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Autore: DaisyWrite    25/08/2011    1 recensioni
Un giorno incontrai lei, all'impatto misteriosa, fredda, elegante. Poi si dimostrò essere la donna più coraggiosa che avessi mai conosciuto. Lei era la donna che ho amato e che amerò per sempre. Oggi voglio scrivere di lei, e della nostra storia.. ma soprattutto della sua storia,e del suo piccolo segreto, dietro quel fascino si nascondeva una fenice.
Spero che vi fermerete a leggere, e soprattutto spero in un vostro parere! :)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                Non c'è tempo d'interessarsi a tutto.
                                                                                                                                                Ci si può soltanto interessare a ciò che ne vale la pena
                                                                                                                                                                                                                                 - A. Huxley.                                                    







Il mondo in cui io vivo è decisamente superficiale, egoista e materiale. Chi sono io? Aaron Knight, e sono la prova vivente contrariata al mio mondo. Sono abbastanza alto e mi sembra di essere magro, ho i miei muscoli, anche se non son così palesi come i giocatori di rugby, ho i capelli neri e ribelli, e mi ritrovo degli occhi color ghiaccio che preferisco tener nascosti dai ciuffi ribelli. Mi ritengo un bel ragazzo alla fine. Per descrivere la mia vita bastano poche e semplici frasi: Sono circondato da ragazzi viziati che pensano solo a vestirsi alla moda ed essere popolari, e perciò trattano male altri innocenti nati in una famiglia povera!
Anch’io ero uno di quegli sbruffoni lì, solo che poi sono cresciuto e non penso più solo alla popolarità, in poche parole, preferisco stare per fatti miei … vorrei stare per fatti miei, solo che sono circondato anche nella mia stessa casa! Perché? Due parole, mia sorella Jennifer, è l’opposto di me, le piace fare shopping, le piace stare al centro dell’attenzione ed ogni tanto è un’ oca. Certe volte è insopportabile, ma rimane pur sempre la mia sorellina, infondo ci vogliamo bene.
Mi sto facendo una breve rispolverata delle mia vita per prepararmi psicologicamente a quello che mi aspetta varcando il cancello scolastico, distante da me un centimetro. Ecco, sono entrato ed è tutto come sempre. Le cheerleader già con la loro tutina a chiacchierare delle loro avventure amorose estive, i giocatori di football che corrono per i corridoi dandosi pacche sulle spalle, e i soliti sfigati novellini tremanti vicino al loro armadietto. E’ tutto così noioso! Ed ora mi aspetta qualcosa di ancora più noioso, le lezioni. Sembra strano, ma le ore di lezione mi sembrarono molto più rapide, e con mio grande entusiasmo arrivò subito la pausa pranzo. Ogni ragazzo o ragazza della scuola preferiva riposarsi in giardino seduti a terra, a ‘mò di picnik, io invece preferivo rilassarmi sulla mia solita panchina. E’ sempre stata per me una cara vecchia amica, l’unica che mi capisse. Ora, l’unica cosa di cui ho bisogno è rilassarmi e stara ad occhi chiusi, concentrandomi solamente sul fruscio del vento e non del chiacchiericcio dei ragazzi intorno. La cosa strana è che mi risultò subito molto semplice, aprii gli occhi, e intorno a me c’erano solo ragazzi a bocca aperta. Mi voltai verso la fonte di ciò, e stupidamente mi imbambolai pur io. La guardai dal basso verso l’alto, era una creatura splendidamente bella, con un portamento impeccabile e sinuoso, ti dava l’aria di una gazzella. La sua figura snella e alta, accompagnata dai tacchi la rendeva ancora più elegante. Non saprei descrivere tale bellezza. Tutto di lei era perfetto. A partire dai lunghi capelli oro che le danzavano sulle spalle, alle due pietre di smeraldi che aveva al posto degli occhi. Ne avevo viste di belle ragazze, ma lei è tutt’altro. La sua pelle chiara la rendeva ancora più bella. Sembrava infinita la sua traversata nel parco scolastico, appena varcò la soglia dell’edificio, il chiacchiericcio ricominciò, solo io sembravo ancora impegnato a scorgere la figura di questa ragazza misteriosa. Ma ogni pensiero e ragionamento, fu distratto dal suono assordante della campanella, che segnava il continuo delle lezioni. Nemmeno a farlo apposta l’unica persona che incontrai in aula, era la ragazza misteriosa, ed è da dire che da vicino è ancor più bella.
“Fanno sempre così ritardo?” mi chiese con aria spazientita.
“No, di solito sono in anticipo di almeno cinque minuti.” Le risposi. E nel frattempo occupai un altro banco.
“Capisco.” Disse sbuffando, e raccogliendo un ciuffo ribelle dietro l’orecchio. Eh si.. era proprio bella pensai.
“Piacere Aaron Knight” le dissi porgendole la mano. Lei la fissò e poi mi guardò fisso negli occhi, fu un attimo ed io mi sentì perso. E lei distolse subito lo sguardo. Appena capii che non ero gradito, incominciai ad irritarmi.
“E tu sei.. ?” le chiesi.
“Aura Wright, per gli amici A.”
La freddezza nella voce sua mi risultava fastidiosa, ma nel contempo la trovavo bella e accattivante. Mantenni comunque la calma, perché volevo sapere di più di lei.
“Allora, A, da dove vieni?”
“Chi ti ha detto che sono tua amica?”
“Chi ti ha detto che ti considero mia amica?”
“Lo sai che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda?”
“Hai fatto lo stesso anche tu, quindi direi che siamo pari” le dissi sorridendo, un sorriso che lei, con mio grande stupore ricambiò.
Per un attimo, e per mio grande sbaglio,mi ritrovai di nuove immerso in quelle due pietre. E ripresi quello stato di trans.
“Non ho mai avuto un posto fisso in cui vivere, ho sempre viaggiato.” Mi disse, portandosi la solita fastidiosa ciocca di capelli, bionda, dietro l’ orecchio.
“Cos- Cosa..?” chiesi senza capire cosa succedeva intorno.
“Ti ho risposto alla domanda di prima.”
“Giusto.”
“Quindi non mi consideri, amica?” mi disse alzando un sopracciglio e rendendosi ancora più bella.
“Ti risponderò più tardi.” Dissi.
Prima di perdermi di nuovo in quel suo sguardo, cambiai discorso.
“Ma il professore e gli altri dove sono andati a finire? Mezz’ora di ritardo non lo vedo normale.” Dissi preoccupato guardandomi intorno.
“Non so che dirti. Andiamo a controllare.” Mi disse alzandosi, e quindi mostrando la sua splendida figura. Mi voleva far proprio morire.
“Sei molto bella.” Le dissi incontrollatamente, e maledicendomi per questo.
“Lo so” mi rispose lei con sicurezza, e sorpassandomi per poi avviarsi verso la porta. Rimasi ancora fermo con un sorriso stampato in faccia, sembravo un idiota, ma ero rimato stupito dalla sua risposta. I miei pensieri si bloccarono di impatto per via della sua voce che mi richiamava.
“Ehi, vuoi rimanere ancora qui imbambolato oppure vuoi scoprire perché tutte le aule sono vuote?” mi disse con una punta di ironia.
“Cosa?! E’ impossibile!” contestai io. Com’era possibile che le classi erano vuote, non era programmata nessun assemblea o partita per oggi, infondo era solo il primo giorno di scuola.
“Vieni  a vedere tu stesso, se vuoi.”
Mi avvicinai a lei per uscire fuori, in silenzio. Era vero non c’era proprio nessuno.
“Mi credi ora?” mi disse con quell’aria da “Ehi io sempre ragione” snervante.
“Senti, sono solo preoccupato perché a parte me e te tutto il resto della scuola è scomparso e quindi anche mia sorella!” le dissi tutto d’un fiato, nervoso.
“Scusa- mi disse, e poi continuò- Beh, andiamo a cercare meglio.”
Feci un cenno col capo di assenso, e ci incamminammo per i corridoi deserti. Niente, non c’era traccia di nessuno. L’unico posto in cui non avevamo controllato, era la palestra. Entrammo piano, piano, fin quando non vidi tutti con facce sbiancate,dalla paura immagino, e con le mani legate dietro la schiena. Entrando io e Aura facemmo scricchiolare la porta, così portando tutti a voltarsi verso di noi. Mi girai verso Aura, che era troppo impegnata a incenerire una persona con la sguardo, mi voltai e vidi l’uomo che fronteggiava il suo  sguardo con quello di Aura. Quest’uomo era alto e muscoloso, portava una giacca di pelle nera, e una canotta bianca, era proprio bello, ma si vedeva che non era un ragazzo della nostra età, 28 anni li teneva. Ma la cosa che mi stupisce di più, è lo sguardo di Aura, emanava rabbia da tutti i pori, ma fui distratto subito dalla figura al fianco del misterioso uomo, era mia sorella. Aveva le braccia legate dietro, e aveva uno scotch sulle labbra, piangeva fino allo sfinimento cercava di parlare ma non ci riusciva, e quindi si udivano solo gemiti.
“Lasciala andare, stronzo” dissi all’uomo con tutta la rabbia che avevo in corpo
“Oh, capisco. Beh, non voglio, è molto carina, quindi credo che la porterò con me” mi disse l’uomo con nonchalance, sghignazzando sotto i baffi. Dalla troppa rabbia, corsi  verso di lui e gli diedi un pugno, con tutta la forza che disponevo, ma sembrava non averlo proprio sfiorato, sembrava un pezzo di ferro e in più tra i due ero io quello che ci aveva rimesso.
“NOO!” urlò Aura. Mi girai verso di lei con aria interrogativa, non riuscivo a capire il perché di quell’urlo, quando una voce agghiacciante dietro incominciò a parlare.
“Hai sbagliato a darmi questo pugno. Hai proprio sbagliato.” Mi disse sottolineando l’ultima parola.
“Non fargli del male perché se no te la vedrai con me.” Disse Aura, con un ghigno, all’uomo misterioso, non capivo come lei con quella minaccia cercasse di far paura a quest’uomo sconosciuto, per me.
“Io?! No, non voglio fargli niente di male. Avevo intenzione di una cosa un po’ più interiore.” E così dicendo, un dolore lancinante mi attraversò la testa, è come se mi andasse in fiamme, incominciai ad urlare, come se fosse l’unica cosa sensata in quel momento. Mi piegai a terra, ma il dolore non terminò, continuò ininterrottamente, e ad un certo punto, credo, che aumentò. Tenevo gli occhi chiusi, quasi per la paura che qualcuno mi potesse accecare. Ogni mio movimento, ogni mia sensazione, sembrava comandarsi da sé.
Fermati!” ordinò Aura con fermezza, all’uomo. “Ho detto di fermarti!” e così fu. Il dolore finì, però dettato dalle poche forze, mi accasciai a terra. Non persi i sensi mi accasciai solamente a terra. La mia testa ormai era fusa, non riuscivo a pensare e nemmeno ad esprimere i miei sentimenti, non capivo se avevo paura, non sentivo più nulla, manco la minima sensazione.
“Ora mi hai fatto, incazzare” disse Aura.
  
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