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Autore: Madokachan    01/09/2011    2 recensioni
«Mukuro potresti esaudire un mio desiderio?»
Il più alto inarcò un sopraciglio, senza nascondere un certo disappunto misto al turbamento per quella strana richiesta. Per chi l’aveva preso, il Genio della Lampada?
Eppure, nonostante tutto, sentiva di non potergli dire di no – per ora.
«Sentiamo.»
«Vorrei che tu la smettessi di odiarmi.»
«Lo sai che è impossibile…»
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“We will die with our arms unbound”

 

 

This is why, why we fight - why we lie awake
This is why, this is why we fight
And when we die, we will die
With our arms unbound
This is why, this is why we fight
- Come hell

 

Sospirò. Rimase a lungo a fissarsi le mani, strette l’una nell’altra, le dita incrociate tra loro.
Lo sguardo un po’ vacuo tendeva a perdersi maggiormente alla luce della luna, che poteva vedere attraverso la finestra aperta; l'aveva lasciata così per cancellare il fastidioso odore del sangue versato durante l’ennesima missione. Una doccia, due, per quanto si lavava nulla sembrava poter cambiare, quasi come se quell’odore s’insinuasse direttamente al di sotto della sua pelle, lambendola e sporcandola.
Ecco perché odiava il sangue, una volta che il suo odore t’intacca, non ti lascia più, gli faceva veramente schifo.
Oltretutto quella sera era sicuro di avere la febbre, sentiva la testa più pesante del solito e nonostante il pigiama pressoché troppo leggero per la stagione,
sentiva un caldo febbricitante addosso.
Lasciò scivolare le lenzuola dal corpo, che penzolarono a un lato del letto e con passo titubante s’incamminò verso all’esterno della propria stanza, procedendo a piedi nudi sul pavimento gelido.
Con le mani un po’ tremanti si reggeva a ogni appiglio che trovava lungo il corridoio, la credenza dalla quale aveva rischiato di far cadere a terra i soprammobili, persino un quadro appeso in una posizione scomoda del muro dove aveva provato a reggersi.
Sospirò e si sorprese di quanto le labbra fossero secche, così provò a bagnarle con un po’ di saliva e bruciarono abbastanza da spingerlo a gemere per il lieve dolore, che però sembrava utile per risvegliarlo dal torpore della febbre.
Finalmente riuscì a raggiungere il balcone all’aperto, apparentemente desolato. L’arietta fresca lo aiutò a sentirsi meglio, ma l'ipertermia sembrava volerlo buttare al tappeto, a tutti i costi.

 

«Già in piedi? Mi sembravi piuttosto malconcio, Sawada Tsunayoshi.» Obiettò una voce alle sue spalle, istintivamente Tsuna sobbalzò; le gambe già deboli per il suo malessere cedettero e finì a terra come un sacco di patate.
Mukuro dalla sua posizione – braccia incrociate al petto,
leggermente inclinato per stare appoggiato con la schiena contro il muro – inarcò un sopracciglio, attendendo che l’altro si rialzasse, ma non vedendolo muoversi si avvicinò di scatto, scosso da un improvviso moto di preoccupazione.
«Scotti e tremi, dovevi rimanere chiuso in camera, non vagabondare a quest’ora di notte.» Lo ammonì con tono gelido il Guardiano della Nebbia, lanciandogli un’occhiata carica di stizza e nervosismo mentre lo sollevava tra le proprie braccia, indeciso se riportarlo in stanza o abbandonarlo sul divano; alla fine optò per questa seconda scelta.
Mukuro si sorprese della sua fragilità, di quanto esile potesse apparire Tsuna per colpa della malattia, già la malattia… Tsuna sembrava non poter sfuggire al suo destino: lottava, ne usciva vincitore ogni volta, ma anche in quest’epoca era destinato a morire giovane. La notizia della leucemia arrivò come un fulmine a ciel sereno, nessuno si aspettava qualcosa del genere, anche se Tsuna aveva iniziato a non sentirsi bene da mesi.
Nonostante fosse a conoscenza del proprio stato di salute, Tsuna non aveva voluto sottoporsi a particolari cure, non perché avesse perso ogni speranza, ma perché trovava molto più soddisfacente combattere per cause comuni come aiutare le altre persone, piuttosto che per qualcosa che si poteva rallentare, ma non fermare.
Quella decisione portò scompiglio tra i Guardiani. Nessuno di loro avrebbe voluto accettare quella decisione, ma Tsuna riguardo a questo argomento ormai, era irremovibile.

 

L’estate era ormai al termine, l’autunno alle porte.
Tsuna non si lamentò mai della propria condizione e nemmeno chi gli stava attorno osò dire qualcosa in contrario, nemmeno quando lo trovavano privo di sensi nel suo piccolo studio – a quei tempi la futura Base dei Vongola era appena agli inizi – oppure quando durante le missioni c’era il doppio del lavoro da sbrigare, visto che lui si affaticava più in fretta del normale.
«Non hai nemmeno preso le medicine, vero? Erano sul comodino.» Disse Mukuro accompagnando quelle parole da uno sguardo ammonitore.
«Non mi piace, è amara!»
«Non comportarti da bambino, prendi quella dannata medicina!»
Forse il suo tono era un po' brusco, ma da qualche tempo Tsuna era in grado di mettere a dura prova il sistema nervoso di Mukuro.
«Ho diciassette anni, non so nemmeno se arriverò ai diciotto, quindi forse hai ragione… Sono un bambino.»
Per Mukuro quella risposta fu abbastanza pungente, anche se Tsuna nel pronunciarla non sembrò affatto offeso.
«Scusa… Non volevo dire questo.»
Tsuna nonostante tutto sorrideva
, anche in preda ai deliri della febbre alta, ma questa volta c’era un motivo ben preciso che l’aveva portato a sorridere: Mukuro non chiedeva mai scusa, mentre nelle ultime settimane lo aveva fatto più volte.
«E non fissarmi così, mi metti in soggezione…»
Un’altra battuta che lasciò tra il basito e il divertito Tsuna; Mukuro sembrò notarlo, così per evitare il suo cipiglio estremamente comprensivo – quasi come se la persona in fin di vita fosse Mukuro e non Tsuna – rivolse lo sguardo altrove.
«Mukuro potresti esaudire un mio desiderio?»
Il più alto inarcò un sopraciglio, senza nascondere un certo disappunto misto al turbamento per quella strana richiesta. Per chi l’aveva preso, il Genio della Lampada?
Eppure, nonostante tutto, sentiva di non potergli dire di no – per ora.
«Sentiamo.»
«Vorrei che tu la smettessi di odiarmi.»
«Lo sai che è impossibile…» La velocità con cui Mukuro aveva risposto avrebbe lasciato esterrefatto chiunque, ma non Tsuna, lui continuò a sorridere, anzi a quelle parole a stento riuscì a trattenersi dal ridere.
«Lo immaginavo. Pensavo di farti provare un po’ di compassione nei miei confronti, ma evidentemente mi sbagliavo. Rimani sempre lo stesso.»
Ovvio, non voleva farsi ‘fregare’ da Tsuna, non come era successo a tutti gli altri – Hibari Kyoya escluso, lui rimaneva un mistero – eppure, alcune volte gli sembrava davvero di essersi affezionato in qualche strano modo all’altro.
«Non… Io non sono una macchina priva di sentimenti.» Si portò una mano al volto, più spaventato dalle sue stesse parole che dalla reazione di Tsuna, la cui espressione era contratta in una smorfia di dolore.
«Non ho mai detto questo. Non lo penso assolutamente, lo sai.»
«Alcune volte non riesco a capirti Sawada Tsunayoshi. Forse avrei dovuto sforzarmi, ecco perché non sono riuscito a prender in possesso il tuo corpo.»
«Già, insomma… Ora non te ne faresti più niente di un corpo che potrebbe durare settimane, al massimo mesi, o chissà quanto.»


L’aveva fatto di nuovo.


A disagio per quelle parole, Mukuro indirizzò nuovamente il proprio sguardo altrove, come a voler sfuggire definitivamente da Tsuna.
«Mi sbagliavo sul tuo conto, non è vero che sei rimasto lo stesso di sempre. Il Mukuro che conoscevo aveva sempre la risposta pronta.»
Mukuro non obiettò, non ne aveva la forza.
«Allora posso chiederti un altro favore?»
«Se posso aiutarti, va bene.»
«Voglio passare la serata fuori. Voglio vedere il cielo notturno, per favore.»
Tsuna lo stava supplicando in preda al dolore; il suo petto si alzava e abbassava velocemente e il suo viso era arrossato, sicuramente non si trovava nelle condizioni migliori per uscire.
«Scordatelo, tu stai male…»
«Ti prego.»
Alla fine acconsentì. Si caricò sulle spalle Tsuna, proprio come farebbe un padre con il figlio, e scese in strada.
Si stupì del peso quasi inesistente di Tsuna, già prima quando l’aveva sollevato se ne era reso conto, ma ora era tutt’altra storia. Tsuna era sempre stato molto magro, ma la malattia sembrava divorarlo giorno dopo giorno.
«C’è un posto in particolare dove volevi andare?»
«Mh. La vallata che si affaccia sul fiume, mi puoi portare lì?»
«Oya, Oya. E’ un po’ lontano, ma credo di potercela fare.»

Nessuno dei due parlò per tutto il tragitto, ma Mukuro poté capire che la situazione di Tsuna stava peggiorando dal suo respiro un po’ agitato, così istintivamente aumentò il passo.
«Mettimi giù, voglio sedermi sul prato.»
Ancora una volta Mukuro obbedì, posando con delicatezza Tsuna sul prato, e seguendo il suo esempio si adagiò di fianco a lui.
«E’ da quando ho finito le scuole medie che non vengo qui, è l’unico posto di Namimori che non cambia mai.»
Tsuna parlò con il naso all’insù, lo sguardo rivolto verso il cielo stellato e Mukuro lo imitò. Sopra le loro teste il cielo era scurissimo, impreziosito dal bagliore delle stelle che quella sera erano davvero tantissime.
Quando sentì Tsuna poggiare la testa sulla sua spalla provò una strana sensazione. Pur sapendo che stava male aveva acconsentito a quella stramba richiesta, accompagnandolo in un luogo piuttosto lontano dalla base e probabilmente ora stava solo peggiorando.
«Ti da fastidio se rimaniamo così per un po’?»
Mukuro si limitò a rispondere con un mugugno, senza opporre resistenza per quel gesto che sentiva già troppo intimo.
Sentiva il corpo di Tsuna scosso dai brividi, ma non riusciva a vedere la sua espressione visto che il suo viso più scarno era ben coperto dalla frangia castana.
«Mukuro ti volevo dire un’ultima cosa. Non sai quanto ti sono grato per tutto quello che hai fatto in questi anni, anche se a te non sembra, hai fatto davvero tantissimo.»
«Non parlare come se fosse l’ultima volta, se proprio sarà il caso farò altro per te.»
Non voleva infondere false speranze a Tsuna, ma in quel momento fu quella la prima risposta che riuscì a dare.
Aveva sempre vissuto uno stile di vita dettata dall’orgoglio, ma si sa: l’orgoglio rende apparentemente forti, ma non felici le persone oltre che cieche e sorde, e anche nel suo caso era così.
«Mukuro, credo di essere innamorato di te.»
Ed è proprio per orgoglio che non si poteva permettere di ragionare irrazionalmente come spesso richiedevano di fare i sentimenti, ma anche semplicemente i rapporti umani. Seguire una propria logica lo aveva portato a sentirsi sempre più solo, tutto questo per concentrarsi maggiormente sui propri scopi.
Lo sapeva che Tsuna era innamorato di lui, ma non aveva mai voluto cogliere quei segnali perché altrimenti sarebbe stata la fine.
«Vongola, no Tsunayoshi… Perché nonostante tutto mi dici questo?»
Ma la risposta non arrivò, Mukuro non avrebbe mai potuto sentirla. Ruotò in fretta il busto e Tsuna cadde tra le sue braccia. Non si muoveva e i suoi occhi erano socchiusi, privi di vita
«Tsunayoshi! Tsunayoshi!»
Lo chiamò più di una volta con un tono di crescente disperazione nella voce. Tsuna giaceva tra le sue braccia, senza vita.
Le labbra non emettevano più nessun soffio vitale.
Mukuro non voleva crederci, fino a poco prima gli stava parlando, mentre ora era immobile tra le sue braccia.
«Tsunayoshi, ti amo anch’io, da sempre… Però non scherzare, apri gli occhi! Svegliati…»
Mukuro quasi non riconobbe la propria voce, grave e preoccupata, come se fosse sul punto di spezzarsi.
Non aveva mai avuto nulla di importante da perdere, ma in quel momento capì che era troppo tardi per accorgersi che ciò che aveva di più importante era sempre stato sotto i suoi occhi e ora l’aveva perso.

 ☽☾

Erano passati più di tre mesi dalla morte di Tsuna.
Mukuro non aveva superato bene l’accaduto, proprio lui che si era sporcato le mani dei crimini più orrendi, che aveva visto tantissime persone morire, rimase ferito gravemente nell’animo a tal punto da volersi esternare completamente dal resto del mondo.
Chiuso in una clinica privata era costantemente tenuto sotto controllo; non parlava mai e dopo settimane di reclusione volontaria aveva deciso di uscire in terrazza per prender un po’ d’aria e da quel giorno, tutti i giorni uscì.
Le infermiere che si soffermavano a guardarlo mentre passavano a fare i controlli notarono una cosa: il suo sguardo era sempre rivolto verso il cielo, e sorrideva.
Era così calmo rispetto ai primi giorni in cui piangeva e si dimenava nel letto, avevano dovuto sedarlo e legarlo per tenerlo a bada.

 ☽☾

 

Tsuna sorrideva e Mukuro poteva vederlo chiaramente. Non gli passò per la testa di chiedersi perché nessuno sembrare notare la sua presenza, ma meglio così, sarebbe stato solo suo.
Tsuna che gli diceva di essere innamorato di lui, Tsuna che gli sorrideva con un’innocenza fuori dal comune, Tsuna che lo invitava ad abbracciarlo.
Si alzò in piedi e subito dopo raggiunse vicino al parapetto della terrazza, lo abbracciò e lo sentì caldo, rassicurante e assolutamente gratificante.
Sarebbe rimasto al suo fianco, per sempre.

 

 ☽☾

 

«Mukuro Rokudo si è suicidato, gettandosi dalla terrazza della clinica. E’ incomprensibile, le infermiere dicono di averlo visto fino a pochi minuti prima… Era seduto, guardava il cielo ed era tranquillo… »
Hibari Kyoya squadrava con cipiglio indifferente il Direttore della Clinica dove fino a pochi giorni fa era stato ricoverato Mukuro,  che secondo le testimonianze delle infermiere e dei medici si era levato la vita. I Vongola avevano deciso di investigare e ironicamente era proprio toccato proprio al rivale di sempre dell’Illusionista.
«Sciocchezze, quell’idiota non farebbe mai qualcosa del genere.» Asserì senza cambiare espressione, per quanto lo odiasse, Hibari conosceva abbastanza bene Mukuro da sapere che non avrebbe mai fatto qualcosa del genere – o molto probabilmente era il senso di rivalità nei suoi confronti a non volerlo accettare.
Il caso si archiviò come suicidio, nessuno aveva mai conosciuto abbastanza Mukuro da poter capire il perché di quel gesto, e l’unica persona che avrebbe potuto spiegarlo era morta mesi prima.
Sulla via del ritorno l’interesse di Hibari fu catturato da una scena particolare: dalla collina che si affacciava sul fiume, due figura sedevano una di fianco all’altra, fissando il panorama. Per qualche secondo Hibari fu sicuro di aver visto Mukuro e Tsuna, ma poi scosse la testa, doveva semplicemente trattarsi di stanchezza.
E invece Hibari non si sbagliò, quei due erano davvero Mukuro e Tsuna che avevano deciso di trascorrere l’eternità assieme, incontrandosi nel luogo dove si erano rivelati i propri sentimenti.

 ☽☾ ☽☾ ☽☾ ☽☾

Questa fanfiction non è la migliore per fare dediche, ma visto che penso il genere le possa piacere.. la dedico a Martina, una personcina parecchio carina con cui ruolo da qualche mese proprio la coppia Mukuro/Tsuna, ed è anche la persona con cui l'ho ruolata con più piacere fin ora! :3 (E che non si è ancora stancata di me, il che è un vero miracolo xD)
Al di là di questo mi ascolta quando ho dei problemi, ed è davvero piacevole parlare con lei un po' perché ho scoperto di avere un po' di cose in comune, e un po' perché la trovo davvero graziosa >w<, quindi mi andava di scriverle qualcosina come dedica. Spero ti sia piaciuta, anche se l'argomento non è dei più allegri, e grazie di tutto! <3

 

 

 

 

   
 
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