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Autore: Mellorine    26/08/2011    1 recensioni
Era primavera quando accadde, chissà perché qualsiasi atto saliente della loro vita sembrava scandito dal susseguirsi dell'avvento della primavera, di anno in anno.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era primavera quando accadde, chissà perché qualsiasi atto saliente della loro vita sembrava scandito dal susseguirsi dell'avvento della primavera, di anno in anno.

C'erano i fiori di ciliegio, seppur non esattamente frutto della natura, quando si erano conosciuti.

C'erano i fiori di ciliegio, quella volta per davvero, quando stremati ai piedi di un albero dopo un combattimento fino all'ultimo respiro, Mukuro aveva rubato ad Hibari il suo, il loro, primo bacio.

Era nuovamente primavera quando, dopo un anno di tormenti diversi dai soliti che l'illusionista aveva usato dargli da quando  si erano incontrati, Mukuro era riuscito a rubargli la loro prima notte di sesso, amore o che dir si voglia, portandogli via in quel modo oltre che l'orgoglio da combattente, anche la dignità e l'orgoglio di uomo.

O almeno così aveva pensato Hibari, almeno fin quando non aveva iniziato a trovare piacevole quel gioco, quel nuovo campo di continue lotte e sfide che era la loro vita, facendoci l'abitudine con gli anni accettando la presenza di Mukuro nei suoi pensieri, nel suo letto, nella sua vita quotidiana.

per battersi continuamente più da vicino, per studiarlo meglio, si diceva spesso nei primi tempi in un ragionamento che di logico ben poco aveva, fin quando almeno segretamente, e rarissime volte apertamente, si era arreso ad ammettere che il ruolo dell'illusionista era molto più di quello di sua semplice preda, che lo scopo della sua presenza nella sua vita non era solo legato alla possibilità di avere vendetta, una vendetta che forse non seguiva nemmeno più da tanto tempo.

Col tempo, col rincorrersi delle primavere, Mukuro con tutti i motivi legati alla sua figura aveva iniziato a diventare la ragione stessa della vita di Hibari, e Hibari era diventato la ragione di vita di Mukuro.

Era ancora primavera, la trentanovesima passata insieme, quando Hibari si svegliò all'ombra dei fiori di ciliegio.

Gli alberi occupavano l'intera stanza, allungando i loro rami sul soffitto, pendendo verso il letto, mostrandosi in tutta la loro bellezza da qualsiasi posizione li si guardasse e spandendo il loro profumo per la stanza.

Era casa sua, la conosceva bene, e poi bastava un po' di raziocinio per capire che dei sakura non potessero trovarsi in una camera, che fossero frutto delle illusioni dell'uomo con cui condivideva l'appartamento.

"kufufu~ una volta ti saresti svegliato in molto meno tempo, ti cadono petali addosso da un po'."

Lo salutò con la sua solita risata, quella che nemmeno con la voce roca di un cinquantaquattrenne quale era Mukuro aveva perso il suo tono unico ed il suo spirito.

Si poteva dire che in quasi quarant'anni che si conoscevano, entrambi fossero cambiati del tutto e non fossero cambiati affatto, in un nonsenso continuo che sempre li aveva contraddistinti entrambi.

"la vecchiaia, come si dice."

Commentò placido l'ex guardiano della nuvola, mettendosi a sedere ed aspettando che l'altro aggirasse gli alberi per prendere posto al suo fianco.

Hibari Kyouya, che aveva passato una vita a lottare, aveva abbandonato la carica di guardiano dei Vongola affianco a Sawada Tsunayoshi esattamente il giorno precedente, impossibilitato a continuare a ricoprire il suo ruolo che pure si era ostinato a non abbandonare nonostante la malattia che aveva preso a divorarlo durante l'ultimo anno.

 Mukuro nonostante non avesse problemi dello stesso genere o alcuna impossibilità di sorta, lo aveva seguito nel fare lo stesso.

A quanto pare, nemmeno l'uomo più forte visto combattere nel mondo della mafia nell'ultimo mezzo secolo poteva niente se non piegarsi di fronte alle decisioni della natura.

Aveva sempre condotto una vita sana, se non si prendevano in considerazione i giorni interi di digiuno passati a lottare o fare altro con Mukuro, eppure un tumore lo aveva colpito, semplicemente perché al suo corpo così era andata.

Ma lui nella sua vita non si era mai lasciato sottomette da nulla, non aveva mai permesso che qualcuno scegliesse arbitrariamente per lui, e non lo avrebbe lasciato fare nemmeno alla morte.

Era fatto così, Mukuro lo conosceva bene grazie ad anni di esperienza, gli era bastato quel segnale il giorno precedente per capirlo.

Non avevano avuto bisogno di parole per deciderlo, non avevano dovuto organizzarsi, semplicemente Mukuro aveva intuito le intenzioni dell'altro e aveva deciso senza esitazione di aiutarlo e accompagnarlo.

Evidentemente Hibari fu felice dell'ultima dimostrazione di aver fatto bene a permettere a quell'uomo di avere una parte così importante nella sua vita, dato che sorrise, in un misto di compiacimento e gratitudine, quando vide il tridente apparire sul letto al fianco di Mukuro, e l'uomo porgergli i suoi fidati tonfa.

Una follia sarebbe apparsa agli occhi di chiunque, in tutta probabilità nessuno dei loro conoscenti avrebbe approvato, eppure  chi li conosceva bene da anni non avrebbe dovuto sorprendersi di quella scelta che in fondo era da loro.

Vivere l'uno contro l'altro o vivere l'uno per l'altro, vivere insieme e morire insieme, e infine appunto vivere l'un per l'altro e morire l'un per l'altro.

Il loro rapporto strettamente personale era sempre stato così, malato, ossessivo, ma quella era una scelta che andava al di là della loro vita insieme, valeva anche solo per Hibari e Mukuro  come individui.

Il primo non  avrebbe mai accettato di vedersi morire lentamente divorato da qualcosa che non dipendeva da lui, inoltre un'esistenza portata avanti per la mera sopravvivenza nel modo migliore fino all'inevitabile era inutile ai suoi occhi, tanto valeva farla finita subito.

Il secondo aveva sempre saputo che la sua vita non era fatta per avere una lunga durata, già si meravigliava di aver visto l'età adulta, inoltre una vita agiata senza lottare per nulla e senza il compagno, vedendosi arrendere man mano all'avanzare dell'età non sarebbe stata di nessun piacere.

Per due come loro, che erano troppo forti per avere la fortuna di cadere in battaglia come sarebbe stato adatto alle loro vite, la morte non poteva avere che quella forma.

"allora lo facciamo…"

Il commento di Mukuro ebbe per un attimo il tono della titubanza, che comunque svanì in pochi istanti nel vedere la determinazione negli occhi grigi, sempre chiari e vivi, spiazzanti, anche sotto le rughe, di Hibari che  aveva preso le sue armi.

"sei stato un buon rivale."

"e tu sei stato un buon amante~"

Sembrava volessero finirla così, nel più caratteristico dei loro modi, Hibari restio e scontroso e Mukuro spontaneo e sincero fino alla fine, fin quando il giapponese aggiunse qualcosa che spiazzò l'illusionista.

"ti amo."

Quelle parole, anche dopo una vita passata insieme, avevano sempre il potere di sorprendere e rendere infinitamente felice Mukuro, che in tutti quegli anni se lo era sentito dire appena cinque volte, le ricordava tutte benissimo.

"ti amo anch'io."

Scandì l'ultima, vera, fine che si era svolta a tutti gli effetti come avrebbe desiderato, rendendolo felice, suggellando le loro labbra in un bacio.

A quel contatto piacevole si contrappose con prepotenza quello della sensazione della pelle che si stracciava, le carni che si dilaniavano,  in due punti vitali sotto gli aculei ghiacciati dei tonfa di Hibari, così come le punte del suo tridente affondarono in pieno petto dell'altro, colpendogli per l'ultima volta il cuore.

Gli alberi di ciliegio svanirono, l'illusione era infranta, il sogno o l'incubo, qualsiasi nome si potesse dare a quella relazione, era finito.

  
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