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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    31/08/2011    2 recensioni
“Shaka non si riprenderà mai solo col nostro aiuto… Ha bisogno di te, che sei sempre stato con lui, con cui ha sviluppato un legame fortissimo, non fisico, ma con la mente. Sei tu l’unico in grado di aiutarlo.” Parole indubbiamente vere quelle che Saga gli aveva rivolto poco prima della partenza: lui e Shaka avrebbero dovuto lasciare la Terra Santa per il tempo necessario al Saint della Vergine di riprendersi."
[Fanfiction partecipante al"Friendship Contest" indetto da White Gund@am]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aries Mu, Nuovo Personaggio, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Contest A Cui Partecipa: “Friendship Contest” indetto da White Gund@m

Fandom: Saint Seiya

Rating: Per tutti

Personaggi/Pairing: Shaka, Mu, Nuovo Personaggio

Tipologia: One-Shot

Lunghezza: 3560 parole, 9 pagine.

Avvertimenti: Original Character.

Genere: Malinconico, Introspettivo.

Citazione Scelta: L’amicizia quella vera la senti quando inizi a preoccuparti dell’altro, quando riesci a percepire i battiti del suo cuore, a sentirne la stanchezza, la gioia. Per questa amicizia saresti pronto a stendere un tappeto rosso sul suo cammino per non farla inciampare nelle difficoltà della vita. [Gaetano Cioppa]

Titolo Della Fanfiction: Ritrovando La Via di Casa

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Masami Kurumada e della Toei che ne detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in essa, appartengono solo a me.

Note dell'Autore: Sono una fan dei Saint da quando ero bambina e da sempre scrivo su di loro. E questa storia, in particolare, è molto importante per me perché vuole in un certo senso mettere a nudo i sentimenti di un personaggio che io amo particolarmente, Shaka di Virgo.

Introduzione alla Fan's Fiction: “Shaka non si riprenderà mai solo col nostro aiuto… Ha bisogno di te, che sei sempre stato con lui, con cui ha sviluppato un legame fortissimo, non fisico, ma con la mente. Sei tu l’unico in grado di aiutarlo.” Parole indubbiamente vere quelle che Saga gli aveva rivolto poco prima della partenza: lui e Shaka avrebbero dovuto lasciare la Terra Santa per il tempo necessario al Saint della Vergine di riprendersi.

RITROVANDO LA VIA DI CASA

Il vento freddo spirava impetuoso quel giorno, come soffio di fiamma di un drago, increspando il cupo mare dinanzi alla spiaggia.

Le grandi onde glaciali, cinte di candida schiuma, s’infrangevano con fragore sulle scogliere, battute dai forti venti mentre il cupo stridere di un gabbiano solitario sull’immensa distesa marina riecheggiava angoscioso, del tutto simile a un lamento di morte.

La piana sassosa era deserta, tranne che per due, singole presenze.

Ma una figura umana resisteva senza problemi a quell’aggressione da parte della natura impazzita, lunghi capelli biondi lo colpivano sulle guance leggermente arrossate mentre i suoi occhi, azzurri ma stranamente spenti, sembravano scrutare il mare in lontananza, in apparenza concentrati a seguire il violento moto ondoso infrangersi sulle rocce affioranti.

Ma era davvero così?

Poco lontano, un altro giovane, ugualmente biondo, stretto in un maglione di lana color della ruggine, stava in piedi, osservandolo con espressione pensierosa e cupa.

Sembrava che tra loro ci fosse una barriera invisibile, una barriera che non c’era mai stata prima di allora e che era sorta all’improvviso: non c’era mai stato nessun limite tra loro, le loro menti erano sempre state perfettamente accessibili per l’uno e per l’altro, gentilmente irradiate dalla forza dei Cosmi dorati che li contraddistinguevano come guerrieri della Dea Athena.

Ma ora quel legame, un tempo sempre presente, che univa le loro menti in maniera indissolubile non esisteva più: sebbene i forti poteri telepatici che lo avevano sempre accompagnato fin dalla nascita fossero rimasti intatti, Mu non riusciva minimamente a raggiungere la mente di Shaka.

Dal momento del loro ritorno dalle lande di Hades, infatti, pur se ormai rinati a nuova vita, Shaka non aveva più detto nulla, semplicemente era rimasto in silenzio, come una bambola rotta, priva di qualunque scintilla vitale.

Il Saint di Aries tremò per un’improvvisa folata di vento gelido, che si era insinuata sotto i suoi vestiti, ma cercò di focalizzare la propria mente sulla mole di avvenimenti che li avevano travolti, con la forza di quelle ondate che lambivano furiose la spiaggia e le scogliere le quali costellavano la costa della Francia del Nord.

Socchiuse per un attimo gli occhi, ripercorrendo i lunghi e dolorosi momenti in cui tutti loro si erano rimboccati le maniche, i tentativi quasi disperati per far tornare almeno un barlume di vita negli occhi di Shaka, spalancati su un mondo che, probabilmente, vedeva solo lui, le lunghe giornate sempre uguali, senza il minimo miglioramento.

E infine, la consapevolezza che la strada da intraprendere fosse solo una.

“Shaka non si riprenderà mai solo col nostro aiuto… Ha bisogno di te, che sei sempre stato con lui, con cui ha sviluppato un legame fortissimo, non fisico, ma con la mente. Sei tu l’unico in grado di aiutarlo.”

Parole indubbiamente vere quelle che Saga gli aveva rivolto poco prima della partenza: lui e Shaka avrebbero dovuto lasciare la Terra Santa per il tempo necessario al Saint della Vergine di riprendersi.

Era stato Camus a scegliere quel luogo, conosceva quelle valli sterminate e quelle spiagge solitarie spazzate dalla furia degli elementi ed era certo che gli influssi positivi della sua terra, uniti alla presenza del tibetano, avrebbero aiutato Virgo a ritornare alla vita.

Ma erano già parecchie settimane che si trovavano lì e ancora non avevano concluso nulla, purtroppo.

E nel profondo del cuore, Mu cominciava a dubitare dell’effettiva efficacia di quella scelta.

Con un sospiro, mosse qualche passo in avanti, avvicinandosi all’amico, che in tutto quel tempo era rimasto immobile, per poi poggiargli una mano sulla spalla: “Shaka, è ora di ritornare.” gli disse con voce il più possibile calma e posata.

Come un automa, l’indiano si era voltato verso di lui, puntando nei suoi quegli occhi del tutto spenti: senza dire una parola, si lasciò guidare dall’amico verso la strada principale, che costeggiava per parecchie miglia il litorale e che conduceva al paesino che dava loro rifugio; poche case, persone gentili e riservate, sembrava proprio l’ideale.

In silenzio, i due giovani presero a camminare sul ciglio della strada, senza quasi guardarsi in viso, un passo dopo l’altro, mentre nel cielo sopra di loro andavano ad accumularsi sempre più dei minacciosi nuvoloni.

Un momento dopo, alcune gocce cominciarono a cadere dal cielo, e in pochi istanti si era scatenato un acquazzone coi fiocchi, che costrinse i due a cominciare a correre nel tentativo di raggiungere il più in fretta possibile le prime case del paese.

Ma la strada era lunga e la via sembrava più impervia che mai, con la pioggia pesante che li colpiva con discreta violenza: non era proprio l’ideale…

Avrebbero dovuto trovare un rifugio, almeno fino a quando la pioggia non si fosse fermata, o si sarebbero fatti male.

Col cuore che gli batteva a mille, spaventato per la situazione e preoccupato per Shaka, Mu cercò di ragionare: avrebbero potuto cercar riparo nei boschi limitrofi, ma anche i bambini sanno che non è saggio ripararsi sotto un albero durante un temporale.

Allora che fare?

“Bontà divina! Ragazzi! Cosa fate fuori con questo tempaccio?!”

A scuotere Aries dai suoi pensieri era stata una voce seriamente angosciata, femminile: alzando la testa, il tibetano vide una donna di mezza età, paffuta senza però sembrare eccessivamente grassa, e avvolta in un pesante scialle di lana, correre verso di loro con un grosso ombrello aperto per ripararli, il suo viso era gentile, appena appena adombrato dall’ansia che permeava anche la sua voce.

“Siete tutti zuppi, poveri cari, venite con me.”.

Senza neppure permettere a Mu di aprire bocca, lei lo afferrò per il polso, buffo quanta forza si nascondesse in quel corpo all’apparenza privo di qualunque vigore guerriero, e lo trascinò senza tanti complimenti verso la macchia di alberi che delimitavano la strada.

Aiutando il proprio compagno a farsi strada tra le radici affioranti e attraverso l’intrico di rami che li circondava, senza però per questo perdere di vista la loro misteriosa accompagnatrice, il biondo telepate infine raggiunse quella che sembrava una casetta delle fiabe, persa nell’intrico della foresta.

Le ombre della notte erano cominciate ormai a calare quando giunsero lì davanti, sembrava quella di Hansel e Gretel, oppure quella della nonna di Cappuccetto Rosso, favole europee di cui aveva tanto sentito parlare dai Bronze più giovani: amava molto leggere, anche se le favole non erano propriamente il suo genere e quelle due storie gli erano rimaste particolarmente impresse: il motivo non lo sapeva, forse la loro ambientazione. E in quel momento, gli sembrava davvero di veder spuntare il Lupo Cattivo con tanto di cuffietta da dietro la casetta.

“Ci dovrebbero essere delle pantofole nell’angolo più vicino alla porta: toglietevi quei vestiti zuppi prima di beccarvi qualche malanno. Il tuo amico non mi sembra che stia molto bene, forse è meglio che tu lo porti nella cameretta di sinistra a riposare.”.

La voce della donna lo strappò alle sue elucubrazioni e lui la seguì di buon grado dentro la piccola ma accogliente abitazione; con un rapido colpo d’occhio, notò che lo circondava un mobilio in stile occidentale, quasi rustico, con un tavolo di legno grezzo al centro del piccolo soggiorno/cucinino/ingresso, attorno, c’erano madie massicce e credenze piene di vecchie tazze e stoviglie.

Ma non aveva tempo per concentrarsi su quello; con attenzione, aiutò l’amico a levarsi le scarpe e, praticamente portandolo in braccio, lo condusse nella stanza che gli era stata indicata: il suo cuore ebbe un sobbalzo nel vederlo così arrendevole e fragile, abbandonato tra le sue braccia.

Fece come aveva detto, meglio forse dire ordinato, la padrona di casa e sostituì gli abiti zuppi di Shaka con alcuni, caldi e morbidi, che aveva trovato sul letto dove lo aveva fatto stendere.

Una volta concluso, sembrava che il suo compagno fosse crollato addormentato, stremato da quella situazione, così Mu decise di lasciarlo tranquillo e quindi uscì, richiudendosi alle spalle la porta con attenzione.

Impegnata ai fornelli, con lo scialle ancora addosso, la loro ospite stava armeggiando con quello che sembrava un bollitore per il thè; ma una volta accortasi della presenza di Aries, mollò tutto e gli corse incontro con preoccupazione: “Sta meglio?” gli chiese lei, facendogli cenno di sedersi al tavolo.

“Si è addormentato.” dichiarò il biondo, osservandone con attenzione i movimenti: “Grazie per l’ospitalità.” si affrettò ad aggiungere, mentre lei gli metteva davanti una tazza fumante, “Non ringraziarmi, non ce n’è bisogno. Sarebbe stato da irresponsabili farvi correre sotto la pioggia.” notò con tono materno, sedendosi poi di fronte a lui.

E per alcune ore parlarono, parlarono di tutto, del perché i ragazzi si trovassero lì, Mu sentiva di potersi fidare di lei, le raccontò ogni cosa, e lei rimase pazientemente ad ascoltare, lasciandolo sfogare di tutte le incertezze e paure che provava e che aveva provato in tutto quel tempo, senza mai interromperlo, lasciando che l’amicizia profonda che provava per il Saint di Virgo trapelasse senza che forse neppure lui si fosse accorto di averla messa in risalto con le sue parole.

Alla fine, quando ormai era tarda notte, Aries smise di parlare ed entrambi rimasero lì, in silenzio, ad ascoltare la pioggia che cadeva leggera sul tetto, sulla porta e sui vetri delle finestre, come una ninnananna.

Il tibetano era esausto, anche se sentiva di essersi tolto un peso dal cuore.

“Perché non rimanete qui con me, almeno finché il tuo amico non si sarà del tutto ripreso? Avete entrambi bisogno di tranquillità per ritrovare voi stessi e qui potete stare quanto volete. Sono passati tanti anni dall’ultima volta che ho avuto a che fare con dei ragazzi e se posso esservi utile in qualche modo…”

La proposta giunse inaspettata per giovane, che la fissò in viso senza comprendere appieno quello che ella volesse dire.

Le tazze erano sparite e al loro posto era comparso un libro, grazioso, nella sua copertina rosso intenso vergata da sottili arabeschi dorati sul frontespizio e sulla costa, che andavano a formare una scritta.

Amitié.

Amicizia.

“Cos’è?” chiese con curiosità il guerriero, prendendolo tra le mani con attenzione.

La donna sorrise: “È una raccolta di frasi, poesie e citazioni sull’amicizia. L’avevano preparata i miei alunni, una delle tante classi a cui ho insegnato. Potresti provare a leggergliene qualcuna…” azzardò lei.

Vedendolo perplesso, ella sospirò, si levò gli occhiali e prese a pulirne nervosamente le lenti nel grembiule: “Una volta, uno dei miei ragazzi mi disse queste parole, -Maestra, io credo nella forza della parola e nella sua capacità di restituire il sorriso. Forse le sembrerà stupido, ma è così, ho la ferma convinzione che una storia, una qualunque storia, se sapientemente raccontata, può essere in grado di curare gli animi, mettere in contatto le persone solo attraverso le vibrazioni dell’anima e far si che da ogni storia, si possano ricavare insegnamenti utili e imparare qualcosa. Ho questa ferma convinzione.- Al tempo, questo scricciolo non aveva neppure 14 anni, amava scrivere più che giocare coi coetanei, ed è stato lui a insistere per raccogliere tutto il possibile che sia mai stato scritto sull’amicizia.”.

Ci fu un attimo di pausa, ingentilito dal picchiettio della pioggia.

“Ed è stato utile a tanti suoi compagni, sai? Voi forse siete un po’ più cresciuti di loro, ma io credo… Che possa esservi utile riscoprire voi stessi tramite queste parole. Riscoprire la vera amicizia potrebbe essere la via per farlo riprendere del tutto.”.

§§§

E così fu.

Per i giorni seguenti, Mu rimase accanto a Shaka, con quel libro tra le mani, in quella stanzetta lontano dal mondo, quasi come se non ne facessero più parte e fossero stati proiettati in una dimensione onirica, del tutto staccata dalla loro realtà, ormai così lontana.

Era come se fossero rimasti solo loro in tutto il mondo.

Mu leggeva, leggeva pezzi di piccole favole, frasi vergate da manine infantili, da cui sentiva emanare autentico affetto disinteressato, come se quelle pagine avessero vita propria, infusa loro dai piccoli e improvvisati autori che, con le loro parole, volevano veramente urlare al mondo l’importanza del più bello dei legami.

Mu leggeva continuamente, senza quasi fermarsi, con le notti che s alternavano ai giorni, e quando crollava addormentato per la stanchezza, al risveglio, spesso e volentieri, si trovava una coperta drappeggiata addosso, e Shaka seduto sul letto, che sembrava aspettarlo pazientemente.

Però, e Aries l’aveva notato, c’erano stati dei netti miglioramenti e a volte gli sembrava quasi di rivedere negli occhi del suo amico quella luce che disperava di rivedere.

E ciò lo spingeva a proseguire in quell’opera.

Al mattino del quarto giorno di permanenza lì, Michelle, la padrona di casa, e il tibetano erano usciti di buon mattino in giardino: il guerriero di Athena si era offerto di aiutarla a spaccare la legna per il caminetto ma all’improvviso, quando il Sole aveva appena cominciato a brillare, pallido, sopra di loro, udirono distintamente la porta di casa cigolare e nel cortile, umido per la brina notturna, era comparso Virgo.

Sulle prime, Aries si era spaventato, ma a sorpresa, cosa che non era mai successa in tutti quei lunghi mesi trascorsi dall’indiano nella sua apatia, Shaka gli si era avvicinato: tra le braccia stringeva qualcosa.

Era il libro.

E questa volta Mu ne era sicuro: i suoi occhi non erano più così smorti come un tempo.

Lui prese tra le mani tremanti il volume, incerto su cosa fare.

Fu Michelle a venirgli in aiuto, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.

“Siediti e leggi, forse ha trovato la via di casa…”.

Parole meravigliose, che infusero nuova speranza nel cuore del biondo.

E così, all’aria aperta, mentre il cielo cominciava a tingersi di un azzurro talmente intenso da ricordare quel mare greco che era, ormai da molto tempo per loro, sinonimo di casa, l’Ariete riprese a leggere, con la determinazione propria di chi ha qualcosa di importante da portare a termine e da proteggere.

Forse Saga aveva ragione.

“Shaka non si riprenderà mai solo col nostro aiuto… Ha bisogno di te, che sei sempre stato con lui, con cui ha sviluppato un legame fortissimo, non fisico, ma con la mente. Sei tu l’unico in grado di aiutarlo.”

Quelle parole non gli erano mai sembrate così vere come in quei momenti.

E la loro lunga marcia proseguì, con più ardore e determinazione che mai, fino a quella fatidica notte.

Doveva essere ormai il decimo giorno, pur se lenti, i graduali miglioramenti di Shaka continuavano a rassicurare Mu, che si era sempre più convinto che fosse la via giusta da seguire: ormai erano arrivati quasi alla fine del libro, ma non sarebbe stato questo a fermarlo, su questo non v’era il minimo dubbio.

Aveva in mano la salvezza di colui che, senza la minima esitazione, se glielo avessero chiesto, avrebbe definito come “amico prezioso” e avrebbe lottato per aiutarlo: era stato un Saint, ma era anche, e soprattutto, un essere umano, un uomo capace di provare quei sentimenti che lo rendono tale.

Fu sull’ultima pagina, esattamente, sembra buffo, sull’ultima citazione che chiudeva tutta l’opera, compilata nella scrittura sghemba che già altre volte, tante e tante, aveva visto vergata sulle pagine precedenti, che si fermò, con un groppo in gola che non ne voleva sapere di scendere.

Poche righe, che però l’avevano scombussolato fin nel profondo del cuore, come neppure le altre erano riuscite.

Dopo averle lette una prima volta, rimase come ipnotizzato da loro, mormorandole a bassa voce, quasi volesse imprimersele bene nella mente.

Poi le ripetè a voce più alta e udì chiaramente il tremolio nel suo tono.

L’amicizia quella vera la senti quando inizi a preoccuparti dell’altro, quando riesci a percepire i battiti del suo cuore, a sentirne la stanchezza, la gioia. Per questa amicizia saresti pronto a stendere un tappeto rosso sul suo cammino per non farla inciampare nelle difficoltà della vita.

Possibile che, chiunque avesse deciso di mettere quelle parole alla fine del libro sapesse…

No, non era possibile.

Non poteva aver previsto tutto quello che avevano passato, i sentimenti che il Saint di Aries aveva imparato a riconoscere in quei giorni, il desiderio che aveva maturato di alleggerire quanto più possibile il pesante fardello sulle spalle del compagno, non poteva aver previsto l’emozione intensa che gli era sgorgata dal cuore nel momento in cui aveva cominciato a preoccuparsi non più del divo Virgo ma dell’uomo Shaka, il momento in cui aveva avuto chiaro il sentore del cuore che batteva nel petto dell’indiano, una sensazione strana, per coloro che avevano sempre comunicato tramite le loro menti.

Eppure quelle parole gettate sulla pagina, tra le macchie d’inchiostro ormai asciutte esplicavano chiaramente tutto ciò.

Esprimevano quanto si fossero avvicinati in quel breve lasso di tempo, molto più che in anni di legami mentali quasi ininterrotti.

Che fosse quella la vera amicizia che Michelle intendeva?

La rilesse ancora una volta e si convinse che era proprio così, che quelle frasi sembravano scritte apposta per loro.

Osservò la copertina del libro.

Che fosse quello il tappeto rosso che aveva steso per permettere a Shaka di camminare tranquillo lungo il sentiero che lo avrebbe riportato a casa?

Non dovette aspettare molto per averne la conferma.

Perché una voce lontana, bassa e roca eruppe con la forza di un’esplosione dalle labbra screpolate di Shaka, mentre i suoi occhi riprendevano rapidamente la loro luce, ritornando a essere quei laghi azzurri e profondi che erano sempre stati.

Sbaldordito, Aries si ritrovò la mano lasciata libera stretta saldamente da quella del biondo Saint della Vergine, che lo fissava come smarrito, quasi fosse un bambino sperduto: “Mu…” bisbigliò in un sussurro.

Con quell’unica parola,sembrava come se tutte le barriere che li avevano divisi si stessero sgretolando come un castello di sabbia in riva al mare.

E con un ultima ondata, in forma di unica lacrima versata da Virgo, ogni muro crollò definitivamente.

Per la prima volta da quando erano tornati alla vita, il tibetano sorrise, e il suo era un sorriso sincero e commosso.

Annuì, senza avere la forza di dire nulla.

I due guerrieri rimasero per qualche istante così, fermi, immobili, con il libro ancora poggiato sulle ginocchia del telepate, godendosi quel ritrovato contatto.

“Come ti senti?” riuscì a chiedergli infine, spostando il proprio sguardo sul viso dell’altro; il compagno restò per un attimo come immerso nei propri pensieri, poi sospirò: “Come se mi fossi appena svegliato da un lungo, lunghissimo sonno.”.

E poi aggiunse: "So che mi cercavate, alcune volte vi sentivo, ma non avevo la forza di risollevarmi.”.

La voce di Shaka era ancora spenta e roca ma era rassicurante sentirlo parlare, era come se, a ogni parola buttata fuori, tornasse indietro un nuovo pezzettino di lui.

"Ho pregato a lungo Athena e il Buddha di aiutarmi," proseguì il biondo, tenendo lo sguardo ostinatamente fisso di fronte a sé: "Ma nessuno poteva giungere in mio aiuto, ora lo so. Avevo chiuso il mio cuore, ero io per primo a non voler tirarmi fuori da quel baratro di disperazione.".

Mu non disse nulla, si limitò a stringergli forte le mani.

"Quando ci siamo ritrovati tutti di fronte al Muro, pronti a distruggere sia lui che la nostra vita, in perfetta comunanza di spirito e Cosmo, mi sono sentito felice." confessò in un sussurrò, "Si, ero proprio felice..." sospirò, reclinanando la testa all'indietro e socchiudendo gli occhi.

"Ma è durato troppo poco, un attimo soltanto, poi mi sono ritrovato strappato dal flusso e gettato nel buio. a oggi, non so esattamente cosa sia successo, ma posso dirti questo, amico mio," il suo sguardo fisso in quello di Mu era caldo, pulsante di vita, "Non voglio più provare qualcosa di simile..." la sua voce si spense in un sussurro.

"Come sei riuscito a risalire allora...? Abbiamo provato ogni cosa, ma il tuo Cosmo sembrava come scomparso, temevamo per te... Eri presente fisicamente tra noi, ma la tua mente non c'era... Anche per noi non è stato facile..." confessò Aries, commosso.

“C’era un bambino che ti somigliava particolarmente. Non se n’è mai andato e continuava a parlarmi con la tua voce, e più parlava più la mia testa sembrava snebbiarsi.” Ammise il biondo con tono tranquillo e pacato, così simile a quello suo solito che tanto era mancato a tutti loro: “Poi, a un certo punto, l’ho visto sorridere mentre mi tendeva la mano e appena l’ho afferrata… E’ comparso un meraviglioso tappeto rosso sotto i miei piedi nudi, era soffice, e aveva il profumo dell’erba appena tagliata e del legno, e aveva dei meravigliosi ricami d’oro, mi sembra che formassero una parola…”.

“Amitié” aveva concluso per lui Aries, mostrandogli poi il libro: “È questo il tuo tappeto rosso.” confessò, mentre glielo dava.

"Sono... Sono veramente felice che tu sia di nuovo tra noi, Shaka." aggiunse poi, il Santo di Ariete si sentiva estremamente patetico in quel frangente, credeva anche di aver dimenticato come si piange, ma la gioia era troppa per contenerla e si ritrovò a singhiozzare senza essersene neppure accorto.

L’indiano lo guardò per un attimo, poi richiuse gli occhi, espandendo il suo Cosmo dorato, non forte come un tempo ma sufficiente per raggiungere nuovamente le sue stelle-guida e riprendere confidenza con loro.

“Grazie, amico mio.”, e con queste tre parole, il loro legame mentale era tornato, più forte che mai, rinforzato dalla consapevolezza che, oltre alle loro menti, c’era qualcosa di più, come il calore di semplici parole e di sentimenti altrettanto umili ma forse tra i più forti dell’Universo.

C’erano due cuori che battevano e un tappeto rosso pronto a guidarli senza alcuna esitazione attraverso quelle difficoltà che la vita avrebbe messo sul loro cammino.

 

TERZA CLASSIFICATA: KungFuCharlie con "Ritrovando la via di casa"
Correttezza ortografica/sintattica: 8/10
Mi dispiace doverti togliere due punti in questo frangente ma alcuni errori di battitura e di distrazione ed, alle volte, un errato uso della punteggiatura mi hanno fatta propendere per questa scielta.
Stile di scrittura: 10/10
Stile fresco, ampolloso, ricercato ma mai pesante. Il lessico è alto e le parole sono tra loro concatenate in maniera sublime. Voto pieno, null'altro da aggiungere.
Caratterizzazione dei personaggi: 7/10
In questo frangente ho dovuto toglierti tre punti in quanto, sebbene i personaggi seguano una loro evoluzione personale coerente allo sviluppo della storia, gli ho trovati piuttosto OOC rispetto alla loro caratterizzazione nell'opera originale.
Originalità: 10/10
Scoprie un sentimento e guarire dall'apatia grazie ad un libro che narra di quei sentimenti, scritto da altri, bambini pr giunta, è una cosa che non avevo mai letto, quindi punteggio pieno assolutamente meritato.
Apprezzamento personale: 8/10
La tua storia mi è piaciuta molto, mi ha affascinata la dolcezza con la quale hai descritto i personaggi ed il loro legame, ma non mi sono sentita di darti il punteggio pieno.
Utilizzo dei prompt: 10/10
La storia ruota intorno alla citazione scelta ed essa simboleggia anche il cambiamento, rientrando anche nella narrazione; nulla da aggiungere: punteggio pieno.
Totale: 53/60

 

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