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Autore: Oducchan    02/09/2011    1 recensioni
-È…questione di baricentro. Non è difficile. Puoi farcela-
Se non fosse stato che pur di mantenersi dritto in piedi su quei due pezzetti di metallo spessi sì e no un’unghia che si ritrovava ai piedi si era completamente abbarbicato con entrambe le mani alla balaustra colorata che separava la zona coperta di ghiaccio da quella invece dove stava la beneamata terra, forse Cuba si sarebbe lasciato scappare un’occhiataccia e poi un sospiro. Invece strinse maggiormente la presa, cercando di concentrarsi il più possibile, e annuì.
Certo.
Facilissimo.

Attenzione, lezione di Hockey in corso!
[CubaCanada][To sushi, con amore]
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Canada/Matthew Williams, Cuba
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note

Note

a)CubaCanada. Visibile come prequel/sequel/insomma, collegata a “Que locura namorarme yo de ti

b) Il titolo stavolta è il motto della squadra di hockey su ghiaccio del Canada. Go, Canucks!

c)Per sushi, che oggi compie gli anni. Con tanto amore <3

d) Un po’ di scleri da ambo le parti. Suvvia XD

 

 

 

Leave no doubt

 

 

 

 

 

-È…questione di baricentro. Non è difficile. Puoi farcela-

Se non fosse stato che pur di mantenersi dritto in piedi su quei due pezzetti di metallo spessi sì e no un’unghia che si ritrovava ai piedi si era completamente abbarbicato con entrambe le mani alla balaustra colorata che separava la zona coperta di ghiaccio da quella invece dove stava la beneamata terra, forse Cuba si sarebbe lasciato scappare un’occhiataccia e poi un sospiro. Invece strinse maggiormente la presa, cercando di concentrarsi il più possibile, e annuì.

Certo.

Facilissimo.

Peccato che oltre i suddetti pattini si ritrovava imbragato in una quantità insostenibile di indumenti, protezioni e imbottiture che lo stavano solo facendo sudare come nessun sole di agosto aveva mai fatto. Parastichi, paragomiti, paradenti, proteggi-spalle, proteggi-petto, proteggi-nuca… ormai aveva perso il conto della miriade di aggeggi che gli avevano cacciato addosso. Per non parlare di quel coso enorme e pesante come un macigno che si era dovuto calcare in testa dopo una lotta furiosa con i suoi adorati capelli. E quando era bello che arrivato sul suddetto campo da gioco –portato praticamente di peso da un paio di assistenti, visto che con tutta quella roba a malapena respirava ancora-, era capitombolato non una, non due, ma bensì tre volte.

Che aveva fatto di male lui, per meritarsi tutto quello?

Oh, sì che lo sapeva, maledizione. Lo sapeva benissimo, la risposta ce l’aveva davanti al naso. Canada gli tese una mano, lo sguardo preoccupato e con una vena di senso di colpa che si notava benissimo nonostante fosse celato dalla griglia di protezione, e per un attimo Cuba si chiese come diavolo facesse quello scricciolo così… così… così maledettamente delicato, a riuscire ad essere a suo agio in quella tenuta da pallone gonfiato che pareva proprio stargli a pennello. E così facendo, soffocò definitivamente l’astio per essersi fatto fregare da quei fottuti occhi blu. Maldiciòn, ma per davvero.

-Certo, certo –bofonchiò tra i denti, cercando a convincersi che poteva allentare almeno la presa di una mano –Si vede che il mio baricentro è andato a fare surf-

Canada sussultò impercettibilmente, e Cuba andò direttamente nel suo peggiore stato di panico. Ecco, adesso lo aveva offeso e gli avrebbe risposto con voce tremula che, sì, tutto sommato non era importante –sì che lo era, porca miseria, tutto con lui era importante!-, non poteva mica forzarlo a imparare a giocare ad hockey, che potevano fare qualcos’altro, magari in spiaggia. Poi si sarebbe avviato verso gli spogliatoi con gli occhi bassi e il sorriso spento senza dire altro almeno fino a sera, quando gli avrebbe detto in un sussurro che forse era meglio se tornava a L’Avana, dato che faceva un freddo cane e ci mancava solo che prendesse un raffreddore o una broncopolmonite cronica. Prima che tutto questo potesse accadere, si sporse in avanti, afferrando goffamente la mano che l’altro ancora gli stava tendendo.

-P-però posso convincerlo a tornare. Fare surf sul ghiaccio potrebbe essere… interessante a-a-a-anche per lui-

Matthew sbattè le palpebre, lievemente confuso, ma avvertendo che le sue guance stavano andando letteralmente a fuoco senza il suo esplicito permesso, si concesse di ridacchiare.

-Lo penso anch’io-

Per un secondo Ramòn rischiò di soffocare con la sua stessa saliva, vista la foga con cui l’imbarazzo gli era risalito in gola. Cercò di armeggiare con la visiera del casco per provare ad alzarla e respirare, giusto per fingere di essere impegnato qualcosa –e di avere la tonalità di un gambero arrostito per qualcosa di diverso che non fosse il suo “insegnante”.

-Come diavolo funziona quest’affare…-

Canada sorrise. Poi, colto da una strana e superiore ispirazione, si sporse un pochino più avanti, prese tra le dita la suddetta grata della maschera e la sollevò di scatto; poi, reso audace da chissà quale intervento divino, alzò anche la propria per poi protendere ulteriormente il viso, depositando delicatamente le labbra su quelle dell’altro.

Un bacio dolce, leggero, e tanto delicato.

Il secondo dopo scattarono entrambi indietro, rossi in viso come peperoni e con l’aria di chi avrebbe voluto essere a tre metri sotto terra. Matthew si premurò di nascondere accuratamente il volto tra le mani mentre Cuba restava a fissarlo stralunato cercando di far ripartire tutte le funzioni vitali in modo corretto e soprattutto in tempi brevi, respirazione e battito cardiaco in primis. Rimase a fissarlo per un tempo per lui interminabile cercando di smetterla di boccheggiare come un pesce spiaggiato, rischiando anche di finire per terra una quarta volta –visto che nel frattempo si era un po’ troppo sbilanciato- poi alla fine riuscì a deglutire e ad assumere un’espressione vagamente seria. Vagamente.

-Ahem… Grazie. Adesso cosa… cosa facciamo?-

Matthew prese un piccolo respiro, abbassando le braccia e si guardò attorno, cercando qualcosa che potesse essere utile. Alla fine, acchiappò le due mazze che stavano a qualche passo di distanza e ne tese una all’altro.

-Ti va… di provare un ingaggio?-

Un secondo, due, tre. Cuba fissò il bastone, il dischetto in mezzo al campo, Canada, l’adorata balaustra, la porta degli spogliatoi e poi di nuovo Canada, e alla fine sospirò, lasciando la presa dalla ringhiera e afferrando invece la sua mano.

-D’accordo. Dopotutto, se ci riesce Giamaica non vedo perché non posso farlo io-

 

 

 

Nota a piè pagina:

Giamaica fa bob, Cuba-sama. Non è esattamente la stessa cosa.

 

   
 
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