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Autore: chiaki89    03/09/2011    7 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
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BATTAGLIA

 

 

 

“Jeremy, caro”, modulò con voce leziosa e musicale, “Non vieni ad abbracciare tua madre?”.

 

Lo scompiglio fu totale. O almeno nella coscienza collettiva del branco. Tutti i vampiri si mossero, sorpresi e a disagio, e osservarono Jeremy con fare sospettoso. Fatta eccezione per il suo clan ed Edward, naturalmente. Un silenzio attonito regnava sovrano.

Aspettate, sua madre è morta. Quella sanguisuga sta dicendo un sacco di fesserie.

Il mio intervento parve sedare il tumulto del branco, ma ancora non aveva sciolto tutti i dubbi.

“Non capisco di cosa tu stia parlando”, disse freddamente il diretto interessato, fissando negli occhi quella sanguisuga bionda.

“Così mi ferisci, piccolo mio. In fondo è il mio veleno che ti ha reso il meraviglioso immortale che sei. Eri tanto carino anche da vivo, non mi stupisce che tu sia diventato così bello. Peccato che io me ne sia dovuta andare da Savannah prima che la tua trasformazione fosse completa, ti avrei portato con me, altrimenti”, aggiunse mordicchiandosi il labbro come un’attrice di serie B.

Vidi Jeremy perdere parecchio del suo autocontrollo: aprì e chiuse la bocca un paio di volte, per poi deglutire a vuoto. Sembrava quasi umano, in quel momento.

Aro li fissava affabile, Caius pareva trattenere a stento la sua impazienza. La figura apatica accanto a loro –Marcus- si limitava a fingere di non esistere.

“Sai Jeremy, ho sempre avuto un debole per i ragazzi belli e con un futuro luminoso di fronte a sé”, spiegò con voce sognante. “Mi piaceva cristallizzarli in quel momento di totale fulgore e renderli eterni, come opere d’arte. Quando sono arrivata a Savannah eri praticamente sulla bocca di tutti coloro che appartenevano all’elite. Tanto bello, tanto talentuoso! Così ho scelto te. Ma, come ti ho detto, sono dovuta partire prima del previsto. Perciò ti ho portato a casa tua, per essere sicura che, svegliandoti dal sonno della trasformazione, avresti trovato immediatamente del nutrimento. I neonati devono bere molto, lo sai? Restano forti più a lungo. Avevi parecchia servitù e quindi ero tranquilla. Hai visto caro? Ho pensato a tutto!”. Ridacchiò, frivola e spensierata.

Io ero gelata sul posto. Perché, sfortunatamente, sapevo esattamente cosa era successo dopo quel suo gesto sconsiderato. Jeremy strinse i pugni con una furia spaventosa, e urlò come un animale ferito a morte.

“C’era anche la mia famiglia lì!”, sbraitò. Non potei evitare di sentire una stretta al cuore. Tutta quella crudeltà era stata così ingiusta…

“Oh. Mi spiace”, disse piatta. Non c’era neppure l’ombra del rimorso nella sua voce. Jeremy si lanciò in avanti, determinato ad attaccarla.

Fermo!

Il mio urlo irrazionale si perse inutilmente, tuttavia l’idiota venne prontamente acchiappato da Emmett e Kachiri, che si erano mossi rapidamente per evitare il peggio. Cosa voleva fare? Attaccare da solo i Volturi e lasciarci le penne? Che imbecille.

Ma lo capivo. Probabilmente avrei reagito allo stesso modo se fossi stata al suo posto. Lo vidi rimettersi dritto, i lineamenti sconvolti da un dolore lacerante, per poi fissare gelidamente quella Kyla.

Uno sguardo, una promessa. E non ci voleva un genio a capire quale.

“Ora che questa toccante riunione si è compiuta, direi che il palco è tuo, Kyla”. Aro fece un gesto aggraziato, come un presentatore che inviti l’attore a farsi avanti. Lei piegò lievemente la testa e fece qualche passo nella nostra direzione.

È fuori dallo scudo fisico, adesso. Jake ci teneva aggiornati sugli sviluppi grazie al leggipensieri. Per una volta dovevo ammettere la sua utilità.

Ma è impazzita?

Sembra innocua, sinceramente…

Kyla sorrise. Un sorriso letale, impaziente.

Qualcosa non quadrava.

Cominciò a cantare. All’inizio fummo lì lì per scoppiare a ridere: voleva per caso metterci a tappeto con una ninnananna?

Poi percepii distintamente la coscienza collettiva del branco stiracchiarsi e tendersi verso quella voce meravigliosa e incantatrice. Gli sguardi spaesati dei succhiasangue specchiavano perfettamente quello che stavamo provando anche noi. Che melodia splendida e avvolgente…

Poi qualcosa cambiò, senza preavviso. La voce divenne più forte, stridente. Artigli affilati grattavano ferocemente i timpani, prostravano la mente con una brutalità accentuata dal nostro udito sviluppato. I pensieri si accartocciavano su loro stessi e venivano strappati e lanciati nel vuoto; mi accasciai a terra, imitata da molti fratelli e sanguisughe. A stento udii Jacob, che tentava disperatamente di proteggere la nostra psiche sconvolta.

Lo scudo…Bella…

E accadde.

La nostra principale difesa crollò. Urla di dolore si levarono tutt’intorno e una nebbiolina inquietante iniziò a farsi strada verso di noi. Jane ed Alec non avevano perso tempo.

Tutto perduto.

Nel giro di un istante, ogni possibilità di vittoria era stata spazzata via. Ringhiai frustrata, mentre la voce di quella maledetta Kyla continuava a torturarci.

“Sta’ zitta!”. Un grido furioso coprì i gemiti sofferenti; la sua intensità era tale da farmi tremare come sotto l’azione di un’onda d’urto.

E la canzone di Kyla si fermò. Jeremy ansimava, una mano protesa ciecamente verso di lei, sospesa nel nulla. Un ghigno malevolo distorse il viso della succhiasangue, ora costretta a tenere chiusa la boccaccia. Una frazione di secondo dopo, neppure il tempo di un battito, Jeremy urlò di nuovo.

“ORA!”.

Lo scudo fisico è caduto! Ragazzi, è il momento di attaccare!

Scattai in avanti, affiancata da Alex e Sebastian. Lame di ghiaccio fischiarono cupe sopra le nostre teste e piovvero sui Volturi, che ruppero il loro ordinato schieramento. Sorpassai rapidamente il gruppetto con i mantelli neri, ignorai Felix di fronte a noi –Emmett lo aveva preteso come avversario- e puntai verso il primo succhiasangue che aveva avuto la disgrazia di trovarsi tra i piedi. I due fratelli mi seguirono impazienti. L’avevamo quasi raggiunto ormai: i suoi occhi erano ancora ciechi grazie all’illusione di Zafrina, non ci aspettavamo nessun tipo di contrattacco. All’ultimo istante ci mise a fuoco e si scansò in un lampo. Chiusi le mascelle rabbiosamente, mancandolo per un soffio. L’attacco a sorpresa era finito. Ora tutto si basava sulle nostre abilità. Lo accerchiammo efficientemente, pronti a fare a pezzi quella sanguisuga troppo fortunata. Alex si fece avanti per primo, incapace di aspettare. E il succhiasangue sparì. Non si era mosso, ma all’improvviso non lo vedevamo più. Poi Sebastian urlò di dolore.

Il vampiro riapparve con un ghigno, a pochi passi da noi.

Maledizione! Sebastian, che…

Penso mi abbia incrinato qualche costola, posso continuare.

Leah, che facciamo?

Meditai freneticamente, cercando di non farmi distrarre dalle grida e dagli ululati, dal suono agghiacciante dei vampiri fatti a pezzi e dal rombo del fuoco appiccato. Doveva andare tutto bene. Doveva.

Attaccai il succhiasangue senza preavviso e con ferocia, facendogli capire che l’avversario in quel momento ero io.

Abboccò.

Sparì nuovamente, poi sentii la stretta di due braccia gelide sul dorso.

Ora! Attaccatelo!

Rimasi ferma mentre Alex e Sebastian si lanciavano su di me: grazie alla nostra connessione mentale sapevano perfettamente dove si era attaccata quella sanguisuga e riuscirono ad afferrarla, per poi sbatterla a terra con violenza. Diventò visibile giusto qualche istante prima che le mie mascelle si chiudessero sulla sua gamba. Nel giro di un secondo era già a pezzi. Ululai forte e Benjamin ci raggiunse immediatamente, pronto a dargli fuoco.

“NO!”. Una vampira dai capelli castani si gettò sui resti dell’altro. Le mancavano le braccia e probabilmente era stata ritenuta inoffensiva da chiunque l’avesse mutilata. Chissà a quale fratello avrei dovuto dare una sonora lavata di capo per quella leggerezza. “No!”. Ripeté. Ci preparammo ad attaccarla, ma Benjamin ci fermò.

“Chelsea…”.

“Vi rivolterò uno contro l’altro se non lo lascerete in pace!”, urlò minacciosa.

“Non puoi spezzare il legame tra membri del branco e neppure quello tra compagni. Il tuo potere adesso è inutile, Chelsea”, tagliò corto Benjamin, chiaramente ansioso di andare ad aiutare gli altri che stavano combattendo. La battaglia continuava furiosa intorno alla nostra minuscola bolla di fragile calma.

“Ma tra mutaforma e vampiri posso farlo!”, sibilò, determinata a non cedere. Che quello fosse il suo compagno?

“Il nostro non è un vero legame, siamo semplicemente spinti da uno scopo comune. E questo non è qualcosa che tu possa influenzare”. Lei si irrigidì, poi abbassò lievemente la testa.

“Va bene. Mi arrendo. Ma non bruciarlo”. La voce incrinata non lasciava dubbi riguardo alla sua resa.

Dunque persino loro sono in grado di amare.

“La tenete d’occhio voi?”, domandò Benjamin, incerto. Strinsi i denti, consapevole che in questo modo non avremmo potuto dare man forte agli altri, solo per un atto di pietà probabilmente immeritato. Ma in fondo era anche quello che ci rendeva diversi da loro. Annuii con il capo. Benjamin e Tia fecero un cenno e ritornarono in quel groviglio di corpi sfocati. Fissai duramente Chelsea, per dissuaderla da eventuali tentativi di fuga: rispose con uno sguardo altrettanto duro, ma non fece mosse strane.

Un grido fendette l’aria e raggiunse le mie orecchie. “Che tu sia maledetta! Vigliacca!”. Con una stretta allo stomaco, riconobbi la voce di Jeremy.

Mi voltai subito, cercando di individuarlo in mezzo a quella confusione, il cuore che batteva forte.

Era inginocchiato a terra, con alle spalle la bionda Kyla. Per uno stupidissimo, folle attimo, pensai che lo stesse baciando. Poi vidi che con una mano gli aveva afferrato il codino per tenergli la testa indietro, mentre l’altro braccio era ripiegato strettamente intorno al suo collo. Gli stava mordendo ferocemente il viso, strappando brani di pelle marmorea. Tremai violentemente quando capii che lo voleva distruggere pezzetto per pezzetto, e lui glielo stava lasciando fare. Perché quell’idiota non usava il suo potere su di lei?

Con un sussulto, compresi. Controllare due persone alla volta per Jeremy era difficile già in condizioni di perfetta calma, figurarsi in una situazione simile. E lui aveva dato la precedenza al controllo di Renata. Tutto per darci una possibilità in più di battere i Volturi.

E intanto Kyla lo stava facendo a pezzi.

No! No! No! Non lui!

Sentii qualcosa dentro di me ribellarsi, rifiutare totalmente la possibilità che lui venisse ucciso. Feci qualche passo verso di loro, ringhiando, intenzionata a distruggere quella maledetta che già una volta gli aveva rovinato l’esistenza. Era come se il mio stesso cuore mi stesse tirando nella sua direzione. Poi ricordai il mio ruolo di beta e mi fermai, incerta. Volevo aiutarlo, ma Alex e Sebastian…

Leah, vai. Muoviti, ha bisogno di aiuto!

Non me lo feci ripetere due volte. Scattai immediatamente verso Jeremy, ignorando completamente le battaglie che si stavano combattendo intorno a me. Ululati, urla e stridii agghiaccianti mi circondavano. Concentrai tutte le mie forze in quella corsa ai limiti della disperazione, gli occhi fissi e la vista risucchiata da quella scena orribile. Lanciai un ululato angosciato e potente, che spinse Kyla a sollevare il suo sguardo scarlatto su di me. Poi le fui addosso.

Con enorme soddisfazione chiusi le mascelle sulla sua testa, incurante del saporaccio, e la strattonai indietro. Un dolore fortissimo alla spalla mi costrinse a mollare la presa. Quella maledetta succhiasangue aveva tirato un calcio tremendamente ben piazzato: ma non avrebbe avuto gioco facile con me. La attaccai di nuovo, stavolta affiancata da Jeremy. Lei scoprì i denti, furibonda, e cercò di ricominciare a cantare. Ma io ero troppo veloce per lei: la afferrai per un braccio e Jeremy per l’altro. Poi tirammo. Con un cigolio raccapricciante, Kyla si spezzò.

Urlò impotente per un solo istante: poi Jeremy le passò i denti sulla gola, tagliandole la testa di netto. Quella rotolò grottesca per un paio di metri, gli occhi spalancati vitrei e malevoli. Una fine persino troppo rapida per colei che aveva causato una così lunga sofferenza.

Terminammo velocemente il nostro lavoro e richiamammo l’attenzione di Benjamin. Mentre i resti di Kyla prendevano fuoco, io guardavo Jeremy. La sua espressione era cupa, pensierosa, tormentata. Lo toccai con il muso su una spalla, sperando che non facesse caso al battito sonoro del mio cuore, così violento da far male. Stavolta il pericolo era stato terribilmente reale: non erano mutilazioni “amichevoli” quelle che aveva tentato Kyla. Si voltò verso di me: il suo viso era rovinato, solcato da cicatrici che non se ne sarebbero più andate. I buchi vuoti sarebbero stati riempiti, ma quei segni se li sarebbe portati per sempre. Eppure il suo sguardo era sereno, adesso.

“Non è ancora finita”, disse serio. Annuii, arresa ad un’emozione che non provavo da tempo.

Di comune accordo ci lanciammo nella battaglia, di nuovo. Insieme.

Controllai rapidamente Alex e Sebastian, ancora a guardia di Chelsea e del suo compagno fatto a pezzi. Riuscii a vedere Emmett e Rosalie impegnati contro Felix; poco più in là Sabrina e George stavano combattendo ferocemente contro un succhiasangue che non riconoscevo. Poi uno dei membri della guardia ci attaccò.

Mi colpì il fianco, lesto, ma Jeremy riuscì ad afferrarlo prima che potesse ritentare. Mollò l’avversario quasi subito, contorcendosi a terra come preda di un dolore indicibile. Scattai avanti per bloccare il succhiasangue e tutto sparì.

Joshua era steso sul letto, ormai privo di vita. Non avevo fatto in tempo a salvarlo, era tutta colpa mia. E io che mi vantavo tanto di essere la più veloce. Illusa. La sua morte era solo mia responsabilità.

La bara di papà calava nella terra fangosa. Sempre colpa mia. Bastava la mia esistenza a portare dolore: a mia madre, a mio fratello, all’intera comunità.

“Leah!”. Jeremy mi stava scuotendo con un’espressione angosciata sul viso. “Non ascoltare!”. Poi si dissolse e i ricordi si fecero di nuovo avanti.

Sam non mi aveva lasciato per l’imprinting. Lo aveva fatto perché ero sbagliata, più arida del deserto e falsa come l’oro degli stolti.

Seth era innamorato di Maggie, ma io gli volevo impedire di essere felice. Ero egoista, determinata a sacrificare la sua gioia a causa delle mie personali convinzioni.

Jeremy non mi sopportava perché io insistevo a cacciarlo via anche quando lo avrei voluto vicino. L’avevo perso ancora prima di poter capire che lo volevo. Ero testarda, ipocrita e destinata a rimanere sola. E non potevo scaricare su nessuno la colpa, perché era soltanto mia.

“LEAH!”. Un colpo violento mi restituì la vista sulla realtà. Jeremy era riuscito a spingermi via. Ricordai di botto: la battaglia, l’attacco del succhiasangue…eppure quello che avevo visto era semplicemente la verità.

Riversai il mio dolore in un ululato disperato, che ebbe il potere di schiarire ancora un poco il mio cervello. Jeremy digrignò i denti e ringhiò, per la prima volta simile al predatore che era. Afferrammo insieme il vampiro e finalmente riuscimmo a smembrarlo, mentre ricordi e sensazioni angoscianti si susseguivano nelle nostre menti. Mi bastava vedere il suo viso contorto dalla sofferenza per capire che eravamo nelle stesse condizioni. Anzi, forse per lui era persino peggio, dopo tutto quello che aveva passato. Attaccare insieme il vampiro era stata una mossa vincente: il suo potere, diviso tra noi due, era notevolmente più debole.

Tesi le orecchie, notando all’improvviso che i suoni della battaglia si stavano attenuando.

Sono rimasti in pochi! Accerchiateli, svelti!

La voce di Jake mi riscosse e mi affrettai ad eseguire. Jeremy mi si affiancò. Nel giro di pochi istanti al centro della radura era rimasto uno sparuto gruppetto dai mantelli stracciati, offuscati dal fumo che si levava dai resti carbonizzati dei succhiasangue.

Tutti noi ci eravamo disposti in cerchio e potei valutare i danni. Non c’erano tutti. Parecchi fratelli erano malconci, alcuni vampiri erano mutilati. Amanda, dall’altra parte del circolo, era completamente sfigurata.

Seth.

Dov’è Seth?

Iniziai a tremare, rendendomi conto che non era tra i lupi in formazione di accerchiamento.

Leah! È qui!

Spezzai il cerchio e mi avvicinai velocemente a Quil. Guaii, fermandomi attonita: Seth era riverso a terra, prono e completamente nudo. Su di lui era chinata una figura dai capelli rossi. L’odore del sangue mi colpì immediatamente. Con un ringhio mi gettai su di lei.

Fermati!

Il corpo massiccio di Jake si frappose tra me e Maggie.

Togliti di torno! Gli sta succhiando il sangue, lo vedi o no? sbraitai accecata dalla rabbia.

Lui si mantenne perfettamente calmo. È stato morso, Leah. Sta tentando di eliminare il veleno.

Strinsi i denti, improvvisamente spaventata. Per i licantropi il veleno dei vampiri era mortale.

Giusto in quel momento la sanguisuga si staccò: aveva gli occhi offuscati e dovette farsi aiutare da Liam per mettersi in piedi. Io mi avvicinai subito a mio fratello.

Come sta? È riuscita a…?

“Non c’è più veleno nel suo corpo”, disse Maggie, rispondendo alla mia muta domanda.

E di sangue ce n’è rimasto? pensai caustica. Carlisle ci raggiunse e io dovetti trattenere un sospiro di sollievo.

“È meglio portarlo via”. Annuii vigorosamente.

Chad, Chris, ci pensate voi? Non risposero neanche. Un attimo dopo lo stavano già portando via a braccia, seguiti dal medico.

Io rimasi al mio posto, nonostante l’apprensione. C’erano ancora questioni pendenti da sistemare.

Riportai lo sguardo sui succhiasangue al centro della radura, uno sbiadito spettro di quelli che erano stati i potenti Volturi.

La figura di Aro si stagliava rigida e orgogliosa, praticamente intoccata dalla battaglia. Nonostante l’evidente sconfitta il suo sguardo era calmo e lucido. Solo un pugno serrato lasciava intuire una tensione latente. Marcus, accanto a lui, era semplicemente assente, mentre Renata gli stava attaccata al mantello. Altri sette vampiri malconci stazionavano alle loro spalle.

Edward si fece avanti come portavoce, in mancanza di Carlisle e in virtù del suo potere. “È finita, Aro. Non vi resta che arrendervi”.

L’altro scosse la testa, con un’espressione affranta. “Edward, amico mio. Hai già distrutto la maggior parte della mia famiglia, cos’altro vuoi che io faccia? Desideri il potere? O sostituirti nella funzione che per tanti anni abbiamo svolto noi?”.

“Sai benissimo che questa non è mai stata nostra intenzione. Vogliamo solo proteggere la nostra famiglia”, rispose il leggipensieri, con disarmante semplicità. Per una volta mi ritrovavo d’accordo con lui.

“E allora abbiate rispetto di un’altra famiglia, che esiste da molto più tempo della vostra. Concedeteci di tornare a casa a piangere i nostri morti”. La voce di Aro era sofferente e carezzevole: riuscì quasi a muovermi a pietà. Quasi.

Maggie, ancora appoggiata a Liam, ringhiò sommessa ed Edward scosse il capo. Alice fece un passo avanti, scura in volto come non l’avevo mai vista. “Credi davvero che ti lasceremo andare così, Aro? So cosa vuoi fare, e non ti permetterò di mettere in pratica il tuo piano”. Notai parecchi sguardi interrogativi. Fu Edward a sibilare una spiegazione. “Intende ricostruire la guardia. Ne ha tutte le capacità” scoccò un’occhiata a metà tra l’ammirato e il disgustato. “Ovviamente l’obiettivo finale è spazzarci via”.

Aro alzò un angolo della bocca, in un sorriso stentato. “Suvvia. Edward, Alice, spero possiate comprendere il momentaneo desiderio di vendetta di un padre che ha visto cadere i propri figli. Non auguro a nessuno un tale dolore”.

“E il dolore di perdere un padre o una madre, allora?”, soffiò Sabrina, furibonda e con i capelli scarmigliati. “Sive e Ossian…”.

“…erano colpevoli di fronte alla legge. Hanno ricevuto la giusta punizione”. La voce di Aro si arricchì di una sfumatura inflessibile, dura come acciaio. Poi tornò gentile. “Per quanto io non intenda sminuire il vostro dolore, ovviamente”. Ci fu un attimo di silenzio, in cui tutti parvero soppesare Aro.

“Lasciateci liberi di tornare a casa”.

Edward si guardò intorno, l’incertezza stampata sul suo volto.

Jake, sussurrai decisa, per quanto mi riguarda non sono più una minaccia, a parte quella sanguisuga mielosa. Lui è pericoloso, dovrebbe essere eliminato.

Un mormorio di assenso serpeggiò nella mente collettiva del branco. Il leggipensieri fissò me, poi Jacob, e infine Sam. Quest’ultimo annuì.

Edward ripeté quello che avevo pensato ai succhiasangue nostri alleati; con la coda dell’occhio notai Aro irrigidirsi per un istante.

“Lo voglio uccidere personalmente”, ringhiò George, stupendomi. Di solito non si faceva notare e non sembrava così portato all’aggressività. Emmett scrocchiò le nocche. “Vuoi togliermi il piacere?”, sghignazzò scherzosamente. Eppure l’atmosfera era tutto meno che scherzosa. Era come se un senso di disagio fosse appena calato su tutti noi, rendendoci incapaci di guardarci negli occhi.

“No”. Un sussurro spezzò la quiete come uno sparo. “No. Non dovremmo farlo”. La voce di Esme era più forte stavolta, e si faceva via via più sicura. “Noi non…possiamo uccidere a sangue freddo. In battaglia, per difenderci, posso accettarlo. Ma io penso che ci sia già stata abbastanza morte, oggi”.

“Allora cosa suggerisci di fare, Esme? Vuoi che ci sia un’altra battaglia simile, in futuro?”. Esme boccheggiò e fissò Kate con uno sguardo smarrito. “Certo che no! Però io credo…”. Tacque e si torse le mani, angosciata. Era chiaramente in preda a una frenetica lotta interiore. Inaspettatamente, fu la silenziosa Tia a venirle in soccorso.

“Esilio”. Per un attimo gli occhi di Aro fecero trasparire un’espressione trionfante, poi tornò rapidamente impassibile. “Esilio, ma solo per Aro. Quale migliore punizione, per lui, del rimanere solo e privo dell’unica cosa che abbia mai amato, ossia il potere? Con le visioni di Alice, inoltre, non sarà difficile rendersi conto di eventuali tentativi di ricostruire ciò che aveva”.

Nessuno obiettò. Se completamente solo, Aro non era una grande minaccia. Soprattutto se eravamo uniti; Tia aveva ragione.

Aro sorrise affabile. “Saggia Tia, le tue parole sono dure, ma non le contesterò. Tuttavia non credo di poter tenere fede alle vostre richieste”. Sembrava sinceramente dispiaciuto di non poterlo fare. Sembrava. E io lo detestavo sempre di più per quell’insulsa tendenza al melodramma.

“Per quale motivo?”, domandò rapidamente Tanya. Lui si limitò a muovere la mano elegantemente, offrendo al nostro sguardo i vampiri dietro le sue spalle, temporaneamente dimenticati.

“La mia famiglia. Mi sono legati e non mi abbandonerebbero mai. Volete dunque ucciderci tutti a sangue freddo, come ha molto opportunamente sottolineato la dolce Esme?”. Quel…quel…cercai di trattenere la valanga di improperi che avrei voluto lanciare contro quella sanguisuga fin troppo scaltra. Aveva trovato il nostro punto debole e non si faceva problemi a stuzzicarlo all’occorrenza.

“Ti sbagli, Aro”.

Tra lo stupore generale, le parole non si levarono dalle nostre fila, bensì dal gruppetto di succhiasangue alle spalle di Aro. La vampira che avevamo risparmiato, Chelsea, lo fissava duramente, senza traccia di paura o di sottomissione. Anche senza braccia, emanava una dignità ammirevole. “I legami della famiglia” sottolineò la parola con una buona dose di amaro sarcasmo “li ho creati io, non tu. E come li ho creati, posso scioglierli. Soprattutto per salvare la mia vita e quella di Afton”.

Per la prima volta il viso di Aro espresse qualcosa di molto, molto vicino alla paura. Ma si riprese subito. “Non puoi”, disse lapidario.

“Sì invece”.

“No, Chelsea, non puoi. E permettimi –ti prego- di spiegarti il perché. Da quando ti sei unita a noi, ho avuto l’accortezza di esporti a Corin, in modo che tu risentissi della dipendenza nei suoi confronti. Non puoi separarti dalla famiglia, Charmion”.

Chelsea fece un gesto brusco in direzione di un gruppetto di vampire. “Domandati a chi è legata Corin, e a chi va la sua fedeltà. Ti posso assicurare, Aro, che non è più verso di te”.

Era incredibile. I nostri nemici si stavano rivoltando gli uni contro gli altri: il sogno di ogni stratega…e l’incubo di Emmett, da quello che potevo intuire dalla sua espressione delusa. In effetti vedeva sfumare l’occasione di menare le mani.

“Io preferisco la vita, Aro”, disse una succhiasangue mora dall’espressione mite, che faceva parte del capannello indicato da Chelsea.

“Corin, non ti permetto di voltarmi le spalle. Vorrei ricordarti che io ti ho accolto dopo la tua trasformazione, salvandoti da morte certa”.

Corin si irrigidì. “Per anni ho pagato il debito, Aro. Ma adesso getteresti via le nostre vite pur di sopravvivere e io non sono disposta ad accettarlo. Niente di più, niente di meno”.

Fu il turno di Aro di irrigidirsi. “Santiago? Tu…”. Non riuscì a finire la frase. Il vampiro che evidentemente rispondeva al nome di Santiago si avvicinò a Corin, stringendola a sé in modo poco meno che possessivo. Non c’era bisogno di parole.

“Renata? Ishtara? Alexander?”. Nominò i membri restanti del clan, ma questi sfuggirono al suo sguardo via via più sconvolto. “Athenodora? Sulpicia? Non vorrai andartene anche tu, spero…”.

Una bellissima vampira, altera ed elegante, si fece avanti fissandolo senza timore. Nonostante la mia naturale antipatia verso i succhiasangue, non potei fare a meno di ammirarla: lei riusciva a intimorire con il semplice portamento, io dovevo minacciare rissa per raggiungere lo stesso risultato.

“Aro, mio sposo, tu stesso hai insistito affinché accettassi la compagnia di Corin. Mi è impossibile staccarmene, lo sai”, spiegò dolcemente, con tono definitivo.

La facciata di calma che Aro aveva sempre mantenuto vacillò mentre ripeteva “Bene, molto bene” più volte di quanto non fosse normale. Poi si raddrizzò e ci fissò a testa alta. “Quindi qual è la vostra decisione? Mi manderete via, per poi uccidermi alle spalle?”. Fece una risatina così finta che mi mandò i brividi lungo la schiena. “Lascia stare, Edward carissimo, non necessito di false rassicurazioni. D’altronde, come potrei fidarmi della parola di chi mi ha strappato la famiglia, rivoltandomela persino contro?”.

Folle. Quel succhiasangue era folle. E la follia era ancora più evidente nella sua forzata lucidità. Tentava continuamente di far ricadere la colpa su di noi –senza riuscirci, peraltro- ma il suo sguardo leggermente vitreo tradiva lo sconvolgimento interiore che doveva provare. Aveva perduto ogni cosa.

Non mi faceva pietà. Per niente.

“Vattene, Aro, ti lasciamo libero di andare ovunque tu voglia. Sappi che se tenterai di fare del male a qualcuno non avremo esitazione a cambiare idea”, disse Edward autoritario, mentre molti annuivano.

“Spera, giovane Edward, che i nostri sentieri non si incrocino mai più. Potrei farti capire com’è perdere la famiglia”, sibilò l’ultima frase, con il tono più malevolo che gli avessi mai sentito.

Ma erano parole vuote. Lo sapevamo noi, e ancora di più lo sapeva lui. Lasciò la radura senza fretta, senza più lottare, e cadde il silenzio. Parecchi battiti di cuore dopo, il leggipensieri scrollò le spalle. “Se n’è andato. Non lo sento più”.

Un collettivo sospiro di sollievo si levò, e molti dei nostri si abbracciarono senza parlare. Jeremy si avvicinò a me e posò una mano gelida all’altezza della mia spalla. Infilò le dita nel pelo, stringendo delicatamente, e mi sorrise. Il mio cuore ricominciò a dare i numeri, ma stavolta rifiutai di lambiccarmi su questo strano fenomeno. Azzardai un sorriso tutto zanne e venni ricompensata dal suo sguardo sconcertato.

“Cosa intendete fare, voi?”, chiese Edward agli ultimi superstiti, tutto compreso nel suo ruolo di portavoce. Bah, se si divertiva a fare il diplomatico erano affari suoi.

“Costituiremo un clan a parte, è l’unica soluzione. Siamo dipendenti da Corin”, disse Sulpicia, autoritaria. “Sempre che non abbiate qualcosa in contrario”, aggiunse educatamente, anche se il suo sguardo diceva chiaramente che non si aspettava obiezioni e che, nel caso, non le avrebbe accolte. Che tipa.

“È sufficiente la vostra parola che non tenterete mai di attaccarci”, precisò Jasper.

“L’avete”, rispose Sulpicia con tono solenne. Renata, incastrata a metà strada tra noi e il nuovo clan, si mosse a disagio. “Il mio Si…Aro non mi ha mai esposto all’influenza di Corin…”.

“Sei comunque ben accetta in questo nuovo clan, se lo desideri”. Renata la fissò un istante, evidentemente in soggezione.

“Io…vorrei tentare lo stile di vita dei Cullen se…se loro me lo permetteranno”, spiegò velocemente, scoccando un’occhiata di scuse a Sulpicia: quest’ultima rimase fredda e non la calcolò neanche. Doveva essere brutto perdere immediatamente quella che sarebbe stata la principale difesa del nuovo clan. Bisognava ammetterlo, in questo Aro era decisamente più bravo.

“Per noi non è un problema accoglierti, Renata”, disse Edward, dopo aver discusso brevemente con gli altri Cullen.

“Neppure io verrò con voi, Sulpicia”. A queste parole lei si irrigidì, infastidita. “Marcus, hai intenzione di abbandonarci dopo tanti anni passati insieme?”.

“Desidero vivere come nomade. Forse un giorno le nostre strade si incroceranno di nuovo ma ora…ho bisogno di essere solo. Libero come non lo sono mai stato”. Lei tacque, e dal suo sguardo assorto non fu difficile intuire che stava cogliendo parecchi sottintesi. Infine annuì, rassegnata, e si voltò verso i membri del suo clan, i miseri resti dell’imponente guardia dei Volturi. “Andiamo”. E, senza un’altra parola, sparirono tra la vegetazione.

I Volturi non esistevano più.

 

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: pensavate che fossi sparita, vero? E invece no, rieccomi qui dopo mesi di attesa. Purtroppo tra laurea, vacanze e qualche problemino sono stata senza computer per lunghissimo tempo e quindi non ho avuto possibilità di aggiornare. Ma bando alle ciance. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è stato sicuramente uno dei più difficili da scrivere e penso di averlo revisionato almeno venti volte. Qualche piccola precisazione a riguardo:

-Kyla esce dallo scudo fisico in quanto la voce, come potere, è di tipo fisico e non potrebbe agire con questo tipo di ostacolo;

-noterete che Afton ha un potere differente rispetto a quello del capitolo precedente, che si giustifica con l’uscita della guida della Meyer che mi ha scombinato un po’ i piani: per rimanere “canon” ho scelto di rispettare la guida, a parte qualche aggiunta personale;

-originariamente, questa storia prevedeva la morte di Aro. Poi qualcuno mi ha fatto cambiare idea e in effetti è meglio così: è stato più difficile gestire un Aro esiliato piuttosto che un Aro morto ma, come al solito, se non mi complico la vita io non sono felice.

Dopo queste (in)utili precisazioni, devo ringraziarvi per tutto il sostegno che mi state dando perché è infinitamente prezioso.

Grazie a tutti coloro che aggiungono la storia alle preferite, alle seguite e alle storie da ricordare. Un ringraziamento speciale va a chi recensisce, come sempre. Grazie anche a chi legge in silenzio, spero che questa modesta fanfiction continui a piacervi.

Al massimo tra due settimane pubblicherò il penultimo capitolo, che è in fase di revisione. Come sempre critiche e commenti sono più che graditi! A presto, e ancora grazie di cuore!

Baci, chiaki

   
 
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