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Autore: Mari Ace    20/08/2011    0 recensioni
È una fic a tratti, presa da una storia vera. La protagonista sarei io ma ovviamente, è romanzata! Migo cerca di cambiare sè stessa, il suo carattere e cerca anche di spiegarsi ciò che sente. Un giorno incontra un ragazzo che lei definisce odioso e parte insieme a lui di nascosto alla ricerca di un'avventura estrema.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Era seduta sul muretto a destra della strada deserta. Non passava nessuna macchina.
Dondolava le gambe sbuffando sonoramente.
-Questa.. si potrebbe chiamare noia.
Si alzò prendendo la borsa che aveva buttato sull'asfalto poco prima di sedersi.
Il sole cocente le disturbava la vista e decise di schernirsi il viso con un braccio cominciando a camminare lungo il ciglio della strada.
Una macchina rosso fiammante la sfiorò appena accanto sfrecciando come fosse una Ferrari.
-MA GUARDA DOVE VAI!!- urlò toccando il punto della gamba che aveva sfiorato la macchina. Le bruciava ed in più era diventata una chiazza rossa.
-Tsk..- sbuffò ancora una volta chiedendosi se sarebbe mai ritornata a casa.
-Quanto è lunga questa strada?!-
Appena arrivò a casa gettò lo zaino per terra.
La madre si stupì del gesto.
-Tesoro, che è successo?- non arrivò nessuna risposta alle sue orecchie, solo il rumore secco della porta che si chiudeva alle spalle della figlia.
-Uff.. chi ti capisce..-
 
 
Caro Diario,
non ho voglia di scrivere...
 
Stracciò il foglio e lo buttò nel cestino vicino alla scrivania.
-Vaffanculo-
Si alzò dalla sedia ed entrò nel bagno lavandosi il viso. Si guardò allo specchio e decise di tagliarsi i capelli.
Prese le forbici e diede un taglio secco ad ogni ciocca.
Scese le scale e vide il viso sconvolto della sorella.
-Che hai fatto?!-
Sbuffo per l'ennesima volta.
-Non ci vuole la laurea in ingegneria per capire che me li sono tagliati.-
-Però ci vorrebbe per capirti.-
Le lanciò uno sguardo di sfida per poi girarsi ed andarsene salendo di nuovo in camera.
 
Caro Diario,
......
andrò via. Molto lontano da qui.
 
-------
 
Scuola. Il posto più odiato da... tutti!
-Non ho mai conosciuto qualcuno a cui piacesse.- entrò in classe a testa bassa. Un lieve "buongiorno" e si sedette al suo posto.
Si sentiva goffa, di troppo.
Tutti ridevano, tutti scherzavano, si sentiva osservata.
Sentiva tutti gli occhi puntati addosso.
Si chinò sullo zaino anche se non aveva niente da prendere. Era la sua tana, il suo rifugio.
-Perché devono essere tutti così odiosi..-
Nessun amico, neanche finto. Si sentiva in un mondo non suo. Quella classe era una tortura, stare a contatto con gli altri era una tortura!
Preferiva stare da sola, ormai non provava neanche più a fare amicizia.
Si alzò dal suo banco in fretta e furia non appena udì il suono liberatorio della campanella.
-E levati!- disse scontrosa spingendo via un compagno che le intralciava la strada.
-Non vedi che mi blocchi la strada, tappetto?- era la prima volta che disse quello che realmente pensava, ciò che voleva uscire dalle sue labbra con rabbia, accidia.
Proseguì verso l'uscita della scuola e aprì la porta senza curarsi di tenerla aperta.
Arrivò al suo posto preferito.
Si sedette sul muretto intenta a mangiare la merenda che avrebbe dovuto prendere a scuola. Lì non aveva fame. Quel puzzo che si propagava nell'aria non le permetteva di averne, le chiudeva lo stomaco.
Inspirò l'aria pura di quel posto.
Quella strada ormai era chiusa ma si chiedeva come fosse riuscita quella macchina a passare di lì il giorno prima.
-I misteri della vita..- sussurrò dirigendosi verso casa non appena ebbe finito il panino.
-Sono a casa!- gettò lo zaino per terra: il rito di sempre.
 
Caro Diario,
i miei sforzi non sono stati vani. Dirò per sempre addio a quella scuola non appena sarà finita.
 
Non era un diario quello. Solo uno dei tanti quaderni vecchi di scuola che erano rimasti.
Si dondolo sulla sedia da studio. Le piacevano le rotelline, diceva che poteva giocarci quanto voleva, come fosse una giostra.
-È pronta la cena!- l'avviso di sua madre la fece destare dai suoi pensieri. Guardò l'orologio. Era rimasta tutto il pomeriggio a poltrire e scrivere, scrivere, scrivere.
-Arrivo..-
  
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