I giorni seguenti
allo sfogo di Simone di quella notte passarono relativamente bene. Passavamo
molto tempo insieme, in cui lui mi raccontava tante cose, con una verve
frizzante e simpatica che non gli avevo visto soltanto in una notte. Per gli
altri ospiti della casa eravamo abbastanza estranei, ma né Flavio né Ermanno se
ne facevano un problema… Soprattutto mio fratello, occupato com’era a mettere
le mani addosso a quella ragazza di nome Marika. Avrei voluto parlarne con
Simone, ma sentivo che era meglio di no.
- Ho in mente di
trasferirmi a Bologna, sai? –
In fondo al bosco
c’era anche un ruscello, dove scorreva dell’acqua limpida e fresca,
perfettamente potabile. Ci eravamo andati da soli, io e Simone, per godere un
po’ dell’intimità, circondati dalla natura.
- Eh? Cos’hai detto?
– domandai io, sorpreso. Mi era sembrato di sentire che Simone volesse
trasferirsi a Bologna.
- Hai capito bene.
Voglio trasferirmi a Bologna. – disse lui, senza la minima esitazione.
Siccome eravamo
seduti su due massi separati, io gli andai vicino e mi sedetti accanto a lui,
prendendolo sottobraccio.
- Ne sei proprio
sicuro? – mormorai. Lui annuì, e poi mi guardò con quegli espressivi occhi di
ghiaccio.
- Sicurissimo. Faccio
un cambio di università e vedo cosa mi valgono i crediti accumulati a Padova. –
- Ma… perché? –
domandai io, senza parole.
Lui sbuffò, e mi
respinse via – A volte non so se sei scemo oppure se lo fai apposta – il suo
sguardo si posò di nuovo su di me, e dopo un attimo di silenzio disse – Per
stare con te, Donatello. Solo per stare con te. – rispose, secco.
Non immaginerete mai
come mi sentii in quel momento. No, non ero felice. Ero molto sorpreso che un
ragazzo volesse addirittura cambiare università per stare con me, ma al tempo
stesso ero spaventato dalle conseguenze. Mille dubbi aleggiarono nella mia
testa come un vespaio impazzito, ma ad ogni modo trovai le parole giuste per
non ferirlo.
- Ma… ma è stupendo…
- mormorai, con un’espressione a metà tra lo stupito ed il frastornato.
- Potremmo fare tante
cose. Passare tanto tempo insieme. – Simone sorrise, e dimentico di avermi
respinto solo pochi secondi prima, mi abbracciò forte e mi baciò dietro
l’orecchio. – Ci pensi??? Sarà bellissimo! –
Mentre non mi vedeva,
perso nell’abbraccio, io abbozzai un sorriso. Un sorriso che si tramutò in un
sorrisone. Non fare finta di niente,
Mister Tamburino… lo so benissimo che tu ti sei preso una cotta per questo
ragazzino pazzerello, e non vedi l’ora di mostrarlo a Francesco e poi fartelo
per ogni notte. Allora avanti, non essere timido, e gioisci alla vita.
- Sì… sarà
bellissimo. Amore mio. –
Mi sembrò che Simone
si fosse irrigidito a sentire quelle ultime due parole, ma mi rallegrai che
fosse solo un’impressione sbagliata, perché mi sorrise e mi baciò
appassionatamente.
Restammo lì per tutto
il pomeriggio a baciarci, fino all’imbrunire.
Finalmente anch’io
avevo trovato un fidanzato. Potevo dire questo dopo la miriade di progetti che
Simone mi aveva esposto quel pomeriggio mentre eravamo al ruscello. Quello era
l’ultimo giorno che ci vedevamo, almeno per un po’. La nostra vacanza sarebbe
finita l’indomani.
Tutto sommato, ero
stato fortunato. Una settimana e mezza passata a pomiciare con un bel ragazzo
biondo e riccioluto non era cosa di tutti i giorni (almeno per me), in più
avevo respirato tanta aria buona e visto tanti bellissimi luoghi, che di sicuro
mi sarebbero stati d’ispirazione per i prossimi disegni. Ma soprattutto… ero
contento del fatto che ci fosse una persona, nella mia vita.
Tuttavia, la mattina
del nostro ultimo giorno di vacanze, accadde.
Simone entrò in
camera mia mentre stavo preparando il mio bagaglio. La sua faccia non era
radiosa come sempre, anzi appariva abbastanza tormentata. Sollevando un
sopracciglio perplesso, gli chiesi cosa ci fosse che non andava.
- Dody… Io e te…
dobbiamo parlare. –
Chiamatela
prevenzione, chiamatela sconsideratezza, chiamatela ansia anticipatoria, ma
quando un ragazzo mi diceva quelle due parole, io me la facevo addosso.
- Sì…? Di cosa
vogliamo parlare, Simo? –
Senza che io l’avessi
invitato, e come se le gambe non fossero più in grado di reggerlo, andò a
sedersi sul mio letto, ed incrociò le braccia sospirando. Subito, io andai
accanto a lui a consolarlo, passandogli un braccio attorno alla spalla.
- Amore… cos’hai? C’è
qualcosa che non va? – domandai.
Lui si morse le
labbra, guardando da più parti. – Non … non so davvero come dirtelo… è una cosa
troppo forte. – rispose lui.
- Che cosa? Coraggio,
non aver paura. –
Comprendendo che
l’epilogo sarebbe stato ad ogni modo ineluttabile, Simone aprì la bocca e
pronunciò la sua sentenza.
- Io… ho un ex
ragazzo – cominciò -… Ci siamo lasciati circa cinque settimane fa. L’ho
lasciato io. E lui ha sofferto tantissimo. Credevo di venire qui e
dimenticarlo, e invece… - non concluse la frase.
Io reagii con una
posa che a chiunque sarebbe apparsa fredda. Simone incominciò a piangere,
grossi lacrimoni sgorgarono dai suoi occhi. Dai miei, nulla.
Si aggrappò a me, ma
io ero diventato come una colonna di marmo bianco. Eppure tremavo, la mia
lingua si era come incollata al palato e sentivo un dolore lancinante salirmi
dal fondo della gola.
- S… Scusami… Io non
… -
Non dissi nulla, mi
limitai soltanto a guardare fuori dalla finestra, con occhio catatonico… Poi mi
alzai e mi diressi in quella direzione, lasciando Simone sul letto, che
frignava come un vitello. Cos’avrei potuto fare? Gettarmi ai suoi piedi e
implorarlo di non pensare al suo ex? Riempirlo di sberle fino a farlo rinsavire
e dirgli che ero io il ragazzo perfetto per lui? Cosa, in nome di Dio, cosa?
Niente.
- Parla, Dody. Dì
qualcosa. – mi incitò lui – Parla, ti prego… mi sento una merda in questo
momento… -
Non riuscii a
proferire parola. Ma non per cattiveria, solo perché la mia mente non era
abbastanza lucida da riuscire ad articolare qualcosa.
Non dissi nulla. Non
ce la facevo. Per tutta risposta, ammucchiai i miei bagagli e chiusi la valigia
come se Simone non ci fosse stato, come se non mi avesse mai detto nulla, come
se non avesse mai attraversato quello schifo che era la mia vita.
- Parla Dody, non
farmi incazzare! – Proruppe lui ad un certo punto, alzandosi in piedi. Io
restai fermo accanto al letto, guardandolo fisso negli occhi come un cagnolino
che guarda impaurito il suo padrone perché vuole picchiarlo. Piangeva. Piangeva
come una fontana, eppure sentivo che da me cercava soltanto rassegnazione, o
approvazione. Quello che tutti loro si aspettano quando aprono i rubinetti.
Vogliono che tu dica loro Ma no, ma cosa
vuoi che sia? Nulla… In fondo non sei il primo e non sarai l’ultimo che mi
manda a fare in culo dopo aver fatto tanti progetti e poi averli mandati
bellamente all’aria, per colpa di un ex o perché non sono abbastanza bello…
Il mio coraggio, insieme alla mia dignità, mi imposero il silenzio.
La tristezza di
Simone si tramutò in rabbia, tanto che continuò a piangere, ma uscì dalla stanza
sbattendo la porta. Io restai lì, a guardare un punto indefinito della stanza.