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Autore: Jehanne    29/08/2011    7 recensioni
Tutto quello che la giovane Elis desiderava era un'avventura. Voleva solo esplorare la regione di Johto e diventare un'allenatrice. Ma, come molti sapranno, bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché quando l'universo decide di accontentarci il risultato potrebbe non essere quello che si immaginava. Il mondo dei Pokémon sa essere crudele con un'allenatrice alle prime armi con il dono di attirare guai, fortuna (o sfortuna?) che non sarà sola, oh no, la compagnia non le mancherà di certo nel suo viaggio verso la lega. La domanda è: ci arriverà tutta intera?
[“Se hai ancora la mappa possiamo cercare un sentiero”
“Certo che ce l'ho ancora” Rispose acidello Silver, estraendo un foglietto spiegazzato dalla tasca “Ma ovviamente non siamo vicini a nessuna strada”
“Giusto, scusami. La prossima volta che vengo aggredita da un Pokémon gli chiederò se può gentilmente scaraventarmi sul percorso principale, chissà perché non ci ho pensato” ]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Silver
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Disclaimer: i Pokemon non mi appartengono, ma sono proprietà del loro creatore Satoshi Tajiri ...e bla bla bla... ma alcuni personaggi sono frutto della mia mente malata .

Cap.1 Start

Una noiosa mattina di giugno, una come tante altre. Una di quelle in cui non avevo impegni e potevo starmene a letto a poltrire fino all'ora di pranzo, avrei potuto contarne a centinaia se solo ne avessi avuta la voglia.
Avrei potuto alzarmi e uscire a godermi quella bella giornata estiva ma amavo troppo il mio letto. Rimanere a crogiolarmi fra le lenzuola profumate di bucato mi piaceva da matti, che fosse estate o inverno non era importante.

Dopo aver mentalmente ripetuto la promessa di non passare le vacanze chiusa in casa che mi ero imposta, riuscii ad autoconvincermi ad aprire gli occhi, molto lentamente ed emettendo versi simili a mugolii.  
Sentii i raggi del sole che filtravano dalla mia finestra scaldarmi la pelle e mi stiracchiai pigramente, allungandomi e inarcando la schiena come facevano i gatti. Scalciai per allontanare le coperte diventate d'intralcio, mostrando il mio fantastico pigiama con i Mareep. Poi, scivolai giù dal materasso trascinando con me qualsiasi cosa ci fosse sul letto.
In effetti somigliavo più a un bruco che ad un gatto.
Strisciai sul pavimento della mia stanza, ancora troppo stanca per alzarmi in piedi, raggiunsi (lentamente) la finestra e l'aprii. L'aria tiepida e profumata di fiori mi riempì i polmoni e questo mi aiutò a trovare la voglia di tirarmi sù. Mi alzai, affacciandomi per guardare la piccola cittadina dove ero cresciuta.

A Borgofoglianova la vita scorreva ad un ritmo lento e tranquillo, rimasto immutato anche con il passare del tempo. Mi ero presto resa conto che questo non sempre corrispondeva ad un vantaggio, infatti Borgofoglianova era uno dei paesi più noiosi e squallidi di Jotho.
Non potevo dirlo con certezza, non avevo mai visitato altri luoghi a parte Violapoli e solo rare volte Olivinopoli, ma dubitavo che esistessero luoghi altrettanto scialbi e privi di qualsivoglia evento stimolante, o anche solo vagamente interessante. C'era da dire che io non ero certo una di quelle persone che vanno "a caccia di avventure", preferivo passare i pomeriggi nella mia comoda casa, o a leggere seduta sul ramo di un albero, anziché andarmene in giro per quello stupido paesello in cerca di chissà-cosa.
Da qualche giorno però non facevo altro che pensare alla mia vita e alla sua monotonia, e a come le giornate passassero sempre più lente; come il tempo tendesse a fermarsi del tutto qualche volta. Improvvisamente quelle giornate semplici e tranquille che tanto mi piacevano iniziarono a nausearmi, una parte di me temeva che prima o poi quella situazione mi avrebbe portato alla pazzia. Volevo di più, non sapevo neppure cos'era quel "di più" che mi ero accorta da un giorno all'altro di desiderare tanto, ma sentivo che mi mancava qualcosa.
E forse l'uomo avvolto in un camice bianco che avevo appena visto uscire da casa mia poteva darmi quel "qualcosa di più".
Ok, così non suona benissimo...
Lo seguii con lo sguardo il mentre attraversava il giardino, inciampando un paio di volte sui vasi sparsi per il vialetto, fino a che non sparì dietro un albero, fuori dalla mia vista.


“Elis ! Basta poltrire vieni a fare colazione !” Mia madre mi chiamò dal piano inferiore.
Sbuffai, mi allontanai dalla finestra e, infilate le pantofole a forma di Puchu, scesi le scale di malavoglia.
Al piano terra la mamma stava preparando la colazione “Ho delle novità interessanti per te Elis” canticchiò con un sorriso smagliante appoggiando un pacchetto di biscotti sul tavolo della cucina, davanti alla sedia dove mi ero appena accomodata.
“Novità ? Di che tipo ?” Chiesi prima di addentare un biscotto.
“Il professor Elm è venuto qui a cercarti, ma tu stavi ancora dormendo quando è entrato, ha detto che era una cosa importante e di passare da lui il prima possibile” spiegò continuando ad apparecchiare per la colazione.
Ecco la prima cosa della giornata che puzzava di già visto: qualcuno mi cerca ed io, tanto per cambiare, stavo dormendo.
“Un momento… Elm non è il tizio che studia i Pokemon ?” feci con ancora la bocca piena.
“Certo conosci altri professori in questo postaccio ?” S’intromise mio fratello.

Già, essere una patetica quattordicenne sfigata che abita in un paesello sperduto non era abbastanza, dovevo sopportare anche una piccola pulce isterica drogata di Tv!
Anche se, a dirla tutta, non era il mio vero fratello, eravamo fratellastri. Avevamo due padri diversi, e per qualche ragione non avevo mai conosciuto nessuno dei due, ma la cosa sembrava non pesare a nessuno nella casa.
“Chiudi il becco Marcus” Il nanetto sembrò ascoltarmi, tornò a guardare lo schermo della televisione con interesse (anche se davano la pubblicità dei materassi) e la discussione finì lì.
Quel rompiscatole era sempre fra i piedi, era da quando ero piccola che mia madre mi costringeva a portarlo in giro con me e con i miei amici. Superfluo dire che il mio gioco preferito era sfidarlo a fare prove vagamente rischiose e certe volte disgustose.

Ingoiai l’ultimo biscotto e mi avvicinai alla porta pronta per uscire alla ricerca di Elm e del laboratorio ma mia madre mi fermò “Non stai dimenticando qualcosa?” il suo sorriso era un po' troppo tirato...
“Mmh, non lo so, forse… non mi sono pettinata?” azzardai
“Sì anche quello.” dalla sua espressione intuii che dovevo essere meno attraente del solito questa mattina.
“Devo dare da mangiare al criceto?” altro tentativo
“Il criceto è morto, non te lo ricordi tesoro?” fece mia madre portandosi una mano al petto, temendo in una mia improvvisa amnesia.
“Ed è stata colpa tua!” mi ricordò Marcus acido, non aveva ancora superato la questione del criceto morto.
“Ehi non è stata colpa mia, lo stavo portando a spasso e si è gettato di sua spontanea volontà nella bocca del gatto del vicino! Si è suicidato!” dissi in mia difesa.
“Lasciando perdere il criceto…” continuai “Mi arrendo. Cosa mi sono dimenticata?”
“Sei ancora in pigiama scema ” Marcus aveva ragione, strano ma vero, ed io che credevo che si fosse bruciato le retine davanti alla play station.
Di certo non avrei fatto una buona impressione al prof. se mi fossi presentata in pigiama e ciabatte.
“Cacchio è vero !” Volai su per le scale (sì volai perché dire correre non era abbastanza per descrivere la velocità con cui salii le scale)
Entrata nella mia camera mi misi a frugare nell’armadio tirando fuori tutti i vestiti che avevo e facendoli volare in giro per la stanza, ma solo dopo aver rovesciato per terra tutto il contenuto dell’armadio trovai quello che stavo cercando.

Guardai soddisfatta i miei pantaloncini di jeans preferiti, erano comodi, sportivi, ed erano uno dei pochi indumenti che mi piacesse davvero, in sostanza erano perfetti.
Cercai una maglietta fra tutte quelle sul pavimento, rovistando faccia a terra come un cane da tartufo. Alla fine scelsi una canotta nera molto semplice con delle farfalle stampate davanti.
Mi guardai allo specchio per pettinare la massa informe di capelli scuri cercando di farli apparire decenti. Normalmente erano mossi ma appena scesa da letto sembravano sempre un cespuglio secco.
Fissai il mio riflesso con velato disappunto, non ero niente di speciale, ne bassa ne alta, ne bella ne brutta, ne magra ne grassa. Normale insomma, di ragazzine come me se ne trovavano a centinaia.
Almeno potevo vantarmi di non avere troppi complessi legati al mio aspetto come la maggior parte delle adolescenti, e questo forse mi rendeva leggermente diversa dalle centinaia di ragazze nella regione, potevo andarne fiera no?
Smisi di guardare lo specchio e mi infilai le scarpe, le prime che trovai erano dei sandali e, come tutte le scarpe nuove, mi erano un po' strette ma non avevo tempo ne voglia di cercarne altre.
Mamma apparve all’ improvviso sulla porta e per poco non le venne un infarto nel vedere la mia camera in quello stato, e già sapeva che sarebbe toccato a lei rimettere in ordine.
“Sei pronta o la tempesta che si è appena abbattuta sulla tua stanza ha spazzato via anche te ?” Scherzò
“Pronta!” Dissi scendendo le scale, afferrai la borsa con il pokegear preso in prestito senza garanzia di restituzione a mio fratello visto che il mio si era rotto (brutto incidente) e avevo dovuto mandarlo ad aggiustare, e mi diressi alla porta.
"La camera la metto in ordine io" promisi convinta delle mie stesse parole
"Devo crederci?" rise mia madre. Scossi la testa sorridendo e uscii, quello che mia madre chiamava "disordine" io lo chiamavo "arte" , avevamo opinioni abbastanza diverse.

Feci appena in tempo ad attraversare il giardino prima di inciampare, senza preavviso mi ritrovai per terra, coperta di polvere e ghiaia, a osservare i piedi del mio amico Armonio.
Certe volte mi chiedevo perché dovevo essere goffa come un elefante e inciampare praticamente su qualunque cosa.
“Elis ! Sei uscita dalla tua tana a quanto vedo, cosa ti ha spinto così lontana dal tuo computer?” Trillò quello scemo del mio amico d'infanzia.
Domanda legittima, io non uscivo molto, e se uscivo preferivo evitare di passare il tempo con Armonio che, senza offesa, aveva il quoziente intellettivo di una vongola di scoglio.
“Vado da Elm, mi cercava stamattina, pare che debba chiedermi un favore" spiegai "Spero che mi affidi il mio primo Pokemon” Dissi sognante con gli occhi sbrilluccicosi.
“Buona fortuna allora! Hey? Hai visto il mio nuovo amico?” Un topastro blu saltellava di qua e di là felice, mi resi conto che era stato proprio quel coso a farmi inciampare.
“Carino, davvero carino" Ringhiai guardando con odio il maledetto topo "è il tuo Pokemon ?”
“Sì” Rispose Armonio orgoglioso.
“Devo andare, ci vediamo” Lo salutai con un gesto della mano, poteva sembrare assurdo ma quella era la conversazione più intelligente che avessi fatto con quel mollusco.
Ma non avevo tempo per perdermi in chiacchiere, ne tanto meno per fargli i complimenti, volevo arrivare al laboratorio il prima possibile.



Angolo Autrice :
Per adesso fa schifo me ne rendo conto, spero di poter migliorare nei capitoli successivi; premetto che la trama della storia divergerà da quella del gioco con il passare dei capitoli.
Ovviamente critiche, consigli e commenti sono ben accetti.
P.s. Mi scuso infinitamente con il creatore/la creatrice di " Pokemon Journeys" entrambi abbiamo creato una storia basandoci su Pokemon Heart Gold e Soul Silver, non volevo copiare la fic di
qualcun altro e spero che non si somiglino troppo, di nuovo scusa.


  
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