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Autore: Nate__    28/08/2011    3 recensioni
Rieccomi, sono tornata per rompervi le scatole.
Mettetevi l'anima in pace, perchè non la smetterò.
Nuovi personaggi.
E dovreste anche ringraziare il Divino, perchè non ho toccato il fandom di Death Note per due mesi, o giù di lì.
Nel mio universo L non è mai morto, perciò non lo è neanche in questa storia. Tutta via, ha deciso di chiedere aiuto a Near e Mello.
Quarto capitolo.
Ma stai ancora leggendo la descrizione?
Ci saranno molti nuovi personaggi, ed emergeranno man mano che andremo avanti con la storia.
Apri questa storia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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                                                                                                    Maschere.

 
Near stava giocando con delle bambole in quel momento; quei pupazzetti che usava per identificare le persone.
L lo aveva lasciato leggermente stupito quando gli aveva chiesto aiuto per l’indagine; l’aveva chiesto anche a Mello, ma egli rifiutò di lavorare per il più grande detective del mondo, solo per colpa del suo stramaledetto orgoglio.
Avrebbe dovuto collaborare con Near; e questo non andava affatto bene.
Inoltre, il caro signor N; ( perché era così che si faceva chiamare ), era impassibile a tutto e tutti. Non faceva trapelare una sola emozione dalla sua faccia, dalla sua voce, e quant’altro.
Perciò gli era tecnicamente impossibile parlargli in quanto era una creatura neutra che gli dava terribilmente ai nervi.
Ne aveva parlato mille e mille volte con Matt, e lui non sembrava stancarsi mai del solito discorso su come avrebbe battuto Near, su come avrebbe risolto straordinariamente il caso e su come avrebbe riempito la faccia dell’albino di lividi se non avesse smesso di essere così perfetto.
In realtà avrebbe preferito di gran lunga tagliarsi le vene, che ascoltare sempre e ripetutamente quella ramanzina che non sarebbe certo toccata a lui.
Mello era arrabbiato. Decisamente incazzato.
Al contrario, per Near si stava avverando un sogno; lavorare con L era la cosa più bella che gli fosse mai capitata nella vita. Anche se, di cose belle, non ne aveva mai viste tante.
Alla Wammy’s House non facevano altro che picchiarlo, sempre e ripetutamente; e lui non diceva niente. Stava zitto e subiva tutto, senza denuciare il fatto a Roger.
Non riusciva a reagire; era nel suo carattere riuscire ad essere in pace col mondo, e non attaccare briga, stare lontano dalle altre persone, essere asociale.
Ma con Mello aveva un rapporto diverso; lui teneva molto al biondo, ma al contempo si divertiva a stuzzicarlo, per vederlo evaporare mentre fissava ardentemente la sua testa bianca.
A volte friggeva lì, a un passo dal castello di carte che aveva costruito l’albino per proteggersi dall’esterno, e inspiegabilmente, si tramutava in liquidi alquanto ambigui.
L, al contempo era molto incuriosito dal rapporto tra i due; era evidente che un tempo o attualmente si volevano o vogliono del bene.
Era affascinante osservare i comportamenti provocatori di Mello, e di Near; ( a suo modo lo era molto ) ma quasi ogni secondo, si ricordava che vi era un caso molto più importante in ballo, e che non poteva perdersi in altri pensieri.
Il caso Kira poteva dirsi quasi compiuto; ormai era quasi certo che Yagami Light era il “ giustiziere “ e dopo aver raccolto abbastanza prove sufficienti avrebbero riposto nel cassetto la cartella riguardante il caso, e non ne avrebbero parlato più. Near lo aveva aiutato, era inutile negarlo; e a suo modo lo faceva anche Mello, mandandogli lettere anonime con possibili indizi.
Tuttavia, non poteva far rinchiudere il suo primo vero amico; era estremamente combattuto, non sapeva cosa fare.
Sapeva però, che la cosa giusta e corretta da fare era consegnare Light ai giudici, e farlo marcire in galera.
Si appollaiò nella sua poltrona preferita mangiando un dolce, ( una torta con tanto di fragola sopra la panna che la ricopriva ) e accese la tv, sperando in qualche notizia positiva per un fantomatico qualcuno nel mondo. Almeno avrebbe smesso di essere così depresso.
In più quelle stupide occhiaie lo facevano sembrare un becchino, e gli conferivano un’aria strana. Non che fosse l’unica cosa che lo rendeva una delle voci fuori dal coro.
Dovrei smettere di preoccuparmi di questo, sono il più grande detective al mondo e migliaia di bambini mi hanno come idolo. Non devo deluderli. E dovrei superare questa paura che ho dei  fantasmi. ‘ pensò, torturando l’unghia del suo pollice. Poi ricominciò a pensare al caso, e a quello che stava pensando di fare Near.
La squadra d’indagine dell’albino era molto utile, ed efficiente. Quelle sì che erano persone serie e decise! Cercavano, indagavano, intervistavano, chiedevano, si informavano.
Non che si lamentasse della sua di squadra, per carità; ma voleva comunque che i poliziotti che collaboravano fossero più svegli; sembrava che avessero bevuto trenta litri di camomilla, e che avessero subito attacchi epilettici tanto il loro corpo non reagiva.
Che lui sapesse, la squadra di Near era composta da un certo Stephen Gevanni, Anthony Rester, e Halle Lidner, che già conosceva.
Vi era un nuovo acquisto nella squadra; inizialmente conosceva solo il nome della ragazza, Joy.
Poi, scoprii anche il cognome; Joy Reyn, esperta di computer e, a quanto pare di musica.
La formazione di Mello, invece era a lui ignota.
L stava divagando; per ora contava solo il caso Kira, e nient’altro.
A quanto pare a lui si era unito un altro criminale, chiamato da Near X-KIRA.
E L, riflettendo, capì che Teru Mikami era l’attuale X-KIRA. Ma ovviamente non vi erano prove a sufficienza per smascherare quei due.
Accidenti.
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Il computer si accese lentamente; Joy ingurgitò suo malgrado il caffè fumante. Non avrebbe retto senza la caffeina, e sarebbe crollata da un momento all’altro.
Si trovava nella sala d’entrata dell’SPK; là la rete wi-fi avrebbe preso meglio, e il computer avrebbe assunto una modalità più veloce. La ragazza era seduta su una sedia e aveva poggiato il computer su di una scrivania tanto lussuosa quanto fragile. La superficie era di vetro, tanto che Joy, ogni tanto temeva di romperla dati i suoi movimenti più che bruschi. Le pareti erano bianche e scialbe, ( chissà perché ) e vi era un lampadario che pendeva al centro esatto della stanza. Grandi finestre illuminavano la stanza della luce radiosa mattutina; dovevano essere circa le otto e mezzo.
Dopo aver scritto la password per l’accesso dell’account, attese massaggiandosi le tempie.
Non dormiva per quel caso da quasi cinque giorni ormai; o almeno si era concessa qualche minuto di riposo, perché altrimenti sarebbe svenuta, e non le andava di mostrarsi debole agli occhi degli altri.
Aveva sopportato il  divorzio dei suoi genitori quando aveva quattordici anni, i pianti di sua sorella di notte, la gente che la tormentava definendola un’asociale, le persone che la evitavano.
Non sarebbe svenuta per un banale attacco di sonnolenza, dovuto al troppo lavorare per il caso.
<< Reyn, le scartoffie sono pronte? >> esclamò una voce forte e decisa, femminile.
<< No Lidner, ci sto lavorando. Insomma abbi pazienza almeno, me le hai chieste un giorno fa. >> rispose pacatamente Joy, massaggiandosi nuovamente le tempie in maniera più decisa, quasi volesse mandare via Halle col pensiero. << E se permetti, non toccherebbe a me fare questo, sto svolgendo un lavoro che non mi compete. >>
<< Rester è pieno fino al collo Reyn, perciò quella più competente in questo campo sei tu. >>
disse dura e dal tono che non ammette repliche la bionda, intransigente.
<< Okay, bene Lidner. Calmina però, eh? Saranno pronte questa sera. >> esclamò esasperata Joy, gettando la sua testa a capofitto nel computer, tagliando corto.
<< Perfetto, grazie. Io comunque insisto nel farti ricrescere i tuoi veri capelli, quelli del tuo colore naturale intendo. Hai un’aria molto poco professionale, e questo non va bene. Guardati! >>
Halle le porse uno specchietto e la ragazza si osservò: vide il riflesso di una ragazza diciottenne, dalle iridi quasi nere, gli occhi pesantemente avvolti da matita nera e le ciglia accentuate pesantemente con mascara, e dai capelli viola, di diverse sfumature, legati, che  lasciavano cadere su viso della ragazza delle ciocche ondulate.
<< Inoltre, il tuo abbigliamento non è consono! Siamo tutti eleganti, tu invece vivi di jeans strappati e magliette varie! >> esclamò la bionda, in tono ragguardevole.
Joy sbuffò; quasi tutti i giorni metteva Jeans strappati che le arrivavano fino al ginocchio, e sotto calze a rete nere che non lasciavano trapelare un filo di pelle. La maglietta era molto variopinta, sembrava una tela sulla quale vi era stato dipinto un quadro astratto, e portava scarpette da ginnastica.
<< Non mi interessa di quello che pensano gli altri Lidner. Nea… N mi ha assunta anche per come sono, per come programmo i computer e quant’altro, figurati se gli frega come mi vesto o… >> Joy venne interrotta da uno squillo di cellulare; era quello di Halle.
<< Pronto? >> avvampò. << Non è il momento questo.. Capisco che non hai tempo ma.. Sì.. Sì.. No.. >> mormorò la ragazza, in preda alla confusione e all’imbarazzo.
‘ La Lidner che parla a monosillabi?? ‘ pensò Joy, stupita. ‘ Devo scoprire con chi sta parlando. ‘
<< Non è il momento, ti prego.. >>
disse esasperata Halle, avvampando sempre di più.
<< Tranquilla Lidner, vai a fare i tuoi giochetti erotici al telefono da un’altra parte, che io lavoro alle scartoffie e al caso. >> disse la diciottenne, sorridendo  ironicamente; stava quasi per scoppiare a ridere; la Lidner in fiamme era uno spettacolo da non perdere.
Stava quasi per rispondere ma non lo fece e si gettò nella stanza più vicina, arrossendo sempre di più, e chiudendo la porta a chiave.
Doveva assolutamente scoprire chi era la fantomatica persona che l’aveva fatta arrossire come un pomodoro, manco avesse parlato con il Presidente in persona.
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<< Avanti forza Mello. Entra. E smettila di parlare al telefono con la puttanella di turno! >> replicò annoiato Matt, spingendo il ragazzo, che non voleva saperne di entrare nella stanza in questione.
<< Sto cercando di ottenere informazioni Matt! >> sussurrò Mello, chiudendo la chiamata bofonchiando un ‘ ci sentiamo dopo ‘. << Non voglio entrare. Non mi serve uno psicologo! >>esclamò rabbioso il biondo, opponendosi a Matt, che voleva farlo entrare in psicanalisi di tutta forza.
<< Mello. >> il rosso disse solo il nome dell’altro, e gli rivolse uno dei suoi sguardi che non ammettono scuse. Dopo che l’altro non osò spiccicare parola riprese a portarlo con veemenza verso la porta.
Lo buttò quasi, data la forza con la quale lo aveva spinto verso la porta socchiusa dello psicologo.
Matt sorrise. Era entrato.
Il ragazzo era letteralmente caduto nella stanza, mentre malediceva il suo amico per averlo costretto a prendere un appuntamento.
<< Ehm, stai bene? Vuoi una mano? >>
Mello alzò lo sguardo e ciò che vide fu una ragazza dietro una scrivania dai capelli lisci e neri, che le arrivavano fin poco sopra il seno, leggermente truccata, occhi verdi e sguardo preoccupato. Indossava una maglietta bianca molto semplice.
<< No, grazie. >> bofonchiò il ragazzo, scontroso. << Sei tu la psicologa? >> esclamò poi, rivolgendole un altro sguardo indagatore, e sedendosi in una sedia di fronte alla scrivania e di fonte a lei.
<< Sì, sono io. >> disse soddisfatta, sorridendogli.
<< Ma sembri poco più che maggiorenne! >> usò un tono duro, che non ammetteva repliche; voleva andarsene da lì.
<< Infatti mi sono laureata in tempo record.. Ma non siamo qui per parlare di me Signor… Leeds? >> domandò la ragazza, osservando una piccola cartella.
<< Ehm, sì. Leeds. >> disse il biondo. ‘ ma che razza di cognome mi ha affibbiato quel coglione di Matt? ‘ pensò.
<< Senti posso chiamarti Mello? Io sono Jodie. >> gli tese la mano, amichevole e con un sorriso stampato in faccia.
<< Hm, sì, okay. >> sussurrò il ragazzo, malvolente.
<< Bene. Tutte le domande che ti rivolgo verranno usate solo e solamente per la terapia, voglio che tu lo sappia. Sono necessarie tutte le informazioni che ti chiedo, perciò ti prego di rispondere. >> esclamò Jodie, gesticolando appena. << Sei di qui? O vieni da un altro Paese? >>
Mello inizialmente non capì l’utilità dell’informazione, ma dopo qualche secondo focalizzò; la mentalità è diversa in Francia come lo è in Inghilterra, o in Italia come lo è in Germania.
<< Sono nato in Germania. Ma sono cresciuto in Inghilterra. >> disse il biondo diffidente.
La ragazza cominciò a scrivere.
<< Sei dell’altra sponda? >> chiese timidamente Jodie, imbarazzata per la domanda. Era necessaria; la mentalità di una persona omosessuale o comunque bisessuale è diversa da quella di un etero.
<< Cosa?? No! >> esclamò Mello, evidentemente colto alla sprovvista.
Il soggetto si veste in maniera strana; ha una cicatrice sulla guancia sinistra che parte dall’occhio e finisce all’angolo della faccia. Promemoria; ricordarsi di chiedere cosa è successo alla sua faccia.
Il ragazzo scrutava apparentemente indifferente il block notes, ma era ovvio che scoppiava dalla curiosità. Voleva leggere che aveva scritto di lui.
<< Bene Mello, raccontami della tua giornata tipo. Cosa hai fatto oggi? >> domandò la ragazza, continuando a scrivere qualcosa, sul pezzo di carta.
<< Cosa ho fatto oggi? >> ripete’ poco convinto.
<< Sì, da qualcosa dobbiamo pur iniziare, no? >> disse l’altra sorridendogli.
Perché diamine mi sorride sempre? Cosa ha da sorridere tanto, io proprio non lo capisco. ‘
<< Bene >> grugnì Mello << oggi mi sono alzato circa alle otto, ho fatto colazione e poi sono uscito fuori con un mio amico; gli avevo promesso che saremmo andati nel suo negozio di videogiochi preferito, e con questa scusa mi ha portato qua. >>
<< A te piacciono i videogiochi? >> continuò la ragazza fiera di se’: aveva trovato un appiglio, una sporgenza alla quale aggrapparsi.
<< No, per niente. Sono solo figure in movimento, non capisco come faccia divertire certe persone! Io proprio non la capisco la tecnologia. >> si lamentò il giovane.
<< Capisco..  Ehy guarda sono già passati quindici minuti. Puoi andare, mi dispiace averti trattenuto. >> esclamò Jodie esibendo il suo sorriso, composto solo da labbra.
<< Grazie >> urlò Mello fiondandosi sulla porta. << un’ultima cosa: hai iniziato a lavorare così giovane, e penso ti sia laureata brillantemente; ma non potevi aspettare un po’ prima di entrare nel mondo del lavoro? >> completò il biondo velocemente quasi volesse scappare da un manicomio.
<< Sono orfana. E maggiorenne. Devo riuscire a stabilirmi e riuscire a vivere. >> esclamò lei, calma e paziente, ancora sorridente. << I soldi per la prima seduta puoi lasciarli alla segretaria, Kate. Grazie per esserti sottoposto alle mie analisi, spero ci rivedremo. >> lo salutò, facendo il consueto gesto con la mano.
Mello le rivolse un’ultima occhiata per poi uscire dalla stanza con dignità assoluta.
 


Nate__ si esprime ed esterna i suoi pensieri:


Come primo capitolo è corto, ma la mia mente malata ha partorito questo.
Okay avevo scritto che avrei ampliato i miei orizzonti in fatto di storie ma Death Note mi ispira troppo, e quest’idea non mi dava pace, mi perseguitava giorno e notte.
E’ la vita.
Premetto che non sono solo due i personaggi nuovi che avremo nel corso della storia e nel prossimo capitolo ne vedremo altri.
Per quanto riguarda quello che succederà non so, ma so di certo che il prossimo capitolo sarà incentrato su L, ma parlerò molto anche di Light.
Recensite in tanti, grazie comunque per avere letto, e al prossimo capitolo. (più lungo. )
Ah, un’ultima cosa; chi preferite tra Mello e Near? A me piaccion tutti e due.
Pi esse; la paura di L per i "fantasmi" è illustrata in L change the world, film e romanzo.
Nate__

   
 
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