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Autore: Aracton    30/08/2011    3 recensioni
Sì, questo ramo è decisamente scomodo, ma lo spettacolo compensa il piccolo sacrificio. A Ovest, il Sole tramonta fra le fronde degli alberi, coprendo tutto con un manto dai colori caldi. Il silenzio è assoluto, a eccezione del leggero scroscio di un fiume in lontananza, mentre la fauna diurna da il cambio a quella notturna. Respiro una boccata d'aria fresca, apro le braccia e mi lascio cadere all'indietro.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SMERALDI LUCENTI



Sì, questo ramo è decisamente scomodo, ma lo spettacolo compensa il piccolo sacrificio. A Ovest, il Sole tramonta fra le fronde degli alberi, coprendo tutto con un manto dai colori caldi. Il silenzio è assoluto, a eccezione del leggero scroscio di un fiume in lontananza, mentre la fauna diurna da il cambio a quella notturna. Respiro una boccata d'aria fresca, apro le braccia e mi lascio cadere all'indietro.
Ruotando su me stesso cado silenziosamente al suolo, rallentando poco prima di sfiorare il manto di foglie morte. C'è una pace assoluta, un silenzio spettrale. Al di sotto della copertura degli alti alberi c'era decisamente più buio, ma i miei grandi occhi non faticano minimamente a scorgere anche i più piccoli dettagli delle cortecce in quelle oscure tenebre.
Prendo una boccata d'aria, constatando quanto stia divenendo sempre più gelida, e recuperata la mia roba che avevo adagiato sulle radici dell'albero su cui mi ero arrampicato continuai a seguire il sentiero. Seguire non è da intendere nel senso più comune, dato che mi tenevo comunque a una cinquantina di metri più a destra del percorso battuto che attraversa la foresta, restando nascosto fra gli alberi e i cespugli. Seguire la strada non mi era per nulla di difficile comunque, facevo spesso tale manovra. Non pensate male comunque, son costretto a simili misure di sicurezza, se voglio viaggiare sicuro fra le contee. Quelli come me non son visti molto bene dai più comuni abitanti di queste zone, gli Umani: come specie sono amabile, sopratutto le loro femmine, così calde e vogliose, ma spesso e volentieri gli Umani sono quelli che mostrano più razzismo verso le altre razze. Ci temono, credo, anche se non ne capisco il perché. Forse li spaventiamo perché siamo diversi, anche se per me non ha molto senso: ai nostri occhi non sono anche loro dei "diversi"? Perché allora noi Dreller non proviamo le loro stesse paure? Mi son sempre chiesto se noi gli avessimo mai fatto qualcosa di male tempo fa, ma nei libri non avevo mai sentito parlare di nessuna guerra fra noi e gli Umani. Ci vedevano come degli esseri negativi a prescindere, come se fossimo dei demoni malvagi venuti al mondo solo per nuocergli. Ma non generalizziamo, non tutti gli umani sono così per fortuna.
Il Sole era ormai calato, la notte sopraggiunta, e la fauna notturna si stava risvegliando. Cominciavo a sentire i morsi della fame, sempre più frequente a causa degli miseri pasti a cui ero costretto dal lungo viaggio. Ma essendo in mezzo alla natura almeno potevo usufruire di ciò che offriva la foresta, se avessi avuto fortuna.
Un grido acuto in lontananza interruppe la mia linea di pensiero, in quel momento pacatamente occupata nella ricerca di un qualche fungo commestibile per condire il mio blando banchetto serale. Non ho badato molto a dove provenisse, distratto in parte dai molti uccelli che presero il volo spaventati. Ma ecco che alle mie orecchie attente giunge un altro grido. Stavolta capisco da dove provenga, per cui deciso corro verso Nord, parallelo al sentiero. In spalla porto una grossa spada, un po' arrugginita a dire il vero, ma comunque in grado di fare il suo sporco lavoro. Non ho mai amato usarla, ed è anche per questo forse che l'ho lasciata un po' a se stessa e gli ho permesso di ridursi così. Ma che ci posso fare? Non sono un guerriero, se non fosse per lo schifo di società in cui vivo ne farei benissimo a meno. So usarla comunque, e per questo devo ringraziare mio padre e mio fratello. Pace all'anima loro.
Un altro grido, a non più di duecento metri nord-est da me. Fui colto dal dubbio: che dovevo fare? Ero abbastanza lontano per fingere di non aver sentito nulla, ma non potevo non accorrere. Il grido poi non poteva che appartenere a una povera donzella, indifesa d'innanzi a chissà quali atroci mostruosità.
Gettai a terra la mia pesante sacca, per avere un andatura più veloce, e scattai verso la fonte delle grida. I miei piedi non procurarono alcun rumore e il mio respiro era inudibile mentre correvo al soccorso della donna. Un tempo noi Dreller dovevano essere stati una delle specie predatorie più temute, teoria convalidata dalle sorprendenti capacità di cui siamo dotati nonostante la civilizzazione ci ha avvicinato ad uno stile di vita pacifista. Beh, non proprio pacifista: per quanto siamo "buoni e cari" con gli altri, se serve sappiamo mostrare gli artigli.
Taglio il sentiero, percorro in pochi secondi la distanza che mi separava dalla donna e impugno la spada, pronto a fronteggiare qualsiasi creatura mi si fosse parata d'avanti. Se si trattasse di un balordo o di una bestia, sapevo benissimo come dovevo affrontarla: i vari affondi, parate, contrattacchi... tutto vivido nella mia mente. Ma dalla teoria alla pratica, come si suol dire, c'è di mezzo un oceano. Speravo solo che il mio non fosse tanto profondo.
Ecco che scorgo la donna, sta scappando: è una giovane donna Umana, dai capelli biondi tenuti molto puliti, cosa insolita da queste parti. Indossa una leggera corazza di cuoio, apparentemente immacolata, sopra una camicetta di un bianco sporco. Alla cintola portava numerose cinture, dalle quali pendevano svariati sacchetti e la fodera vuota di un pugnale. Degli stivali alti macchiati di fango completavano la figura, di per se esile e aggraziata.
Al suo seguito, vidi subito dopo, vi stavano quattro Umani e quello che pareva un "Manipolatore d'Ombre", uno sciamano guerriero appartenente al popolo dei Rafini. Brutta situazione quella in cui mi stavo ficcando. Gli Umani potevo gestirmeli abbastanza bene, ma il Rafino era un incognita troppo vaga. E la donna... perché scappava da loro? Non aveva l'aspetto di una ladra.
Mi accodai silenziosamente agli inseguitori, indeciso su come agire. I quattro Umani indossavano delle leggere corazze dall'aspetto bizzarro, probabile frutto di un mescolamento di parti di varie armature. Nulla di tanto eclatante alla fine, parevano degli anonimi banditi in corsa verso la prossima refurtiva. Il Rafino invece era tutto il loro opposto: la sua pelle grigia e striata era protetta solo da della semplice stoffa, dai caldi color arancio e marrone. Indossava anche una lunga sciarpa rossa, dalla quella aveva ricavato una sorta di cappuccio, che nella frenesia della corsa formava come una lunga coda che gli partiva dalla testa. Il suo capo era comunque scoperto, le sua testa priva di occhi per nulla celata ai miei.
La donna inciampò, probabilmente in una radice di un albero o in un sasso ben piantato nel terreno. Nel buio della notte anch'io faticavo un po', nonostante la mia vista formidabile, a evitare tutti quegli ostacoli celati. La donna si rialzò frettolosamente, incurante del braccio che aveva cominciato a sanguinargli, ma si rese conto di essere irrimediabilmente circondata. Ancora indeciso su come agire, forse per codardia, mi limitai a scalare un albero vicino e ad osservare la scena senza intromettermi. Avrei tanto voluto balzare in mezzo a quei briganti e dargliene di santa ragione, ma la presenza dello sciamano Rafino mi terrorizzava. Si sentivano strane voci su di loro, e non erano molto belle. Sacrificatori, seguaci del Dio Anziano, necrofagi... non avevano una bella fama.
Il Rafino si avvicinò alla donna, che come potei notare aveva degli occhi di un verde brillante. Il suo sguardo smeraldino però non nascondeva il disgusto che provava per lo sciamano. Non so con quale coraggio gli sputò addirittura in faccia. Il Rafino rise, una risata che mi fece raggelare il sangue. Saltai silenziosamente verso un albero più vicino all'oscuro essere, pronto a piombagli addosso. Il grosso ramo mi resse, senza generare rumori sospetti che mi avrebbero potuto far rivelare preventivamente.
Il Rafino però si allontanò di qualche passo, dando le spalle alla donna, e fece un gesto agli Umani mentre estraeva un grosso pugnale intarsiato e dalla lama ricurva. Non avevo più dubbi: dovevo intervenire in quel momento, o per la donna sarebbe sopraggiunta la morte. Magari l'avrebbe addirittura mangiata. Inorridito da quel pensiero, mi gettai dall'albero, e affondai con la forza della caduta la mia spada arrugginita nel cranio cieco dello sciamano. Pensai di avercela fatta, di aver sconfitto quell'oscuro individuo con un sol colpo.
Sfortunatamente mi sbagliavo.
La mia lama andò a conficcarsi nel terreno, il Rafino svanito nel nulla. Qualcosa mi prese alla spalle, scagliandomi contro un albero e facendomi perdere la presa sulla mia spada. Mi rialzai velocemente, conscio che da inerme sarei stato un bersaglio succulento. La mia spada era poco lontano, una capriola e l'avrei riagguantata se non fosse per il Rafino che mi intralciava la strada. Inclinando leggermente la testa, lo sciamano tese una mano e qualcosa di invisibile mi colpì al petto, spezzandomi di certo qualche osso e mandandomi a terra. Sputai sangue, vergognandomi di quanto stavo disonorando mio padre e tutti gli insegnamenti che mi aveva dato.
Mi rialzai nuovamente, e con audacia mi scagliai addosso a quel mostro senza occhi. Forse lo sorpresi, forse era semplicemente distratto, ma riuscì a gettarlo a terra. Gli afferrai i polsi, cercando di impedirgli di usare il pugnale per squarciarmi. In quella posizione però, ero del tutto in mercé degli Umani e quasi del tutto incapace di poter attaccare il Rafino. Alzai un attimo lo sguardo, giusto per prepararmi a ricevere il colpo di grazia da parte di uno dei briganti, quando li vidi addosso alla donna: privata della protezione di cuoio e della camicetta la pelle quasi bianca della donna riluceva, mentre il suo seno nudo danzava in risposta agli strattoni che gli uomini, contendendosela, le davano. La donna piangeva disperata, supplicandoli di liberarla, ma mi parve che la cosa li divertiva soltanto.
Mostri schifosi.
Carico di rabbia, diedi una testata al Rafino, lo disarmai e gli piantai il pugnale là dove avrebbe dovuto avere l'occhio sinistro. Il viscido essere non emise un suono, semplicemente morì. Mi rialzai, un po' scosso e dolorante, sputai ancora del sangue e mi avventai su uno degli uomini, piantandogli il contorto pugnale nel cuore.
Pensavano forse che il Rafino mi avrebbe fermato senza problemi? Dal loro sguardo stupito non potei dedurre altro, mentre liberavo il pugnale dalla carcassa dell'Umano. Mi furono addosso, ma con agili movimenti e colpi mirati li uccisi tutti. La lama del Rafino mi disgustava, pensando a quanti innocenti avesse privato di vita, ma in cuor mio utilizzandola sul suo proprietario e i suoi uomini la purificai, anche se di certo solo in minima parte. La gettai lontano comunque, in parte in pena per le vite che avevo strappato. Odiavo uccidere, lo facevo solo se costretto da cause maggiori. E non bastava a farmi sentire meglio...
Mi avvicinai alla donna, esausto. Si ergeva con le spalle appoggiate su un tronco, pallida, fissandomi come se fossi la morte in persona. Mi dispiacque che ella mi vedeva in tale maniera, ma in fondo non potevo dargli tutti i torti. Neanch'io nonostante i miei buoni propositi riuscivo a vedermi con un Angelo salvatore.
Vidi ciò che rimaneva dei suoi indumenti che gli erano stati strappati a forza, a un palmo della mia inutile spada arrugginita. Pensai, sul momento, che sarebbe stato carino renderglieli. Se non d'obbligo, addirittura. Mi chinai su di essi, tendendo la mano, quando qualcosa mi colpi al fianco e mi fece rovinare a terra. Non ebbi nemmeno il tempo di rialzarmi che un calcio mi spezzò il fiato, oltre a qualche altra costola. Il dolore è atroce, quasi non riesco a muovermi. Cerco di capire cosa possa essere successo, dove posso aver sbagliato. Forse i briganti e il Rafino non erano soli? Impossibile, non possono non essermene accorto!
Infine mi volto, confuso, verso il mio assalitore: la pallida donna dagli occhi verdi, impugnata la mia spada, si accinge a darmi il colpo di grazia. Diamine, è vero che noi Dreller non abbiamo una bella fama nelle terre degli Umani, ma non pensavo si potesse giungere a questo! Venni colto dalla paura, dal rimpianto, dall'odio e da altre mille emozioni. Ero inerme d'inanzi al mio boia, pochi attimi dopo averle salvato la vita. La donna emise un grido liberatorio, alzò in alto la mia spada e mi uccise.
I suoi occhi, brillanti come smeraldi lucenti, furono l'ultima cosa che vidi.
  
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