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Autore: Franky91    26/08/2011    6 recensioni
ikuto è partito quattro anni prima e dopo sei mesi non si sono più avute notizie sue. amu per la sensazione di averlo perso per sempre cade in depressione... ma inaspettatamente....
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno inaspettato



Amu e i suoi amici sono cresciuti: sono passati otto anni da quando Amu è entrata nel mondo degli shugo chara e ha conosciuto i guardiani.

Adesso a venti anni si ritrova con gli amici che formano delle bellissime coppie, ma lei si sente sola.

Tadase finalmente ha capito che il cuore di Amu è anni che appartiene a qualcuno, quello stesso qualcuno di cui la ragazza non ha notizie da anni e che non riesce a dimenticare.

Il biondo ha compreso che il sentimento che prova per Amu è solo amicizia e si è accorto che prova un sentimento molto più profondo per Yaya, l’eterna bambina anche a 19 anni.

Nagihiko, dopo mesi e mesi di arrovellarsi il cervello, finalmente si è dichiarato ad una imbarazzatissima Rima. Da quando ha trovato il coraggio per esprimerle i suoi sentimenti, Nagihiko ha chiesto a Rima di essere la sua ragazza.

Kukai invece rimane il solito, sempre a sfidarsi con Utau. Sono diventati davvero inseparabili, anche se ogni tanto capitano in situazioni imbarazzati; litigano come non mai però alla fine ridono felici.

Amu, lei non riesce ad essere felice, le manca una parte di sé, quella stessa parte che è sparita nel nulla quattro anni prima. Con un misero saluto in aeroporto e una singola lettera.

Quella sera aveva convinto gli amici a passare una serata al lunapark; quello stesso lunapark abbandonato dove l’aveva portata Ikuto otto anni prima. I ragazzi si stavano divertendo come pazzi, chi litigava, chi si guardava romanticamente e chi giocava e correva da una giostra all’altra.

Amu era seduta sulla panchina di fronte la giostra con le tazze girevoli, un posto intriso di ricordi che in quel preciso istante la facevano soffrire.

Voleva restare sola con i suoi pensieri, perciò aveva convinto i suoi quattro shugo chara: Ran, Miki, Dia e Suu, ad andare a giocare con i loro amici shugo chara.

Rimase parecchi minuti a fissare quella splendida tazzina rosa che girava davanti a lei, ricordando perfettamente ogni parola che Ikuto le aveva detto, costretto a sedere lì dentro; una lacrima scese sulla sua guancia. Il senso di perdita era devastante, però in quel momento ripensò a quando lui si era nascosto nella sua stanza e dopo la dichiarazione di Tadase, lui quella stessa notte le aveva confessato di essere innamorato di lei.

‘ Come ho fatto a non crederci? Era serio in quel momento, ed io sono riuscita a prenderlo in giro. Se potessi ritornare al giorno della sua partenza, non lo avrei lasciato andare via così, non dopo che mi aveva  ripetuto che mi amava.’.

Amu era sconfortata, i primi periodi della sua assenza, le sue notizie le arrivavano da Utau, con la quale aveva instaurato una bellissima amicizia. Poi anche a lei le notizie di suo fratello cominciarono a mancare. Ikuto non chiamava mai, non scriveva più, era come se fosse scomparso nel nulla. Solo una volta aveva chiamato Amu, tre anni e mezzo prima. Poi più nulla.

Amu non riusciva più a trattenere le lacrime, ma tra i singhiozzi una sola frase uscì dalle sue labbra, portata via dal vento: “Ikuto, dove sei”.

 

 

Da qualche parte, sempre a Tokyo; Ikuto era tornato nella sua città di origine, dopo anni di assenza. Camminava per le strade con il suo violino sulla spalla e Yoru che gli volteggiava a fianco.

“ikuto ma Amu dove pensi che possa essere?”, gli disse il suo shugo chara.

Ikuto era tornato da un paio d’ore e quando era sceso dall’aereo il suo unico pensiero era trovare Amu.

Aveva affittato un appartamento e ci era passato solo per posare le valigie, poi era uscito e giunto a casa di Amu aveva bussato alla porta, a casa non c’era nessuno, e il ragazzo venticinquenne adesso non sapeva proprio dove cerca Amu.

“Non so, Yoru. Forse è in giro o al parco”, pensò Ikuto, continuando a camminare.

Non seguiva un percorso ben preciso tra le vie di Tokyo, pensava solo al fatto che, probabilmente, dopo non essersi più fatto sentire per tre anni e mezzo, Amu si fosse dimenticata di lui. Questo pensiero lo rendeva triste, aveva sbagliato a non scriverle, telefonarle, ma sentire la sua voce gli faceva male perché non sarebbe potuto tornare indietro per molto tempo.

Camminava senza una meta precisa, quando giunse davanti il vecchio lunapark abbandonato, credeva che lo avessero demolito, ed invece era ancora lì e funzionante.

‘ Non è che Amu sia lì dentro? ‘, pensava, mentre camminava attraverso le giostre in funzione e leggermente cigolanti.

Arrivò fino alla panchina di fronte alle tazze girevoli e vide una ragazza seduta con il capo chino e il corpo scosso dai singhiozzi. Si accorse un po’ troppo tardi delle voci di sua sorella e dei guardiani che ridevano e scherzavano tra le varie attrazioni. L’unica cosa che udì e che lo fece rimanere immobile a pochi passi da quella panchina così piena di ricordi furono le parole che pronunciò la ragazza che vi era seduta sopra.

“Ikuto, dove sei”. ‘La voce di Amu. Lei … lei non si è dimenticata di me … ’.

I pensieri di Ikuto divennero nebulosa nella sua mente. L’unica cosa che gli importava era che Amu fosse lì, a pochi passi da lui e non a migliaia di kilometri.

Si riscosse dalla sorpresa, quando sentì i singhiozzi della ragazza, un pianto disperato di dolore, perdita.

Ikuto si avvicinò lentamente a lei, colmando la poca distanza che lo separava da lei in due passi e chinatosi, portò la sua bocca fino all’orecchio di lei, sussurrandole.

“Proprio dietro di te, Amu”.

Amu non si era accorta che c’era qualcuno dietro di lei, perciò quando sentì quelle parole, rimase pietrificata sulla panchina.

“Adesso anche le allucinazioni. Perché sei andato via e mi hai lasciata sola?”, bisbigliò, non credendo che Ikuto fosse davvero dietro di lei; “Tre anni e mezzo che non ho notizie tue. Sto impazzendo, mi manchi troppo. Dove sei”, continuò lei. Le lacrime ripresero a scendere più implacabili che mai.

Ikuto da quelle poche parole, comprese che lei aveva sofferto molto la sua mancanza e che per lui è stato lo stesso inferno; si fece forza, doveva capire che lui era davvero lì e che non l’avrebbe mai lasciata, perciò con passi lenti e misurati, girò intorno la panchina e accovacciandosi di fronte a lei.

“Amu”, una sola parola che le fece sollevare il viso bagnato dal pianto. Ikuto non riusciva a vederla così quindi avvicinò la mano al viso di lei e con una carezza, spazzò via quelle scie salate.

Amu lo guardava smarrita. ‘Non può essere qui, non è lui, sto sognando, ma se è così non voglio svegliarmi.’.

Ikuto si avvicinò ancora di più a lei.

“Sono tornato, non vado più via”, le bisbigliava.

“È un sogno, non è reale. Non sei davvero qui. Non è possibile”, Amu continuava a negare ciò che il suo corpo stava percependo.

“Sono reale, sono qui. Amu, sono qui e non ti lascerò più!”, Ikuto mise più enfasi nella frase che pronunciò.

Amu cominciò a scuotere la testa.

“Davvero non credi che io sia qui? Amu,”, la chiamò perché lei aveva distolto lo sguardo, “guardami, non sono né un sogno né un’allucinazione.

Amu non aveva la forse per guardarlo, proprio non ce la faceva. Si alzò di scatto e non si accorse che anche ciò che lei credeva un’allucinazione si era messo in piedi. La ragazza stava per andare via, ma andò a sbattere contro il corpo di Ikuto.

Amu rimase in silenzio, c’era davvero qualcuno davanti a lei; sollevò il viso e vide il ragazzo che popolava i suoi pensieri costantemente.

Era reale, doveva esserlo, stava toccando qualcuno in carne ed ossa.

“Ora ci credi che io sono tornato, sono reale, non sono un’allucinazione?”, la voce di Ikuto le arrivò alle orecchie come la più meravigliosa delle melodie.

“Se … Se …. Sei … Davvero … Qui?”, domandò la ragazza balbettando.

Ikuto, avvicinandosi ancora di più a lei, la circondò con le braccia e permise alla sua testa di poggiare sul suo cuore.

Amu a quel gesto scoppiò a piangere e sentire il cuore di Ikuto battere, contro il suo orecchio, così forte, le diede la conferma che era davvero lui, che era lì.

“Mi sei mancata da morire, ogni momento lontano da te è stato un’agonia”, le sussurrò lui.

“Perché non hai scritto, chiamato?”, domandò lei, finalmente al sicuro tra le sue braccia.

“Sentire la tua voce mi rendeva tutto più difficile, mi faceva ricordare che non potevo tornare presto e quindi ho smesso di farmi sentire. Però ho sofferto …”, la voce di Ikuto si incrinò impercettibilmente.

“C’è una cosa che avrei dovuto dirti quando sei partito”, cominciò Amu, fissandolo negli occhi. “Ti amo”.

Ikuto non riusciva a credere alle proprie orecchie, dopo tanto tempo, il sentimento che era riuscito a mantenerlo fino a quel momento, era ricambiato.

Con un sorriso, le rispose “Ti amo anch’io, piccola”.

Amu si sentì in paradiso, come era possibile che due sole parole potessero farla sciogliere?

Ikuto lentamente, senza lasciare Amu, avvicinò il proprio viso al quello della ragazza e semplicemente poggiò le labbra sulle sue.

Amu si strinse al ragazzo, come se fosse la sua ancora di salvezza, ricambiando quel dolce bacio che per lei era anche il primo.

Il bacio fu un semplice sfioramento di labbra, quando lui si staccò, notò che gli occhi di lei brillavano di una luce che non aveva mai visto nel suo sguardo.

“Il primo”, disse Amu. “Di una lunga serie, spero”, disse Ikuto.

“Baka, intendevo il primo …”, abbassando lo sguardo “in assoluto”, confessò lei.

Ikuto rimase rigido. ‘Come è possibile che questo fosse il primo? Lei non aveva mai baciato nessuno, neanche Tadase … ‘, i pensieri del ragazzo viaggiavano su binari contrastanti. Lui era il primo, gli ha detto che lo ama, che ha dato il suo primo bacio a lui.

Quando Ikuto prese consapevolezza di questo fatto, prese in braccio Amu e cominciò a volteggiare, ridendo.

Yoru percepì che Ikuto era felice, e subito volò da lui.

“Ehi, ma che succede?”, chiese notando che il suo portatore non lasciava andare Amu.

“Oh, ci sei anche tu?”, chiese Amu.

“Si, ricordi che shugo chara e portatori non possono stare lontani?”, spiegò il piccolo gattino volante; ma evidentemente non era ascoltato, quindi si voltò e andò dagli altri.

“Ragazzi? Secondo me Ikuto e Amu sono impazziti”, disse per farsi sentire.

Nessuno del gruppo si era accorto della sua presenza fino a quel momento e vedendolo, rimasero tutti scioccati.

Miki gli corse incontro e lo abbracciò tutto. Ran e Suu erano sbigottite dal comportamento di Miki.

Utau, appena vide lo shugo chara del fratello, cominciò a saltellare di gioia, poi chiese a Yoru.

“Dov’è lui?”, spazientita per il fatto che ancora non fosse andato a salutarla.

“Con Amu”, tutto ciò che Yoru riuscì a pronunciare, ancora stretto nell’abbraccio di Miki.

Utau era un po’ scocciata, perciò sapendo dove avevano lasciato Amu, tutti in massa si recarono a quella panchina, ma che videro li fece desistere.

“Amu, quindi io ….”, cominciò Ikuto.

“Già, il primo amore mio”, confermò.

“Come mi hai chiamato?”, domandò il ragazzo.

“Amore mio, perché non ti piace?”, Amu era perplessa.

“Al contrario, vita mia”, disse lui.

Amu a sentire quelle parole, circondò con le braccia il collo di Ikuto e lo baciò. Un bacio diverso dal primo, più passionale, più profondo. Ikuto non la lasciava, anzi la stringeva ancora di più a sé, sollevandola ancora da terra e portando il viso all’altezza del suo. Continuò a baciarla, a tenerla stretta a sé per non lasciarla mai andare via.

“Andiamo via”, bisbigliò Ikuto ad un centimetro dalle sue labbra.

“Ho un appartamento nuovo, se passiamo da casa tua prendi un pigiama”, continuò.

“Oh, ma non posso utilizzare una tua maglia?”, rispose lei con un finto broncio.

“Puoi, ma meglio avvisare tua madre che ti rapisco per … Non lo so quanto tempo”, ammise lui.

“Va bene, ma andiamo adesso e prima saluti gli altri”, disse lei ridendo dell’espressione buffa che aveva fatto.

“Ma io voglio stare solo con te …”, si lamentò.

“Si, certo. Dopo. Prima saluta tua sorella, se no non ti molla più”, disse Amu ridendo.

“Perfida”, la rimbeccò, “Però ha ragione l’amore mio, mia sorella è possessiva”.

“Già, ma non sa quanto posso esserlo io”.

“Amu! E questo che vorrebbe dire?”, finto scandalizzato.

“Beh, niente. Dato che ora sei tornato, non avrai più molto tempo a disposizione”, sussurrò lei.

“Davvero? E chi ti dice che io voglio averlo se tutto ciò che voglio è passare il mio tempo con te?”.

A quella frase di Ikuto, Amu divenne rossa come un peperone.

“Andiamo a salutare gli altri”, disse, trascinandola verso le voci.

“Ehi”, salutò quando si trovò abbastanza vicino.

Utau sentì la voce del fratello e subito gli saltò addosso.

“Tu! Non chiami, non dai notizie. Ti stavamo dando per disperso. E la persona dietro di te era disperata. Ti rendi conto di che casino hai combinato?”, lo rimproverò la sorella, ma la parte su Amu fu una vera pugnalata per lui, che si volse verso la ragazza al suo fianco e la osservò meglio con la luce delle giostre.

Era dimagrita, anche se le sue forme erano piene, ma aveva il viso scavato, la pelle pallida, più pallida di come se la ricordava. Preso da un istinto irrefrenabile, la tirò su di sé e la strinse forte.

“Che ti ho fatto?”, le sussurrò flebilmente all’orecchio per non farsi sentire.

Lei a quel bisbiglio scoppiò a piangere. Non voleva che lui sapesse come si era ridotta, era caduta in uno stato di depressione, quando non aveva più avuto sue notizie e non si era ripresa, fino a quel momento, perché continuava a vivere di ricordi.

“Non piangere, non vado più via. Non ti lascio più”, le mormorava, poi si rivolse agli altri.

“Mi ha fatto piacere vedervi ma devo andare e Amu viene con me”, poi si girò verso Yoru, “ Sai poi dove devi venire”, detto ciò fece un cenno con la mano e voltandosi prese in braccio Amu.

Era troppo leggera, da quanto non mangiava? Ma cosa le aveva fatto passare?

Camminò velocemente e arrivato all’appartamento, depose Amu sul suo letto, il respiro le si era regolarizzato. Frugò nelle tasche del suo giubbotto e prese il cellulare, fece partire la chiamata per casa e gli rispose la madre. La salutò cortesemente e si presentò, la madre di Amu si ricordava perfettamente di Ikuto e dopo aver parlato un po’ aveva dato il permesso perché Amu dormisse da lui.

Chiuse la chiamata e mettendosi un pigiama leggero raggiunse la camera da letto, dove trovò Amu in preda ad  un incubo, da quel che sembrava. La ragazza si agitava e poi tutto ad un tratto urlò.

Un grido che perforò il petto del ragazzo, “Ikuto, no, non andare”.

Dopo quell’urlo, parve che Amu si fosse calmata quando Ikuto poté sentire distintamente la sua voce.

“Amore mio, torna”. Una semplice frase che gli spezzò il cuore. Tolse ad Amu giubbotto, felpa e tutto ciò che potesse darle fastidio, rivestendola con un paio di pantaloni leggeri e una sua maglia e la pose sotto le coperte, si mise anche lui lì sotto e la strinse forte.

Ikuto non riusciva a prendere sonno.

“Amu, che ti ho fatto? Perché ti sei ridota così per me?”, mormorò nell’oscurità.

Amu sembrava sentire le parole di Ikuto, nonostante fosse completamente addormentata.

“Perché ti amo”. Ikuto era tanti anni che non piangeva, ma quel momento era troppo anche per lui. Grosse lacrime bagnarono il suo viso e scivolando, caddero sulle palpebre di Amu. Lei si svegliò. Era sicura che le lacrime non fossero le sue.

Aprì molto lentamente gli occhi e vide Ikuto piangere, stingendola forte.

Era ancora assonnata, ma non poteva addormentarsi lasciandolo in quello stato.

“Amore mio, non piangere”, un solo sussurro che diede il via al pianto più tormentato che il ragazzo avesse mai fatto. Sprofondò il viso tra i capelli di Amu, che durante tutto quel tempo erano allungati e continuò a piangere, cullato dalla voce della ragazza che amava e che lo stringeva forte per infondergli conforto.

Amu non sapeva come fermare quel pianto doloroso anche per lei, sollevò il volto di Ikuto e guardando in quel profondo blu che erano i suoi occhi, avvicinò le proprie labbra alle sue. Il bacio che si scambiarono fu salato ma intenso. Amu intrecciò le proprie dita con i capelli del suo amore e Ikuto la strinse forte, voltandosi di schiena e portando Amu sopra di sé. Le mani del ragazzo erano ancorate ai fianchi di Amu, ma quelle di Amu vagavano per il petto di Ikuto. Mentre prendevano aria, i due ragazzi contemporaneamente mormorarono “Ti voglio”.

Queste due parole li spinse dove mai erano arrivati, lei perché aveva aspettato il suo ritorno e lui perché voleva che fosse Amu l’unica e sola.

I loro baci divennero sempre più passionali e passai quelli che a loro sembrarono ore, si ritrovarono nudi fra quelle lenzuola candide. Ikuto sapeva che bisognava prendere le precauzioni e si ricordò di averne una bustina nella sacca, gliela aveva messa il suo manager. La prese e Amu pose la fatidica domanda, a cui il ragazzo rispose con un semplice “Mai, il mio manager sapendo che dovevo tornare qui lo ha messo per precauzione, dato che non facevo che parlare di te”.

La ragazza era contenta e felice, ma quando arrivò il fatidico momento, la paura si fece sentire, “Fa piano”, sussurrò, mentre sentiva che entrava lentamente dentro di lei. “Tranquilla, amore mio”.

Quando arrivò al punto decisivo, diede una leggera spinta, facendo irrigidire la ragazza che poi si strinse a lui.

Ikuto rimase fermo fino a che lei non cominciò a spingere verso di lui.

“Ti amo Ikuto, da morire”, disse lei, quando le spinte si fecero più veloci.

Lui era madido di sudore, ma accarezzare quel corpo che aveva sognato per tanto tempo, lo mandò dritto all’apice del piacere, come anche lei, quando vide il suo sguardo farsi lucido e intenso, cominciò a tremare e poi arrivò un urlo che la lasciò senza fiato. Ikuto poco dopo di lei raggiunse l’orgasmo e, stanco ma felice, si accasciò su di lei, la quale prese ad accarezzargli i capelli, lì dove con il chara change spuntavano le sue dolci e buffe orecchie da gatto.

Ikuto si sollevò di poco da lei e guardandola intensamente.

“Ti amo Amu. Giuro che non andrò mai più via. Staremo insieme”.

“Per sempre”, completò lei, prendendo il suo viso tra le mani.

“Per sempre”, ripeté lui, chinandosi, guidato dalle sue morbide mani, a baciarla appassionatamente.

  
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