Cassidy
si guardò i piedi, seduta sul lettino singolo della sua
stanza.
Perché?
Perché, nonostante tutto, non si sentiva ancora soddisfatta?
Tu sei
una strega, Cassidy.
Eppure,
aveva sempre giocato con lei come il Meowth gioca con il Rattata. Tu sei la mia migliore amica, le diceva
con un sorriso affabile, e subito dopo pensava tra sé che razza di credulona.
No,
più che il Meowth con il Rattata, sarebbe meglio dire il
Raticate contro il Meowth.
Farle credere di essere uno spaurito topolino, per poi graffiarla con
le sue
zanne da ratto. In tutti quegli anni, si era ripresa una serie di
rivincite su
di lei, e non era mai stata inferiore a quei due idioti agli occhi del
Capo.
Eppure,
perché si sentiva così? Che cosa le mancava?
L’aveva
capito quel giorno, quando aveva rapito i suoi figli. Anche Butch
gliel’aveva
rimproverato. E’ una cosa troppo
crudele,
Cassidy le aveva detto, e non si capacitava del
perché la sua partner
lavorativa fosse così sadica certe volte.
Cristo,
Cassidy. Sono solo
bambini.
I
suoi bambini, aveva pensato Cassidy
in
quel momento.
Ma
ecco, aveva trovato. Ecco perché continuava a detestarla.
Ecco perché aveva
fatto più volte in modo da rovinarle la reputazione agli
occhi del Capo. Tornò
col pensiero a quando l’aveva vista meno di dieci anni prima,
con il pancione
tutta allegra a comperare abitini da neonato affiancata da quel Ditto
amorfo
del suo compagno e da quella specie di scherzo della natura di un
Meowth
parlante. Non avrebbe potuto non riconoscerli!
Ripensò
a quello che aveva fatto solo per il gusto di riprendersi una
rivincita.
Spifferare al capo che la puttana si era fatta mettere
incinta… eppure, che
diamine! Le cose non erano andate come aveva sperato lei! Il Capo non
l’aveva
cacciata, e quel mostriciattolo dai capelli rossi non era andato a
marcire in
un orfanotrofio a fare la stessa fine di sua madre.
Perché?
Sembrava
che qualunque cosa facesse, alla fine le si rivoltasse contro. E’ il karma, disse una volta
Butch. Tu fai una cosa sbagliata, e ti torna
indietro raddoppiata.
Da
quando in qua ti preoccupi
delle cattive azioni, Bud? gli
aveva risposto annoiata, zittendolo. Era tornata al suo
bicchiere di vodka alla pesca, guardandolo assente prima di fare un
altro sorso.
Ma
quel giorno l’aveva capito. Forse l’aveva sempre
saputo. Lei odiava Jessie, non
perché si intrometteva sempre nei suoi piani, non
perché poteva minacciare la
sua credibilità, ma perché aveva una cosa che
Cassidy sentiva di non aver mai
avuto.
Quella
cosa insulsa che tutti chiamano amore, era quello che le vedeva
brillare negli
occhi quando si voltava a sgridare quell’imbecille suo pari.
Quella
cosa insulsa che tutti chiamano amore, e che non era mai riuscita a
rubare
nelle tante notti di passione.
Quella
cosa insulsa che tutti chiamano amore, e che lei custodiva nel suo
ventre con
pacata gioia spiegando davanti a sé una tutina per neonati.
Insomma,
quella cosa che tutti chiamano amore, e che nonostante gli sforzi non
aveva mai
provato.
Era
quello che la contraddistingueva da lei, e quei due bambini le
bruciavano in
corpo perché ne costituivano la conferma vivente.
Perché Jessie aveva avuto
quello che lei non poteva avere?
D’altronde
era stato facile: quel suo compare era un perfetto idiota. Non
c’era voluto
molto ad allargare le gambe e a metterlo in trappola, no. Sicuramente
era
andata come lei aveva sempre cercato di convincersi. Bella cosa, farsi
mettere
incinta! Il poveretto non aveva più scampo.
Sì,
per forza doveva essere andata così.
Un
pensiero l’attanagliò, con queste due ipotesi
contraddittorie che le si
mescolavano nella testa. Jessie, che fosse amore o no, sicuramente
aveva
qualcuno.
Sicuramente
non sarebbe finita da sola.
“Chi
vuoi che sia, Bill?”
Butch
riconobbe non tanto la voce, quanto il fatto che era una settimana che
Cassidy
si era fossilizzata su Bill senza mai accennare a chiamarlo con il suo
nome.
Butch
aprì la porta della sua camera.
“E’
Butch” le disse infastidito, “che
c’è?”
“Butch
o Bill non ha la minima importanza” lo liquidò
Cassidy tentando di precederlo,
ma Butch si innervosì ulteriormente e non la fece passare.
“Non
ti ho detto mica che puoi entrare” la bloccò. Lei
rimase interdetta per un
attimo. Effettivamente, Butch doveva essere uscito dalla doccia visto
che
indossava un accappatoio a nido d’ape di colore blu notte.
Cassidy valutò bene
come procedere; si contenne dallo sbraitare contro di lui, rimanendo su
un
piatto:
“Ti
devo parlare”.
Butch
doveva aver letto la serietà nei suoi occhi, e dopo un
secondo di pausa le
disse:
“Ci
vediamo dopo, adesso non posso. Passa tra
un’oretta…”
“No”
lo interruppe Cassidy, “è meglio se vieni tu da
me”.
“Va
bene, ciao”.
Butch
le chiuse letteralmente la porta della camera d’albergo in
faccia lasciandola
impalata nel corridoio.
“Sei
tu, Butch?” chiese allegra, mentre apriva.
“E’
la prima volta in questa settimana che azzecchi il mio nome”
commentò Butch
sollevato mentre si accingeva a entrare. “Allora,
che…”
Butch
non poteva credere ai suoi stessi occhi.
Cassidy
stava in piedi di fronte a lui, i capelli biondi sciolti fin sotto le
spalle e
indosso un corpetto di velluto nero con ricami di seta. Non si era
risparmiata
nei particolari da curare: stivaletti neri con tacco a spillo e guanti
di pelle
formavano il coordinato al suo completo sexy.
Cassidy
notò con gioia che il suo compagno era avvampato.
“Ma…
ma che…?”
Cassidy
gli si avvicinò con fare da gatta morta, posando un attimo
le labbra tinte di
nero sulle sue.
“Da
quanti anni è che ci conosciamo io e te?”
Butch
era visibilmente eccitato, e lei si premette di più contro
di lui godendo alle
sue reazioni.
“C-come?”
balbettò lui, ancora indeciso se credere o meno a quanto
stesse avvenendo.
“Vorresti
dirmi che non ti piaccio?” continuò lei
ammaliatrice, “che non sono abbastanza
bella per te?”
“No,
certo che no”. Butch stava cedendo, lo sentiva. Cassidy
sorrise e si allungò di
nuovo verso di lui.
“E
allora, baciami”.
Si
chinò a indossare le scarpe. Non era arrabbiato, solo
vagamente deluso. Ecco
perché passava così inosservato! Era efficiente e
per questo vincevano sempre
insieme, ma solo questo. Una macchina da lavoro, punto e basta. Senza
sentimenti se non uno spiccato amor proprio che lo spingeva a difendere
la sua
identità – e a volte, lasciava correre anche
quell’aspetto.
“Ma
Bob!” tentò lei, seduta sul lettino mezzo sfatto
della sua camera.
“Mi
chiamo Butch” disse lui calmo mentre finiva di allacciarsi le
scarpe, poi
sospirò e si levò a guardarla.
“E’ mai possibile che tu non sappia neanche il
mio nome?”
“Non
fare l’offeso, idiota!” ribatté lei
isterica.
“Ecco,
è proprio di questo che io parlavo” disse subito
lui con sufficienza. “Allora,
la domanda te la rigiro: da quanti anni lavoriamo insieme, io e
te?”
Cassidy
rimase perplessa.
“…Saranno
una decina…”
“Sono
la bellezza di sedici anni, Cassidy” disse lui sospirando.
“Sedici. E secondo
te sarei rimasto accanto a te tutto questo tempo senza scoparti una
volta sola,
solo per amore?”
Le
stava quasi ridendo in faccia. Cassidy era pietrificata.
“Stai
ferendo i miei sentimenti” disse lei, le lacrime agli occhi.
“No
che non lo sto facendo, e tu lo sai” disse lui.
“Ma
se ti ho appena detto che…”
“Cassidy,
tu non mi ami” le spiegò come un adulto ad un
bambino piccolo. “Non mi ami tu e
non ti amo io. Se credevi davvero di aver trovato il pollo da spennare
- come
quella Jessie ha fatto con quel tipo – beh, cara, ti sei
sbagliata di grosso”.
Cassidy
non voleva ammettere a sé stessa che aveva ragione, specie
dopo che Butch aveva
accennato a Jessie. L’aveva attirato nella sua camera con
l’unico scopo di
indurlo ad avere una prestazione con lei – o magari anche due
o tre, più erano
e meglio sarebbe stato. E sembrava che tutto stesse funzionando, lui
era
perfettamente recettivo e pienamente concorde. Lo aveva ammansito per
bene con
le sue moine da donna innamorata, ma Butch non aveva voluto
assolutamente
continuare senza preservativo nonostante lei avesse cercato di
dissuaderlo in
tutti i modi. Alla fine Cassidy si era alterata, Finiscila
e fa’ il tuo dovere, Bill! Butch l’aveva
guardata, Cassidy
a cavalcioni su di lui mezzo nudo, e poi con un’espressione
stufata l’aveva
spostata sul letto e si era alzato con tutta l’intenzione di
alzare i tacchi.
Cosa
fai? – Me ne vado –
M-ma… perché? – Già ho fatto
sesso oggi se t’interessa saperlo, grazie! – Che
cosa? Come… - Ciao, Cassidy! – Aspetta, Bill, io
ti amo!
Butch
era scoppiato a ridere, ancora intento ad allacciarsi la cintura.
Secondo
i piani di Cassidy, sarebbe stato essenziale che lui credesse di averla
messa
incinta – a prescindere se lo fosse stata davvero, ma
c’era tempo e c’erano
altre persone per ottenere quello: l’unica cosa che voleva
era assicurarsi che
Butch le potesse restare per sempre appiccicato. Non perché
lo amasse, ma
perché lei non rischiasse di morire da sola.
Oramai
smascherata, Cassidy stava muta sul letto cercando di escogitare la
prossima
mossa.
“Facciamo
così” propose Butch con aria da papà
comprensivo, “dimentichiamo questa
faccenda e facciamo come se niente fosse mai accaduto. Noi non siamo
mai
arrivati a una cosa del genere, io mi faccio le mie donne come ho
sempre fatto
e tu continui a farti chi ti capita”.
Cassidy
era tentata anche di rispondere “sì”
alla provocazione del suo collega, ma cosa
ne sarebbe stato del suo orgoglio?
“Sei
una merda, Bill”.
“E’
Butch” la corresse lui senza nemmeno più
arrabbiarsi, e si avviò alla porta. “E
se vuoi sapere quello che ne penso, ti parlerò francamente e
non da collega di
lavoro: tu non hai rispetto né per gli altri, tantomeno per
te stessa. Non so
che cosa ti passi per quel tuo cervellino da gallina, Cassidy, ma voler
incastrare proprio me in questo modo… è davvero,
davvero infame”.
Butch
aprì la porta.
“Tu
sei una strega, Cassidy”.
Disse
chiudendosi la porta alle spalle, e lasciandola sola.
Ad
ogni modo, a differenza degli altri, Cassidy e Butch sembrano in
qualche modo
più freddi nei sentimenti l’uno verso
l’altro. Ad ogni apparizione emulano
Jessie e James in motti e in posizioni sceniche, ma più che
rispecchiare il
sottile sentimento di intesa tra Jessie e James sembrano più
la versione
Pokémon di Bizzarro (la copia sbagliata di Superman).
Ovviamente loro, da
personaggi-Bizzarro, hanno un carattere opposto ai loro alter-ego:
prendendola
in questo modo, Jessie è visibilmente irascibile ma buona di
cuore, Cassidy al
contrario è più pacata (anche se non
eccessivamente) ma è calcolatrice e
sicuramente più priva di scrupoli della prima. Butch e James
sono
sostanzialmente uguali nel ruolo di zerbino, con una differenza
sostanziale:
sebbene Jessie cerchi di non darlo a vedere, a lei sta a cuore James e
non solo
nel senso più stretto della Rocketshipping, ma come partner
e amico per la
vita. Cassidy, d’altro canto, si trova molto in sintonia con
Butch, ma solo a
livello di efficienza sul campo. Non ha certo problemi come la
sbadataggine di
James, il suo vagare con la testa tra le nuvole, il suo essere mangiato
dai
suoi stessi Pokémon e altre distrazioni sul lavoro! Tuttavia
non traspare alcun
segno di affinità – almeno ai miei occhi
– di genere più profondo.
Ovviamente
ricordiamoci “Training Daze” (in italiano
“L’accademia del Team Rocket”):
Cassidy ha spudoratamente usato Butch come sorta di trofeo da esibire
davanti a
Jessie, del tipo “io ce l’ho e tu
no!”… Jessie non sembra aver mai fatto una
cosa del genere con James.
A
conferma del forte legame tra Jessie e Cassidy e James e Butch, le
seguenti
riflessioni sui loro nomi:
Yamato
(Cassidy) si riferirebbe alla battaglia navale di Yamato della II
Guerra
Mondiale (大
和).
Questa battaglia viene spesso accoppiata ad un’altra
“gemella” di nome Musashi
(武蔵),
ovvero il nome
giapponese di Jessie [Musashi è anche un riferimento a
Miyamoto Musashi, un
famosissimo samurai del periodo Edo che sconfisse il suo rivale Sasaki
Kojirō].
Kosaburō
(Butch) è un nome che in qualche modo si pone in un rapporto
di subalternità
rispetto a James ovvero Kojirō (Kojirō… sì,
proprio il Kojirō sconfitto da
Musashi di cui sopra!). 二
郎 Jirō
è un nome che significa
“secondo figlio”, mentre 三
郎 Saburō
significa “terzo figlio”.
Quindi si può anche comprendere lo status di James e Butch
come “rivali”, in
campo lavorativo come in amore, ma James proprio per il suo nome
è destinato a
stare al di sopra di Butch!
Mentre
Musashi e Kojirō sono due nomi collegati tra loro come detto sopra, non
pare
esserci un collegamento tra Yamato e Kosaburō. Solo la versione inglese
ha dato
ai due il nome di un famoso fuorilegge, legandoli davvero :-)
Infine,
giusto per chi ama questo genere di cose (ovvero, io): in
“Training Daze”, tra
le tante cose che sono state cambiate, c’è la
battuta:
“Dai,
cominciamo l’arrampicata!”
“D’accordo,
ma non facciamoci sentire!”
°°°°
Com’era la versione giapponese?
°°°°
「行くわ
よ、コサンジ!」
“Andiamo,
Kosanji!”
「違う。コサブロウだって言ってたよ!」
“Hai sbagliato! Ti ho detto che mi chiamo Kosaburō!”
Come potete
vedere, Cassidy non lo azzecca quasi mai, questo benedetto nome! xD
Ultima curiosità:
nella versione inglese, Butch viene chiamato in svariati modi. In
quella
giapponese, tutti si ostinano a chiamarlo sempre e solo Kosanji invece
che
Kosaburō…
Una serie di
riferimenti che non fanno mai male:
http://it.wikipedia.org/wiki/Miyamoto_Musashi
http://bulbapedia.bulbagarden.net/wiki/Cassidy
http://bulbapedia.bulbagarden.net/wiki/Butch
Spero che comunque
vi sia piaciuta, la mia storia tutta particolare… e se
qualcosa vi è sfuggito è
forse perché non avete letto la one-shot intitolata
“Il Team Rocket si ritira e
se la gode”: capirete da dove saltano fuori quei due
marmocchi di cui si parla
;-)
A presto!
Lucenera.