“We
will
die with our arms unbound”
This
is why, why we fight - why we lie awake
This is why, this is why we
fight
And when we die, we will die
With our arms unbound
This is why, this is why we
fight
- Come hell
Sospirò.
Rimase a lungo a
fissarsi le mani, strette l’una nell’altra, le dita
incrociate tra loro.
Lo sguardo un po’ vacuo
tendeva a perdersi maggiormente alla luce della luna, che poteva vedere
attraverso la finestra aperta; l'aveva lasciata così per
cancellare il
fastidioso odore del sangue versato durante l’ennesima
missione. Una doccia,
due, per quanto si lavava nulla sembrava poter cambiare, quasi come se
quell’odore s’insinuasse direttamente al di sotto
della sua pelle, lambendola e
sporcandola.
Ecco perché odiava il
sangue, una volta che il suo odore t’intacca, non ti lascia
più, gli faceva
veramente schifo.
Oltretutto quella sera
era sicuro di avere la febbre, sentiva la testa più pesante
del solito e
nonostante il pigiama pressoché troppo leggero per la
stagione, sentiva un caldo
febbricitante addosso.
Lasciò scivolare le
lenzuola dal corpo, che penzolarono a un lato del letto e con passo
titubante
s’incamminò verso all’esterno della
propria stanza, procedendo a piedi nudi sul
pavimento gelido.
Con le mani un po’
tremanti si reggeva a ogni appiglio che trovava lungo il corridoio, la
credenza
dalla quale aveva rischiato di far cadere a terra i soprammobili,
persino un
quadro appeso in una posizione scomoda del muro dove aveva provato a
reggersi.
Sospirò e si sorprese di
quanto le labbra fossero secche, così provò a
bagnarle con un po’ di saliva e
bruciarono abbastanza da spingerlo a gemere per il lieve dolore, che
però sembrava
utile per risvegliarlo dal torpore della febbre.
Finalmente riuscì a
raggiungere il balcone all’aperto, apparentemente desolato.
L’arietta fresca lo
aiutò a sentirsi meglio, ma l'ipertermia sembrava volerlo
buttare al tappeto, a
tutti i costi.
«Già
in piedi? Mi sembravi
piuttosto malconcio, Sawada Tsunayoshi.» Obiettò
una voce alle sue spalle,
istintivamente Tsuna sobbalzò; le gambe già
deboli per il suo malessere
cedettero e finì a terra come un sacco di patate.
Mukuro dalla sua posizione
– braccia incrociate al petto, leggermente
inclinato per stare appoggiato con la
schiena contro il muro – inarcò un sopracciglio,
attendendo che l’altro si rialzasse, ma non vedendolo
muoversi si avvicinò di
scatto, scosso da un improvviso moto di preoccupazione.
«Scotti e tremi, dovevi
rimanere chiuso in camera, non vagabondare a quest’ora di
notte.» Lo ammonì con
tono gelido il Guardiano della Nebbia, lanciandogli
un’occhiata carica di
stizza e nervosismo mentre lo sollevava tra le proprie braccia,
indeciso se
riportarlo in stanza o abbandonarlo sul divano; alla fine
optò per questa
seconda scelta.
Mukuro si sorprese della
sua fragilità, di quanto esile potesse apparire Tsuna per
colpa della malattia,
già la malattia… Tsuna sembrava non poter
sfuggire al suo destino: lottava, ne
usciva vincitore ogni volta, ma anche in quest’epoca era
destinato a morire
giovane. La notizia della leucemia arrivò come un fulmine a
ciel sereno,
nessuno si aspettava qualcosa del genere, anche se Tsuna aveva iniziato
a non
sentirsi bene da mesi.
Nonostante fosse a
conoscenza del proprio stato di salute, Tsuna non aveva voluto
sottoporsi a
particolari cure, non perché avesse perso ogni speranza, ma
perché trovava
molto più soddisfacente combattere per cause comuni come
aiutare le altre
persone, piuttosto che per qualcosa che si poteva rallentare, ma non
fermare.
Quella decisione portò
scompiglio tra i Guardiani. Nessuno di loro avrebbe voluto accettare
quella
decisione, ma Tsuna riguardo a questo argomento ormai, era irremovibile.
L’estate
era ormai al
termine, l’autunno alle porte.
Tsuna non si lamentò mai
della propria condizione e nemmeno chi gli stava attorno osò
dire qualcosa in
contrario, nemmeno quando lo trovavano privo di sensi nel suo piccolo
studio –
a quei tempi la futura Base dei Vongola era appena agli inizi
– oppure quando
durante le missioni c’era il doppio del lavoro da sbrigare,
visto che lui si
affaticava più in fretta del normale.
«Non hai nemmeno preso le
medicine, vero? Erano sul comodino.» Disse Mukuro
accompagnando quelle parole
da uno sguardo ammonitore.
«Non mi piace, è amara!»
«Non comportarti da
bambino, prendi quella dannata medicina!»
Forse il suo tono era un
po' brusco, ma da qualche tempo Tsuna era in grado di mettere a dura
prova il
sistema nervoso di Mukuro.
«Ho diciassette anni, non
so nemmeno se arriverò ai diciotto, quindi forse hai
ragione… Sono un bambino.»
Per Mukuro quella risposta
fu abbastanza pungente, anche se Tsuna nel pronunciarla non
sembrò affatto
offeso.
«Scusa… Non volevo dire
questo.»
Tsuna nonostante tutto
sorrideva, anche in preda ai
deliri della febbre alta, ma questa volta c’era
un motivo ben preciso che l’aveva portato a sorridere: Mukuro
non chiedeva mai scusa, mentre nelle
ultime settimane lo aveva fatto più volte.
«E non fissarmi così, mi
metti in soggezione…»
Un’altra battuta che lasciò
tra il basito e il divertito Tsuna; Mukuro sembrò notarlo,
così per evitare il
suo cipiglio estremamente comprensivo – quasi come se la
persona in fin di vita
fosse Mukuro e non Tsuna – rivolse lo sguardo altrove.
«Mukuro potresti esaudire
un mio desiderio?»
Il più alto inarcò un
sopraciglio, senza nascondere un certo disappunto misto al turbamento
per
quella strana richiesta. Per chi l’aveva preso, il Genio
della Lampada?
Eppure, nonostante tutto,
sentiva di non potergli dire di no – per ora.
«Sentiamo.»
«Vorrei che tu la smettessi
di odiarmi.»
«Lo sai che è impossibile…»
La velocità con cui Mukuro aveva risposto avrebbe lasciato
esterrefatto
chiunque, ma non Tsuna, lui continuò a sorridere, anzi a
quelle parole a stento
riuscì a trattenersi dal ridere.
«Lo immaginavo. Pensavo di
farti provare un po’ di compassione nei miei confronti, ma
evidentemente mi
sbagliavo. Rimani sempre lo stesso.»
Ovvio, non voleva farsi
‘fregare’ da Tsuna, non come era successo a tutti
gli altri – Hibari Kyoya
escluso, lui rimaneva un mistero – eppure, alcune volte gli
sembrava davvero di
essersi affezionato in qualche strano modo all’altro.
«Non… Io non sono una
macchina priva di sentimenti.» Si portò una mano
al volto, più spaventato dalle
sue stesse parole che dalla reazione di Tsuna, la cui espressione era
contratta
in una smorfia di dolore.
«Non ho mai detto questo.
Non lo penso assolutamente, lo sai.»
«Alcune volte non riesco a
capirti Sawada Tsunayoshi. Forse avrei dovuto sforzarmi, ecco
perché non sono
riuscito a prender in possesso il tuo corpo.»
«Già, insomma… Ora non te
ne faresti più niente di un corpo che potrebbe durare
settimane, al massimo
mesi, o chissà quanto.»
L’aveva fatto di nuovo.
A disagio per quelle
parole, Mukuro indirizzò nuovamente il proprio sguardo
altrove, come a voler
sfuggire definitivamente da Tsuna.
«Mi sbagliavo sul tuo
conto, non è vero che sei rimasto lo stesso di sempre. Il
Mukuro che conoscevo
aveva sempre la risposta pronta.»
Mukuro non obiettò, non ne
aveva la forza.
«Allora posso chiederti un
altro favore?»
«Se posso aiutarti, va
bene.»
«Voglio passare la serata
fuori. Voglio vedere il cielo notturno, per favore.»
Tsuna lo stava supplicando
in preda al dolore; il suo petto si alzava e abbassava velocemente e il
suo
viso era arrossato, sicuramente non si trovava nelle condizioni
migliori per
uscire.
«Scordatelo, tu stai male…»
«Ti prego.»
Alla fine acconsentì. Si
caricò sulle spalle Tsuna, proprio come farebbe un padre con
il figlio, e scese
in strada.
Si stupì del peso quasi
inesistente di Tsuna, già prima quando l’aveva
sollevato se ne era reso conto,
ma ora era tutt’altra storia. Tsuna era sempre stato molto
magro, ma la
malattia sembrava divorarlo giorno dopo giorno.
«C’è un posto in
particolare dove volevi andare?»
«Mh. La vallata che si
affaccia sul fiume, mi puoi portare lì?»
«Oya, Oya. E’ un po’ lontano,
ma credo di potercela fare.»
Nessuno dei due
parlò per
tutto il tragitto, ma Mukuro poté capire che la situazione
di Tsuna stava
peggiorando dal suo respiro un po’ agitato, così
istintivamente aumentò il
passo.
«Mettimi giù, voglio
sedermi sul prato.»
Ancora una volta Mukuro
obbedì, posando con delicatezza Tsuna sul prato, e seguendo
il suo esempio si
adagiò di fianco a lui.
«E’ da quando ho finito le
scuole medie che non vengo qui, è l’unico posto di
Namimori che non cambia
mai.»
Tsuna parlò con il naso
all’insù, lo sguardo rivolto verso il cielo
stellato e Mukuro lo imitò. Sopra
le loro teste il cielo era scurissimo, impreziosito dal bagliore delle
stelle
che quella sera erano davvero tantissime.
Quando sentì Tsuna poggiare
la testa sulla sua spalla provò una strana sensazione. Pur
sapendo che stava
male aveva acconsentito a quella stramba richiesta, accompagnandolo in
un luogo
piuttosto lontano dalla base e probabilmente ora stava solo
peggiorando.
«Ti da fastidio se
rimaniamo così per un po’?»
Mukuro si limitò a
rispondere con un mugugno, senza opporre resistenza per quel gesto che
sentiva
già troppo intimo.
Sentiva il corpo di Tsuna
scosso dai brividi, ma non riusciva a vedere la sua espressione visto
che il
suo viso più scarno era ben coperto dalla frangia castana.
«Mukuro ti volevo dire
un’ultima cosa. Non sai quanto ti sono grato per tutto quello
che hai fatto in
questi anni, anche se a te non sembra, hai fatto davvero
tantissimo.»
«Non parlare come se fosse
l’ultima volta, se proprio sarà il caso
farò altro per te.»
Non voleva infondere false
speranze a Tsuna, ma in quel momento fu quella la prima risposta che
riuscì a
dare.
Aveva sempre vissuto uno
stile di vita dettata dall’orgoglio, ma si sa:
l’orgoglio rende apparentemente
forti, ma non felici le persone oltre che cieche e sorde, e anche nel
suo caso
era così.
«Mukuro, credo di essere
innamorato di te.»
Ed è proprio per orgoglio
che non si poteva permettere di ragionare irrazionalmente come spesso
richiedevano di fare i sentimenti, ma anche semplicemente i rapporti
umani.
Seguire una propria logica lo aveva portato a sentirsi sempre
più solo, tutto
questo per concentrarsi maggiormente sui propri scopi.
Lo sapeva che Tsuna era
innamorato di lui, ma non aveva mai voluto cogliere quei segnali
perché
altrimenti sarebbe stata la fine.
«Vongola, no Tsunayoshi…
Perché nonostante tutto mi dici questo?»
Ma la risposta non arrivò,
Mukuro non avrebbe mai potuto sentirla. Ruotò in fretta il
busto e Tsuna cadde
tra le sue braccia. Non si muoveva e i suoi occhi erano socchiusi,
privi di
vita
«Tsunayoshi! Tsunayoshi!»
Lo chiamò più di una volta
con un tono di crescente disperazione nella voce. Tsuna giaceva tra le
sue
braccia, senza vita.
Le labbra non emettevano
più nessun soffio vitale.
Mukuro non voleva crederci,
fino a poco prima gli stava parlando, mentre ora era immobile tra le
sue
braccia.
«Tsunayoshi, ti amo
anch’io, da sempre… Però non scherzare,
apri gli occhi! Svegliati…»
Mukuro quasi non riconobbe
la propria voce, grave e preoccupata, come se fosse sul punto di
spezzarsi.
Non aveva mai avuto nulla
di importante da perdere, ma in quel momento capì che era
troppo tardi per
accorgersi che ciò che aveva di più importante
era sempre stato sotto i suoi
occhi e ora l’aveva perso.
☽☾
Erano passati
più di tre
mesi dalla morte di Tsuna.
Mukuro non aveva superato
bene l’accaduto, proprio lui che si era sporcato le mani dei
crimini più
orrendi, che aveva visto tantissime persone morire, rimase ferito
gravemente
nell’animo a tal punto da volersi esternare completamente dal
resto del mondo.
Chiuso in una clinica
privata era costantemente tenuto sotto controllo; non parlava mai e
dopo
settimane di reclusione volontaria aveva deciso di uscire in terrazza
per
prender un po’ d’aria e da quel giorno, tutti i
giorni uscì.
Le infermiere che si
soffermavano a guardarlo mentre passavano a fare i controlli notarono
una cosa:
il suo sguardo era sempre rivolto verso il cielo, e sorrideva.
Era così calmo rispetto ai
primi giorni in cui piangeva e si dimenava nel letto, avevano dovuto
sedarlo e
legarlo per tenerlo a bada.
☽☾
Tsuna sorrideva e
Mukuro
poteva vederlo chiaramente. Non gli passò per la testa di
chiedersi perché
nessuno sembrare notare la sua presenza, ma meglio così,
sarebbe stato solo
suo.
Tsuna che gli diceva di
essere innamorato di lui, Tsuna che gli sorrideva con
un’innocenza fuori dal
comune, Tsuna che lo invitava ad abbracciarlo.
Si alzò in piedi e subito
dopo raggiunse vicino al parapetto della terrazza, lo
abbracciò e lo sentì
caldo, rassicurante e assolutamente gratificante.
Sarebbe rimasto al suo
fianco, per sempre.
☽☾
«Mukuro
Rokudo si è
suicidato, gettandosi dalla terrazza della clinica. E’
incomprensibile, le
infermiere dicono di averlo visto fino a pochi minuti prima…
Era seduto,
guardava il cielo ed era tranquillo… »
Hibari Kyoya squadrava con
cipiglio indifferente il Direttore della Clinica dove fino a pochi
giorni fa
era stato ricoverato Mukuro, che
secondo
le testimonianze delle infermiere e dei medici si era levato la vita. I
Vongola
avevano deciso di investigare e ironicamente era proprio toccato
proprio al
rivale di sempre dell’Illusionista.
«Sciocchezze, quell’idiota
non farebbe mai qualcosa del genere.» Asserì senza
cambiare espressione, per
quanto lo odiasse, Hibari conosceva abbastanza bene Mukuro da sapere
che non
avrebbe mai fatto qualcosa del genere – o molto probabilmente
era il senso di
rivalità nei suoi confronti a non volerlo accettare.
Il caso si archiviò come
suicidio, nessuno aveva mai conosciuto abbastanza Mukuro da poter
capire il
perché di quel gesto, e l’unica persona che
avrebbe potuto spiegarlo era morta
mesi prima.
Sulla via del ritorno
l’interesse di Hibari fu catturato da una scena particolare:
dalla collina che
si affacciava sul fiume, due figura sedevano una di fianco
all’altra, fissando
il panorama. Per qualche secondo Hibari fu sicuro di aver visto Mukuro
e Tsuna,
ma poi scosse la testa, doveva semplicemente trattarsi di stanchezza.
E invece Hibari non si
sbagliò, quei due erano davvero Mukuro e Tsuna che avevano
deciso di trascorrere
l’eternità assieme, incontrandosi nel luogo dove
si erano rivelati i propri
sentimenti.
Al di là di questo mi ascolta quando ho dei problemi, ed è davvero piacevole parlare con lei un po' perché ho scoperto di avere un po' di cose in comune, e un po' perché la trovo davvero graziosa >w<, quindi mi andava di scriverle qualcosina come dedica. Spero ti sia piaciuta, anche se l'argomento non è dei più allegri, e grazie di tutto! <3