Approfittando del
periodo di ferie estive del servizio di aiuto psicologico, e per cercare di
svagarmi un po’, decisi di andare a trovare mio fratello a Milano. L’idea non
venne a me di persona, ma bensì fu lui ad invitarmi: mi telefonò circa tre
giorni dopo che avevo parlato (sognato) con Dandy, proprio mentre cercavo di
occultare le vignette che descrivevano il nostro colloquio.
- Oh buongiorno, il
principino s’è svegliato, eh? – mi salutò allegramente Ermanno.
- Buongiorno a lei,
marchese. Come se la passa nella sua tenuta di Mediolanum? – l’avevo canzonato
io.
- Direi molto bene.
Però fa un caldo d’inferno… Per questo io e mia moglie avevamo avuto un’idea. –
- Sono tutt’orecchi.
–
- Vedi, pensavamo di
andarcene a fare un giretto sul lago di Garda, in Trentino. Lì c’è un sacco
d’aria buona, e soprattutto fa un freschetto niente male! C’è un’amica di mia
moglie che da una festa… se ti va di venire… - mi disse, con il tono tranquillo
di chi ha sa già la risposta.
Da quando Ermanno si
era sposato, solo due anni prima, avevamo smesso di frequentarci. Il suo
trasferimento a Milano era stato un colpo duro per i miei e anche per me, che
avevo perso l’unico essere umano che parlava con me di tanto in tanto
(escludendo Francesco, che comunque non aveva la stessa importanza di mio
fratello) e con cui uscivo senza problemi. Mio padre e mia madre andavano a
trovarlo qualche volta, ma ce l’avevano comunque con lui per averli
abbandonati.
Inutile dire che
avevo risposto sì alla proposta di Ermanno. Staccare un po’ da Bologna era
l’ideale, soprattutto alla luce degli ultimi eventi. Ero partito di buon
mattino, calcolando che per le dieci e mezza sarei stato a Milano senza troppi
guai. Dopodiché, un giorno di sosta in casa di Ermanno e Chiara, e poi via
verso il Trentino Alto Adige. Se non altro non avrei patito il caldo come a
Bologna.
La mia auto ronfava
rumorosamente sull’autostrada che portava nella città ambrosiana, e sapevo già
che mio fratello me ne avrebbe dette tante vedendomi arrivare su di essa: “Sei
impazzito! Ma hai idea di quanto sia pericolosa quest’auto? E se ti si ferma in
mezzo all’autostrada, cosa fai?”
Ed io immancabilmente
gli avrei risposto “Semplice, chiamo il carro attrezzi e la faccio riparare.”
Con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Sorrisi, ma il mio sorriso
si spense quando mi resi conto che un viaggio da solo, anche se di poche ore,
era abbastanza noioso. L’autoradio trasmetteva le notizie sul traffico e
qualche canzone di quelle vecchie, ma non era eguagliabile alla compagnia di un
essere umano. Pensai e ripensai a tutti i possibili scenari che sarebbero
potuti esserci con un probabile fidanzato.
- Cambia stazione,
questa non mi piace. – mi sentii dire. Tenendo il volante con la mano sinistra,
allungai l’indice per cambiare stazione.
- Neanche questa mi
piace. – disse la voce accanto a me. Era un ragazzo molto carino, sulla
ventina. Il suo nome?
- Paolo, è la
trentacinquesima volta che cambio stazione. Ci sono soltanto un centinaio di
stazioni radio in Italia. Dimmi, vuoi che le passi tutte, per farti contento???
– sbottai, con una punta d’irritazione.
- Ma che stronzo
permaloso! Vai a fare in culo, allora! – e mi spense la radio.
Tra di noi regnò il
silenzio per un po’, fino a che lui non riaccese la radio e la mantenne su un
canale dove trasmettevano preghiere.
- Se volevi andare a
messa, uscivo a Reggio Emilia e ne trovavamo una… -
- Tappati quel cesso!
Coglione… -
Un fidanzato
aggressivo. Proprio quello che mi ci voleva. E se invece fosse stato uno dolce?
- Amore, ti sei
ricordato di portare la crema abbronzante?
- mi domandò il ragazzo al mio fianco, mentre guidavo. Un’auto mi aveva
appena sorpassato con un insistente lampeggio di fari abbaglianti.
- Sì… - risposi io.
- Perché lo sai che
non voglio che il mio patatone si prenda una scottatura, non è veeeeero? –
- Sì amore. – risposi
di nuovo io, distrattamente.
- Che c’è? – mi
domandò lui con un’espressione triste dipinta sul volto. – Sembra che … che ti
annoi a parlare con me. –
- No amore, è solo
che… - cercai una scusa lì per lì. – Sto guidando, ecco. –
- Non è vero… -
rispose lui tenendomi il broncio e mettendosi a braccia conserte. – Hai un
altro, non è vero? –
- Cos…? Ma … ma no,
amore. Ti giuro che … -
- Invece sì, hai un altro
e stai pensando a lui invece che a me! Dillo! Dillo! Dillo! Diiiiiiiilloooooo! – e così dicendo, si
mise a piangere. – E pensare che io faccio di tutto per te… -
Io sbuffai, non
sapendo bene cosa rispondere. Ma sì, in fondo, chi se ne importava? Era solo
uno scenario elaborato dalla mia mente creativa, non c’era nulla di vero. Però,
c’era un’altra cosa che mi inquietava: possibile che tutti questi scenari
finissero nel male?
Una volta, tanto
tempo fa (non esageriamo, saranno stati due o tre anni fa), frequentavo una
compagnia di ragazzi gay. Non ricordo nemmeno come c’ero approdato, so soltanto
che avevo un solo ragazzo che stravedeva per me e tutti gli altri non mi
potevano vedere. Il sentimento era ricambiato da me, dato che non mi piaceva la
loro meschinità, la loro arroganza… il loro egoismo. Ciascuno di loro aveva
caratteri diversi, ma ognuno di questi teneva con la manina un sottile filo
rosso, che era la cattiveria. In quel breve anno e mezzo di frequentazione di
questo gruppo avevo visto coppie sfasciarsi per tradimenti o tresche
clandestine, baci dati al momento sbagliato o alla persona sbagliata, oppure
ancora peggio per il pettegolezzo. E cosa non si dicevano tra di loro! Quando
si era in tanti erano sempre baci carezze ed abbracci, mentre se qualcuno
mancava, era l’occasione buona per sparlargli dietro.
Nulla da fare, avevo
un po’ di pregiudizio verso il mondo gay, e non già verso il mondo in sé,
quanto nei loro atteggiamenti. Atteggiamenti che con l’andare del tempo avevano
fortemente influenzato la mia fantasia, spingendomi a creare Dandy ed i suoi
amici, facendomi ogni volta aiutare dalla musica per cercare di non pensare
alle brutture di ciò che avevo visto con questi occhi e disegnare un mondo
bello e senza cattiveria.
Mi venne da pensare a
Dandy ed al nostro colloquio. Che cosa mi avrebbe detto, se avesse percepito i
miei pensieri in quel momento?
I
fumetti sono mondi paralleli, evocati da una mente superiore, che dovrebbe
essere in grado di resistere alle brutture del mondo, oppure di trasformarle in
cose divertenti. A te manca quella funzione. Non è forse vero, Donatello? Tu
non riesci a vedere una cosa brutta in altro modo che quello. Per te una cosa
brutta è brutta e basta. Ma prova a pensare lateralmente… per esempio, se c’è
un tradimento, ci può anche essere un motivo di ilarità, una situazione
divertente… Insomma, il mondo non è solo bianco o nero.
Pensare alla sua voce
vellutata ed al suo tono tranquillo, mi mise di buon umore. Le parole che
avrebbe potuto dire in quel momento mi risuonarono in testa come un mantra, di
cui io avrei dovuto cercare di coglierne il significato profondo.
Ci pensai.
Continuavo a guidare,
con gli occhi fissi sulla strada. Le uniche cose che avevo in mente erano non
andare troppo veloce, guardare bene i cartelloni stradali per non perdermi, e
tutte le regole del codice della strada riguardo alle autostrade.
Sospirai.
- Non ci riesco,
Dandy… Non ci riesco. – mormorai, mentre mettevo la freccia e mi fermavo in una
piazzola di sosta. Scesi in fretta dalla mia auto, mi sporsi sul guard-rail e vomitai
nella fossa adiacente.
Dietro di me,
intanto, gli altri veicoli sfrecciavano.