Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: manzolma    21/08/2011    1 recensioni
Inverno inoltrato, un ragazzo troppo sicuro di sè, una panchina e una stazione...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’assenza di luce

I fiocchi cadevano interrottamente sul paesaggio trasformandolo, togliendogli la mancanza di vita che lo abbracciava da quando il gelo se n’era impossessato.
Certo, il freddo era positivo se si teneva conto che senza di esso non esisterebbe la neve. Un dono del cielo. Esso lava via i peccati della natura, quelli dell’uomo oramai non è più in grado di farlo. Troppo tempo è trascorso, troppo dolore è presente nella sua anima… Vi sono guerre, causate da un odio la cui origine è ormai andata dimenticata.
Questi fiocchi non conoscono l’odio, né il dolore né la lussuria o la gelosia, essi conoscono solo il loro tragitto verso terra. Molti di loro si sciolgono appena sfiorano il suolo, altri invece hanno più fortuna e possono contare sull’aiuto del gelo. Egli avvolge i cristalli, tutti diversi fra loro, e gli immortala e così via dicendo, a poco a poco la montagna, il bosco e il suolo verranno ricoperti dalle soffici piume e finalmente potranno dormire e sognare l’estate.
Tutto è insolitamente silenzioso, nessun rumore echeggia per la foresta. I massicci tronchi dei pini sono nascosti dai lunghi rami divenuti bianchi e assenti, dell’odore di resina.
E in quel bianco silenzio, vi era una stazione ferroviaria. Era piccola e poco importante, lontana dalla città ma adesso quel velo bianco le dava un certo tocco, quasi come un pizzico di magia nel mondo reale. Non vi si perdeva mai nessuno, solo qualche giovane affrontava il tragitto ma non per volontà loro. La scuola gli costringeva…
Per questo dato motivo quel ragazzo, alzatosi troppo tardi in quella  giornata di neve e riflessione, con le cuffie che gli ricoprivano le orecchie, facendo rimbombare i sui timpani con una musica che neanche lui sapeva spiegare il motivo perché gli piacesse… Questo ragazzo si fermò in cima alla scalinata del sottopassaggio con espressione sorpresa. Sull’unica panchina della stazione vi era seduto un vecchio, con tanto di cappello da signore e bastone da passeggio. Il ragazzo rimase lì a fissare quella statua in carne ed ossa finché il brano del suo I-pod non finì con un’ultima nota, il LA se non si sbagliava, e scattò quella successiva. Il suo viso, si trasformò in una smorfia quando riconobbe la canzone: C-Jon – Per te. Egli ricorreva spesso a questo brano per convincere quelle poche ragazze prudenti, che non riusciva a far innamorare al primo appuntamento. Sospirò e si sedette accanto al vecchio, tirò fuori dalla tasca del giaccone il raccogli canzoni e scorse veloce con lo sguardo la playlist. La passò tutta ma non trovò niente che combaciava con il suo umore. Anche se verso gli altri teneva sempre un’immagine perfetta, dentro di sé si sentiva bruciare di rabbia. Di colpo si rivide in camera sua con la sua attuale tipa, o ex-tipa? Dopo che lei gli si era negata con così tanto stile e grazia piantandolo lì, mezzo nudo sul suo letto e se n’era andata, lasciandogli solo il dolce profumo di mandorle dei suoi capelli, lui l’aveva prima richiamata a se quasi disperato e poi maledetta. Ma la rabbia era giunta più tardi mentre si stava lavando i denti, aveva alzato per un momento lo sguardo e aveva visto la sua immagine riflessa nello specchio. Lui stesso si definiva bellissimo: snello con una muscolatura non esagerata ma che faceva risaltare giustamente la sua pelle sempre abbronzata. Ma ecco che la sera prima era salito in lui quel leggero dubbio che pian piano si era intensificato mentre i suoi occhi lo scrutavano. Cos’era cambiato per fargli meritare una simile situazione imbarazzante? E desiderio… Un desiderio che aveva trasformato in rabbia per non accettare la realtà, per non accettare il fatto che lui voleva questa ragazza. Certo anche le altre le aveva desiderate ma mai prima, questo desiderio era stato oscurato dal dubbio. Aveva deciso di andare a farle visita, dopo scuola, per soddisfare il suo desiderio.
Il suo sguardo si perse nel bianco mentre rifletteva su come procedere.
“Stai sbagliando.”
La voce lo fece ritornare nel presente. Scrutò il vecchio. Non si era mosso, aveva le palpebre abbassate sugli occhi e dava l’impressione che stesse dormendo profondamente. Scocciato il giovane tornò hai suoi pensieri. Probabilmente se l’era solo immaginato.
“Stai sbagliando… Non dovresti trattare delle simili creature del cielo così.”
Preso alla sprovvista il ragazzo non poté far meno che stare zitto a fissarlo.
“Sai, le donne non sono da usare e poi da gettare. Maria ha fatto bene…”
Maria? Come faceva a sapere il suo nome? Leggermente irritato ripensò ai suoi pensieri ma era sicuro che il nome della ragazza non l’aveva pronunciato ad alta voce.
Ricompose in fretta la sua immagine e si accese una sigaretta. “Non so di che cosa stai parlando, vecchio.”
“Oh, ne dubito sai?”
Non rispose. Non si sentiva a suo agio seduto lì accanto a quest’uomo visibilmente sicuro di sé. Quel silenzio che era calato lo infastidiva e fu lui stesso a spezzarlo.
“Ma tu chi diavolo sei? Chi ti da il permesso di rivolgermi la parola?” La rabbia dentro di lui esplose, trovò la via d’uscita da quel corpo corroso, attraverso due domande. Domande semplici infondo.
“Che ora è?”
Senza pensarci il ragazzo alzo gli occhi sul grande orologio bianco. “Le dieci e cinque”, gli rispose.
Il vecchio annuì e tornò nel suo letargo. Il giovane avrebbe voluto delle risposte ma gli era chiaro che non le avrebbe ricevute. Lo mandò a quel paese nella sua mente e diresse la sua attenzione sul I-pod nelle sue mani, divenute ormai rosse dal gelo. Si accigliò quando intravide l’ora sul monitor. Le dieci e dieci. Certo, la lancetta era solo poggiata sul numero successivo ma quel numero era troppo perfetto. Dieci e dieci. Pareva un avvertimento silenzioso a qualcosa che doveva avvenire fra pochi minuti. La sua rabbia si trasformò in inquietudine mentre i fiocchi ricadevano sui binari del treno.
Cosa diamine significavano questi due numeri?
“La tua morte…”
Il vecchio si alzò, salutò cordialmente il ragazzo con un cenno di cappello e s’avviò verso il bordo dove solitamente si prende il treno. Come se niente fosse egli saltò nel vuoto e sparì, lasciando dietro di sé un ragazzo oramai lacerato dal terrore. Egli sapeva che sarebbe successo, come lo sapeva solo il cielo. La lancetta dell’orologio bianco scoccò le dieci e dieci, mentre la sigaretta cadeva a terra e si spegneva nel gelo mentre dall’alto cadevano quei candidi fiocchi, innocenti e privi di vita.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: manzolma