Meet the troupe ~
{ perché lo spettacolo deve continuare }
{ step #1 – look and laugh
}
Sembrava scientificamente
impossibile restare concentrati mentre
si guardava negli occhi Bert Lahr.
E lui – naturale – ne era
pienamente consapevole.
Era troppo, anche per la
sua buona volontà. Judy esplose in una risatina che non sarebbe mai
riuscita a trasformare in un colpo di tosse, e Bert
si affrettò ad assumere un’espressione di educata e innocente
curiosità mentre Fleming piombava su di loro come una Scimmia Volante.
«Insomma, Judy!
Questo non è affatto professionale da parte tua!»
«Mi
dispiace» bofonchiò lei senza staccare gli occhi da Bert, ostinandosi a portare avanti l’esercizio. Si
chiese se Fleming avesse notato che stava soffocando
nel tentativo di non ridere anche di
lui. «Mi dispiace, non succederà più.»
L’attenzione di
Fleming si spostò su Bert, che se ne stava
lì con un’aria da angioletto a ricambiare placidamente lo sguardo
di Judy coi suoi occhietti piccoli e lucenti.
«Bene»
sbottò – difficile dire se più seccato o esasperato.
«Dovremo lavorarci. Ma per il momento è meglio che la nostra
protagonista recuperi la dovuta concentrazione cambiando compagno; non sia mai
detto che io sia un regista tanto crudele da non mettere il mio cast a suo
agio.»
Le sopracciglia di Bert si sollevarono di un millimetro, scettiche, quanto
bastò perché Judy ridacchiasse di nuovo. Fleming lo tirò
su di peso e lo trascinò verso un’altra coppia di posti,
rimbrottandolo per tutto il tragitto.
«Jack, ti
autorizzo a dargli un’accettata non appena cerca di distrarti, intesi?
Perfetto. E tu... Da questa parte,
prego.»
Judy si voltò.
Victor Fleming tornava verso di lei, seguito dai passi lunghi e sciolti di Ray.
«Là»
disse, sospingendo Ray verso la sedia che era stata di Bert;
«e badate a comportarvi bene, voi due. La parte dello Spaventapasseri non
ti dà il diritto di fare lo stupido, Bolger,
sappilo.» Si voltò, intercettò lo sguardo divertito di
Margaret e richiamò tutti a se stessi. «Be’? Dove siamo, al drama club del liceo? Al lavoro, tutti
quanti!»
Judy guardò Ray.
Ray le sorrise. Non era un sogghigno come quello di Bert
– sorrideva e basta.
Lo ricambiava già
quando ebbe l’impressione di arrossire
sotto il suo sguardo limpido e azzurro.
Guardare negli occhi Ray
Bolger – si disse mentre, da qualche parte,
Jack iniziava a ridacchiare – era l’esercizio più piacevole
e naturale cui l’avessero mai sottoposta prima delle prove generali di un
film.
{ step #2 – touch and think }
Era una stanza diversa.
Questa volta avevano bisogno di molto spazio e del silenzio più
assoluto, perché ciò che ci si aspettava da loro era che
entrassero in sintonia gli uni coi pensieri degli altri. Di primo impatto
sembrava molto più difficile che limitarsi a sostenere gli sguardi dei
compagni; tuttavia, forse perché Bert non era
in vista, forse perché Fleming non ripeteva pedanti raccomandazioni
– forse perché era Ray a renderlo facile – Judy non aveva
nessuna fretta di passare ad altro.
Erano in piedi, schiena
contro schiena. Di tanto in tanto si scambiavano un movimento per dirsi
qualcosa. Certo, all’inizio le incursioni leggere e veloci delle dita di
Ray tra le sue l’avevano un po’ confusa – magari solo perché le sue dita erano
grandi, calde e sorprendentemente morbide, e sentirsene avvolta era stato come
affondare la sue nelle pieghe accoglienti di una coperta di lana. Ma a poco a
poco aveva iniziato a capire, a delineare alcune differenze tra i diversi modi
in cui le sfiorava le mani.
Una carezza alle nocche
trasmetteva tenerezza, simpatia. Un pizzicotto le suggeriva che in quel momento
Ray sorrideva, divertito da chissà quale improvviso pensiero. Un accenno
di solletico nel palmo era più complice di qualunque altro contatto
più approfondito.
C’erano anche dei
momenti in cui lo sentiva allontanare le braccia, tentare un movimento con l’intera
parte superiore del corpo, più difficile da interpretare: in quei casi
l’unica cosa che riusciva a pensare era che le dispiaceva non sentire più le sue mani. E questo la confondeva molto di
più, impedendole di concentrarsi per un bel pezzo.
«Fase due»
giunse di colpo la voce indesiderata di Fleming, come a spezzare un incantesimo.
«Aggiungete i suoni ai movimenti.»
«Frances?»
Judy sorrise. Era la
prima volta che qualcuno la chiamava col suo vero nome, sul set; per qualche
motivo era felice che fosse stato Ray il primo.
Si sentì
stringere forte le dita dalle sue: quell’unico gesto racchiudeva molte
cose, e lei sentiva di capirle tutte. Di ricambiarle.
Sarà bello lavorare con te.
Sapeva già chi
avrebbe scelto per l’esercizio sulla fiducia.
{ step #3 – speak and smile }
Va bene, questa era la cosa più strana che
le avessero mai chiesto di fare. Ma tutto sommato era anche piuttosto
divertente.
Correvano in cerchio,
quasi ballando, tutti attorno a una sedia vuota. A turno, uno di loro si
fermava e correva ad arrampicarsi sulla sedia, declamando ad alta voce i tre
oggetti che avrebbe portato con sé nell’eventualità di un
viaggio imprevisto. Improvvisazione, l’arma più efficace di un
attore: non per niente ne nascevano situazioni molto buffe, come quando il
signor Morgan aveva esclamato di colpo «la mongolfiera di scena, sempre che funzioni» – sapevano
tutti che quella parte lo rendeva un po’ nervoso.
Già, neppure
l’improvvisazione sulla musica era stata così piacevole – e
dire che Judy aveva ballato al braccio di Ray.
Toccava a lui, adesso.
Judy rise al vederlo correre nella sua andatura saltellante, accennare un passo
di tip-tap prima di lanciarsi sulla sedia. Si fermarono tutti a guardarlo. Ray
si drizzò in tutta la sua altezza, gonfiò il petto con aria fiera
e declamò le sue tre scelte.
«Una scatola di
fiammiferi, un corvo impagliato, Judy Garland!»
Qualcuno rise. Judy si
sentì avvampare.
Ray saltò
giù dalla sedia con l’agilità del suo talento, fece una
piroetta e tornò in fila come se niente fosse, lanciandole solo un
sorrisone da perfetto Spaventapasseri. Dopo la sorpresa e l’imbarazzo
iniziali, lei non poté fare a meno di ricambiarlo ancora una volta.
Ripresero a correre. Si
sa com’è, lo spettacolo deve continuare.
Questa volta sarebbe
stato molto più saggio evitare
d’incrociare lo sguardo di Bert. Era sicura che
gli avrebbe dato un motivo di più per cercare di farla ridere.
Spazio dell’autrice
Va bene, lo confesso. La verità è che morivo dalla voglia di scrivere ancora
su Ray e Judy, e l’insperata nascita di una categoria apposita (io l’avevo
richiesta per Judy, non mi sarei mai sognata di ottenerla sulla coppia
stessa *__*) mi ha spinta a farlo.
Be’, come avrete intuito il contesto è nuovamente
quello delle riprese del Mago di Oz. Di seguito riporto alcune doverose delucidazioni:
* Bert
Lahr è l’attore che
interpretò il Leone Codardo;
* Victor Fleming è
il regista, succeduto a George Cukor che
abbandonò la lavorazione per dedicarsi a Via col vento (anche in questa occasione fu poi raggiunto da
Fleming);
* Jack Haley
è l’attore che interpretò il Boscaiolo di Latta;
* Margaret Hamilton è
l’attrice che interpretò la Perfida Strega dell’Ovest;
* Frances Gumm è
il nome anagrafico di Judy Garland;
* Frank Morgan è
l’attore che interpretò il Mago di Oz.
Davvero, vi sto implorando in ginocchio di perdonarmi, ma proprio
non ce la faccio a non vedere amore
in questi due splendidi interpreti degli anni d’oro di Hollywood. E il
mio amore per lo Spaventapasseri/Dorothy c’entra poco o niente – il
che è tutto dire.
Aya ~