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Autore: EffieSamadhi    02/09/2011    4 recensioni
Lui l’aveva capito dal primo momento, che quella non avrebbe portato altro che problemi.
Ce l’aveva scritto in faccia, ce l’aveva scritto sui vestiti, ce l’aveva scritto sulla carrozzeria dell’auto. Tutto di lei diceva: “Giratemi alla larga, sono un problema vivente”.
Se lo ricordava alla perfezione, il giorno in cui l’aveva vista arrivare a Stars Hollow.

***
Lui l’aveva capito dal primo momento, che quella non avrebbe portato altro che problemi.
Aveva capito dal primo istante che Lorelai avrebbe avuto lo stesso effetto di un tornado. Ce l’aveva scritto in faccia: “Sono un uragano potenzialmente distruttivo, non lasciatemi avvicinare.”
Lui era stato il primo a cadere nella trappola, e pian piano tutta Stars Hollow lo aveva seguito. C’erano voluti più di quindici anni, ma finalmente Lorelai Gilmore era riuscita a far innamorare di sé un’intera città.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lorelai Gilmore, Luke Danes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Troubles.

Nickname – Pocahontas@Effie (forum), EffieSamadhi (EFP)

Titolo della storiaTroubles [Problemi]

Personaggio scelto – Luke Danes

Rating – Verde

Generi – Introspettivo, Sentimentale

Avvertimenti – Het, One-shot

NdA – Tutti sappiamo che Lorelai è un personaggio un po’… ‘particolare’.

Ma che cosa ha pensato di lei Luke la prima volta che l’ha incontrata?

E la sua opinione sarà cambiata, nel corso del tempo?

 

 

Troubles [Problemi]

 

 

Lui l’aveva capito dal primo momento, che quella non avrebbe portato altro che problemi.

Ce l’aveva scritto in faccia, ce l’aveva scritto sui vestiti, ce l’aveva scritto sulla carrozzeria dell’auto. Tutto di lei diceva: “Giratemi alla larga, sono un problema vivente”.

Se lo ricordava alla perfezione, il giorno in cui l’aveva vista arrivare a Stars Hollow.

 

***

 

Era d’inverno, mancavano poco più di due settimane a Natale. Lei era arrivata in città con la sua jeep, aveva parcheggiato davanti alla bottega di Taylor Doose ed era scesa. Per un paio di minuti si era guardata attorno con aria curiosa, scrutando la piazza completamente deserta e coperta di neve. Beh, proprio completamente deserta no. Lui era in piedi su una scala e stava sostituendo un chiodo arrugginito dell’insegna con uno nuovo. Aveva litigato ancora con Taylor, che pretendeva la rimozione di quell’insegna.

“Questo era il negozio di ferramenta di mio padre, Taylor, e non toglierei quell’insegna nemmeno se me lo chiedesse il presidente degli Stati Uniti!”

“Avanti, Luke, sii ragionevole. Gestisci una tavola calda, non puoi continuare ad esporre quella stupida insegna! Confonde la gente!”

“I cittadini di Stars Hollow sanno benissimo che questa è una tavola calda.”

“Beh, pensa ai turisti.”

“Turisti? Taylor, siamo a Stars Hollow, non a Miami.”

Finito di sostituire il chiodo, era sceso ed era tornato dentro il locale, vuoto e silenzioso come la città. Era passato dietro il bancone per riordinarlo, ma non riusciva a fare a meno di tenere d’occhio quella strana ragazza appena scesa dalla jeep. Non doveva avere più di vent’anni, e anche da lontano sembrava essere molto carina.

Un paio di minuti più tardi, la ragazza era risalita in auto e si era allontanata, e allora Luke era tornato a concentrarsi sul proprio lavoro.

Aveva rialzato la testa nel sentire la porta aprirsi. Sospettando che si trattasse di nuovo di quello stupido grassone petulante che voleva costringerlo a cambiare insegna aveva iniziato a dire, in tono arrabbiato: “Taylor, vattene immediatamente oppure…”

“No, non sono Taylor. Anche se mi chiedo cosa possa aver fatto di male quella poverina per essere trattata così duramente…” lo aveva interrotto una voce sconosciuta.

“Oh, mi scusi, io…” aveva iniziato, la gola improvvisamente asciutta. Si era schiarito la voce e aveva ripreso a parlare. “Taylor Doose è il nostro sindaco. Ed è un’autentica spina nel fianco. Che cosa posso fare per lei?”

La ragazza della jeep lo aveva guardato con un sorriso timido. “Vorremmo mangiare qualcosa, se possibile.”

Vorremmo?, aveva ripetuto Luke a se stesso. Soltanto in quel momento era riuscito a staccare gli occhi dalla ragazza, posandoli sulla bambina che teneva per mano. “Ma certo. Accomodatevi, arrivo subito da voi.”

L’aveva osservata togliersi il cappotto, e poi svestire la bambina. A giudicare dai vestiti, dovevano provenire da un ambiente piuttosto agiato. Insomma, non che se ne intendesse, ma quello non era assolutamente il genere di abiti che indossavano le donne di Stars Hollow.

Non aveva potuto fare a meno di chiedersi che rapporto ci fosse tra le donna e la bambina.

Erano sorelle?

Babysitter e assistita?

Sì, avrebbe potuto avere un senso, vista la jeep scassata con la quale erano arrivate in città.

Ma perché diavolo una babysitter dei quartieri alti avrebbe dovuto portare una bambina di quell’età in una tavola calda di Stars Hollow, di sera, nel bel mezzo di una nevicata?

Magari la ragazza aveva rapito la bambina per chiedere un riscatto: succedeva in continuazione.

E poi, quella aveva l’aria di una che portava guai. Un sacco di guai. L’avrebbe pensato anche Taylor, se l’avesse vista.

Luke si era avvicinato al tavolo con la caffettiera. “Caffè?” aveva domandato, con il tono più cordiale possibile.

“Grazie, sarebbe davvero gentile.”

Mentre riempiva la tazza, Luke aveva deciso di indagare. “Ma che bella bambina… come si chiama?” aveva osservato, cercando di dimostrarsi entusiasta, anche se i bambini non lo avevano mai affascinato.

“Grazie. Si chiama Rory. E’ mia figlia” aveva aggiunto, dopo un paio di secondi di silenzio.

Luke si era immobilizzato. “Come?”

“Rory. E’ mia figlia” aveva ripetuto la ragazza. “Lo so, sembra impossibile, ma ho imparato che è meglio specificarlo subito, prima che la gente pensi che l’ho rapita ad una famiglia ricca per chiedere un riscatto.”

“Sua figlia?”

“Mia figlia, sì.”

“Ma lei è…”

“…una ragazzina?”

“Stavo per dire giovane” l’aveva corretta Luke. “Insomma, quanti anni può avere?”

“Non si chiede l’età ad una signora, lo sa?”

Lui aveva indicato la mano di lei, priva di qualsiasi anello o monile. “Non c’è un anello, sono libero di pensare che non sia sposata, il che non fa di lei una signora. Quindi, le posso chiedere quanti anni ha.”

“Ne ho venti” aveva risposto lei, dopo una breve pausa. “Li ho compiuti ieri.”

“Avevo ragione, è giovane.” Aveva finito di riempire la tazza. “E Rory, quanti anni ha?”

“Ne compirà tre in primavera. E’ molto precoce. Andrà ad Harvard.”

“Precoce davvero” aveva scherzato lui. “Che cosa posso portarvi?”

“Oh, non ho ancora guardato il menu, mi scusi.”

“Si figuri. Se vuole un consiglio, le suggerisco la zuppa di pomodoro. E’ la specialità dello chef.”

La ragazza aveva sorriso. “Vada per la zuppa di pomodoro.”

“Per due?”

 

“Che posto è Stars Hollow?” gli aveva domandato, una volta finita la zuppa. “Per viverci, intendo.”

“Tranquillo” aveva risposto lui. “Nella scala delle città più tranquille d’America, siamo al livello ‘mortorio’. Sta cercando casa?”

“Una specie” aveva risposto evasiva.

“Da dove arriva? Se posso chiedere…”

La ragazza aveva stretto i grandi occhi azzurri e aveva aggrottato la fronte, nel formulare una risposta a quella domanda. “Da un posto in cui spero di non dover ritornare più.”

“Ha un posto dove stare?”

“Non esattamente.”

“Se può esserle d’aiuto, c’è un albergo, a un paio di isolati da qui. Si chiama Independence Inn. Beh, più di un albergo, è una specie di pensione. Non costa molto, ma è pulita e accogliente. Come essere a casa.”

“Spero di no” aveva sospirato lei, porgendo alla bambina un tovagliolino con il quale pulirsi gli sbaffi di zuppa.

“Situazione difficile?”

Genitori difficili” lo aveva corretto. “Diciamo che è ora di lasciare il nido.”

“E il…” aveva iniziato Luke, accennando alla bambina.

“Il padre di Rory?” La ragazza aveva ridacchiato. “Credo sia in… Ecuador, o quell’altro Paese… com’era? Ah, Bolivia.”

“Non vuole occuparsi di sua figlia?”

“Oh, no. Lui è entusiasta di Rory.”

“E allora perché…”

“Perché non stiamo insieme?” Aveva riflettuto in silenzio per qualche secondo. “Non lo so. Fa sempre così?”

“Cosa?”

“Lei.”

“Io?”

“Sì, lei. Insomma, indaga su tutti quelli che entrano nel suo locale?”

No, Luke non era mai stato il tipo di uomo che ficca il naso nella vita e nei problemi degli altri solo per godimento personale. Al diavolo, non si occupava nemmeno dei problemi della propria famiglia, perché accidenti avrebbe dovuto ficcare il naso nelle magagne altrui? No, lui non faceva mai cose del genere. Taylor si comportava così. Ed era esattamente quello il motivo per cui lui e Taylor litigavano, il più delle volte. “No, no. Sono un tipo abbastanza riservato, di solito. Non mi piace parlare degli altri, e non mi piace che gli altri parlino di me.”

“Eppure lo sta facendo.”

“Cosa?”

“Sta parlando di me.”

“Sì, è vero. Sto parlando di lei.”

“Perché?”

Luke aveva osservato a lungo la ragazza, confermando la propria prima impressione: era davvero molto carina. “Non lo so. Mi ha… incuriosito, credo.”

“Incuriosito?”

“Incuriosito.”

“In che senso?”

“In che senso cosa?”

“In che senso l’ho incuriosita?”

“In quanti sensi si può incuriosire una persona?”

“Beh, esistono parecchi modi di incuriosire una persona.”

“Davvero?”

“Davvero.”

“Beh, non saprei. Ha l’aria di essere una persona con molto da raccontare.”

“La ringrazio.”

“E di che?”

A quel punto, una voce nuova si era introdotta nella conversazione. “Mamma, ho finito” aveva detto la bambina, porgendo alla giovane donna il tovagliolino usato per pulirsi.

“Sei stata bravissima, Rory. Che dici, andiamo a cercare un posto per dormire?”

Rory aveva annuito, e allora si erano alzate e rivestite. La ragazza aveva chiesto il conto, e mentre pagava, a Luke era saltato in mente di presentarsi. “A proposito, mi chiamo Luke” aveva detto, tendendole la mano. “Luke Danes.”

La ragazza aveva ricambiato la stretta, sorridendo. “Lorelai. Lorelai Gilmore.”

“Allora, magari… ci si vedrà in città.”

“E’ probabile. A presto.”

“A presto.”

Poi, Lorelai Gilmore e sua figlia erano uscite dal locale, e Luke era rimasto a guardarle mentre raggiungevano l’auto. Quando la jeep si era allontanata, lui aveva scosso la testa, senza riuscire a capire che diavolo gli fosse preso: insomma, lui era Luke Danes, non socializzava nemmeno con chi vedeva tutti i giorni, figuriamoci con una ragazza appena incontrata! Ma quella Lorelai era… era diversa dalla gente di Stars Hollow.

E pur non conoscendola, Luke era certo che fosse anche migliore della gente di Stars Hollow.

 

***

 

Lui l’aveva capito dal primo momento, che quella non avrebbe portato altro che problemi.

Aveva capito dal primo istante che Lorelai avrebbe avuto lo stesso effetto di un tornado. Ce l’aveva scritto in faccia: “Sono un uragano potenzialmente distruttivo, non lasciatemi avvicinare.”

Lui era stato il primo a cadere nella trappola, e pian piano tutta Stars Hollow lo aveva seguito. C’erano voluti più di quindici anni, ma finalmente Lorelai Gilmore era riuscita a far innamorare di sé un’intera città.

Anche se continuava a combinarne di tutti i colori: lo aveva chiamato appena cinque minuti prima, in preda al panico, chiedendogli di correre subito a darle una mano. Conoscendola, Luke immaginò che avesse incendiato il divano, oppure incastrato le chiavi della macchina nella serratura della porta del bagno, o magari investito il gatto dei vicini – oppure i vicini.

In fondo, lui lo aveva capito dal primo momento, che Lorelai avrebbe portato soltanto guai.

Aprì la porta d’ingresso con la chiave nascosta nella tartaruga di terracotta vicino allo zerbino ed entrò. “Lorelai, sono qui. Sei ancora viva? Ho chiamato un’ambulanza e la polizia. È sufficiente, o devo avvertire la Guardia Nazionale?” la prese in giro, raggiungendo la cucina.

Era tutto buio e silenzioso, e niente in casa di Lorelai era mai silenzioso. Dopo una breve ispezione del piano inferiore, Luke salì le scale. “Lorelai, dove diavolo sei? Stai bene?”

La trovò in bagno, inginocchiata davanti alla tazza del gabinetto. E non aveva l’aria di stare bene. “Luke, hai problemi di cuore?” gli domandò, voltandosi a guardarlo.

“No, non che io sappia.”

“Istinti suicidi?”

“Solo omicidi, e solo nei confronti di Taylor e Kirk.”

“Soffri di cali di pressione?”

“No.”

“Caviglie deboli?”

“Lorelai, vuoi arrivare al punto?”

“E’ meglio se ti siedi.”

“Sedermi?”

“Sì, siediti” ripeté, agitando una mano per incoraggiarlo. “Se alzo la testa per guardarti mi viene da…” Non concluse la frase, ma si limitò a sporgersi sulla tazza e a rimettere una parte della colazione. “Appunto.”

Luke si avvicinò al lavandino, bagnò un’estremità dell’asciugamano e le rinfrescò la fronte e i polsi. “Lorelai, che succede?”

“Sicuro di essere perfettamente sano?”

“Non ho mai avuto nemmeno un raffreddore, Lorelai. Vuoi dirmi che succede?”

“Prometti che non ti arrabbierai?”

“Ok.”

“Prometti che mi proteggerai dalla furia assassina di mia madre?”

“Ok, prometto.”

“Prometti che vorrai ancora bene a Rory come gliene avrai sempre voluto?”

“Che c’entra Rory, adesso?”

“Le sorelle maggiori sono sempre gelose delle sorelle minori” rispose lei, con uno dei suoi soliti sorrisi, un attimo prima di sporgersi di nuovo sulla tazza.

D’istinto, anche Luke sorrise. Lui l’aveva capito dal primo momento, che Lorelai avrebbe cambiato tutto.

   
 
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