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Autore: StephEnKing1985    30/08/2011    0 recensioni
Donatello è un ragazzo gay un po' in sovrappeso. A causa del suo aspetto fisico, si trova a dover fronteggiare in modo particolare la superficialità e meschinità del mondo gay sotto forma di delusioni che riceve puntualmente da ogni ragazzo che conosce. Per rifuggire al dolore, si diletta in ciò che sa fare meglio: Disegnare fumetti. Il suo personaggio preferito è Dandy Landy, un bellissimo ragazzo frizzante e dolce, in cui Donatello proietta il suo fidanzato ideale, innamorandosene. Ben presto il bel personaggio di carta incomincerà a vivere di vita propria, ma sarà una felicità per Donatello oppure sarà solo l'ennesima delusione?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nei giorni a venire cercai di dimenticare quanto avevo visto nel bosco, anche se con mio fratello sempre lì intorno, era veramente arduo. Gli sfuggivo in tutte le maniere. A pranzo cercavo di mettermi il più lontano possibile da lui (in questo fui aiutato da Simone, con cui parlavo spesso e volentieri), nel pomeriggio andavo a chiudermi in camera a disegnare un po’, e la sera andavo in giro qua e là senza farmi vedere né da lui né da Chiara, che durante tutta la vacanza sorrideva ed era felice, motivo in più per me per starmene alla larga. Non volevo che mi vedesse in quello stato, ma soprattutto non volevo che sapesse ciò che io sapevo.

Penso che Ermanno sospettasse qualcosa, ma il più delle volte non lo vedevo; combinazione, anche Marika spariva in alcuni momenti, ed io sospettavo ciò che non volevo dire nemmeno sottovoce. Chiara, che soltanto alcuni anni prima era stata lungimirante e severa, sembrava non sospettare nulla.

Prendere i giorni come sarebbero venuti, era diventato il mio imperativo. Finché non sarebbe venuto il momento di tornarsene a Bologna…

 

- Come mai mi lasci sempre da solo? –

Simone mi aveva beccato mentre me ne stavo tranquillo e beato a guardare il cielo, sulla solita terrazza. Lo squadrai da capo a piedi, sembrava sinceramente triste. Non sapendo cosa dire, mi guardai intorno più volte, come cercando la risposta negli arredi da giardino che mi circondavano. Non trovandola, il mio sguardo si posò nuovamente su di lui.

- Eh? – biascicai io, sgranando gli occhi.

Senza che io l’avessi invitato, lui si sedette accanto a me. Il suo profumo era inebriante, ma l’espressione del suo viso non mi piaceva. Non mi piaceva vederlo triste, anche se stavo facendo di tutto per tenermi lontano da lui… per non affezionarmi troppo.

Lui mi avvolse con un braccio, accoccolandosi a me. Io mi irrigidii, un brivido di freddo mi percorse la schiena.

- Cos’hai? – sussurrò lui, dolcemente.

- Non … non vorrei che ci vedessero. – risposi io, mormorando. Lui fece una risatina, in risposta. Sembrava sinceramente felice di quel poco di contatto, tanto che la sua espressione non era più triste, ma era ritornata quella di sempre, un ritratto di felicità e spensieratezza. Il pensiero che fossi stato io a fargli tornare il sorriso, fu una carezza per il mio ego.

- Tranquillo. Sono tutti di sotto, a giocare a carte, a guardare film… - rispose – e poi c’è una persona qui che sa di me. – concluse lui, facendomi l’occhiolino.

- Ah – risposi io, senza troppo interesse – E chi sarebbe questa persona? –

- Non la conosci, è inutile che ti dica il suo nome. – disse lui.

- Ah no…? – la mia mano si mosse a carezzargli le cosce toniche sotto gli shorts che portava. Credevo che quel genere di abbigliamento fosse tipicamente femminile, ma dovevo ammettere che Simone ci stava veramente bene. Lui fece le fusa come un gatto, avvinghiandosi ancora di più a me. – Dimmi chi è … - mormorai, e tirando fuori tutta l’anima da latin lover che c’era in me, gli baciai il collo. Profumava di buono, ed era lì solo per me. Lui non rispose, godendosi quella tortura… gli massaggiai ancora i glutei, mentre lui mi baciava sulla guancia. Ora le mie mani erano prossime ad entrargli nei pantaloni. Sentivo con le dita l’elastico degli slip, che sembrarono aprirsi al mio contatto…

- Me lo vuoi dire…? – ripetei io. Lui scosse la testa, mugolando di piacere. Sentii i suoi talloni premermi contro la schiena. Si stava aggrappando a me e con il suo sederino stava strofinando contro la mia patta, dove il mio sesso già turgido, stretto nei jeans, mi stava facendo male.

- No. – rispose lui, secco. – Voglio che tu mi prenda, prima. – concluse, baciandomi le orecchie e succhiandomi leggermente i lobi.

Improvvisamente, aprii gli occhi.

- No. – dissi io – Non possiamo farlo. Non qui. –

Simone sbuffò, allentando leggermente la presa su di me e scendendo dal mio grembo. Proprio come un gatto, che non avendo ottenuto ciò che voleva, se ne va sdegnoso.

- Cerca di capire – lo esortai io – Qualcuno potrebbe vederci. –

- Sei solo un codardo. Uno stupido codardo. Non voglio più vederti. – rispose, continuando a darmi la schiena, quindi se ne andò prendendo la porta della veranda. Io cercai di fermarlo, ma riuscii a pronunciare soltanto il suo nome.

- Simon… - e la porta della veranda si chiuse con uno schiocco secco.

Mi portai la mano destra dietro la nuca, e pensai Forse ho fatto una cazzata. Se da una parte ero tranquillo perché avevo scongiurato una possibile condanna per atti osceni in domicilio non di proprietà (come si vedeva che frequentavo giurisprudenza), dall’altra ero un po’ triste che Simone se ne fosse andato in quel modo, dandomi addirittura del codardo.

   
 
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