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Autore: Hishino and Olorin    25/08/2011    0 recensioni
Quando Katia comunica a Emma che dal giorno seguente non avrebbe più condiviso l'appartamento con lei per andare a convivere con il grande amore della sua vita, per la nostra protagonista è l'ennesima mazzata dopo una giornata di catastrofi continue...il pc rotto e l'ennesimo litigio con il proprio ragazzo. Ma quando le speranze di trovare una nuova coinquilina sembrano vane...ecco che appare Elias: nipote dell'anziana proprietaria dell'appartamento in cui Emma vive.
Bellissimo ma altrettanto odioso, Elis stravolgerà tutta la vita della ragazza, a volte trasformandola nel paradiso terreste altre volte rendendogliela un vero e proprio inferno!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I

 
 
 
 

On the first page of our story, the future seems so bright.
Then this thing turned out so evil, I don’t know why I’m still surprised.
Even angels have their wicked schemes and you take that to new extremes.
But you’ll always be my hero, even though you’ve lost your mind.

[…]

 
 
 
 
Chissà perché quando sono giù di morale, l’unica cosa che sono capace di fare è rimanere sdraiata sul letto ad ascoltare musica triste. Non riesco proprio a farne a meno. Tradimenti, amori finiti, cuori infranti, melodie malinconiche di pianoforte; questi sono i miei unici compagni nei momenti più bui.
È una cosa che ancora non riesco a capire; più sono depressa e più faccio di tutto per deprimermi. Probabilmente devo essere portatrice inconsapevole dal gene del masochismo.
Chissà se è un mio difetto o se capita un po’ a tutti…

 
 

[…]
Just gonna stand there and watch me burn,
But that’s all right because I like the way it hurts.
Just gonna stand there and hear me cry,
But that’s all right because I love the way you lie,

I love the way you lie.
I love the way you lie.

[…]

[Love the Way You Lie. Pt. 2 – Eminem & Rihanna]

 
 
A una settimana da quell’indimenticabile e orribile lunedì, mi ritrovavo a vivere da sola nel mio bilocale milanese.
Katia, nel giro di pochi giorni, aveva tolto tutto ciò che di suo c’era in questa casa per trasferirlo nella sua nuova abitazione e nella sua nuova vita.
Mi aveva proposto di rimandare di un po’ il suo trasloco, per aiutarmi a cercare una nuova coinquilina; ma io mi ero rifiutata. Quello era un problema mio, non suo; lei adesso doveva pensare solo a godersi la sua nuova vita da fidanzatina convivente. E io…beh io dovevo semplicemente ricominciare tutto da capo. Cosa c’era di più semplice?
“Se qualcosa può andar male, lo farà. ”
Chi è che lo diceva? Probabilmente era la legge di Murphy. Beh chiunque fosse stato; mai come in quel periodo sentivo quel pensiero così vicino a me.
Non avevo passato l’esame di spagnolo; quel dannato esame per cui era successo tutto quel casino. Non avevo ricevuto nessuna chiamata da qualche candidata che volesse dividere l’appartamento con me. Certo, me lo sarei dovuta aspettare visto che eravamo in Aprile e i corsi erano già iniziati da un bel po’; tutti quelli che cercavano un posto dove stare si erano già belli che sistemati. Dovevo aspettarmelo, ma chissà per quale motivo continuavo a sperare in un briciolo di fortuna. La pazienza è la virtù dei forti.
Forse avrei potuto estendere il volantino anche agli esseri di sesso maschile ma l’idea non mi piaceva per niente! Dover stare in casa con uno che manco conoscevo non era certa un’ idea delle più allettanti. Se avesse cominciato a far venire i suoi amici nell’appartamento e avessero iniziato a fare feste e bere come delle spugne per finire col combinare qualche casino? Nono, era decisamente una opzione fuori discussione. Finché fossi vissuta tra quelle quattro mura; non ci sarebbe stata la possibilità per un uomo di rimanere in quella casa per più di 24 ore.
E poi, chissà cosa avrebbero potuto dire i vicini. Una ragazza e un ragazzo che manco si conoscono e che convivono sotto lo stesso tetto. Sarebbe stato alquanto sospetto.
Non avevo mai ricevuto lamentele di alcun genere in due anni che vivevo lì; anzi ero piuttosto ben vista e apprezzata da tutti i condomini di quella palazzina. Tutta gente anziana e tranquilla. Gentili e sempre contenti di scambiare quattro chiacchere con me quando li incontravo lungo le scale o in portineria. E io volevo che le cose rimanessero così com’erano.
Infine dovevo anche considerare il fattore Mattia…chissà come sarebbe stato felice di sapere che la sua fidanzata si era messa a convivere con un uomo che manco conosceva. Come minimo mi avrebbe fatto una scenata di gelosia atroce.

 
 

I am outside
And I've been waiting for the sun
With my wide eyes
I've seen worlds that don't belong
My mouth is dry with words I cannot verbalize
Tell me why we live like this

Keep me safe inside
Your arms like towers
Tower over me

[…]

 
 
Mattia…
 
 
 

 […]
Cause we are broken
What must we do to restore
Our innocence
And oh, the promise we adored
Give us life again cause we just wanna be whole

[…]

[We Are Broken – Paramore]

 
 
Chissà se potevo ancora considerarmi la sua fidanzata. Da quell’ultima litigata, non si era fatto più sentire per giorni.
Avevo soffocato in tutti i modi il mio desiderio di sentirlo e chiedergli scusa, di correre a casa sua e implorare perdono per come mi ero comportata. Perché per quanto mi ferisse volta dopo volta, io continuavo a sentire il bisogno di lui, di averlo accanto. Si…ero decisamente masochista.
Quando ormai mi stavo rassegnando all’idea che la nostra storia questa volta fosse finita per sempre, il mio telefono squillò. Il suo nome apparve sul display.
Entrai letteralmente in panico. Cosa avrei dovuto fare? Rispondere o lasciarlo squillare? Cosa mi sarei dovuta aspettare se avessi risposto?
Dopo qualche secondo di indecisione, optai per una via di mezzo. Lasciai che squillasse per dieci secondi e poi risposi.
“Pronto”
“Ciao”
La sua voce era un sussurro rauco e quasi impercettibile. Tipico di quando era arrabbiato o triste.
“Ciao”
Cercai di mantenere un tono neutro. Non dovevo far trapelare in alcun modo la bufera di emozioni che stava prendendo possesso del mio corpo. Agitazione, sollievo, desiderio di sbattergli la cornetta in faccia e dall’altro lato di chiedergli scusa per come l’avevo trattato. Paura; tantissima paura di sentirmi dire ciò che manco io sapevo se volessi o no.
“Disturbo?”
“No no, non stavo facendo niente.”
“Ok”
Silenzio. Quel silenzio imbarazzante che toglie qualsiasi coraggio di dire qualcosa.
Sentii il suo respiro dall’altro lato del ricevitore e desiderai averlo di fronte per poterci parlare a quattrocchi. Odiavo fare discorsi importanti al telefono.
 Decisi che fosse il caso di rompere un po’ il ghiaccio.
“Come stai?” chiesi con nonchalance.
“Insomma… si tira avanti come si può”
Quella era la sua tipica risposta dopo una litigata ed era sinonimo di “mi hai fatto soffrire e io te lo stò rinfacciando”.
Iniziai a innervosirmi. Non ero certo io quella che aveva iniziato a insultare a gratis e detto che mi vergognavo di lui.
Di nuovo silenzio.
“E tu?” chiese alla fine lui.
“Io male…è un periodo un po’ sfortunato; me ne sono capitate di tutti i colori una dietro l’altra” sincera e spietata. Chissà se ero riuscita a colpire nel segno.
“Mi spiace”
“Katia se n’è andata”
“Assi? Come mai?” Il suo tono di voce era piatto. Me lo aveva chiesto più per non far morire la conversazione che per vero interesse.
“Va a convivere con il suo ragazzo”
“Oh, bene…buon per lei”
“Già” 
Mattia si prese una pausa.
 “Quindi adesso sei da sola”
“Si”
“Capisco”
Chissà cosa pensava in quel momento quella ghianda che aveva per cervello…Perché non mi diceva pe cui mi aveva chiamato? Cosa stava aspettando?
Ero troppo curiosa.
“Senti…” esitai a finire la frase, sentivo l’agitazione e la paura aumentare.
“Dimmi”
Trattenni il respiro e parlai tutto d’un fiato: “Come mai mi hai chiamata?”
Che domanda stupida! Non potevo trovare un modo migliore per dirlo? Così sembrava che mi desse quasi fastidio averlo sentito.
“volevo parlarti di lunedì scorso”
Ebbi un tuffo al cuore.
“Dimmi” la mia voce era diventata un sussurro.
“Ecco…mi spiace per quello che è successo, io non volevo dirti che mi vergogno di te”
Ma l’hai detto…
Rimasi zitta, non volevo dargli in alcun modo appigli.
“è stato un momento così; ero un po’ sulle mie perché non ti vedevo arrivare…e avevo poco tempo prima di ricominciare le lezioni”
Come volevasi dimostrare…la colpa è sempre mia…
“Ma ti ho spiegato perché ero in ritardo” sottolineai prima che dicesse che manco quello avevo fatto.
“Si, lo so ma mi ero preoccupato e ho perso la testa”
Che bel modo che hai di dimostrare la preoccupazione tu…aggredendo le persone…
“Capito” che altro avrei potuto dire? Non mi veniva in mente niente.
“Mi chiedevo se potessimo fare pace, io ti amo Emma e ci tengo a te e alla nostra storia…ti prego di perdonarmi”
Che cosa dovevo fare? Cosa dovevo dire? Il mio cuore mi implorava di perdonarlo, di correre da lui e baciarlo fino a non respirare più; mentre la mia mente mi imponeva di porre fine a quella storia che a stento continuava a sopravvivere, ormai da anni e che mi stavo trascinando dietro da troppo tempo ormai. Non era l’uomo adatto a me. Io meritavo di più, io avevo bisogno di altro. Avevo bisogno di uno che sapesse farmi ridere, e non uno che manco era in grado di capire se si stesse scherzando o no e che mette il muso per ogni cosa che viene detta . Avevo bisogno di uno che mi facesse sentire speciale sempre e non solo quando non c’erano gli amici a fargli compagnia. Uno che mi mettesse un po’ di pepe nella vita e che non passasse la sua vita in casa a poltrire o fare il piccolo chimico; la cui massima aspirazione è quella di sposarsi e mettere su una famiglia-tribù ingravidando la moglie e costringendola a sfornare una decina di pargoli urlanti e lagnosi.
Insomma, era veramente questa la vita che volevo fare? Ero davvero disposta a rinunciare a tutto ciò che ero; a tutto ciò che amavo per stare con un uomo immaturo e che probabilmente era diretto discendente di un’ ameba?
Io che adoravo viaggiare; che adoravo leggere e fantasticare, dipingere e scrivere. Io che amavo la natura e gli animali.
Sarei mai stata in grado di annientare me stessa a tal punto senza pentirmene poi un giorno?
No. Non ero disposta a privarmi di tutto ciò che ero, per amore.

 
 

[...]
io me ne andrei

 
 
“Senti Mattia, io credo di aver bisogno di un po’ di tempo…si, ecco…ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere”.
L’avevo detto. Non ci potevo credere! Ero riuscita a prendere le distanze finalmente. Non che fosse una separazione vera e propria; ma per lo meno un po’ di spazio per me ero finalmente riuscita a ricavarmelo.
“Ma Emma, io ti ho chiesto scusa!”

 

(riproviamo un'altra volta
non è detto e poi non si sa mai)

 
 
La sua protesta non mi fece alcun effetto, non provai pietà e compassione come le volte passate. Non mi pentì di ciò che avevo detto. Per la prima volta dopo quattro anni ero riuscita a mettere a tacere il mio cuore.
“Lo so Mat; ma questa volta non mi basta! Questa volta ho bisogno di avere un pò di tempo per me, per riflettere, per capire ciò che voglio. Cerca di capire. Non ti stò lasciando, non fraintendere; è solo una pausa di riflessione. Dobbiamo capire entrambi cosa vogliamo dall’altro e se siamo disposti a dare ciò che ci chiediamo a vicenda.”

 
 

io me ne andrei
[…]

 
 
“Ma io so già cosa voglio! Io voglio te!” Era quasi un piagnucolo il suo.
“Va bene, ma non penso tu sia disposto ad accettarmi così come sono. Tu vuoi una me modificata alla tua maniera”
“Non è vero, come puoi dire questo?”
“Perché continuiamo a litigare secondo te? Perché non ci accettiamo per come siamo fatti”
“Tutte le coppie litigano, sarebbe impossibile non litigare mai”

 
 

(cominciamo dal principio
tutto quanto vuoi)

 

 
 
Si stava arrampicando sugli specchi, riuscivo a sentire lo stridio delle unghie che scivolavano sul vetro.
“Ho bisogno di una pausa Mattia, non ti chiedo altro”
Silenzio. Silenzio misto a singhiozzi.
Non mi sarei fatta impietosire dalle sue lacrime. Non questa volta.

 

io me ne andrei
[…]

 
“Non mi ami più, vero?”
Questa volta fui io che mi presi una pausa di qualche secondo.
Era giunto il momento di dire la verità. Quella verità che avevo tenuto nascosto sia a lui che a me stessa.
“Non lo so…sinceramente non lo so. Provo qualcosa per te Mattia, ma temo non sia amore”
Sono sicura che, in quel momento, entrambi i nostri cuori, per un attimo, smisero di battere.
“Ok, ho capito…mi faccio da parte. Quando avrai capito ciò che vuoi, fammi sapere. Ciao”
Chiuse la chiamata senza neanche lasciarmi il tempo di salutarlo.
Certo, non potevo biasimarlo; aveva chiamato sperando in un happy ending e invece si era rivelato tutto il contrario.
La sua reazione era più che comprensibile. Eppure non provavo nessun rimorso.
Appoggiai il cellulare sul comodino accanto al letto su cui ero sdraiata. Mi sentivo stravolta e a pezzi.
Questo era un altro orribile lunedì da dimenticare il prima possibile.
Presi l’ipod che avevo abbandonato sul letto e lo riaccesi; sentivo il bisogno di lasciarmi soffocare dalla tristezza, dai ricordi della mia prima e unica storia d’amore.

 

io me ne andrei
lo faccio sai
lo faccio sai
vedrai vedrai
ma tu che vuoi
dicendo e noi
che importa noi...

[…]
no, io non parlo più...
tu, resta a dormire tu...
io, io sto affondando giù da solo...

[Io me ne andrei – Claudio Baglioni]

 
 
 
 
Il suono del campanello mi destò dai miei pensieri.
Mi alzai a sedere e guardai la sveglia. Dieci e venti di sera. Avevo buttato via un’altra giornata piangendomi addosso. Ero riuscita a raggiungere il mio record personale: una settimana intera.
“Complimenti Emma” mi dissi autocompatendomi.
Il campanello suonò con più insistenza.
Chi caspita poteva essere a quell’ora di sera? Di certo nessuno del condominio visto che a quell’ora tutti erano a dormire già da un bel pezzo e io non avevo fatto niente per disturbare il loro riposo. La radio era spenta; non mi ero messa a fare la doccia a orari improponibili e neanche a cucinare topi morti infestando tutto il condominio con effluvi maleodoranti.
Non avevo mai ricevuto visite a quell’ora di notte e, certo, non aspettavo qualcuno.
Tempo che trovai le pantofole e mi trascinai verso la porta d’ingresso; chiunque fosse fuori si attaccò al campanello facendolo squillare ininterrottamente. Che nervi.
“Elias smettila!” disse una voce femminile da fuori.
Era la voce della signora Ferranti; la proprietaria dell’appartamento in cui abitavo. Ma che ci faceva alzata a quell’ora di notte? E chi caspita era questo Elias?
“Ma nonna, questa qui è sorda! È da cinque minuti che siamo qui fuori!!”
Sorda?! Ma come si permetteva questo qui? Manco mi conosceva e si permetteva di darmi della sorda solo perché non ero corsa subito ad aprire. Non sapevo manco chi fosse questo Elias ma già mi stava antipatico.
Girai la chiave nella toppa e spalancai violentemente la porta.



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Eccomi qui! Scusate l'attesa ma ero in vacanza e non ho avuto molto tempo per scrivere!
Ovviamente vi riscrivo i soliti avvisi, segnalazioni di eventuali errori o discordanze verbali!
Grazie mille della pazienza e grazie mille per aver letto e commentato!
Un bacione
Anna
  
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