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Autore: hiphipcosty    31/08/2011    11 recensioni
Bella: semplice ragazza, figlia di genitori divorziati.
Edward: semplice ragazzo, ma molto ricco, figlio dei genitori che
possiedono il ricco negozio di DVD. Ora, immaginate che Bella sia innamorata di Edward dalla prima media e che, spinta dalla amica Alice, riesca ad avere un posto di lavoro
come commessa del videocenter dove lavora Edward... Cosa può accadere?
A questo aggiungete un po' -anzi, forse tanti- problemi, aggiungetevi gelosie, caratteri un po'...difficili...
Bella riuscirà a conquistare Edward e a vivere con lui un po' di pace e serenità?
[Estratto dal capitolo]
Silenzio.
Un profondo silenzio.
Accadde tutto troppo velocemente, troppo.... Bruscamente. Edward si avvicinò a me, facendo un passo in avanti. Fui disorientata da quel movimento e non capii cosa volesse fare.
Poi, prese la mia testa con le sue mani. Vidi i suoi occhi ardere, ancora pieni di rabbia, ancora furiosi.
Con velocità lui strinse le mani, i nostri corpi si toccarono e sentii le sue labbra sulle mie. Sentii le sue labbra calde sulle mie, cariche di rabbia e furore, come per ferirmi.
Nel mio corpo si diffuse una strana sensazione... diversa. La testa mi pulsava e il mio viso andava in fiamme. Poi, lentamente sentii le sue mani lasciare la presa e le sue labbra staccarsi.
Incontrai il suo sguardo; c'era sempre una fiamma che bruciava, ma non era più la visione di prima.
La mia testa cominciò a girare e le mie gambe cedettero. Non mi sarei mai immaginata così il mio primo bacio. Non unocome questo.
Un bacio pieno di rabbia, furore, pieno di gelosia e di .... odio.
Caddi a terra stordita, mentre l'immagine di Edward si offuscava allontandosi da me.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Jessica, Mike Newton | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Primo capitolo ***
Ciaooo ragazzi!!! Questa è la mia prima ff, spero che vi piaccia..... Vi prego non fermatevi qui dicendo ' No.... Non mi ispira per niente!' forse scoprirete che vi piace- lo spero tanto-! Sono ancora all'inizio e voglio ASSOLUTAMENTE sapere la vostra opinione, ok? Perfetto! Buona lettura !






Driiiin. Finalmente! Non ce la facevo più a stare al banco, su quella sedia perlopiù con la voce gracchiante della Sallysun che descriveva le armoniose ed equilibrate colonne greche della bellissima Atene. Ora dico, non prendetemi per una che odia l’arte, no, no – anch’io qualche volta ritraggo i personaggi che trovo su Topolino - ma cosa saranno mai delle ammassi di marmo lunghi e stretti? Cosa ci troveranno mai in quelle … in quelle … cose? Poi … così vecchie?!
Mi misi in spalla lo zaino e inciampando due o tre volte, attraversai la classe a salti. < Ciao, Eric ciao Jess> . Mi scatafiondai verso la porta borbottando qualcosa alla professoressa simile ad un ‘rivederci e stavo per oltrepassare la soglia quando mi si piombò davanti la faccia tonda e sorridente di Mike.
< Ciao Bella! Senti oggi …> esclamò .
 < Ehi, ehi Mike> lo interruppi cercando di spostarlo (con scarsissimi risultati)
< sono di fretta, scusa>.
< No, no aspetta. Sarò breve … no dicevo , ehm … per quella cosa di storia, no? > iniziò a contorcere le mani , brutto segno.
< No ecco, volevo dire … si be’ … se non hai voglia, certo …. > mi lamentai.
< No, scusa si … v-v-uoi venire ehm … ossia … vuoi fare coppia c-c-on me ? > tirò un sospiro di sollievo.
 < Mi dispiace, Mike. Faccio già coppia con Amy >
< ah okay … allora , ehm … sei libera ehm … si … sei libera oggi?>
< Mike oggi no. Sono di fretta devo andar …>
< Domani ? > chiese speranzoso.
< Okay, s-s-cus-sa okay>. Fece una risatina nervosa. < ti lascio andare>
< Grazie Mike. Salutami tua sorella ! > dissi. Arrivai all’uscita quando Mike esclamava un okay di rimando Mi dispiaceva lasciarlo così, ma ero di fretta. Io e lui ci conoscevamo fin da bambini, le nostre madri erano amiche fin dai tempi del liceo. Furono loro, con mio disapprovo, a mandare me e Mike insieme sia alle medie che alle superiori insieme. Non che io abbia mai avuto qual cosa contro di lui. Oh , no … Mike era un bambino ben educato, gentile,il primo della classe … Ma aveva una cotta per me , fin dalle elementari . Ciò lo rendeva nervoso quando parlava con me, balbettava e faceva qualunque cosa per attirare la mia attenzione, anche in classe. Ogni sera la madre di Mike chiamava la mia e cercava di combinare qualche pomeriggio, durante i quali io e lui dovevamo stare insieme, farci grande scorpacciate di gelato, come grandi amici; perché Mike non ce li aveva. Era questo il suo unico problema.
 Il ricordo di mia madre mi risvegliò dai pensieri. Oggi non andavo da lei. Ecco perché ero di fretta, mi scappava l’autobus se non correvo. Era la prima volta che andavo a pranzo da mo padre nel nuovo appartamento, quindi l’umore non era dei migliori. Dovevo fare veloce! Superai la 3 e la 2 c come un razzo . Scesi le scale e corsi verso la porta d’uscita. Andai a sbattere contro vari studenti, accompagnata dai loro insulti Uscii da scuola precisamente alle 13.01; si ce la potevo fare . Secondo i miei calcoli dovevo metterci solo 2 minuti a corsa per percorre la strada principale, 34 secondi per superare il semaforo, raggiungere in soli 26 la fermata del bus E così prendere il 23 quello delle 13.04.
 Raggiunsi la meta stabilita alle 13. 04 quando l’ anziana signora Greef poggiò il suo piccolo piede sul primo gradino dell’autobus. Uh, ce l’ho fatta. Salii sul mezzo di trasporto guidato da un uomo grasso con la barba lunga che gli scendeva lungo il collo. Salutai educatamente la signora Greef, tra l’altro nostra vicina di casa che si sedette al primo posto. Io decisi di andare al penultimo. Poggiai il mio zaino sul sedile accanto al mio, e distesi le gambe stanche dalla corsa . Ora posso staccarmi dal resto del mondo .

 Fin da bambina ho amato l’autobus. Ricordo ancora quando mio padre mi portava ogni domenica a prendere il pane, con il bus 12. Era una sensazione fantastica. Quel ronzio costante del motore che cullava, che rendeva tutto il resto pace. Quel movimento goffo , le curve strette. Cose fantastiche.Anche ora, oggi, adoro questo mezzo di trasporto. Dopo la scuola mi ritrovo qua con le cuffie alle orecchie, ma con l’ipod spento e faccio finta di ascoltare la musica. In questo modo le persone accanto a me non mi considerano ed io posso godermi quei momenti che separano la scuola dalle case dei miei genitori. Era come se quelle quattro ruote creassero una sorta di bolla che mi permette di isolarmi; una specie di isoletta tutta mia. Questi momenti sono fondamentali per l’intera giornata; nell’arco di quei secondi io fantastico, mi rilasso, non penso ai numerosi problemi della vita, della scuola, della mia famiglia e delle mie amicizie. Ma soprattutto penso a lui. Il mio più bel pensiero.

 Scesi precisamente 5 minuti dopo accanto ad un parchetto dove c’era un enorme cartellone giallo, con su scritto vietato l’accesso ai cani. Tirai fuori dalla tasca un foglietto stropicciato . Via Garibaldi 128 … questa è via …? Galilei? Gira a destra dopo la rotonda e poi prosegui; via Garibaldi 128… Si, ok. Ora giro a destra.
Seguii le indicazioni di mio padre che aveva scritto sul foglietto e mi ritrovai davanti un enorme ammasso di cemento . il colore del palazzo era sbiadito ma ricordava un verde acqua. Ad ogni piano –ce ne erano sette- sporgeva un’imponente terrazza grigia e piena di muschio a gli angoli. Vi erano di tanto in tanto delle piccole finestre dalle quali, alcune, si vedeva uscire dei germogli di fiori – la maggior parte secchi-. Coraggiosamente mi avvicinai ad un portone bordato da una fascia di metallo blu; accanto ad esso scorsi il citofono. Cercai con il dito il nome Swan e spinsi il bottoncino. Subito la porta si aprì facendo un zeee. Forza Bella, che vuoi che sia? È casa di tuo padre. Coraggio.  
Feci le scale poiché prendere l’ascensore non mi pareva un atto tanto sicuro e raggiunsi –ansimando e rischiando un attacco cardiaco- il quarto piano. Okay, dopo aver fatto queste scale Bella, ti esonero dallo sport per tutta la tua vita.C’era una porta socchiusa con sopra la scritta Swan, con un pennarello nero. Provai ad entrare ma subito fui bloccata da due scatoloni messi davanti all’uscio.
< Papà, non entro> urlai io. rispose mio padre.
< Emmet! Vai a prendere la pasta che è arrivata tua sorella!!> . Entrai dopo dieci minuti ma ... meglio tardi che mai
< Allora, cosa ne pensate?> disse mio padre mettendosi in bocca una forchetta di pastasciutta, una volta messi a tavola.
< Di cosa Pa’ ?> chiese mio fratello Frankie. < Della casa, no?> rispose con una risata rumorosa. Una cosa che mi faceva urtare i nervi era quando mio padre rideva, quando non doveva farlo.
< Bella … Bella Papi > biascicò Emmet.
< Mh, vero … > concordò Frankie.
< E tu, Bella? Cosa ne dici? > Il tono di mio padre si fece supplichevole; della serie ti prego risparmiami, adori questa casa. Posai delicatamente la forchetta, mi sforzai di fare un sorriso smagliante e conclusi:             < Bella Pa’. Mi piace, è perfetta.> Mentii in modo assurdo. Quella casa era un appartamento orribile, la casa degli orrori. Prima di tutto sembrava un carcere – davvero! Aveva la griglia ad ogni finestra!- venduto a un poveraccio – per chi non lo capisse mio padre- che trovava una splendida pace nelle sue strutture. In poche parole era un piccolo appartamento con tre stanze di cui una era la cucina – una stanza color verde pisello, con un mini tavolino dove vi erano sempre tre tazze da te che, secondo una collega di mio padre, davano un’aria molto … soft-, un’altra, bagno più sgabuzzino e libreria incorporati e una stanza che fungeva da salotto e camere per tre persone. Il problema, sostanzialmente era proprio quello: i posti da letto – un divano letto e un mobiletto che si apriva- erano solo per tre persone (dormendo molto stretti) e noi eravamo in quattro. Perlopiù l’arredamento era terribile! Tutte cose della mia cara e vecchia nonna di un secolo fa: mobili polverosi a cui mancavano una o due gambe, tavoli graffiati, sedie sulle quali uno prima di sedersi doveva fare testamento perché c’era caso che uno cadesse rompendo sia la seggiola, che l’osso del collo. –Okay forse esagero un po’ ma … io la ho vissuta in questo modo!!- Si sentiva la mancanza di una figura femminile. Nostro padre ci continuò, dopo pranzo, a rassicurare dicendo che quello sarebbe stato un appartamento momentaneo, ma sapevo che mentiva, finalmente aveva trovato il luogo perfetto - dove avrebbe felicemente vissuto la sua vita da single-, la meta stabilita e niente lo avrebbe fatto andar via, neanche se fossero venuti con la gru, a demolire l’intero palazzo. Mi rassegnai, convincendomi che in quel carcere sarei stata solo qualche volta a pranzo e alcuni pomeriggi. Niente di più. Io volevo stare con mia madre e non in quel buco! Questo però mio padre non lo capiva e continuava a passare il suo tempo discutendo su questo fatto in quei dialoghi che –come diceva lui- rafforzavano il rapporto padre-figlia. È questo il problema di avere un padre psicologo. Dopo pranzo –dopo aver fatto almeno tre o quattro volte il giro della casa- passammo tutto il tempo nel salotto-camera da letto, annoiati mentre mio padre cercava di trattenerci con quel suo solito sorriso dipinto sulla faccia. Discorsi sulla vita, sui suoi ostacoli, domande asfissianti sulla scuola e così via.
< Oh ma domani vado a fare compere in quel negozio … aspetta … come si chiama? Ika …? … no … Ikeo?>
< Pa’ Ikea, Ikea> . Mio padre è un caso irrimediabile … Non ricorda mai niente! Non si è mai neanche ricordato l’anniversario del suo matrimonio, anche questo forse ha contribuito al suo fallimento.
< Si, si, è uguale > No, papà, non è uguale!
< Dicevo, ecco vado a fare compere quindi se voi volete venire con me, con il consenso di lei, naturalmente poiché domani è il suo giorno …> . Dalla separazione quel lei era diventato il nome di mia mamma, poiché quello vero non si poteva nominare. Improvvisamente Mio fratello minore Frankie urlò:
< Si papà, voglio venire con te!! Dai, dai!> < Non urlare Frankie!!!> gridai nell’orecchio di mio fratello.
< Calma ragazzi, calma> disse mio padre.
< Mi fa piacere che tu venga Frankie. Emmet?>
< Ho l’allenamento di basket> altra risata fragorosa.
< Papà > esclamai ad un tratto nervosa < non lo so se posso. Ti faccio sapere, okay? Ora devo andare via, prendo le mie cose e scappo>.
< Come amore, non resti qui con noi?> supplicò mio padre.
 < Bella deve andare a vedere il suo ragazzo …> disse Emmet con una voce acuta accompagnata da dei versi patetici.
< Stai zitto Emmet> esclamai tirandogli una sberla sulla nuca. Non ne fui così tanto dispiaciuta però di quel pensiero. Sarebbe stato bello andare davvero avere un appuntamento con lui ... Bella! Smettila!
< Perché vuoi andare?> Perché? Perché questa casa mi fa schifo, mi mette angoscia, ansia … E poi te! Sei cambiato dalla separazione! Non ti riconosco più! Non sei più quel papà che conoscevo! Mi voltai perché avevo le lacrime agli occhi. Poi risposi a mio padre dicendo che dovevo andare a studiare a casa, perché avevo lasciato alcuni libri là. Era la prima scusa che mi era venuta in mente.
< Questa è casa tua>. Rispose mio padre. Alzai gli occhi al cielo, lo baciai e me ne andai via. Appena ebbi messo il piede fuori da quella casa, mi sentii meglio.

Al ritorno decisi di non prendere l’autobus. Dovevo fare un’altra cosa. Non so perché volevo farla proprio oggi, ma … oggi forse era la volta buona che mi facevo coraggio.Passai per la strada parallela a quella dove abitava mio padre e proseguii dritto. C’era un sacco di gente, tutte per lo shopping del sabato pomeriggio. Era una cosa impressionante, sembrava che tutti si fossero riuniti in quelle stradine come lupi affamati che scrutavano le prede attraverso le vetrine. Okay, lo ammetto, anche a me piace fare shopping , me non sono fissata come Alice -mia amica o quasi sorella - … Alice vive per lo shopping! È la sua fissazione … Passa l’81 % della sua vita ai vari negozi. I suoi preferiti sono Tiffany e Max Mara … Ormai tutti i commessi la conoscono ! Le brillano gli occhi quando vede una maglietta, una borsa, un profumo … Quando è a fare shopping, non esiste nessuno –a parte colei che la aiuta a reggere migliaia buste e bustarelle, ossia la sottoscritta - , è tutta in un mondo suo. Giusto, Alice … Dove sarà andata a finire? È da dopo pranzo che la cerco di chiamare! Ah .. non c’è da preoccuparsi … forse non riuscirà ad accendere il cellulare!
Ah dimenticavo di dirvi; Alice e la parola tecnologia non vanno tanto d’accordo … forse per niente … Se mai un giorno si troveranno faccia a faccia ci sarà uno scontro madornale! Alice è negata per l’informatica. Non sapete quante volte mi ha chiamato –ed è già tanto che ci sia , riuscita- in preda ad una crisi isterica, perché il suo computer, secondo lei, non funzionava. Oppure quante volte le sono partite telefonate a caso, quanti messaggi senza senso, come ahjfomml kiol attilia, perché non riusciva ad utilizzare il T9 … Mia nonna è più efficace di lei in queste cose! Lei doveva nascere almeno 100 anni fa, quando ancora la tecnologia non era ancora così avanzata. Ma vi parlerò dopo di Alice … Ora ho altre cose nella mente ...
Oh, mamma. È lì. No, no ! Non farti vedere Bella! Okay, vai a quella vetrina. Mettiti a posto i capelli, si, così, No, no! No troppo, così la gente se ne accorge. Pronta? Oh mamma! Mi scappa la pipì! Perché ti deve scappare nei momenti più critici, Bella?! No dai resisti. Forza. Non pensare. Agisci. Ora entri e con sguardo sorpreso fai ‘Oh! Edward? Non sapevo che lavorassi qui’ altra risatina. No, ma lavora da due anni qua, Bella! Basta. Agisci. Bella, agisci. Entri e con aria indifferente e sorpresa, saluti. Perfetto.
Non so come abbia fatto e non chiedetemelo neanche. So solo che quel briciolo di Bella Coraggiosa è venuta fuori –dopo anni che aspettavo- e sono entrata nel negozio dove lavora Edward e suo padre. Diciamo anche che non è andata proprio come pensavo, ma … l’importante è l’intenzione, no?
Aprii la porta lentamente e un campanellino fece Dlin Don. C’era fresco e molta luce. Non so chiedetemi come era la stanza perché non la ho neanche guardata. Ho visto solo lui. Al banco dei negozio di videocassette con dei bellissimi jeans, con una bellissima maglietta bianca e con delle bellissime Nike blu. I suoi capelli biondi non pettinati lasciati selvaggiamente .La bellezza in persona. Un corpo alto, magro, muscoloso. Il dio della bellezza. Edward. Inciampando subito nel tappetino con welcome mi avvicinai indifferente – o almeno cercavo di esserlo- ad uno scaffale e iniziai a far finta di vedere le cassette.
< Non sapevo che ti interessassi di Cartoni animati > disse improvvisamente una voce.Dallo spavento,caddi all’indietro, ma meno male mi aggrappai ad uno scaffale che mi permise di riprendere l’equilibrio.
< Edward? Oh .. ehm … Ciao! Che coincidenza … c’è no .. lo so che lavori qua …!! Si .. ehm> biascicai, rossa come un peperone. < Cartoni animati, dicevi? >.
Bella ! Dov’è le Bella, brava coraggiosa che sa dire parole sensate?! Manca all’appello … Oh forza ! Mi sudano le mani …!! Non so cosa fare. Il volto di Edward mi era davanti, con il suo solito sorriso smagliante, che mostrava i suoi denti perfetti . Eravamo così vicino che sentivo il suo profumo. Inspirai a pieni polmoni per ricordarlo. Affogai nei suoi occhi dorati, i più belli che abbia mai visto … Com’era bello, bello ... Guardai la scritta sullo scaffale: Cartoni animati . Oh mamma che figura- ….!!Oh mamma, non mi circola più sangue nelle vene … Mi scoppiano … Muoio, muoio !! Ho freddo, ho caldo … Muoio! Oh no! Non ho fatto testamento! CALMATI, ISABELLA! Calmati. Respira , butta giù l’aria okay, brava , respira, butta giù l’aria. Così, prendi fiato e parti.
< Oh si, si. Mi sono sempre piaciuti i cartoni animati , li adoro. Il mio preferito? Oh si, si … ehm> Con uno scatto lessi velocemente un titolo di una cassetta. < Lally e il vagabondo>
< Forse Lilly e il vagabondo> ridacchiò lui. < Oh, invece il mio preferito è Toy story. Comunque volevi ordinare Lilly e il vagabondo?>
< Cosa? Oh, ehm … si, si! Ordinarlo giusto>. Mi accompagnò al banco, sempre ridendo, poi digitò qual cosa al computer e mi diede la cassetta.
< Qual cos’altro?> chiese gentilmente, con la sua voce deliziosa. Vorrei te tra le mie braccia, Edward
< ah, si ehm … mi consiglieresti qual c-cosa?> esclamò con la sua voce candida . Che generi ci sono? Non me ne viene in mente nemmeno uno … cavolo,cavolo!
< Fantascientifico!> Urlai entusiasta di aver trovato un genere. Diventai rossissima, tutti si girarono e mi guardarono male.
< Va bene . Vediamo un po’ cosa abbiamo … Guerre stellari … No forse è troppo vecchio .. poi …>. Disse altri sette o otto titoli, di cui ora non mi ricordo il nome . Alla fine decisi di prendere guerre stellari. Mi diede lo scontrino e mi disse:
< Allora, ancora non ti ho chiesto come va >. Rimasi in un profondo silenzio. Cretina! ti ha chiesto come va!
< Ah> Feci una risata nervosa stupida. < T-tutto bene, grazie. E te invece?
< oh, si, si …. Bene … Me la cavo, tra lavoro –mio padre mi ha costretto a stare qui quattro volte a settimana- scuola e amici … bene dai, non ci lamentiamo. Ne è passato di tempo da quando facevamo le medie insieme, eh?> fece una risata. Una bellissima risata. < La scuola ?> . Fece una risatina. Wow ha fatto una risata grazie a me!
< Ah, comunque … visto che ci sei, te lo chiedo. Non so se ti interessa , ma mio padre ha bisogno che qualcuno gli dia una mano qui in negozio per qualche periodo in estate … Be’ naturalmente ci sarò anch’io , mio padre non si fida di lasciarmi il negozio da solo > alzò gli occhi al cielo. < quindi se ti interessasse …?>
In quel momento il mio cervello lavorò in questo modo:

Negozio video cassette = commesso Edward
Assunzione della nuova commessa (io) = Negozio video cassette = commesso Edward

Forse non torna molto questa espressione , ma si capisce abbastanza … d’altronde non sono mai stata brava in matematica.
< E’ un’idea fantastica! Guarda, ero in cerca proprio di un lavoretto per quest’estate> Cosa cavolo stai dicendo, Bella? Ti stai mettendo nei casini, chetati!. Risposi immediatamente. Scrisse qualche numero su un foglietto di carta e me lo porse. Che mani belle … ehi, aspetta … Ho il suo numero!! Fantastico!! Fantastico !! ho il suo numero. Stavo per mettermi a saltare dalla gioia, ma, grazie al cielo, la Bella che non fa figuracce venne fuori sorridente. Chiacchierammo del più e del meno per più di due minuti –i più di due minuti più belli della mia vita- poi, Mi accorsi improvvisamente che si era iniziata a formare la fila così dissi:
< Oh scusa, ti ho fatto perdere tempo!>
 < Mi hai fatto solo piacere, Bella!>. Mi hai fatto solo piacere, Bella?! cavolo Allora … A: si ricorda il mio nome. B: Gli ho fatto piacere !! Che cosa magnifica!
Mi scansai dalla fila e sempre guardandolo, voltata verso il bancone, lo salutavo con la mano, tendo con l’altra Lilly e il vagabondo, Guerre Stellari e il suo numero di cellulare. Sarebbe stato il giorno più bello della mia vita. Se non che mentre gli facevo ciao con la mano, inciampai - ancora oggi sostengo che c’era qual cosa e che non sono cascata così, a peso morto- , andai a sbattere contro una specie di mobile- libreria che mi cadde a dosso. Per miracolo non sono morta, ma così si è andato a friggere il mio giorno perfetto, che ha dato il benvenuto a il mio quasi giorno perfetto.



 
 
 
 
   
 
  
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