PROLOGO
Avevo
una vita normale e monotona prima del mio diciottesimo compleanno.
Andavo a scuola, avevo i miei soliti amici, uscivo raramente. Non
riuscivo a
restare con un ragazzo per più di due settimane senza
rovinare tutto. Quel
maledetto 1 giugno, la data in cui sarei diventata adulta e
responsabile, feci
l’incontro più bello e sconvolgente di tutta la
mia vita.
Incontrai lui.
CAPITOLO 1
Il sole mattutino entrava soave dalla mia finestra
svegliandomi da un sonno irrequieto. Guardai l’orologio,
erano le 7.30 del
primo giugno. Oh diavolo, oggi sarei diventata diciottenne e non ne ero
particolarmente entusiasta. Avrei voluto restare per sempre in quel
limbo
chiamato gioventù, senza dovermi preoccupare delle
conseguenze delle mie azioni
da ragazza impulsiva quale ero.
Mi sveglia pronta ad affrontare quella che sarebbe
stata la giornata più speciale di tutta la mia vita. Mi
vestii e mi guardai
allo specchio per darmi una controllata. Cappelli castani lisci che
cadevano
morbidi sulle spalle, occhi color nocciola leggermente assonnati, pelle
liscia
e olivastra. Passabile, mi giudicai.
Scesi le scale ed entrai in cucina. Intravidi mia
madre immersa nel preparare una colazione coi fiocchi.
Si voltò verso di me e in un secondo mi
fu addosso
nel più caloroso abbraccio che mi avesse mai dato.
“Tanti auguri tesoro mio. Benvenuta nel
mondo
degli adulti.” Disse con un sorriso a 35 denti porgendomi un
pancake.
“Grazie mamma, comunque oggi penso di
uscire. Vado
a salutare papà e poi esco con le amiche.”
“Certo amore. Ma non dovresti andare da
papà
proprio oggi secondo me.” Disse con una vena di tristezza
nella voce.
“Lo sai che mi fa piacere e non
preoccuparti non
mi rattristerò.” Le dissi sfoggiando il sorriso
più convincente che potessi
fare.
**
Mio padre morì quando avevo 9 anni in
un incidente
stradale. Ero in auto con lui quando un animale sbucò dal
nulla e così perse il
controllo della vettura. Finimmo nel fiume ed io fui l’unica
a sopravvivere. Un
miracolo dissero tutti. Ma io da allora mi sono sentita sempre
terribilmente in
colpa. Mi mancava, ma ormai ci avevo fatto l’abitudine. Non
fraintendetemi, non
mi ero a abituata alla sua morte ma almeno me ne ero fatta una ragione.
Negli
ultimi anni quasi ogni giorno lo vado a trovare al cimitero. Parlo con
lui, si
fa per dire, e scrivo il mio diario. Lo so, tenere un diario a diciotto
anni è
molto infantile ma è l’unico modo che ho di
sfogarmi senza essere giudicata o
compatita. Non sopporto la gente che prova pietà per me, mi
fa sentire debole.
**
Arrivai al cimitero scesi dall’auto e mi
diressi
alla tomba di papà. Mi sedetti e cominciai a scrivere nel
mio diario di quello
che avrei fatto in quel pomeriggio così speciale.
All’improvviso una fitta nebbia si
levò da terra e
nel giro di un minuto non vedevo più un palmo dal naso.
Sentii un rumore provenire dietro di me. Mi alzai
di scatto, mi misi a correre ed inciampai.
Non riuscivo più a muovermi, qualcosa
mi
tratteneva lì per terra. La paura pensai tra me e me. Un
romore di passi mi
distolse dalla mia catalessi. Mi sollevai da terra pronta a scappare
via quando
un ragazzo si avvicinò allungandomi una mano per aiutarmi
annullando così il
mio piano di fuga. Era bellissimo, esattamente il tipo di ragazzo dalle
quali
bisognerebbe stare lontano perché troppo tenebroso. Capelli
corvini leggermente
spettinati, occhi di un azzurro più intenso del mare,
sguardo penetrante e
misterioso. Indossava un giubbino in pelle nera e sotto una maglia blu
notte
che faceva risaltare il suo fisico scultoreo, jeans neri e mocassini
classici
neri anch’essi.
“Davvero interessante.” Disse
con una voce così
sensuale e misteriosa da fare venire i brividi.
“Che cosa scusa?” risposi di
rimando.
“È interessante
trovare una così
bella ragazza in un posto
simile.”
“Ah.” Fu l’unica
sillaba che riuscii a sussurrare
e mi sentii il viso colorarsi istantaneamente di rosso.
“Ti sei ferita?” chiese
esaminandomi da capo a
piedi.
“Oh no, sto bene grazie.”
“Ad ogni modo, io sono Damon
Salvatore.”
“Piacere di conoscerti Damon.”
“E tu sei?”
“Oh, scusa, che maleducata. Mi chiamo
Elena..
Elena Gilbert.”
“Ciao Elena, molto lieto.”
Ok, ma come parlava? ‘Ad ogni modo;
molto lieto’,
sembra di un altro secolo questo ragazzo.
La sua voce mi distolse dai miei pensieri.
“Andiamo ti accompagno fuori di
qui.” Disse
alzando solo un angolo della sua bocca trasformando quella smorfia in
un mezzo
sorriso.
Wow, che fascino pensai.
“Grazie mille, ma non devi disturbarti
tanto per
me. Sto bene.” Esclamai, mentendo più a me stessa
che a lui. Non stavo bene,
ero sconvolta, non tanto dalla caduta ma da lui.
“Oh, nessun disturbo, anzi.”
Arrivati all’auto mi senti girare la
testa e per
poco non cadevo se due forti e possenti braccia non mi avessero
sorretto in
tempo.
“Meglio che guidi io
signorina.”
“Non si dovrebbe dare le chiavi della
propria auto
in mano ad un estraneo, lo sai?” replicai sorridendo ancora
stordita.
“Hai ragione Elena, non dovresti fidarti
di me.”
Disse sornione.
C’era qualcosa in lui che mi trasmetteva
sicurezza, fiducia, protezione. Gli porsi le chiavi senza nemmeno
rispondere.
Mi scostò i capelli dietro
l’orecchio ed una
scossa mi attraversò tutto il corpo.
Mi fece salire dal lato del passeggero e in un
attimo fu al posto di guida.
“Ti porto a casa mia se non ti dispiace.
Magari ti
offro un thè caldo finche non ti riprendi un po’
di più.”
“Dovrei uscire
con…” non finii la frase che subito
me ne pentii. Le amiche potevano aspettare oggi.
“Ok d’accordo.”
Dissi appoggiando la testa sullo
schienale.
**
Dopo circa dieci minuti di strada imboccammo una
stretta via ricoperta di ghiaia bianchissima.
Stavamo attraversando il bosco di MysticFalls.
“Abiti in mezzo al bosco? Inquietante
direi.” Dissi
ridendo.
“Non spaventarti non sono un pazzo
maniaco. Era la
casa dei miei genitori, un eredità tramandata nei
secoli.”
“Impressionante.” Risposi.
“Eccoci arrivati.” Disse
mentre parcheggiava di
fronte ad un enorme casa, anzi villa stile italiano antico.
“Avanti entra pure.” Mi
incitò accompagnandomi
alla porta.
Quando entrai rimasi stupita dalla bellezza e
dalla
maestosità di quella casa. Gli arredamenti classici che
decoravano
quell’immensa casa potevano essere scambiati per pezzi rari
da esposizione.
Pareti color panna la facevano apparire calda ed
accogliente.
“Wow Damon è
bellissima.”
Fece spallucce e si diresse in salone. Io lo
seguii senza esitare, mi sentivo quasi a casa.
“Prego serviti pure.” Aggiunse
mentre mi porgeva
una tazza di thè.
Presi coraggio e mentre sorseggiavo quella bevanda
così calda e buona aprii la conversazione più
strana ed appassionante che
avessi mai intavolato con un ragazzo.
“Allora Damon, qual è la tua
storia?”.
Angolo autrice:
Sono nuova nel campo, questa è la mia prima FF perciò siate clementi. Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità con questo primo capitolo. Inoltre spero vivamente vi sia piaciuto. Sentitevi liberi di recensire a vostro piacimento, i vostri consigli e le vostre opinioni saranno molto utili per me.
Vi ringrazio in anticipo.
Babi.