppe prima che potesse
cominciare la sua tiritera.
“Pansy?”
Draco Malfoy spuntò da dietro l’angolo, trovando la sua ragazza con il viso
contorto dalla rabbia e dal dolore e la bacchetta in mano. Seguì con lo sguardo
la direzione in cui era puntata e vide un ammasso di abiti e capelli scomposti
a terra.
“Granger?” chiese incerto, voltandosi verso la Parkinson che annuì, sempre
massaggiandosi la testa.
Hermione gemette e sollevò piano la testa, un rivolo di sangue che le scendeva
giù dalla tempia.
Ecco, ora era perfetto. Lei odiava il sangue.
Si mise a sedere, la testa pesante e il corpo dolorante per la caduta.
Non ricordava che gli Schiantesimi fossero così forti, quando li avevano
provati nella Stanza delle Necessità l’anno prima nell’ES, era sempre atterrata
sui cuscini.
Sollevò lo sguardo – stavolta un po’ spaurito – verso Pansy Parkinson e solo in
quel momento notò che qualcun altro aveva assistito alla scena.
Prima ancora di vedere la cravatta verde e oro e il viso di quel Serpeverde,
Hermione aveva vivamente sperato che si trattasse di un professore.
Quando si accorse che invece si trattava di Malfoy, trattenne a stento un
sbuffo e si aggrappò alla parete per rialzarsi. Non sarebbe mai stata ai piedi
di due Serpeverde, soprattutto di quei due in particolare.
Malfoy la fissò inespressivo, poi si voltò verso Pansy e si allargò in un
grande sorriso.
“Vedo che sei diventata brava con gli Schiantesimi, Pansy” disse avvicinandosi
a lei.
La prese per mano e con lei si incamminò lungo il corridoio, il passo piuttosto
veloce per evitare che arrivasse qualcuno e si trovasse di fronte a quella
scena scomoda.
Hermione si lasciò andare alle lacrime solo quando si trovò completamente sola.
La testa le doleva, il sangue non accennava a fermarsi e l’umiliazione per
quella sconfitta le bruciava dentro come l’Ardemonio il Fuoco Maledetto.
Aveva solo cercato di essere corretta, e aveva perso.
Si chinò a raccogliere le sue cose e singhiozzò, aprendo la mano e guardando
quello che, nonostante tutto, poteva essere considerato il suo trofeo.
Una ciocca di capelli di Pansy Parkinson.
*
“Non ci credo!” esclamò Ron trangugiando la sesta Cioccorana, seduto sul
bordo del letto dell’infermeria.
“Ho parlato con Madama Chips, hai avuto un leggero trauma cranico” disse Harry,
accomodandosi sulla sedia accanto al lettino.
Hermione si fece un po’ rossa per l’affermazione di Ron e annuì a quello che le
aveva detto Harry.
Si toccò con le dita la fascia che l’infermiera le aveva messo sulla testa e
sentì lo stomaco contorcersi dalla rabbia. L’avrebbe fatta pagare a quella
Serpe, a qualunque costo.
“Non è colpa mia, Ron” disse Hermione cercando di assumere un tono innocente.
“E’ la scala che si è spostata mentre stavo scendendo, e sono caduta. Tutto
qui”.
Ron rise forte, come aveva fatto quando Hermione gliel’aveva raccontato la
prima volta, e lei si imbronciò sotto lo sguardo poco convinto di Harry.
“Non ti era mai capitato” considerò lui serio incrociando le braccia. Certo,
sapeva che anche Hermione avrebbe potuto tranquillamente inciampare come tutti
i comuni mortali, ma l’espressione sul volto dell’amica non lo convinceva
affatto. In un frangente del genere si sarebbe semplicemente sentita in imbarazzo,
invece si vedeva lontano un miglio che era a disagio. Ma un disagio causato da
cosa?
“Anche i migliori sbagliano” rispose lei tirando fuori la lingua, facendolo
ridacchiare. Ron accennò un sorriso, alzandosi subito quando vide Hermione
smettere di ridere con Harry e portarsi una mano alla testa.
“Ehi” disse avvicinandosi. “Tutto bene?”
Hermione arrossì un po’ e annuì con la testa. “Tutto bene, mi fa solo un po’
male la ferita… Madama Chips vuole tenermi qui stanotte per controllare le mie
condizioni, anche se non credo sia necessario”
“Se lo dice lei sarà meglio farlo, è il suo lavoro” disse Ron dandole una pacca
sulla spalla.
“Allora noi andiamo, ti lasciamo riposare” si intromise Harry alzandosi.
Ron annuì e si allontanò dal letto con un cenno della mano, al quale Hermione
rispose con un gran sorriso.
Harry si avvicinò e le accarezzò la spalla, guardandola dolcemente. “Sicura sia
tutto a posto?”
“Certo” rispose lei velocemente, forse troppo.
Harry inarcò un sopracciglio, per niente convinto dalla risposta che gli aveva
appena dato.
“Sentì, Harry” cambiò discorso Hermione immediatamente, fissando il suo
migliore amico negli occhi chiari.
“Quella cosa… la Pozione Polisucco… facciamola” disse seria e cercò di non
ridere quando vide gli occhi di Harry allargarsi a dismisura.
“Davvero?” domandò lui, e Hermione fu estremamente sicura che se avesse potuto
si sarebbe messo a saltellare per tutta l’Infermeria.
“Certo. Facciamolo”
“Cosa ti ha convinto?” domandò lui critico. Possibile che la sua “visita” in
Infermeria avesse a che fare con Pansy Parkinson?
“È che hai ragione, certe cose è meglio saperle che non saperle, in modo da
poter agire di conseguenza”
Harry annuì con la testa, felice che finalmente l’amica avesse capito.
“Ora però riposati, ne parliamo quando esci” disse gentilmente, e si allontanò
dal letto per poi uscire e richiudersi la porta alle spalle.
Hermione chiuse gli occhi e si lasciò andare a un sospiro di liberazione,
felice che i suoi amici avessero creduto alle sue bugie.
Si stese e fissò il soffitto dell’Infermeria, il cuore pesante per quella nuova
sfida che aveva appena deciso di accettare.
Ma, dopotutto, non le veniva in mente nessun altro modo per farla pagare a
Pansy Parkinson e a Draco Malfoy.
After you read:
Ecco il secondo capitolo! *-*
Innanzitutto, altrimenti mi scordo °-° ringrazio FedeMorningRock, C a s s i o
p e a, Midnight92 e chihuahua per
i commenti estremamente graditi! *-* Sono felice che il primo capitolo vi sia
piaciuto!
Ringrazio tanto anche chi ha messo la storia nelle Seguite e nelle Storie da
Ricordare *-*
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, mi raccomando, fatemi
sapere cosa ne pensate! ;)
Scappo quindi non mi dilungo troppo nelle note, ma ci rivedremo al prossimo
capitolo! (che dovrebbe arrivare il 24 se faccio in tempo a finirlo, perché poi
dal’ 25 all’1 settembre sarò in ferie *W*)
Un bacio e grazie per aver letto! <3
tonna