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Autore: Earine    24/04/2006    6 recensioni
I pensieri di Sesshomaru dopo un episodio che, forse, l'ha segnato più di quanto lui creda. *Ambientato dopo il n.49 del manga, quindi, per chi seguisse solo l'anime, contiene spoiler!*
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagura, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Breath of Life

Il prato non era cambiato in nulla. Sembrava non conservare affatto il ricordo di ciò che era accaduto lì appena poche ore prima, ma un osservatore attento avrebbe subito potuto notare la screziatura scarlatta che avevano assunto molti fiori e il profumo appena più intenso che si sprigionava da una certa zona.

Le corolle rabbrividirono, sfiorate dalla brezza tiepida e lui fece qualche passo in avanti, fino a ritrovarsi immerso fino alle caviglie in quel mare profumato. Si levò una nuova raffica di poco più forte, che gli fece ondeggiare alcune ciocche argentee e fece volteggiare i petali caduti dagli alberi lì attorno. Fece ancora qualche passo e chiuse gli occhi.

Il punto era quello.

Un vento più deciso gli accarezzò le guance nivee, indugiando sulle labbra e sugli zigomi.

Le lunghe ciglia chiare fremettero, ma gli occhi rimasero chiusi.

Stava cercando di individuare la sua voce, al di sopra del coro dissonante di foglie e steli, quella voce rigida e severa, ora flebile quanto un sussurro.

Doveva parlarle di nuovo, spiegarle che ancora una volta era venuto lì per lei, per quanto potesse risultare difficile crederlo, che l’aveva lasciata andare perché non poteva fare nulla per salvarla, perché neanche Tenseiga... La fronte eburnea si corrugò appena.

Non era da lui.

Nella sua lunga vita di demone aveva sempre guardato alla morte con indifferenza, rispetto, ammirazione, a volte. A volte aveva goduto nel procurarla ai nemici, più spesso se l’era lasciata scivolare alle spalle senza prestarle troppa attenzione. Aveva il potere di fermarla, ma ben raramente l’aveva usato.

C’era stata una sola occasione in cui avrebbe voluto salvare qualcuno e non aveva potuto farlo. L’unica volta che aveva visto la morte come un destino amaro ed ineluttabile, un fermo indesiderato.

In quell’unico momento aveva compreso cosa fosse davvero.

L’identità celata sotto il suo fascino. Qualcosa che andava al di là dei suoi poteri. Sottilmente al di là delle sue certezze.

Incomprensibile, enigmatica, inafferrabile.

Come lei.

Respirò più a fondo e i pensieri si agitarono distrattamente in superficie alla sua mente. Uno strano sorriso beffardo si schiuse tra le sue labbra.

Ricordava perfettamente ogni suo piccolo particolare, ogni dettaglio della sua imperfezione; e, inspiegabilmente, con piacere. Tutte minuzie che riaffioravano grazie a quel sussurro che anche se non si faceva sentire, era sempre lì, accanto a lui.

Ed ora era sul punto di fare una cosa che non aveva mai fatto prima. E che non avrebbe mai pensato di poter fare, un giorno.

Era lì per chiederle scusa, anche se non sapeva come.

Scusa: una parola quasi troppo forte anche per lui, una parola incomprensibile.

Nel breve tempo in cui erano stati insieme gli aveva insegnato cose di cui lui non si era nemmeno reso conto: ad aspettarla, perché sarebbe tornata nei momenti più imprevedibili, nonostante le lunghe assenze. A percepire la sua presenza nell’aria anche attraverso distanze grandissime. Ed ora era lì per dirle che, abituato com’era al tempo infinito della sua vita, non si era accorto di quanto fosse passata alla svelta quella folata di vento.

“Perdonami”

La sensazione di impotenza di fronte a lei era stata sopraffacente. Non sarebbe mai più stato lo stesso, ora. Stando così, immobile ad occhi chiusi con quella luce dorata sul volto, il suo cuore di demone gli fece percepire che qualcosa era cambiato dentro di lui.

Come un unica nota vibrante e armoniosa il vento sussurrò qualcosa al suo orecchio, strappandolo dai suoi pensieri, una parola fatta d’aria che lo colpì quasi fisicamente.

“Grazie...”

Riaprì gli occhi e davanti a lui c’era solo il prato illuminato dai raggi di sole che filtravano fra le foglie, colpendo qualche fiore in particolare, rendendo ancora più evidente la sfumatura rossa attorno alla corolla. Era lo stesso colore dei suoi occhi.


Come sempre, dedicata alla mia fonte di ispirazione, che speriamo non la legga mai.

Grazie a Gaia, e grazie diciemila volte grazie a Stefy! ^ ^ Sei stata insostituibile.

Ed ecco a voi, signori, la versione riveduta e corretta... vi piace? Fatemi sapere!

Intanto ringrazio di cuore tutti coloro che hanno commentato sin qui.

  
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