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Autore: dirtytrenchcoat    22/08/2011    18 recensioni
«Hey… Ce l’ho fatta, Gee, sono qui» sussurrò, fissando la foto. «Ti ho portato anche dei fiori… e un paio di fumetti. Te li ho posati lì, vedi?» Cercò di sorridere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Frerard lives, never dies.'
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Disclaimer: è tutto finto, ovviamente. ò_ò Devo anche specificarlo?

The ghost of you
(I wish I were dead)


Uscirono dal locale un po’ brilli, ridendo come bambini, in quella che sembrava una normale serata fra amici, come tutte le altre.
«Hey, Gee, aspetta almeno finché non ce ne andiamo!» esclamò Ray ridendo più forte e mettendo su una finta faccia schifata quando Gerard strinse Frank fra le braccia e iniziò a baciarlo con passione mentre il più basso faceva letteralmente le fusa.
«Eh, ormai sono persi…» Mikey scosse la testa, a disagio. Era felice che suo fratello avesse finalmente trovato l’amore, così come era felice per il suo amico, insomma, ma non ci aveva ancora fatto l’abitudine. No, nemmeno dopo tutto quel tempo. Era… strano. Strano e assolutamente naturale allo stesso tempo, perché si vedeva che quei due erano fatti per stare insieme. Però rimaneva strano, per Dio!
Gerard si staccò da Frank per respirare – e, cazzo, odiava l’ossigeno – e si voltò verso suo fratello, sorridendo. «Sei solo geloso!»
Ray passò un braccio attorno alle spalle di Mikey e sogghignò, mentre quello continuava a scuotere la testa.
«Diamo un passaggio a Matt, Gerard, va bene?» chiese il bassista, ignorando l’affermazione di suo fratello. «Casa sua è vicino alla nostra e lui è decisamente troppo ubriaco per guidare…» concluse, alzando un sopracciglio.
E infatti Matt era abbracciato ad un lampione e lo stava baciando, ridendo come un ebete.
Gerard, che intanto era tornato alla piacevoleconversazione con le labbra di Frank, si riscosse, leggermente infastidito. «Uhm, no… cioè, non vengo a casa stasera» disse, lanciando un’occhiata eloquente al suo fidanzato che solo Mikey non comprese.
«E dove vai?»
«Cristo santo, Mikes, viene da me!» sbuffò Frank, contrariato da una domanda così stupida che non faceva altro che aumentare il tempo in cui la sua lingua era lontana da quella di Gerard.
«Oh…» Evidentemente nella testa del piccolo Way passarono immagini di ciò che suo fratello e il suo amico avrebbero fatto quella notte, perché arricciò il naso. «Prendo io la macchina, allora?»
Ma Gerard era tornato alla sua occupazione primaria, quindi non rispose.
«Bene, ci vediamo domani, ragazzi. Hey? Hey?! Oh, è inutile!» Ray si diresse sorridendo verso la sua auto, entrò e salutò con la mano gli altri dal finestrino.
«Andiamo anche noi» disse Mikey, sperando che Frank e Gerard lo degnassero di un minimo di attenzione. «Gerard! Sono tuo fratello, Cristo!» urlò, sbattendo i piedi per terra.
Per tutta risposta, il moro miagolò un “mmh”, che irritò Mikey ancora di più.
«Oh, grazie, ignorato da mio fratello e dal mio migliore amico… che vita misera.» Afferrò Matt per un braccio e lo spinse in macchina, sbuffando. Mise in moto e partì, cercando di far stare dritto il batterista che aveva avuto la brillante idea di sdraiarglisi sulle gambe e giocare con la zip della sua felpa.
«Non smetterai mai di irritare Mikey così, vero?» chiese Frank, sorridendo, mentre, per mano, si dirigevano verso la sua auto.
«Uhm, no. È troppo divertente! E tu sei troppo bello» aggiunse, appoggiandosi allo sportello e tirando Frank per la maglietta, ricominciando a baciarlo. Gli passò le mani sulla schiena, sotto la maglietta, mentre il chitarrista gli accarezzava il petto.
«Okay, okay, risparmiamoci per dopo» disse Gerard, e si allontanò nonostante il disappunto di Frank.
«Riesci a guidare, Gee?»
«Sì, sì, non sono ubriaco. Non lo sono più da un pezzo, ormai, grazie a te.» Gerard sorrise e Frank ricambiò, felice.
Partirono alla volta della casa del chitarrista, immaginandosi già una meravigliosa serata.
 
 
Era successo così in fretta che non aveva avuto nemmeno il tempo di urlare, o di pensare.
Un rumore agghiacciante, uno schianto, una luce bianca e il respiro che si mozza nei polmoni; mille e più immagini gli passarono davanti gli occhi, come un film: la sua prima chitarra, i suoi genitori, Gerard, Gerard che gli sorride, Gerard che gli stringe la mano, Gerard che lo bacia sul palco, Gerard che lo bacia in camera, per strada, in macchina, al supermercato, la band, i suoi amici, Gerard che lo spinge sul letto, Gerard che gli chiede aiuto, Gerard che piange, Gerard che lo stringe forte a sé, suo padre che gli dice di essere fiero di lui, il suo primo tatuaggio, Gerard che gli dice di amarlo, Gerard che gli sfila i vestiti, Gerard che canta, Gerard e basta.
L’ultima cosa che percepì fu un corpo sopra di lui.
 
 
Si risvegliò e ci mise un paio di minuti ad aprire gli occhi. Gli faceva male ogni cosa, persino le palpebre.
Si guardò intorno e si rese conto di essere in ospedale. Li aveva sempre odiati, gli ospedali. Quell’odore, quei colori, quei medici che ti sorridono nonostante tutto vada da schifo. Cosa ci faceva lì, comunque?
Strizzò gli occhi e, improvvisamente, gli tornarono in mente tutte le immagini, come un flash. E Gerard. Avevano avuto un incidente? Dov’era Gerard? Come stava?
Un’infermiera entrò nella stanza e, vedendolo sveglio, sorrise e corse a chiamare il dottor Haner, o così gli sembrò di aver capito.
Quello entrò nella stanza con calma. Era un uomo sulla cinquantina che a Frank non ispirava il minimo di fiducia.
«Oh, signor Iero! Sono felice che si sia svegliato» esclamò, sorridendo con la bocca, ma non con gli occhi.
«Cos’è successo? Dov’è Gerard?» chiese Frank, riuscendo miracolosamente a schiudere le labbra.
«Avete avuto un incidente, è un miracolo che lei si sia salvato.»
«Dov’è Gerard?»
Il medico evitò di guardarlo negli occhi. «Gerard suppongo che fosse… il ragazzo che era con lei, giusto?»
Frank non rispose, sentendo l’ansia crescergli sotto lo sterno.
«Lui… lui le ha fatto, diciamo, scudo con il suo corpo, le ha salvato la vita.»
«Dov’è?» chiese il ragazzo, ancora una volta.
Il dottor Haner abbassò lo sguardo. «Mi dispiace.»
Frank sgranò gli occhi, sentendo i polmoni che si contraevano così tanto da non far entrare l’aria. «Cosa significa che le dispiace?» sussurrò con voce tremante.
Haner non rispose, dirigendosi a testa bassa verso la finestra.
Frank ebbe un moto d’ira mai provato prima. «Che cazzo vuol dire che le dispiace?!» urlò, mettendosi a sedere e sentendo le lacrime pungergli gli occhi. Non è possibile. Quando vide che il medico non rispondeva, si alzò in piedi e, barcollando, cercò di raggiungerlo. Si dovette appoggiare al muro a cause delle fitte che gli salivano dai piedi alle cosce.
«Ha dato la vita per lei, signor Iero» disse Haner, voltandosi.
Frank spalancò la bocca in un grido muto. Le gambe gli cedettero e si ritrovò a terra in ginocchio, l’espressione terrorizzata sul viso e le mani che tremavano.
Il dottore e l’infermiera accorsero per tirarlo su, ma lui li scansò, guardandoli con odio.
«Voi… voi dovevate salvarlo…» disse, le lacrime che iniziavano a rigargli le guance.
«Ci abbiamo provato, ma è morto sul colpo, mi dispiac-»
«Non dica che le dispiace!» urlò Frank, piangendo. «A lei non dispiace per un cazzo! Sarei dovuto morire io… dovevo morire io…» Nascose il volto fra le mani e pianse, senza riuscire a respirare. Pianse tutte le sue lacrime, fino a quando i polmoni non gli chiesero pietà.
Alzò lo sguardo e si ritrovò da solo in quella schifo di stanza troppo bianca, in quello schifo di ospedale di quella schifo di città in quello schifo di stato, in quello schifo di mondo. Tutto faceva schifo senza Gerard.
Sarei dovuto morire io. Avrei voluto... che fossi morto io.
 
---
 
Si svegliò urlando, come ogni notte. Sua madre nemmeno accorreva più in camera sua.
L’ennesimo incubo. L’ennesimo incubo in cui afferrava un coltello e pugnalava Gerard, alle spalle, macchiandosi ovunque del suo sangue, e lo lasciava morire, guardandolo accasciarsi ai suoi piedi.
Frank si passò una mano fra i capelli e si asciugò le lacrime. Si alzò, andò alla scrivania, si sedette e si guardò allo specchio. Riusciva quasi a vedere i solchi che tutte quelle lacrime amare, quelle lacrime che non smettevano mai di scendere, gli avevano tracciato sulle guance. Prese una penna e, come ogni notte, ogni mattina, ogni giorno, scrisse a Gerard.
 
Ti uccidevo anche oggi.
Il mio fottuto psicologo dice che faccio questi sogni perché mi sento colpevole della tua morte.
Cristo santo, lo sono. È colpa mia se sei morto. Perché mi hai salvato? Sarei dovuto morire io al posto tuo, Gerard. Io. Perché tu sei la persona più meravigliosa del mondo, io sono solo una merda e sono ancora di meno senza te.
Sempre quel fottutissimo psicologo dice che dovrei smetterla di parlare di te al presente.
Ma sai cosa?
Non ci riesco. È impossibile, Gee. Non posso credere che tu sia morto… non dopo tutti i momenti passati insieme, non dopo averti amato così tanto… e ti amo ancora, ogni giorno più del precedente, te lo giuro, Gerard.
E dovrei cambiare psicologo. Anzi, non vorrei proprio andarci, ma mia mamma ci tiene così tanto e ha pianto ogni volta che ho evitato di andarci, quindi mi tocca, devo farlo per lei. Lei ti piace e anche tu le piaci tanto, non vorresti che la facessi soffrire, lo so.
Mi manchi così tanto che vorrei morire.
Mia mamma dice che sarebbe una stronzata perché tu hai dato la vita per me e sarebbe come far sì che tu sia morto invano.
Io… non lo so. So solo che voglio raggiungerti, voglio stare con te, dovunque tu sia, non mi interessa se staremo in paradiso, all’inferno o chessò dove. Brucerei fra le fiamme per sempre per stringerti la mano di nuovo, Gerard.
Torna da me, ti prego.
 
Posò la testa sulla scrivania e si addormentò, bagnando i fogli con le lacrime.
 
---
 
«Frankie, tesoro?»
«Mh?»
«Vado a trovare la zia, vuoi… vuoi venire con me?»
Frank scosse la testa, continuando a fissare il soffitto.
Linda sospirò, trattenendo le lacrime, uscì e si richiuse la porta alle spalle.
Frank si sdraiò su un fianco e chiuse gli occhi. Gerard era lì, sulle sue palpebre, come sempre. Gli sorrideva mostrando quei suoi piccoli denti bianchi, e Frank sentiva la sua voce nelle orecchie. Sorrise, stringendo il cuscino, e si addormentò di nuovo.
 
 
Ormai non aveva più orari. Dormiva di giorno, di notte, di pomeriggio, senza distinzione. Mangiava raramente quando proprio il suo corpo ne sentiva il bisogno. E scriveva.
Non usciva nemmeno più di casa, ora era lo psicologo a venire da lui. Sua mamma diceva che gli sarebbe servito a riprendersi, ma Frank pensava fossero cazzate. Niente sarebbe riuscito a farlo stare meglio, solo il suicidio, probabilmente.
Si mise a sedere sul letto, era sera e aveva dormito tutto il pomeriggio. Afferrò un foglio e una penna dal comodino.
 
Gerard, perché mi hai lasciato?
Avevi detto che saremmo stati insieme per sempre, me l’avevi giurato, cazzo. Mi avevi detto che mi amavi, che avresti fatto qualsiasi cosa per me, che non volevi vivere un solo giorno della tua vita che non fosse con me e sapevi che volevo lo stesso.
Sei uno stronzo, ecco cosa. Un bugiardo.
Mi hai abbandonato così e sai benissimo che senza di te non vivo.
Vorrei solo che il mio cuore smettesse di battere.
 
Scese in cucina e prese una mela, per poi tornarsene in camera e mangiarne solo un morso.
 
---
 
Dopo due mesi, nulla era migliorato. Anzi, Frank si sentiva sempre peggio.
Mikey era andato a trovarlo più volte. Si erano abbracciati e avevano pianto per ore, insieme. Ma lui sembrava vivere, in fondo, e Frank fu felice di constatarlo. Ovviamente Mikey aveva sofferto per la perdita del fratello, sofferto in modo atroce, ma cercava di rifarsi una vita, cosa che Frank non trovava nemmeno minimamente possibile.
Anche Ray e Matt gli avevano fatto visita. Gli avevano chiesto di uscire da quella camera, di tornare a suonare perché la musica era l’unica cosa che avrebbe potuto farlo stare bene. Ma si sbagliavano, l’unica cosa era Gerard ed era anche quella per cui stava male.
Avrebbe dato ogni singola nota del mondo per riaverlo con sé.
I sogni che faceva di notte erano sempre terrificanti. Uccideva Gerard in ogni modo possibile e immaginabile.
Di giorno, invece, era Frank a morire. Frank moriva e riusciva ad abbracciare Gerard, e vivevano insieme per l’eternità.
Pensava sempre più spesso al suicidio, ma non lo disse mai a nessuno. Solo a Gerard.
 
---
 
Un giorno decise che sarebbe andato a trovarlo al cimitero.
Frank non aveva nemmeno partecipato al funerale, perché sapeva che si sarebbe buttato nella fossa e fatto seppellire lì.
Si mise la camicia preferita di Gerard, si sistemò i capelli, si infilò un paio di jeans scuri e persino una cravatta. Scese le scale, pensando a cosa gli avrebbe detto. Arrivò alla porta d’ingresso, afferrò la maniglia e corse di nuovo in camera sua, per restarci chiuso dentro una settimana.
 
 
 
Ci ho provato di nuovo, oggi.
È la nona volta, Gee. Penso che non ce la farò mai.
Mi preparo, mi vesto bene, come piaceva a te, scendo e non ce la faccio. Non riesco nemmeno ad aprire la porta.
È che… non lo so, non posso sopportare di parlare con della schifo di terra che ti ricopre.
Forse tu vorresti che venissi a trovarti. Così dice anche quello stronzo dello psicologo. Però non ci riesco e mi sento una merda. Cosa devo fare, Gee? Ti prego, aiutami. Sono perso senza di te.
 
Si passò una mano sul viso per asciugare le lacrime e prese un profondo respiro.
 
E mi dispiace per quello che ti ho detto l’altro giorno.
Non sei uno stronzo. E nemmeno un bugiardo.
Scusami.
Sono io ad essere dannatamente idiota.
Mi manchi. Tanto. Ogni giorno di più.
Mi manca la tua risata roca, mi mancano i tuoi capelli scuri e il modo in cui ti scostavi le ciocche dal viso sudato. La tua voce è forse la cosa che mi manca di più. La tua voce mentre cantavi, mentre parlavamo al telefono, mentre sussurravi il mio nome facendo l’amore. Mentre mi dicevi di amarmi, in quei momenti era ancora più bella.
Tu sei così bello, meraviglioso, sei così perfetto, forte, dolce, divertente, così scemo che fai ridere tutto il bar, sei così gentile e premuroso con me, con chiunque, non saresti dovuto morire. Manchi a tutti, sai?
Anche alla gente che ti conosceva appena.
È passato il signore del negozio d’arte, e anche quello della fumetteria. Poi sono passati i commessi del supermercato e Katie, la ragazza della caffetteria. Lei aveva una stratosferica cotta per te, sai? Me l’aveva detto una volta quando ci eravamo incontrati per strada. Però sapeva che eravamo destinati a stare insieme e mi aveva sorriso, dicendomelo.
Gerard, manchi a tutti.
E manchi a me.
Come fa il mondo a continuare a girare senza di te? Come?
No perché il mio non gira più.
Mamma dice che tu vorresti vedermi vivere. Non ci riesco, Gerard, non senza di te, senza i tuoi occhi, senza le tue mani che mi accarezzano la schiena.
Dove sei, Gee?
 
---
 
Una notte, si sentì abbracciare. Percepì delle braccia sopra le sue, delle mani che gli stringevano i polsi dolcemente e un petto appoggiato alla sua schiena, nessun cuore battere. Sentì un sussurro all’orecchio, come un soffio di vento, ma a Frank sembrò la sua voce.
Aprì gli occhi ed era solo, nel letto, nel mondo.
 
 
E capitò ogni sera. Frank ormai era convinto che fosse Gerard ad abbracciarlo. Non ne parlò con nessuno, perché nessuno avrebbe capito.
Quella cosa, comunque, lo rafforzò un po’ e un giorno si ritrovò seduto di fronte alla sua lapide.
 
Gerard Arthur Way
9/4/1977 – 23/5/2002
Cantante, artista, amato figlio, fratello, amico e compagno.

 
«Hey… Ce l’ho fatta, Gee, sono qui» sussurrò, fissando la foto. «Ti ho portato anche dei fiori… e un paio di fumetti. Te li ho posati lì, vedi?» Cercò di sorridere.
Prese un respiro profondo. «Mi manchi» disse, dopo qualche minuto. «Sai che si dice che quando stai per morire ti passano davanti agli occhi tutte le cose più belle della tua vita? A me è successo, mi sei venuto in mente tu. Ma… ma come si sta lì sotto? Sicuramente meglio che qui senza di te. Sarei dovuto morire io al posto tuo, Gerard, io. Tu sei più forte, tu sopravvivresti senza di me… io sto lentamente morendo. Così lentamente che vorrei davvero accelerare la mia morte e, che ne so, ingoiare qualche pasticca di troppo. Però poi penso a mia mamma e a Mikey, che è ancora il mio migliore amico… e a Jamia, che mi telefona tutti i giorni, ma io non le rispondo mai… a Ray, a Matt, ai tuoi genitori che ci tengono tanto a me… » si asciugò una lacrima. «Eppure a volte mi capita di afferrare un coltello e puntarmelo alla gola senza nemmeno rendermene conto. Non me ne accorgo, capisci? Una volta mia mamma mi ha visto… è scoppiata a piangere mi ha abbracciato così forte che faticavo a respirare. Io… non so se sarebbe una buona idea abbandonarla, ma mi manchi così tanto, Gerard, non ce la faccio più.» Si alzò, lasciando ormai scorrere le lacrime liberamente.
«E a cosa cazzo mi è servito venire qui? Tu non mi rispondi, Gerard! Dove cazzo sei?!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. «Io ti amo, Gerard, ti amo, lo capisci?!»
Crollò in ginocchio e poi si sdraiò, battendo i pugni sulla terra e distruggendo tutti i fiori.
 
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Sono passato a trovarti tre volte al cimitero e tu non c’eri.
Non mi hai mai risposto.
Ma sei tu quello che mi abbraccia di notte, vero?
Grazie. È come averti ancora vicino.
Sto venendo da te.
 
Si vestì e uscì di casa, sorridendo.
 
 
«Gerard?»
Allargò le braccia.
Il vento gli accarezzò i capelli e gli sussurrò nelle orecchie. «Gerard.» Sorrise, gli occhi lucidi.
Salì sul parapetto, chiuse gli occhi. Vide Gerard, come quella notte di ormai troppo tempo prima. Continuando a sorridere, si lasciò cadere.


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Ebbene, eccomi qui! D: Non volevo postare nulla prima del quarto capitolo di I'm writing this letter e blablabla, ma Sussana mi ha detto di postarla e l'ho postata. e.e E pure altre amabili persone mi hanno detto di farlo, quindi eccomi qui.
Spero vivamente che nessuno abbia mai scritto una cosa del genere perché ho avuto un lampo di genio e non voglio che sfumiate (?) la mia giuoia. D: Sto straparlando perché muoio di caldo, scusate. Milanodimmerda.
'I wish I were dead' dovevo aggiungerlo per forza. çwwwç Severus, ammmmore mio. *fugge*
*torna* AnyWay, era da trooooppo tempo che non pubblicavo cose deprimenti. Sappiate che ho pianto scrivendola HAHAHAHAHA e niente, odiatemi pure tutti. <3

Love,
Vale
.

PS: HANER EVERYWHERE! D:
   
 
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