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Autore: Hikari93    04/09/2011    12 recensioni
Suo padre, Sakura, se stesso… a quante persone doveva rendere conto, dannazione? Avrebbe potuto terminare la questione semplicemente, chiedendole di andarsene e dimenticare il tutto, ributtandosi nello studio. Ma per quanto sarebbe riuscito a scappare da se stesso e dai suoi sentimenti? Probabilmente, lui non era la macchina fredda che tutti credevano che fosse, forse anche lui aveva un cuore e provava delle emozioni. Perché sembrava che nessuno se ne rendesse conto? Solo perché non si esprimeva, non piangeva quasi mai, ne si lasciava andare come tutti, era una macchina, forse?
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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(se parli d’affetto)
 

Mi avvalgo della facoltà di non comprendere

 
 



 

Sasuke era chino su di un libro da chissà quanto tempo. Si trattava di un volume scolastico dalle dimensioni per niente trascurabili, con un’odiosa copertina verde brillante che sembrava quasi volerlo schernire con la sua lucentezza, ricordandogli che, in una bella giornata soleggiata come quella, sarebbe dovuto restarsene a casa a studiare.
Come se a me piacesse uscire.
Ma quel che è peggio, le pagine erano piene zeppe di leggi.
Facoltà di giurisprudenza… ma chi me l’ha fatto fare?
Gli sembrava di aver avuto solo quel libro come compagnia, in tutta la sua vita. Dovunque si voltasse, qualunque cosa pensasse, non riusciva a distogliere l’attenzione nemmeno per un istante, non era capace di pensare ad altro che non fosse argomento dell’esame del giorno successivo. Non che fosse poi tanto preoccupato per la bocciatura – giammai, a un Uchiha non era permessa alcuna altra cosa che la promozione –. Lo negava persino a se stesso, ma odiava il pensiero di dover ripetere l’esperienza dell’ultimo esame dato. Non sarebbe stato un problema per nessuno, tranne che per lui.
Si passò una mano per i capelli sudati: i trenta gradi dell’afosa giornata di Luglio non erano i migliori per concedersi un ultimo ripasso. Gli tornarono in mente le parole di Naruto.
«Ma teme, tanto lo sai che ti andrà bene, perché ti scoraggi tanto?» gli aveva detto.
Sasuke lo aveva guardato con diffidenza. «Scoraggiarmi, io? Non capisci nulla, dobe.»
Davvero Naruto non capiva nulla. Era il suo migliore amico e non lo comprendeva a fondo, anche perché era lui stesso che non voleva svelarsi del tutto. All’Uzumaki non era chiara l’importanza di un ventotto al posto di un trenta, o di un trenta normale senza lode, non sapeva quanto suo padre, Fugaku Uchiha, volesse che il suo secondogenito fosse quanto più simile a Itachi, il primogenito. Ne voleva fare una copia, e finora Sasuke aveva sempre obbedito senza mai discutere, ma non solo per volere del padre – anche, anche per ottenere la sua ammirazione –, quanto per non sentirsi inferiore. Perché lui non lo era, Sasuke Uchiha non era secondo a nessuno.
Ritornò a buttarsi a capofitto sul testo, sforzando la sua memoria oltre ogni immaginazione, affinché ricordasse anche il più piccolo dettaglio.
D’un tratto il campanello suonò.
Sasuke alzò la testa, stizzito. Chi poteva mai essere? Anzi, chi mai si era potuto permettere di infastidirlo il giorno prima di un esame? Tutti, parenti e amici, sapevano quanto lui desiderasse la più completa solitudine in quei momenti. E proprio per questo che era stato lasciato a casa da solo, quel pomeriggio.
Nonostante tutto, sebbene non avesse trascurato l’idea di far finta di non esserci, un secondo e fastidioso trillo lo convinse ad andare ad aprire.
Spalancò la porta con poco garbo, e quasi non travolse la figura esile della ragazza più noiosa che conoscesse: Sakura Haruno.
«Disturbo?» chiese Sakura, sfoggiando un sorrisino timido.
E ora cosa avrebbe dovuto risponderle? Che sì, non voleva essere disturbato proprio quel giorno? Che doveva studiare per essere il migliore?
Digrignò i denti. «Che vuoi?» Non riuscì a controllare il proprio tono, che infatti risultò piuttosto stizzito e nervoso. Il solito, insomma.
«Scusami, se vuoi passo più tardi…» Si morse il labbro e si portò le mani dietro la schiena, cominciando a torturarsele. Ma non si arrese, e continuò, cercando di instaurare almeno un minimo di conversazione: «Stavi ancora studiando?»
Sasuke storse il labbro a quell’”ancora”. Anche se sapeva che non sarebbe stata mai intenzione di Sakura offenderlo, si sentì punto nel vivo. L’aveva interpretato in “possibile che a quest’ora tu stia ancora studiando?”. Scosse la testa, cacciando quel pensiero stupido. Si limitò ad annuire. «A ogni modo, che volevi?» aggiunse dopo qualche interminabile secondo di silenzio.
La ragazza alzò le spalle in un gesto innocente. «Parlare.»
«E’ qualcosa di importante?» chiese Sasuke, scocciato. Si appoggiò allo stipite della porta, stanco.
«In effetti sì.» Sakura si era fatta immediatamente più seria. Era rossissima, però i suoi occhi erano pieni di sicurezza, scintillavano di una luce diversa, che Sasuke non vi aveva mai visto dentro. Non se ne impressionò, ma mantenne la sua aria indifferente.
«Su entra» concesse l’Uchiha. Sapeva che, ormai, Sakura non se la sarebbe scrollata più di dosso. La conosceva bene.
La fece accomodare sul divanetto del salotto. Chiuse con calma i libri sul tavolo, ammucchiandoli a formare una sottospecie di torre, e le offrì della Coca Cola. Si sentiva piuttosto impacciato, ma avrebbe fatto di tutto per non darlo a vedere. Non era capace di fare gli onori di casa e di trattare con la gente. Si riteneva asociale.
«Dì pure.» Si sedette su una sedia qualunque. Si permise un atteggiamento un po’ meno “meccanico” del solito, tanto che si appoggiò allo schienale e sospirò, più o meno pronto all’ascolto.
«Sasuke, io ci voglio riprovare» proruppe. Si stringeva forte la gonnellina tra le dita e le gambe le tremavano per l’emozione. Anche le guance era paonazze e gli occhi le brillavano, come se stesse per piangere. La voce dava la stessa impressione.
Sasuke stette in silenzio. Aveva capito a cosa si riferisse Sakura, ma non sapeva cosa rispondere. O forse non voleva, preferiva arginare il discorso.
Ma non sono un codardo.
«Per favore, Sasuke, non stare in silenzio. Dì qualcosa!» scattò in piedi e gli si avvicinò. Gli toccò le spalle, sfiorando il tessuto della fresca camicia che indossava. «Guardami.»
«Non cominciare con queste sciocchezze» sbottò.
«Per me non sono sciocchezze! Per me è importante, noi siamo importanti, lo sai!»
«Per te, appunto» Sasuke sapeva di averle dato la stoccata finale, ma non se ne pentì, o almeno si imponeva di non farlo. Avvertì la stretta di Sakura farsi più forte sulle spalle, e il suo viso diventare sempre più rossi. Gli occhi verdi lottavano per non far fuoriuscire le lacrime, per non darla vinta di nuovo a quello sguardo oscuro e a quell’espressione dura.
«Non è vero, non pensi questo e lo so.»
Silenzio.
«Dimmi solo perché non vuoi più stare con me!»
«Tu non capisci…» Sasuke venne interrotto.
«Spiegamelo, appunto!»
Il ragazzo odiava quel modo di fare. Non sopportava la sua voce quand’era troppo alta, tantomeno il modo che aveva di imporsi e di cercare di intromettersi in tutti i costi nella sua vita. Non chiedeva nulla, nient’altro che essere lasciato in pace. Sarebbe stato lui stesso a farsi vedere, se mai ne avesse avuto bisogno.
Egoista?
«Mi saresti d’intralcio» scandì, con lentezza esasperante. Strinse un pugno, ma non fu visto. Non poteva dire di sentirsi male per quanto aveva proferito, ma allo stesso tempo non avrebbe mai potuto ammettere di essere stato sincero al cento per cento.
«Sarei d’intralcio a te, o all’immagine che tuo padre si è fatto di te?» Cercò di rimanere calma mentre parlava, ma la voce la tradiva, comunicando a Sasuke tutta la sua emozione. Era un misto di timore e di rabbia. Non si era mai permessa di parlare così direttamente all’Uchiha, nemmeno in quelle poche settimane che erano stati insieme, ma accumulando dolori su dolori, alla fine non aveva saputo resistere. Sasuke doveva sapere quello che lei pensava, e doveva saperlo anche chiaramente. Non bastavano più i “so che sa come mi sento”.
«Non osare, bada» rispose Sasuke «anche se fosse come dici, non deve interessarti. E questo è quanto.»
«Avrei preferito che tu mi dicessi di non amarmi» Sakura singhiozzò, e a causa dei singulti sempre più forti che la scuotevano, le frasi che proferivano erano mozzate.  «Avrei preferito la verità» pausa. «Invece solo dubbi su dubbi, solo quelli mi assalgono» altra pausa. «Non ho più idea di cosa pensare. Capirti è troppo difficile per me, lo sai?» sorrise, un sorriso amaro tra i singhiozzi. Si odiava per quella debolezza.  
Sasuke era rimasto a guardarla in silenzio, senza esporsi.
Come sempre, del resto.
Fin quando poteva negarsi la verità, oltre che le gioie che un futuro con lei avrebbe potuto dargli? Fino a che punto sarebbe arrivato ad anteporre le aspettative sue e, soprattutto, degli altri verso i suoi confronti? Sembrava che tutti gli dicessero cosa dovesse fare, come se non fosse capace di decidere da solo. Strinse i denti, tanto da farsi male.
Ora, davanti a lui, c’era Sakura, in una condizione terribile che un po’ gli scottava.
Perché non sai aspettare i miei tempi? Non riesco a concentrarmi del tutto su più di una cosa.
Suo padre, Sakura, se stesso… a quante persone doveva rendere conto, dannazione? Avrebbe potuto terminare la questione semplicemente, chiedendole di andarsene e dimenticare il tutto, ributtandosi nello studio. Ma per quanto sarebbe riuscito a scappare da se stesso e dai suoi sentimenti? Probabilmente, lui non era la macchina fredda che tutti credevano che fosse, forse anche lui aveva un cuore e provava delle emozioni. Perché sembrava che nessuno se ne rendesse conto? Solo perché non si esprimeva, non piangeva quasi mai, ne si lasciava andare come tutti, era una macchina, forse?
Cominciava a innervosirsi.
«Và a casa» disse semplicemente, sussurrando. Preferiva prevenire un’ira che, sicuramente, avrebbe travolto la ragazza per la quale, inutile negarlo a se stesso, provava qualcosa.
Sakura annuì lievemente, mentre le lacrime ancora le scorrevano sul volto. Cercò di trattenere almeno i singhiozzi ma non ci riuscì. Era sempre stata debole e troppo sensibile, e si vergognava di non riuscire a cambiare. Ma poteva trattarsi realmente di un difetto?
Imboccò la porta, ma si fermò appena un passo prima di essere fuori. «In bocca a lupo per domani.» A quanto pare è l’unica cosa di cui ti importa.
«Sakura.» Le parole gli erano quasi uscite da sole.
La ragazza si immobilizzò, senza voltarsi. Non sapeva cosa aspettarsi in quel momento.
Invece lui disse solo una parola. «Dopo.»
Lei riprese a camminare, allontanandosi sempre di più. Aveva smesso di piangere, in quel dopo c’erano molte più speranze di quante Sasuke volesse farne intendere. Forse stava ancora fantasticando, ma sicuramente ne valeva la pena. Illudersi ancora.
Perché loro meritavano un’altra possibilità.

 
 

 




 
Oh Dio, avrei fatto meglio a starmi ferma oggi. ò-ò
Non ho mai scritto una SasuSaku che non finisse con l’happy ending. Mio adorato happy ending! <3
Boh, mi pareva scontato, però! .-.
Giudici siete voi, però, quindi…
A me non piace, mi piace solo il titolo che è una citazione della canzone dei Subsonica.
Scusate per questa schifezza! -.-
 
In realtà, avrei voluto scrivere una fic per ladyvampire90 ma non me la senti di “regalarle” sta roba! ;__; 

 

   
 
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