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Autore: Black Ice    03/09/2011    2 recensioni
Fallo per me.
Fallo per un'ultima volta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hoodoo

 

 

I contorni erano sfocati, tutto era come avvolto nella nebbia e non riuscivo a capire cosa fosse esattamente quella struttura di pietra davanti a me. Pareva dovesse sgretolarsi su se stessa da un momento all'altro, sovrastando tutta la gente presente.
No, un momento.
Non c'era gente, non più.
Non c'era un'anima in quel posto, nemmeno quel cane che assomigliava così tanto al fottutissimo bastardo di Dominic; era un posto pieno di vita fino a qualche momento prima, molto probabilmente bollato come punto di ritrovo dalla gente del posto, mentre ora, vedendolo così deserto e inutile, era inconcepibile anche solo il pensiero che gente sana si radunasse in un posto ridotto così.
Possibile che mi fossi immaginato tutte quelle persone, tutti quei visi conosciuti che ogni tanto vedevo spiccare dalla folla e che rispondevano al mio saluto con entusiasmo? Possibile che fossi ridotto così al limite?
Alzai lo sguardo verso l'alto in cerca di un po' di realtà, ma non la trovai: alzai la testa e non vidi il cielo, il sole o le stelle.
Vidi bianco.
Tutto bianco, molto più denso di una qualsiasi nebbia.
Non era normale, proprio no. Non era normale neanche il fatto che mi sentissi a mio agio in quello strano posto, così lontano dalla realtà ma così realistico.
Ma dov'ero esattamente?
Mi guardai più attentamente intorno strizzando gli occhi più volte, cercando di diradare quella nebbia, quel fastidioso bianco opprimente che mi faceva mancare il respiro.
A poco a poco i dettagli divennero nitidi e vidi con chiarezza ciò che avevo di fronte.
Era un'antica stazione ferroviaria, terribilmente decrepita con gli archi che la separavano dalle rotaie in piedi per miracolo, le finestre rotte e i residui di persiane che stavano immobili contro il muro.
Non c'era traccia di colore in quell'edificio che spiccava sul bianco tutt'attorno: era un miscuglio di grigi e marroni chiari, come se l'intera struttura fosse marcita e morta dentro.
Non c'erano treni, e le rotaie erano deserte, tranne per il fatto che ci stessi sopra.
Ero in una bolla e i binari davanti a me continuavano e si perdevano in mezzo al bianco. Se avessi camminato non mi sarei addentrato in quella nebbia densa, ma bensì avrei sbattuto contro un vetro solido, ne ero sicuro.
Ero in una bolla ed ero in trappola.

Poi, improvvisamente, una figura nera si stagliò contro il muro di neve di fronte a me, e avanzò rapido fino a che non fù abbastanza vicino per riconoscerlo.
Sapevo che era lui.
Si fermò a pochi metri da me e vidi delle scie bagnate lungo le guancie di quell'uomo che tanto amavo.
Non vedevo il suo viso, ma le lacrime che gli scendevano copiose lungo le guancie, quelle sì.
Ma sapevo che era lui e non volevo vederlo piangere. Non potevo vederlo piangere: distruggeva anche me.

"Tu non sei così, Matthew."

No, io non sono così. Non devo essere così. E allora perchè ho paura? Perchè siamo arrivati a questo punto? Sto perdendo lui e sto perdendo tutto.

"Non mi basta più."

Neanche a me basta, Dominic. Voglio di più, ho sempre voluto di più.
Potremmo nasconderci qui, che dici Dominic? Vivere dentro quella stazione ferroviaria e ricominciare da capo, costruire una nuova realtà fatta su misura per noi. Potremmo dipingere questo posto così come avremmo sempre voluto che fosse la vita intorno a noi.
Potremmo rimanere qui in eterno, vivere da soli. Insieme.
Dimmi di si, fammi rimediare.

"Ma ti amo per ciò che sei."

No, non è giusto. Cambierò, Dominic, sarò un uomo migliore, te lo prometto.
Saprò dirti tutto, ogni minimo particolare, saprò non nascondermi, non mentire. Ma ti prego, non mi fare questo.
Resta e prova a capirmi.
Fallo per me.
Fallo per un'ultima volta.

Solo allora, osservando Dominic più attentamente, notai le corde che gli legavano i piedi alle rotaie.

Improvvisamente la mia vista si offuscò e gli occhi si inumidirono, mentre le lacrime scalciavano per uscire copiose dai miei occhi per fare compagnia alle sue, accompagnandole in quel lento ed inesorabile ultimo viaggio.

E piangemmo in due, uno di fronte all'altro, in silenzio, semplicemente guardandoci, senza muovere un passo verso l'altro perchè, alla fine, entrambi eravamo incatenati alle rotaie.
Era inutile. Era tutta colpa mia.
Non doveva finire così: io lo amavo.
Riuscivo già a sentire il suono di un treno in corsa, riuscivo già a sentire che si avvicinava.

Saremmo morti.
Per la prima volta, però, non mi sentii perso. Saremmo morti e finalmente non avremmo dovuto nasconderci da nessuno, avremmo potuto vivere insieme fino all'eternità, senza pensieri, senza costrizioni.
Senza bugie.

Gli sorrisi, ma quando le sue labbra si stirarono in un sorriso di risposta, il mio si dileguò.
Stava scomparendo.
Stava sbiadendo; se ne stava andando.
Mi avrebbe lasciato da solo.

Piangeva, ma sorrideva. Il suo petto, all'altezza del cuore, risplendeva.
Più risplendeva e più diventava invisibile.
Lo stavo perdendo.

"L'amore non ci rende liberi, Matthew."

Stavo guardando la sua anima sbiadire.
Non era il suo corpo a scomparire, era la sua anima: alla fine sarebbe rimasto un corpo apatico con le sue sembianze. Ma non era lui.
E di quel nuovo lui non ne avrei avuto un disperato bisogno.

Gli avrei voluto dire di non lasciarmi, che sarei migliorato, ma le parole non mi uscivano.
Le nostre lacrime, però, quelle non smettevano.

Ora vedevo il faro del treno, dietro di lui.
No, non dietro di lui. Attraverso di lui.
Sentivo il fischio del treno sempre più vicino, sempre più determinante.

Lo vidi entrare in collisione con Dominic, che chiuse gli occhi umidi sorridendo e si polverizzò con uno sbuffo.
E qualcosa, in me, si polverizzò con lui, nel lato sinistro del petto.

Ora che lui era andato, provai un senso di sollievo quando capii che il treno stava continuando imperterrito la sua corsa verso di me.
Piansi lacrime di felicità, prima della fine.

 
L'ultima cosa che vidi, fù il suo sorriso impresso nella mia mente, e l'ultima cosa che sentii prima di svegliarmi, fù freddo. 

  
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