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Autore: Jack_Chinaski    21/08/2011    1 recensioni
Tempo fa sul mio cammino incontrai un cucciolo di cane ferito...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempo fa sul mio cammino incontrai un cucciolo di cane ferito.
Perdeva sangue a fiotti da una ferita sull’addome, sembrava essere lì da molto e guaiva in un modo silenzioso e disperato.
Troppo tardi per tamponare la ferita, portarlo via da lì rischioso…ero inutile, non potevo aiutarlo.
Presi l’arma da fuoco d’ordinanza che portavo con me e gli sparai un sol colpo in fronte.
A volte, ancora oggi, mi chiedo perché lo feci e l’unica risposta che mi viene è che avrei voluto lo stesso per me.
Quando mi stavo allontanando, sentì un brivido gelato alle mie spalle prendere possesso di ogni centimetro del mio corpo e una tetra ma allo stesso tempo accogliente voce disse:
“Ti ringrazio, quel maledetto cane non si diceva a morire”
Sapevo benissimo chi mi stava parlando, non mi girai nemmeno a controllare che ci fossero vesti neri o una grossa falce alle mie spalle e quando il senso di torpore passò andai via senza mai voltarmi.
Quando fui conto di essere lontano, al sicuro feci per girarmi in un disperato bisogno di sicurezza e mi ritrovai addosso a quella massa di stracci oscuri, con un paio di punti luminosi a posto degli occhi.
Svenni.
Mi svegliai lì, dov’ero andato in stasi e vidi che lei era ancora lì.
“Sono dappertutto, ragazzo mio. Non puoi sfuggirmi”
“Cosa vuoi da me?”
“Non quello che pensi io voglia, volevo soltanto dirti che ora io, la Morte, sono in debito con te”
Non feci nemmeno in tempo a riaprire le palpebre dopo averle sbattute che lei non c’era più.
La Morte era in debito con me, questo mi faceva sentire importante e allo stesso tempo terrorizzato.
Decisi di non pensarci, di rimuovere tutta la faccenda e il tempo passò.
Fino ad oggi, fino ad ora.

“Come va, Joseph?”
Me ne stavo tranquillamente disteso sul divano, a leggere una rivista quando riprovai la vecchia sensazione di quella volta accompagnata da un novizio senso di soffocamento, prima che potessi scattare ero già di nuovo svenuto.
“Sei proprio debole, ragazzo mio”
“Non sono più un ragazzo”
“Oh, si, lo vedo. Hai messo su famiglia, hai una moglie adesso e hai collezionato parecchi anni e morti.
Lo so, io c’ero. Ma per me, che vivo da sempre, rimani sempre un ragazzo”
Non risposi, mi alzai da terra e mi rimisi sul divano.
Il suo ritorno mi aveva portato alla mente tutta la vicenda, mi resi conto di quanti anni erano trascorsi, di quanti errori e gioie avevo vissuto e di quanto mi fossi avvicinato alla fine senza nemmeno accorgermene o poter far più nulla.
Sorrisi, ora sapevo perfettamente come si sentiva il cane quel giorno.
“Cosa posso fare per te?”
“Tu per me? No, no. Non ci siamo”
Posò la grossa falce sul muro e si sedette sul divano vicino a me, appoggiandomi una mano scheletrica sulla gamba.
Sentivo le vene diventare aride e prive di sangue, i muscoli intorpidirsi.
“Il motivo per cui sono qui è fare io, qualcosa, per te”
“Togli quella cazzo di mano!”
“Oh, scusa”
Tolse la mano e sentì un rantolio provenire dal grosso cappuccio, era inquietante ma ancor più inquietante fu il pensiero che doveva essere una risata.
“Come può la Morte aiutare un uomo?”
“In più modi di quelli che credi, ragazzo mio”
Altra pausa, altro silenzio.
“Ami tua moglie?”
Si? No?
Cosa avrei dovuto rispondere?
Non si può spiegare, senza diventare banali e o parlando a frasi fatte, il lento deterioramento di un rapporto fra due persone che si sono amate.
Ogni centimetro del suo corpo così amato, così desiderato era diventato un motivo di fuga, di nausea.
Vedendo diventare vecchio l’altro, ti accorgi di quanto vecchio sia diventato tu.
“Abbastanza”
“Bé, sta per morire. Domani sera per la precisione”
Che fare? Non crederci? Sarebbe ridicolo.
“Questo è il favore che mi fai?”
“Sì, riflettici”
Come sempre scomparve.
Sapevo che mia moglie stava per morire ma quale uso a mio vantaggio potevo fare di quella informazione?
Passai ore a chiedermelo senza trovar la risposta, lo capì soltanto quando torno dalle sue spese e me la ritrovai davanti.
Mi resi conto di come sarebbe sempre rimasta la donna della mia vita, di come alla fine l’amassi e che avrei dovuto vivere ancora un pezzo senza di lei.
Quanti uomini hanno la fortuna di rendersi conto di ciò prima che sia troppo tardi?
Le andai incontro in lacrime e urlandole quasi che l’amavo, l’amavo tanto.
Non capiva, come poteva d’altronde.
Per tutta la notte che seguì riscoprì vecchi torpori a lungo sopiti per stupide beghe, per una tale ignoranza di sé e della persona che si ha accanto.
Tornai ad amare ogni centimetro di quel corpo come fosse la prima volta, con lo stesso desiderio, la stessa trepidante paura che non ci fosse una seconda volta.
Quando l’alba quasi sorgeva, ero esausto e  sentivo il cuore scoppiarmi nel petto.
Lei mi parlava dolcemente, come una volta, e diceva di viaggi, di sogni mai realizzati…starla a sentire era un immenso dolore.
Mi alzai con la scusa di una doccia dalla nostra alcova e mi misi a piangere come un neonato davanti allo specchio del lavandino.
Quanta ingiustizia, quanto dolore.
Senza rendermene conto mi ritrovai ad affannare e stringermi il petto con la mano destra.
Cosa mi succedeva?
“Muori, ragazzo mio”
“Ti sei presa gioco di me, quindi?”
“Un po’, si. Ma non credere di essere stato imbrogliato, ho fatto in modo che tu riscuotessi il tuo favore anche senza volerlo”
“Di cosa parli?! Sto morendo!”
“Muori, si. Ma lei vive”
Era vero.
“Ma non è questo il favore che ti faccio. Guardati allo specchio”
Mi fissai. Sorridevo.
“Muori col sorriso, ragazzo mio”
   
 
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