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Autore: Tonna    19/08/2011    3 recensioni
“Dov’è andato?”
“Non lo so” rispose Hermione, chiudendo Le Fiabe di Beda il Bardo; si massaggiò le tempie con gli occhi socchiusi e sollevò la testa verso Harry, notando la sua inquietudine mentre si guardava intorno alla ricerca di Malfoy.
“Stai tranquillo” lo ammonì alzandosi da terra e passandosi le mani sui pantaloni per cacciare via i residui di foglie secche. “Malfoy non è uno stupido, non ci farà scoprire”
Harry smise di vagare con lo sguardo e spostò gli occhi sull’amica, chiedendosi come riuscisse sempre a leggergli nella testa.
“Non può continuare ad andarsene in giro come se niente fosse” borbottò preoccupato, tornando a scrutare il folto degli alberi sperando di scorgere una figura esile dai capelli biondi, ma dopo qualche secondo fu costretto a rassegnarsi e tornò nella tenda sbuffando.
Hermione lo seguì dopo aver gettato una veloce occhiata alle proprie spalle, sperando di non aver parlato troppo presto. D’altronde Harry aveva ragione, Malfoy non poteva andarsene in giro tranquillo e tronfio come aveva fatto per tutti quegli anni a Hogwarts. Ormai era un reietto, un fuggitivo, un ricercato – per quanto il termine risultasse più babbano che magico -, proprio come lo erano loro.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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2. Incontri ravvicinati del terzo tipo


Quella mattina, Harry si svegliò abbastanza di buon umore.
Saltò giù dal letto canticchiando e fischiettando dei motivetti inventati sotto lo sguardo attonito di un Ron assonnato che si vestiva nel più assoluto silenzio.
Di solito il momento del risveglio e quello successivo – che comprendeva il vestirsi e il prepararsi per andare a fare colazione – erano sacri, nessuno parlava né diceva niente, chi per il sonno o chi semplicemente perché non aveva voglia di parlare di nulla.
Dean e Seamus gettarono ad Harry un’occhiata quasi spaventata, precedendolo giù per le scale per andare a fare colazione; Neville si scambiò un’occhiata con Ron che gli fece cenno di uscire, portandosi poi un dito alla tempia facendolo roteare.
Neville rise e si allontanò, e Ron lo sentì inciampare nell’ultimo gradino delle scale e probabilmente cadere a terra – fortunatamente sul morbido tappeto rosso della Sala Comune.
“Harry?” domandò Ron mentre l’amico piegava il pigiama e lo poggiava sul letto.
“Mh?” Harry si voltò verso di lui con la faccia di un bambino, la stessa faccia con cui Ron l’aveva conosciuto al binario 9 e ¾. Completamente innocente.
“È inutile che fai così, Hermione non accetterà” disse Ron sentendosi un po’ nervoso. Non gli piaceva affatto l’idea che Harry si fosse intestardito sulla possibilità di usare la Pozione Polisucco, ma soprattutto non gli andava affatto a genio l’idea che dovesse proprio essere Hermione a prendere il posto di Pansy Parkinson. Non gli piaceva il fatto che dovesse entrare nella Sala Comune di Serpeverde, per di più da sola e con un piano decisamente scadente tra le mani.
Harry fece una pausa prima di rispondere, ponderando bene le parole. D’altronde capiva lo stato d’animo di Ron, e l’espressione che aveva sul viso era più che esaustiva.
“Non le accadrà niente”
“Noi abbiamo avuto problemi, ed eravamo in due”
“Io e te messi insieme non facciamo neanche la metà del cervello di Hermione, lo sai” ribatté Harry sicuro, e Ron si imbronciò, incrociando le braccia.
“Non è questo” rispose serio, sapendo che dopotutto era vero, l’intelligenza di Hermione non era neanche lontanamente paragonabile alla loro. Senza di lei non avrebbero mai protetto la Pietra Filosofale dal Professor Raptor, perché Harry non sarebbe mai riuscito a superare da solo la sciarada di pozioni di Piton; senza di lei non avrebbero mai scoperto che il mostro che girava per il castello al secondo anno era un Basilisco. Al terzo anno era stata lei a risolvere la questione di Sirius con la Giratempo, e al quarto anno era stata lei a insegnare a Harry gli incantesimi necessari a sopravvivere nel labirinto all’ultima prova del Torneo Tremaghi.
Sì, Harry aveva decisamente ragione.
 “Ma è una cosa pericolosa” esitò Ron, torturandosi le dita con le mani, “E anche se non credo che Malfoy sia un Mangiamorte, se i tuoi dubbi si rivelassero esatti? E se scoprisse che la Parkinson non è lei ma Hermione? E cosa faremmo se la Parkinson si presentasse all’improvviso nella Sala dei Serpeverde?”
“Ma non sto dicendo che dobbiamo farlo subito, senza un piano. Escogitiamo qualcosa e giuro, giuro che se Malfoy non ha il Marchio Nero smetterò di rompervi le scatole”
Ron sospirò scuotendo la testa. Harry era testardo, quando si metteva in mente qualcosa nessuno riusciva a smuoverlo. Era stato così quando lo aveva trascinato nella Foresta Proibita nel secondo anno, dove  avevano quasi lasciato le penne  per colpa del ragnetto Aragog, ed era stato lo stesso quando l’anno prima li aveva portati all’Ufficio Misteri nel Ministero della Magia.
Si guardò bene dal farglielo notare perché sapeva quanto ci avesse sofferto, ma quella storia non gli andava affatto bene.
“Dai” cambiò discorso dandogli le spalle, “Andiamo a fare colazione, di sicuro Hermione ci sta aspettando”
Scesero velocemente le scale in silenzio, trovando la Sala Comune completamente vuota; probabilmente si erano recati tutti nella Sala Grande per la colazione.
Attraversarono il buco del ritratto e si unirono allo sciame di studenti che si stava dirigendo in Sala Grande; entrarono e percorsero la strada tra i tavoli e trovarono Hermione seduta, un bicchiere in mano e un librone aperto sul tavolo davanti a lei.
“Buongiorno” sbadigliò Ron sedendosi accanto a lei. Harry si sedette all’altro fianco di Hermione mentre lei alzava gli occhi dal volume e poggiava il calice sul tavolo, sorridendo all’indirizzo di entrambi.
“Buongiorno ragazzi!”
“Cosa leggi?” domandò Harry curioso sporgendosi sul volume, mentre Ron si riempiva il piatto per una perfetta colazione.
Hermione cercò disperatamente di non guardare nella sua direzione, a volte la disgustavano le inesistenti buone maniere di Ron.
“Storia della Magia” disse a Harry. “L’abbiamo alla prima ora, voglio solo leggere qualcosina”
Harry sorrise e annuì con la testa. Hermione era sempre esagerata, leggeva sempre tutti i libri di testo prima dell’inizio dell’anno scolastico, ma in quel frangente la capiva perfettamente. Le lezioni del Professor Rüf erano talmente noiose che neanche lei riusciva a prestare attenzione a lungo, quindi si preparava in anticipo, così anche se avesse perso qualche parola o frase non sarebbe rimasta in alto mare.
Harry sbadigliò, servendosi una porzione di dolce mentre si guardava intorno. Il suo sguardo cadde sulla tavola di Serpeverde, e scorse la testa bionda che era abituato a vedere ogni giorno.
Draco Malfoy era seduto tra Blaise Zabini e Pansy Parkinson e teneva la testa poggiata alla mano, l’espressione corrucciata mentre fissava la sua ciotola intatta di porridge.
Harry sentì di nuovo quella sensazione particolare allo stomaco e il suo sguardo si spostò sull’avambraccio sinistro del suo acerrimo nemico. Niente. Manica della tunica tirata giù fino al polso.
“Senti, Hermione…” si voltò verso l’amica, che nel frattempo aveva riposto il libro nella borsa, e aspettò che lei gli prestasse tutta la sua attenzione prima di proporle qualunque cosa.
“Ho un favore da chiederti…”

*

“Scordatelo” sibilò Hermione richiudendo la cinghia della propria borsa. Afferrò il libro di Storia della Magia e lo poggiò sul banco, gettando un’occhiata al Professor Rüf che fluttuava nella stanza in attesa che anche gli altri studenti facessero lo stesso.
“Ti prego, dobbiamo scoprire cos’ha in mente e solo tu sei in grado di preparare quella pozione!” la implorò Harry in un sussurro, mentre Ron allungava il collo per ascoltare la conversazione dal banco accanto al loro.
Hermione provò un piccolo senso di orgoglio a quell’ultima frase, dopotutto sentirsi dire che era la più brava le era sempre piaciuto, ma non avrebbe ceduto. Per una richiesta del genere, poi!
“Per favore!” Harry la fissò negli occhi, incrociando le mani in segno di preghiera, “L’ho già detto a Ron, se mi sbaglio giuro che smetterò di rompervi con questa storia, ma io devo sapere!”
“Harry, capisci cosa mi stai chiedendo? Dovremmo infrangere di nuovo le regole, rubare gli ingredienti dalla riserva privata di Piton, trovare un posto per fabbricare la Pozione, trovare un modo per tenere la Parkinson lontana dalla Sala Comune di Serpeverde… E spiegami perché proprio lei, poi!”
“Credo che lei e Malfoy stiano insieme” disse Harry riflettendo, cercando di non farsi sentire da Ron. Se avesse saputo che Hermione avrebbe anche dovuto fingere di essere la ragazza di Malfoy, di certo avrebbe fatto di tutto per impedire la riuscita di quel progetto. Dopotutto che Ron fosse cotto di Hermione non era una novità, e Harry sospettava che anche da parte dell’amica ci fosse un qualche sentimento non ben definito, ma che comunque andava oltre il voler bene.
Hermione sgranò gli occhi, voltandosi di nuovo di scatto verso di lui, i capelli mossi e fluenti che ondeggiavano minacciosamente.
E io dovrei fingere di essere la ragazza di Malfoy?!” sibilò, gli occhi fuori dalle orbite. Harry doveva essere impazzito. No, non poteva farlo.
“Ma non devi fare niente! Devi solo… parlare” tentò lui, la stessa espressione innocente sul viso che Ron gli aveva visto quella mattina nel Dormitorio.
“Parlare?! E cosa dovrei dirgli?”
Harry accennò un sorriso. “Non saprei, sei tu quella intelligente, qui”.
Hermione scosse la testa, imbronciata. Non avrebbe ceduto ai complimenti. Quello che le stava chiedendo Harry non solo era pericoloso perché implicava Malfoy, ma perché avrebbe anche potuto rischiare di essere espulsa. E poi l’ultima volta che aveva bevuto la Pozione Polisucco, i risultati erano stati alquanto bizzarri.
“No, Harry. Senza contare che non so per quanto tempo dovrei prendere il suo posto. Non posso mica andare lì, tirargli su la manica per controllare e poi andarmene”
“Potresti cercare di farlo con disinvoltura” disse Harry incerto, accorgendosi che quel discorso non stava prendendo la giusta piega. Hermione non sembrava intenzionata ad aiutarlo, e le sue motivazioni per convincerla stavano lentamente cadendo.
“Certo, con disinvoltura” rispose lei scettica sbuffando, e Ron decise che era arrivato il momento di intervenire. Fortunatamente, pensò Harry, evidentemente non si era accorto del fatto che probabilmente Pansy e Draco avevano una storia e che questo implicasse che Hermione anche l’avesse, seppur per poco.
“Basta Harry, Hermione non vuole, lasciala il pace” disse scocciato, aprendo anche il proprio libro.
Harry si voltò verso di lui e vide di sfuggita il Professor Rüf che aleggiava davanti alla lavagna su cui non avrebbe mai potuto scrivere nulla, e nonostante fossero passati dieci minuti da quando erano entrati in classe, non aveva ancora iniziato la lezione.
“Ma…” cercò di iniziare Harry, disposto a mettere in tavola le sue motivazioni ancora una volta, ma Ron sollevò una mano per farlo stare zitto.
“No, basta. Oltretutto a te non basterebbe che Hermione veda il suo Marchio Nero. Sono sicuro che le chiederesti anche di scoprire cos’ha in mente nell’eventualità – remotissima – che ce l’abbia”.
Hermione annuì, e Harry, risentito, incrociò le braccia.
“Sono sicuro che a quel punto diventerete curiosi come me. Non è una cosa su cui si scherza, se i miei sospetti sono fondati abbiamo un Mangiamorte tra noi, non è cosa da poco. Potrebbe aiutare gli altri adepti di Voldemort a entrare qui, e-”
“Se davvero i Mangiamorte vogliono entrare qui, potrebbero Smaterializzarsi e non mi risulta che l’abbiano mai fatto” ribatté Ron, coinvolgendo subito le proteste di Hermione.
“Non ci si può Materializzare o Smaterializzare nel territorio di Hogwarts, quante volte devo ripetervelo?!” sbottò cercando di mantenere un tono di voce basso, ma comunque minaccioso. Davvero, quand’è che quei due avrebbero letto quel maledetto Storia di Hogwarts?
“A prescindere da questo” rispose Ron agitando la mano, come se quello che Hermione aveva appena detto avesse poca o nessuna importanza – e Hermione lo fulminò con lo sguardo -, “Malfoy ha sedici anni, pensi sul serio che Tu-Sai-Chi gli affiderebbe un qualunque compito? Sotto gli occhi di Silente, poi?”
“Ok, ok! Ho capito” rispose Harry afferrando il proprio libro. “Vorrà dire che cercherò di cavarmela da solo” disse in tono accusatorio senza guardarli, e poté sentire gli sguardi degli amici premere ai lati delle sue orecchie.
Ron sbuffò e si lasciò andare scompostamente sulla sedia, fissando il Professor Rüf che finalmente aveva iniziato a parlare, mentre Hermione continuava a fissare imperterrita Harry.
Dopo qualche secondo, scosse impercettibilmente la testa e concentrò la sua attenzione su quello che aveva iniziato a spiegare il Professore, rendendosi conto poco dopo che erano le stesse identiche cose che aveva letto quella stessa mattina a colazione.

*

Senza neanche rendersene conto, Hermione aveva passato quasi due giorni a riflettere su quanto le aveva detto Harry e su sul piano per scoprire la verità su Draco Malfoy.
L’amico non aveva più menzionato il suo piano, ma l’aveva visto parecchie volte con la testa fra le nuvole o mentre parlottava tra sé e sé per far sì che la sua idea riuscisse.
Nonostante l’insistenza con cui Harry si era imposto con quell’idea, Hermione dovette ammettere che comunque in fin dei conti non aveva tutti i torti. Probabilmente Malfoy non era un Mangiamorte, ma se invece per caso avesse scoperto che aveva davvero il Marchio Nero? Avrebbero dovuto assolutamente dirlo a Silente e all’Ordine, essendo una cosa di estrema importanza.
La cosa che le faceva storcere il naso in tutto quello, oltre alla pericolosità della faccenda, era il dover prendere il posto di Pansy Parkinson in prima persona, ma d’altronde capiva anche lo stato d’animo di Harry, e probabilmente di Ron. Per loro fingere di stare con Malfoy sarebbe stato ancora più tremendo che per lei, essendo due maschi.
Si perse nei suoi pensieri mentre camminava per i corridoi con lo sguardo concentrato, un paio di grandi libri stretti al petto con una mano e la valigetta contenente altri libri nell’altra.
Forse non era una cattiva idea; forse avrebbe anche potuto provare. Dopotutto era di Voldemort che si parlava, e se Malfoy era implicato in qualche modo, andava immediatamente fermato.
Camminando con questi pensieri che le ronzavano in testa, non si rese conto di voltare l’angolo un po’ troppo bruscamente e in un secondo si trovò a terra, la borsa aperta, i libri sparsi ovunque e il sedere dolorante.
“Ahi…” mormorò con un occhio chiuso, massaggiandosi la parte lesa mentre si alzava.
“Guarda dove metti i piedi, Mezzosangue zannuta” si sentì dire da una voce sprezzante e odiosa che purtroppo conosceva fin troppo bene.
Hermione non se ne curò e si chinò a raccogliere i propri libri, rendendosi conto che anche la bottiglietta di inchiostro si era aperta e aveva sparso tutto il suo contenuto a terra.
Imprecando, tirò fuori la bacchetta magica e mormorò Gratta e Netta, ripulendo tutto il pavimento dall’inchiostro nero.
Si rialzò dopo aver sistemato tutto e trovò ancora il suo interlocutore a guardarla.
“Togliti di mezzo” disse Hermione fissando Pansy Parkinson negli occhi, che la fissava con un ghigno divertito sulle labbra.
“Passa da un’altra parte” rispose lei con lo stesso tono di voce usato da Hermione.
“Mi piacerebbe, ma con la tua… mole, occupi tutto il corridoio, non c’è altro spazio per passare”
Pansy divenne di tutti i colori in un istante, gli occhi furenti e le narici dilatate. Frugò freneticamente nelle tasche del mantello e ne estrasse la bacchetta, ma Hermione fu più veloce. Gliela puntò all’altezza dello stomaco, un sorrisetto stampato sul volto. Nonostante avesse mentito sulla stazza di Pansy Parkinson, il suo volto scioccato era la visione più bella che avesse mai avuto davanti agli occhi.
“Calmati, Parkinson. Non mi sembra il caso di fare una scenata qui in corridoio” disse Hermione calma. Le gettò un’ultima occhiata e poi la sorpassò, ridacchiando tra sé.
L’attenzione di Pansy fu attirata dal punto da cui Hermione era appena andata via. Con un solo colpo della bacchetta e un mormorio che somigliava molto a Wingardium Leviosa, sollevò la boccetta di inchiostro che aveva dimenticato a terra e le rovesciò in testa quello che ne era rimasto.
Hermione si bloccò sul posto. Quello era davvero troppo.
La borsa e i libri caddero a terra, così come la boccetta di inchiostro che andò in frantumi, e si avventò sulla la Serpeverde, spingendola nell’intento di farla cadere.
In quel frangente a Hermione venne in mente quando si era azzuffata con Millicent Bulstrode al secondo anno, durante il Club dei Duellanti, e come ne era uscita malconcia a causa della stazza imponente della sua avversaria.
Pansy fece qualche passo indietro barcollando, ma riuscì a mantenersi in piedi. Puntò la bacchetta contro Hermione, controllando con una veloce occhiata che il corridoio fosse completamente vuoto, e mormorò a mezza bocca uno Schiantesimo che Hermione riuscì facilmente a evitare con un Sortilegio Scudo.
La Grifondoro sentiva tutto l’inchiostro appiccicarle i capelli sulla testa, e una rabbia quasi sconosciuta impossessarsi di lei. Odiava quella schifosa Serpeverde, odiava tutti i Serpeverde.
Con un colpo di bacchetta fece sparire la macchia nera dalla propria testa e fissò con disprezzo Pansy Parkinson, che aspettava ancora una sua mossa.
“Cos’hai, Granger, pensi di non essere alla mia altezza?” disse lei, sempre con la bacchetta sollevata. “Guarda, non c’è nessuno, puoi fare quello che vuoi senza che qualcuno ti dica qualcosa. Oppure i Mezzosangue non sanno eseguire neanche gli incantesimi più elementari, essendo esseri inferiori?”
Hermione strinse i pugni e tremò per la rabbia. Odiava quando qualcuno la chiamava Mezzosangue, e soprattutto odiava quando veniva chiamata in quel modo con quella punta di disprezzo nella voce. Era migliore di tante persone – soprattutto di quella schifosa Serpe-, non meritava affatto di essere trattata così.
 Si avvicinò a passo veloce alla ragazza di fronte a lei, viso a viso.
“Non mi abbasserò al tuo livello” disse solo, il cuore che le martellava nel petto.
Gli occhi di Pansy lampeggiarono per un istante, un lungo istante in cui Hermione poté leggervi dentro la parola trionfo scritta a caratteri cubitali.
Digrignò i denti e senza perdere un secondo le afferrò una piccola ciocca di capelli e tirò forte facendola strillare, e il secondo dopo dalla bacchetta di Pansy partì un fascio di luce rossa che colpì Hermione dritta in pieno petto.
La Grifondoro volò a cinque metri di distanza, atterrando con un tonfo sordo poco lontano da dove aveva lasciato cadere i suoi libri prima a terra.
Pansy Parkinson si massaggiò la testa, le lacrime agli occhi e una serie di insulti nascenti sulle labbra, ma una voce la interruppe prima che potesse cominciare la sua tiritera.
“Pansy?”
Draco Malfoy spuntò da dietro l’angolo, trovando la sua ragazza con il viso contorto dalla rabbia e dal dolore e la bacchetta in mano. Seguì con lo sguardo la direzione in cui era puntata e vide un ammasso di abiti e capelli scomposti a terra.
“Granger?” chiese incerto, voltandosi verso la Parkinson che annuì, sempre massaggiandosi la testa.
Hermione gemette e sollevò piano la testa, un rivolo di sangue che le scendeva giù dalla tempia.
Ecco, ora era perfetto. Lei odiava il sangue.
Si mise a sedere, la testa pesante e il corpo dolorante per la caduta.
Non ricordava che gli Schiantesimi fossero così forti, quando li avevano provati nella Stanza delle Necessità l’anno prima nell’ES, era sempre atterrata sui cuscini.
Sollevò lo sguardo – stavolta un po’ spaurito – verso Pansy Parkinson e solo in quel momento notò che qualcun altro aveva assistito alla scena.
Prima ancora di vedere la cravatta verde e oro e il viso di quel Serpeverde, Hermione aveva vivamente sperato che si trattasse di un professore.
Quando si accorse che invece si trattava di Malfoy, trattenne a stento un sbuffo e si aggrappò alla parete per rialzarsi. Non sarebbe mai stata ai piedi di due Serpeverde, soprattutto di quei due in particolare.
Malfoy la fissò inespressivo, poi si voltò verso Pansy e si allargò in un grande sorriso.
“Vedo che sei diventata brava con gli Schiantesimi, Pansy” disse avvicinandosi a lei.
La prese per mano e con lei si incamminò lungo il corridoio, il passo piuttosto veloce per evitare che arrivasse qualcuno e si trovasse di fronte a quella scena scomoda.
Hermione si lasciò andare alle lacrime solo quando si trovò completamente sola. La testa le doleva, il sangue non accennava a fermarsi e l’umiliazione per quella sconfitta le bruciava dentro come l’Ardemonio il Fuoco Maledetto.
Aveva solo cercato di essere corretta, e aveva perso.
Si chinò a raccogliere le sue cose e singhiozzò, aprendo la mano e guardando quello che, nonostante tutto, poteva essere considerato il suo trofeo.
Una ciocca di capelli di Pansy Parkinson.

*

“Non ci credo!” esclamò Ron trangugiando la sesta Cioccorana, seduto sul bordo del letto dell’infermeria.
“Ho parlato con Madama Chips, hai avuto un leggero trauma cranico” disse Harry, accomodandosi sulla sedia accanto al lettino.
Hermione si fece un po’ rossa per l’affermazione di Ron e annuì a quello che le aveva detto Harry.
Si toccò con le dita la fascia che l’infermiera le aveva messo sulla testa e sentì lo stomaco contorcersi dalla rabbia. L’avrebbe fatta pagare a quella Serpe, a qualunque costo.
“Non è colpa mia, Ron” disse Hermione cercando di assumere un tono innocente. “E’ la scala che si è spostata mentre stavo scendendo, e sono caduta. Tutto qui”.
Ron rise forte, come aveva fatto quando Hermione gliel’aveva raccontato la prima volta, e lei si imbronciò sotto lo sguardo poco convinto di Harry.
“Non ti era mai capitato” considerò lui serio incrociando le braccia. Certo, sapeva che anche Hermione avrebbe potuto tranquillamente inciampare come tutti i comuni mortali, ma l’espressione sul volto dell’amica non lo convinceva affatto. In un frangente del genere si sarebbe semplicemente sentita in imbarazzo, invece si vedeva lontano un miglio che era a disagio. Ma un disagio causato da cosa?
“Anche i migliori sbagliano” rispose lei tirando fuori la lingua, facendolo ridacchiare. Ron accennò un sorriso, alzandosi subito quando vide Hermione smettere di ridere con Harry e portarsi una mano alla testa.
“Ehi” disse avvicinandosi. “Tutto bene?”
Hermione arrossì un po’ e annuì con la testa. “Tutto bene, mi fa solo un po’ male la ferita… Madama Chips vuole tenermi qui stanotte per controllare le mie condizioni, anche se non credo sia necessario”
“Se lo dice lei sarà meglio farlo, è il suo lavoro” disse Ron dandole una pacca sulla spalla.
“Allora noi andiamo, ti lasciamo riposare” si intromise Harry alzandosi.
Ron annuì e si allontanò dal letto con un cenno della mano, al quale Hermione rispose con un gran sorriso.
Harry si avvicinò e le accarezzò la spalla, guardandola dolcemente. “Sicura sia tutto a posto?”
“Certo” rispose lei velocemente, forse troppo.
Harry inarcò un sopracciglio, per niente convinto dalla risposta che gli aveva appena dato.
“Sentì, Harry” cambiò discorso Hermione immediatamente, fissando il suo migliore amico negli occhi chiari.
“Quella cosa… la Pozione Polisucco… facciamola” disse seria e cercò di non ridere quando vide gli occhi di Harry allargarsi a dismisura.
“Davvero?” domandò lui, e Hermione fu estremamente sicura che se avesse potuto si sarebbe messo a saltellare per tutta l’Infermeria.
“Certo. Facciamolo”
“Cosa ti ha convinto?” domandò lui critico. Possibile che la sua “visita” in Infermeria avesse a che fare con Pansy Parkinson?
“È che hai ragione, certe cose è meglio saperle che non saperle, in modo da poter agire di conseguenza”
Harry annuì con la testa, felice che finalmente l’amica avesse capito.
“Ora però riposati, ne parliamo quando esci” disse gentilmente, e si allontanò dal letto per poi uscire e richiudersi la porta alle spalle.
Hermione chiuse gli occhi e si lasciò andare a un sospiro di liberazione, felice che i suoi amici avessero creduto alle sue bugie.
Si stese e fissò il soffitto dell’Infermeria, il cuore pesante per quella nuova sfida che aveva appena deciso di accettare.
Ma, dopotutto, non le veniva in mente nessun altro modo per farla pagare a Pansy Parkinson e a Draco Malfoy.
 

 

 

 

 

 

 

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Ecco il secondo capitolo! *-*
Innanzitutto, altrimenti mi scordo °-° ringrazio FedeMorningRock, C a s s i o p e a, Midnight92 e chihuahua per i commenti estremamente graditi! *-* Sono felice che il primo capitolo vi sia piaciuto!
Ringrazio tanto anche chi ha messo la storia nelle Seguite e nelle Storie da Ricordare *-*
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate! ;)
Scappo quindi non mi dilungo troppo nelle note, ma ci rivedremo al prossimo capitolo! (che dovrebbe arrivare il 24 se faccio in tempo a finirlo, perché poi dal’ 25 all’1 settembre sarò in ferie *W*)
Un bacio e grazie per aver letto! <3

tonna

  
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