Scritta per il It's a looney looney looney contest indetto da En~Dark~Ciel sul forum di EFP.
EDIT 05/09: Si è classificata terza, ma non gasatevi, a partecipare eravamo in tre. xD Comunque il mio bel Premio Fluff è una soddisfazione <3
Autore: Feel Good
Inc (EFP) – FataFaby89 (forum)
Titolo: Stay {500 feet
away}
Pacchetto
Coppia: Pepé le Pew/Penelope Pussycat
Genere: Romantico (ma questa è più
che altro una commedia romantica
^^’)
Kinky Warning: Stalking
Pillola d’ispirazione: finale di
‘Via col vento’
Avvertimenti: Gijinka, One-shot
Note: D’accordo,
sì, dacché ho deciso di umanizzare i personaggi mi sarebbe
piaciuto molto di più contestualizzarli meglio, tant’è vero
che all’inizio avevo progettato una long. Ma ho anche pensato che così
facendo sarei caduta nel banale, nel già sentito... Così ho
tentato di condensare un’ipotetica umanizzazione di Pepé e
Penelope in un unico squarcio di giornata, un solo capitolo, in cui ho inserito
qua e là dei riferimenti ai personaggi originali (la puzza del formaggio francese sta a
simboleggiare la natura di puzzola/moffetta di Pepé; la striscia di vernice bianca citata da
Penelope è simbolo dell’equivoco che fa sì che Pepé
la scambi per una sua simile negli episodi animati; il professor Martian è un’altra figura Looney in quanto
dovrebbe essere la versione terrestre di Marvin il Marziano). Per quanto
riguarda l’IC, tenete presente che la parte iniziale è tutta uno sfogo... Non credo che Penelope
parlerebbe così (se mai potesse parlare!) ma anche lei perderà la
pazienza alle volte, no? Insomma, quando si ha a che fare con uno come Pepé... xD
*Il titolo è
liberamente tratto da un verso della canzone Stalker, Goldfinger.
stay {500 feet away} ~
« Ma chérie, tu sei il mio cielo, il mio sole, la mia
luna, le mie stelle... »
No, non siete capitati in un’ode amorosa di pessima
originalità. Vi trovate soltanto nella storia della mia adolescenza.
Pepé ha la mia età, e non credo che vada
benissimo a scuola, perciò è da escludersi che sia l’alter
ego o la reincarnazione di un qualche famoso poeta. È solo che è francese, e questo gli dà il diritto di
credersi straordinariamente romantico.
Per quanto mi riguarda, l’unica cosa che riesco a pensare della sua
adorata Francia è che il loro formaggio puzza da fare schifo.
Ma adesso voi vi starete chiedendo per quale motivo, se
parlo così di lui, mi stia lasciando rintronare di cretinate sul cosmo e
sull’amore universale. Be’, è il mio compleanno, va bene?
Non posso svignarmela finché non ha finito di « farmi gli auguri
». E poi a volte l’unico modo per farlo sbollire in fretta è
assecondarlo.
Non fraintendetemi, però. Pepé Le Pew (no, giuro
che non sto scherzando) è e resta l’individuo più
appiccicoso e irritante che abbia conosciuto in sedici anni di vita.
La prima volta che l’ho incontrato è stato in
prima liceo... Ma sarebbe meglio dire che lui
ha incontrato me: mi vide in
corridoio mentre imbiancavo gli scaffali del laboratorio di scienze –
avevo aperto un buco nel mio camice con un tipo di acido di cui non oso neppure
ricordare il nome, e il professor Martian aveva pensato bene di affibbiarmi una
punizione che mi avrebbe rovinato l’esistenza – e, non so per quale
assurdo motivo, la vista della vernice bianca su una mensola nera lo
mandò in estasi. Forse per lui significava qualcosa, che ne so. Non
gliel’ho mai chiesto – be’, è difficile chiedergli qualunque
cosa, in effetti, perché per la
maggior parte del tempo non fa che parlare ininterrottamente di quanto ama i
miei occhi e i miei capelli e la mia bocca e il mio sorriso, anche se mi
domando quando accidenti mi abbia vista sorridere in sua presenza.
Da quel giorno me lo sono ritrovato puntualmente ovunque. In
classe, prima delle lezioni, dopo le lezioni, durante le lezioni. In mensa. In palestra. Sul
vialetto di casa mia. In bagno! Una
volta credo che si sia nascosto nel
bidone della spazzatura sotto la finestra della mia stanza, ma può darsi
che gli effluvi amorosi di quella notte fossero solo gli spasmi di un gatto
innamorato.
E a proposito di gatti: non fa che dirmi che adora guardarmi
la mattina quando sbadiglio e mi stiracchio. Ora, voglio dire, un ragazzo
normale non sbava davanti a una ragazza gonfia di sonno, giusto? Ma no,
Pepé si ferma a osservare il modo in cui « il mio corpo si curva e
s’inarca nel rilassamento dei muscoli e i miei movimenti si fanno fluidi
e felini, ascoltando quel mio mormorio soddisfatto che ricorda proprio le fusa
di una gattina ». E mi chiama ‘pussycat’. Penelope Pussycat. Davanti a numerosi testimoni.
Ma dico.
Pepé è uno stalker, punto. Immagino che potrei
pure denunciarlo, ma le conseguenze di un tale gesto mi spaventano: so per
certo che i miei rifiuti lo gasano ancora di più, per cui con ogni
probabilità affronterebbe una querela con un sorriso da albero di Natale
e si limiterebbe a dire « Ma tu devi amarmi davvero beaucoup, ma chérie. » Non ho ancora deciso se odio di più pussycat o ma chérie.
Il fatto è che non conta quante volte io storca il
naso, mi ritragga, gli impedisca di stritolarmi tra le braccia e di baciarmi
– oh, ci ha provato, ovvio che ci ha provato!... Non conta, dicevo,
perché tutte queste belle parole che sto buttando giù al momento
non riesco e non riuscirò mai a dirgliele in faccia. Sono
abominevolmente timida. Scappo, fuggo, ma in silenzio. E lui ci va a nozze
perché « chi tace acconsente ».
Oh, no, stop, fermi! Lo so. Lo so cosa state pensando. Ma
siete del tutto fuori strada.
...
A me non piace Pepé
Le Pew!
Penelope è
arrivata a scrivere fino a qui quando Pepé, evidentemente sazio di
declamare lodi alla sua bellezza celestiale, finalmente nota il disinteresse
con cui accoglie i suoi strampalati auguri di compleanno e inizia a sbirciare
pericolosamente il foglio che lei ha avuto tutto il tempo di ricoprire di frasi
su frasi.
« Che cosa scrivi,
ma chérie? »
Penelope, come da
copione, non risponde. Ma non ha fatto i conti con la curiosità di
Pepé, che in un battito di ciglia le sfila di mano il foglio e inizia a
leggerlo. Inutilmente la ragazza salta su dal banco e tenta di riprenderselo:
lui si tiene fuori dalla sua portata, arriva fino in fondo allo sfogo messo per
iscritto e la sua espressione si acciglia un po’ di più a ogni
rigo.
Alla fine, Pepé
alza lo sguardo con l’aria ferita e contrariata di un cucciolo rifiutato.
« Très bien. Très bien, Penelope. Immagino che tu voglia
mettere ancora alla prova il mio immonso amour
pour toi, ma devo avvertirti che a ogni cosa il y a un limite. Non credere che io resterò per sompre qui
ad aspettare che tu mi confessi di essere désespérément
innamorata di moi... »
« Pepé
» esordisce Penelope, sentendosi avvampare.
« Non, non!
Capisco. Una fanciulla ha bisogno di sapere che il suo innamorato non scesserà
mai di amarla. Mais questo potrebbe
condurti all’infeliscità, ma
chérie, è justo che tu lo sappia... »
« Pepé...
»
« Ecco, ti vedo,
vedo come saremo nous tra alcuni
anni: il tuo orgoglio ti avrà portata lontana da moi, e un jorno mi vedrai in una strada affollata, e ricorderai le
mie parole d’amour con una
fitta di rimpionto, e allora mi
verrai incontro... »
« Pepé...
»
« ... e ti
jetterai ai miei piedi, implorondomi di perdonare la tua sciocca timidezza e
ritrosia, il non avermi permesso di aprire la porte del tuo cuore... »
« Pepé...
»
« E allora io mi
volterò, ti guarderò, e forse un
peu soffrirò nel vederti piangere, mais, ormai stonco, ti dirò: francamonte me ne infischio...
»
« Pepé! »
Pepé la guarda
disorientato. È la prima volta che Penelope alza la voce con lui.
Accigliata, non può fare altro che riprendergli di mano il foglio e
– rossa come il tramonto che lui decanta tanto – impugnare di nuovo
la penna per aggiungere poche parole in fondo alla filippica incompiuta.
Pepé segue il
tutto con lo sguardo, e d’improvviso i suoi occhi grandi e neri
s’illuminano e le guance rosse di Penelope sono coperte dei suoi baci
appassionati.
Non può vederla,
ma stavolta lei sorride davvero.
A me non piace Pepé
Le Pew!
È solo che non potrei vivere senza di lui.