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Autore: UnnaturalLaws    02/09/2011    8 recensioni
"Ero solito alzarmi nel bel mezzo della notte, andare in bagno e mettermi i trucchi di Linda solo per vedere come mi stavano. Ho sempre pensato che sarei stato una donna molto attraente. - Paul McCartney"
Una fic demenziale con un Paul pieno di sé e sensibile e un John convinto che il suo amico sia gay.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'd like to be a girl.

(Gennaio 1968)

«Brr, fa un freddo cane!» esclamò Paul McCartney, stringendosi ancora di più nel suo cappotto nero e alzandosi la sciarpa fino a fargli coprire la bocca.

«Sai com'è, Macca. È inverno!» rispose John sorridendo.

«Come fai a non avere freddo? Hai soltanto una giacca leggera e una camicia! Fossi in te sarei già morto di ipotermia!» continuò il più piccolo, accoccolandosi nel tepore del cappotto.

«Grazie alla barba e ai capelli lunghi. Non puoi immaginare quanto tengono caldo! Dovresti lasciare crescere quei capelli, ormai non siamo più nell'era dei mop tops!» lo canzonò John, dandogli un buffetto amichevole sulla spalla.

«No, grazie. Il look alla Gesù Cristo decisamente non mi dona» ribattè l'altro. «A proposito, quando ti decidi a tagliare quei capelli? Fai invidia a un figlio dei fiori!»

«Hey, Macca, vacci piano. Lo sai che i miei capelli non si toccano. E poi mi danno un tocco vintage, non trovi?» chiese speranzoso John, sorridendo al suo amico freddoloso e toccandosi i capelli quasi fossero dei gioielli preziosi.

«Per niente. Sembri solo un hippie! Johnny figlio dei fiori. Ti si addice come nome, sai? Non vedo l'ora di vederti sdraiato su un prato a fumare con i vestiti multicolori e a predicare la pace nel mondo!» rise Paul. John alzò gli occhi al cielo.

«Non dimenticarti che gli hippie scopano come conigli! Scommetto che non vedi l'ora di vedermi scopare quattro ragazze per strada!» continuò il più grande. Paul sospirò, esasperato.

«Come vuoi tu, John. Sta di fatto che per me sono troppo lunghi.» rispose quest'ultimo.

I Beatles avevano avuto il via libera da George Martin per una giornata intera di vacanza. Stavano pensando di registrare un altro album, ma per ora c'erano ancora molte cose da mettere a posto. Così, John e Paul avevano di andarsene un po' in giro per i negozi di Londra, vista l'assenza delle loro ragazze e di passare una giornata in occasione dei vecchi tempi, solo loro due. Pensavano, però, che qualcuno li avrebbe riconosciuti, ma faceva talmente tanto freddo e la neve era così alta da non fare uscire nemmeno il più volenteroso degli uomini.

«Oh mio Dio, John!» esclamò Paul fuori di sé, trascinando l'amico davanti a una vetrina.

«Che cosa c'è, Paul?» chiese sbuffando, siccome era la dodicesima o tredicesima volta che Paul lo costringeva ad entrare in un negozio.

«La vedi? Non è bellissima?» commentò Paul con occhi sognanti, quasi come volesse baciare la vetrina.

«La chitarra nera? Paul, cosa te ne fai di una chitarra se suoni il basso? Al massimo comprati un basso nero, così cambi una volta per tutte quello della Hofner!» sentenziò il più grande. Paul continuava a guardare la vetrina affascinato.

«No, sciocchino! Non intendevo la chitarra! Guarda: sono... bellissimo!» esclamò quasi con le lacrime agli occhi Paul, guardando la sua immagine riflessa nello specchio. Per tutta risposta, John scoppiò a ridere.

«Paul! Tu sei un gay di dimensioni galattiche! Hai un ego spaventoso, stai attento che prima o poi dovrai comprarti una nuova casa: tu e Linda sarete troppo stretti con un ego del genere in giro!» continuò a ridere fino a farsi venire i crampi allo stomaco.

«Oh, taci, John. Credo che un gruppetto di fan ci abbia avvistati, meglio tornare a casa!» rispose Paul, soffiandosi sulle mani quasi del tutto ghiacciate mentre John aveva ancora gli spasmi per le risate.

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«Non sono mai stato così contento di tornare a casa!» esclamò John togliendosi il cappotto e appendendolo sull'attaccapanni. Andò in cucina, aprì il frigo e si prese una birra per poi buttarsi a peso morto sul divano, appoggiando i piedi sul tavolino di vetro basso.

«Fai come se fossi a casa tua, eh!» scherzò Paul, vedendo che il suo amico si era già impadronito della sua tv.

«Macca, non è che mi andresti a prendere qualcosa da sgranocchiare? Ci sono le patatine nello scaffale in alto a destra vicino al frigo!» chiese John, sorseggiando la sua birra.

«John Winston Lennon, so benissimo dove si trovano le mie patatine nel mio scaffale! E non sono la tua cameriera, mi hai capito bene? Alza il tuo dolce di dietro e vattelo a prendere da solo!» sbottò l'amico, incrociando le braccia sul petto e assumendo una posizione decisamente troppo femminile.

«Sì, sei decisamente gay. Okay, mi dispiace, Paula! Vorrà dire che alzerò il mio di dietro e me le andrò a prendere da solo!» lo canzonò John, passandogli vicino e lanciandogli un bacio volante con la mano.

«Vaffanculo, John.» fu la risposta del più piccolo.

John sparì in cucina per poi tornare 10 minuti dopo con un'altra bottiglia di birra per calmare il suo amico e un pacchetto di patatine al formaggio.

«Tieni, mogliettina cara!» disse, porgendo a McCartney la bottiglia in vetro. John si beccò un altro "vaffanculo" e si rese conto ancora una volta che il suo amico quando si incazzava era identico a sua moglie.

«Hey Macca, durante la mia permanenza in cucina non ho potuto fare a meno di notare un dolcissimo e tenerissimo grembiule da cucina completamente rosa con i bordi di pizzo bianchi con una scritta in nero... spero vivamente che sia di Linda!» continuò a prenderlo in giro John. Per tutta risposta, Paul avvampò.

«John, piantala con questa storia del gay. E comunque sì, è di Linda!» concluse.

Il più grande fece una faccia per niente convinta ma lasciò perdere. Si sdraiò sul divano con un braccio dietro alla testa e cominciò a sorseggiare birra e sgranocchiare patatine. Paul, seduto nella poltrona vicino a lui, era l'esatto contrario: seduto correttamente e aveva messo un pezzo di carta sulle sue ginocchia, in modo da non fare briciole. Appena finì di mangiare, corse in bagno a lavarsi le mani, mentre John si leccò le dita.

«Sei un maiale. Poi io le tue schifezze le devo pulire! Guarda quante briciole, questo divano mi è costato una fortuna!» sbottò Paul, precipitandosi a prendere una scopa per rimediare al casino fatto dal suo amico.

«Ti sarà anche costato una fortuna, ma fa cagare. Con quelle briciole l'ho soltanto reso più colorato, visto il mortorio che ha come colore!» osservò John, che decise di alzarsi dal divano per permettere alla sua camer... al suo amico di pulire meglio la sua reggia perfetta, pulita nel minimo angolo e con tutte le cose al proprio posto.

«Sei troppo ordinato, Macca. Lascia che sia, lascia che sia...»

«Taci, hooligan. E ora vai a lavarti le mani o in casa mia non ci metti più piede!» John sbuffò e sparì in bagno.

La serata trascorse comunque piacevolmente, guardarono vecchi film anni '50, ascoltarono musica e bevvero. Parlarono di vecchi ricordi di Liverpool e di vecchie conquiste.

«Hey Johnny! Te la ricordi Aileen?» chiese un Paul leggermente brillo ma ancora del tutto cosciente.

«Aileen tette aliene! Come si fa a scordarsi di una puttana del genere? In quanti ce la siamo fatta? Sette? Otto? Mamma mia che tette, ragazzi! Le più grosse e tonde di Liverpool!» rispose John, il quale non si poteva affermare che fosse cosciente.

«Oppure, oppure... Jessika! Lei sì che era una Donna con la D maiuscola!» proseguì il ricordo Paul.

«No Paulie, lei era una Zoccola con la Z maiuscola!» prescisò John.

«John, per te tutte le ragazze sono zoccole, sei proprio un uomo!» lo riprese Paul, mettendo su il broncio.

«Hey Paul, che fastidio ti dà? Sono donne che non si farebbero neanche pagare pur di scopare, non dico cazzate! Quanti cazzi avrà preso Becky tutta fuoco? Oppure Brittany mani di fata!» chiese il ragazzo.

«Johnny, nella nostra carriera quante ragazze mi sarò fatto io?»

«Troppe per riuscire a contarle, perché?»

«Questo non fa di me... una troia?» chiese, abbassando lo sguardo.

John rimase con la bocca socchiusa. Ci pensò un attimo.

«No, noi siamo maschi! La virilità consiste anche nel scoparsi quante più donne possibile. E poi non è colpa nostra se quelle ci si fiondano davanti nude e pronte per soddisfare ogni nostro desiderio. Un uomo non può resistere a certe provocazioni, l'istinto della caccia prende il sopravvento!» concluse la spiegazione il più grande.

«Sarà...» sospirò il più piccolo, incrociando le gambe sul divano.

«Cos'hai Paul?» chiese l'amico.

«Niente, è che mi sembra di averle trattate come zerbini. Sono uno stronzo, come tutti gli uomini!» si lagnò Paul.

John alzò gli occhi al cielo. «Oh, santo Elvis, Paul! Cos'hai oggi? Il ciclo?»

«Dai, John, piantala. Per una volta vorrei sentire cosa si prova ad essere una femmina. Sono sicuro che non è così facile come crediamo, loro sono creature molto speciali, riescono a sopportare uomini come te!» sbuffò il moro, incrociando le braccia al petto. John gli circondò le spalle con un braccio.

«Andiamo a dormire, Paulie. La birra sta facendo effetto sia a me che a te e non voglio trovarti domani mattina con tette e capelli lunghi. Adesso che ci penso, dimentica la mia idea di farti crescere i capelli...» si alzò dal divano, portò i rimasugli della "cena" della sera in cucina in modo da non far arrabbiare Paul e salirono entrambi le scale per andare in camera da letto.

Non era la prima volta che dormivano insieme, ad Amburgo, a Liverpool e a Londra furono mille le volte che dormirono nello stesso letto e non si sono mai vergognati del fatto. Linda era fuori per lavoro e Yoko aveva dato il via libera per quella giornata tra uomini. John si tolse maglietta e pantaloni e rimase in boxer, mentre Paul prese una maglia e dei pantaloni lunghi dal cassetto. Lui era freddoloso!

Si accoccolarono entrambi sotto le coperte e dopo la buona notte si addormentarono come due sassi.

 

Ore 2.41

John si svegliò di colpo tutto sudato. Aveva avuto un altro dei suoi incubi ricorrenti: Julia, sua madre. La stanza era buia e decise che doveva almeno rinfrescarsi la faccia: lui non era come Paul, lui non era freddoloso. Aveva bisogno di un bel po' di acqua fredda sulle gote ardenti. Si alzò nel buio bluastro della stanza attento a non fare rumore per non svegliare Paul che dormiva appena di fianco a lui. Cercò di uscire dalla stanza lentamente e ci riuscì perfettamente. Arrivò nel lungo corridoio di casa McCartney dove notò molte foto incorniciate di lui, George e Ringo ma anche molte foto di Paul e Linda, Paul e Martha e Paul da solo.

Sono quasi certo che quelle con Paul da solo non le abbia incorniciate Linda!, pensò il chitarrista. Vide finalmente la porta del bagno tanto agognato alla fine del corridoio. Porca puttana, ma che villa ha Paul?

Aprì la porta lentamente e la luce della lampada accesa gli fece dolere gli occhi, abituati ormai al buio pesto.

«Ahi, cazzo!» esclamò con le mani sopra agli occhi, cercando invano di coprirsi e di vedere qualcosa.

«Aaaaaaaaaah!» sentì una voce stridula che gli trapanò anche le orecchie. Si spaventò e tolse velocemente la mano dagli occhi, incurante del dolore.

Quello che vide gli fece dimenticare dell'incubo, del male agli occhi e dello spavento. Paul era davanti allo specchio spaventato a morte... truccato. Sì, era truccato! Aveva un leggero strato di fondotinta sulla faccia, che lo rendeva ancora più attraente, ma la cosa imbarazzante è che aveva deciso di mettersi anche il rossetto color bordeaux e l'ombretto azzurro che Linda aveva tra i suoi trucchi. E come se non bastasse, in mano aveva una delle tante macchine fotografiche della sua compagna.

«Paul, mi spieghi che cazzo...» John non sapeva se ridere oppure chiedersi ancora una volta che cosa stava succedendo al suo amico.

Il più piccolo si guardò allo specchio e poi guardò John, ancora spaventato.

«John, io... volevo solo vedere come mi stavano, ma tu mi avresti preso per deficiente e gay e allora...»

«Volevi vedere come ti stavano. E questa è la prima volta che fai una cosa del genere?» chiese, scettico. Paul scosse la testa per dire no e il suo amico scoppiò in una risata fragorosa.

«Paul, ma che cazzo! E poi ti ostini ancora a dire che non sei gay! Solo i gay fanno certe cose! E cosa ci fai con quella macchina fotografica? Oh, santo Elvis, non dirmi che ti stavi fotografando!» continuò a ridere tanto che il suo viso si contornò di rosso. Lo stesso fece il viso di Paul, però non era dovuto alle risate, bensì alla vergogna che provava in quel maledetto momento.

John smise di ridere e si avvicinò a Paul. Gli sorrise, spostandogli una ciocca di capelli dagli occhi. «Capisco che volevi provare a sentirti donna, ma anche il trucco dovevi metterti? Così fai solo ridere!» disse dolcemente John.

«Sai cosa fa veramente ridere?» chiese il più piccolo prendendo in mano il rossetto, «La tua faccia!»

Avvicinò il rossetto color bordeaux al viso di John e gli fece dei contorni intorno alle labbra, facendolo sembrare Joker. Poi passò ai vestiti, dove lasciò una leggera strisciata di rosso prima che il chitarrista gli togliesse dalle mani la prova del misfatto.

«Hey, McCartney, ma sei scemo? Ma sai quanto l'ho pagata questa maglietta?» sbottò il più grande, facendo ridere Paul.

«Ora chi è il gay? È una semplice maglietta, Lennon, calmati!» continuò il più piccolo. John tornò normale.

«Sai cosa? Hai ragione. Dopotutto tu, mr. Paul "ego smisurato" McCartney, hai molte magliette, giusto? Potrei fare un saltino nel tuo armadio e dare loro un tocco di colore, che ne dici?» John uscì dal bagno con in mano il rossetto usato da Paul e si diresse in camera McCartney. Una forza superiore, però, lo trattenne.

«John Winston Lennon non osare fare una cosa del genere alle mie magliette!» si arrabbiò Paul, che lo aveva buttato per terra e ora era a cavalcioni su di lui. Con una mano, gli teneva i due polsi sopra alla testa, mentre nell'altra aveva una trousse arancione aperta. Prese il lucidalabbra e gli colorò le sottili labbra rosse, mentre con il fondotinta gli fece delle macchie qua e là a causa del suo scalciare di piedi. «E io non ho un ego smisurato, caro il mio "genio"!» prese in giro il fatto che John pensava di essere un genio (e forse - anche se non lo avrebbe mai ammesso - lo era davvero).

«Oh, andiamo Paul! Quando viaggiamo abbiamo sei valigie, io ne ho una, George e Ringo ne hanno una ciascuno e tu ne hai tre: una per i tuoi vestiti, una per te e una per il tuo ego!» [*] esclamò John rabbioso.

«Che cosa hai detto? Ripetilo se hai il coraggio!» lo avvertì Paul, cominciando a fargli il solletico. John cominciò a ridere come un pazzo, scalciando e pregando Paul di smettere. Ma quest'ultimo non accennava a farlo.

«Oh, ti prego, farò qualsiasi cosa!» urlò John, ancora tra le lacrime della risata.

Paul stortò il naso e guardò in alto. John sapeva che quello sguardo non gli avrebbe gioito.

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«Sei pronto, John?» chiese Paul, seduto impazientemente su una sedia davanti alla porta del bagno.

«Te lo puoi scordare, McCartney! Io non esco conciato così!» rispose un John seccato.

«"Qualsiasi cosa" avevi detto!» rise Paul. Si sentì ancora uno sbuffo, poi la porta si aprì e davanti al più piccolo apparve una dolce biondina in gonna rosa.

McCartney cominciò a ridere a crepapelle, tenendosi anche la pancia dai dolori lancinanti che la risata provocava. John cominciò a stufarsi e si tolse la parrucca bionda che avevano regalato loro dopo la scena di Shakespeare che avevano interpretato nel 1964 e che Paul aveva deciso di portare a casa come ricordo.

«Sei... bellissima, John!» cercò di dire Paul, tra le risate.

«McCartney non è divertente! Ora mi vado a togliere questa roba, le calze stringono!» rispose il più grande, stralunato.

«No, aspetta John! Siamo tutti e due truccati da femmina e ho la Reflex di Linda proprio lì. Facciamoci qualche foto, giusto per cazzeggiare un po', tanto solo le tre di notte e a dir la verità mi è passato il sonno!» propose il più piccolo, smettendo di ridere e facendo un sorriso.

«Che cosa? Ma tu sei impazzito, Paul! Che ti succede, amico? Quanto sei g-» Paul lo interruppe «John, fare i cretini non vuol necessariamente dire fare i gay. È soltanto una cazzata, ci divertiamo! E poi abbiamo bevuto, abbiamo questa scusa... sfruttiamola!»

John guardò il suo amico ancora sconvolto. Ma che cazzo ti succede? Ah, al diavolo! Facciamolo!

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Tre giorni dopo.

«Hey Paul? Amore, hai per caso visto la mia Reflex? Ho la Canon, ma non trovo la Reflex!» chiese dolcemente Linda, mentre aveva già spostato tutti i divani e messo a soqquadro tutti i vestiti della casa.

«No Lin, non lo so! Prova a vedere nella borsa che ti sei portata al lavoro!» rispose Paul alzando la voce leggermente per farsi sentire dalla sua compagna.

«Ci ho già guardato! Uh, ecco, l'ho trovata! Grazie mille tesoro, io esco, ci vediamo dopo!»

 

 

«Paul, po-potresti venire un attimo qui?» esclamò Linda, appena tornata a casa.

«Do da mangiare a Martha e arrivo, amore!» rispose dolcemente Paul. «Eccomi!»

Linda aveva in mano un pacco di foto. Le prime erano raffiguranti i Beatles, le altre, altri gruppi musicali come i Rolling Stones.

«Oh, le hai sviluppate? Magnifiche, me le fai vedere?» chiese Paul, guardandola e sorridendo.

Linda tirò fuori un altro pacchetto, con dentro altre foto. Appena guardò il contenuto, Paul si immobilizzò: erano le foto che aveva scattato con John qualche giorno prima. Si era dimenticato che le aveva fatte con la fotocamera di Linda!

«Lin, io... stavamo solo cazzeggiando, eravamo ubriachi!»

«Questo spiega il perché della mia cipria finita così velocemente! Ma che cazzo vi viene in mente Paul, eh? Avete quasi 30 anni! Non potete comportarvi come bambini! E poi questi sono... i miei vestiti!» sbottò Linda, visibilmente incazzata.

«Linda mi dispiace, era un momento di debolezza, avevamo bevuto e... non sono bellissimo truccato, amore?» la donna si calmò di fronte alla dolcezza del suo compagno e lo baciò.

«Devo ammettere che se tu fossi stato una femmina, saresti stato una gran bella donna!» Paul la abbracciò.

«È quello che dico sempre anche io a John, ma lui dice che sono gay e ho un ego smisurato!» si lamentò il ragazzo.

«Be', sulla questione "gay" potrei dissentire, ma sul fatto dell'ego smisurato... per viaggiare hai più valigie tu che io!» concluse Linda, ridendo a bassa voce.

«È davvero così evidente?» Linda annuì.

«Be', sono comunque un gran bel figo, sia da donna che da uomo. E ora chiamo John per dirglielo!» Paul lasciò un bacio a fior di labbra a Linda e sparì in salotto.

Io prima o poi morirò con quei due! Ah, la vita da ragazza di un Beatle è così complicata!

 

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Spazio dell'autrice.

Buongiorno (o buona sera) a tutti i lettori, recensori e scrittori! Questa è la prima fanfic sui Beatles che pubblico (perché ne ho già scritte, ma ancora non pubblicate).

Oggi ho aperto Facebook e nella Home mi sono trovata un link di Beatles Religion, che vi consiglio di visitare (link: http://www.facebook.com/pages/Beatles-Religion/146503188700110?ref=ts).

Il link diceva questo:

"Ero solito alzarmi nel bel mezzo della notte, andare in bagno e mettermi i trucchi di Linda solo per vedere come mi stavano. Ho sempre pensato che sarei stato una donna molto attraente. - Paul McCartney" e ovviamente io non ho perso l'occasione di scriverci una fic demenziale con l'aiuto del caro John.

Piccole precisazioni:

- I Beatles non mi appartengono (altrimenti sapete benissimo che non sarei qui a pubblicare storie demenziali) e non scrivo a scopo di lucro;

- C'è una piiiiccola traccia di slash che potrebbe benissimo essere interpretata anche come amicizia, vedete voi;

- Tutto ciò che ho scritto è inventato (tranne il fatto del trucco, lol).

[*] Battuta gentilmente rubata da Matthew Bellamy, leader dei Muse.

(Il link che mi ha ispirata, se ve ne importa qualcosa, lol. http://www.facebook.com/#!/notes/beatles-religion/ero-solito-alzarmi-nel-bel-mezzo-della-notte-andare-in-bagno-e-mettermi-i-trucch/241349432567797)

Grazie a chi recensirà, a chi leggerà e basta e a chi non leggerà. Vi amo tutti perché siete fan dei Beatles.

SoberDh.

 
  
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