Fumetti/Cartoni europei > W.i.t.c.h.
Segui la storia  |      
Autore: MeliaMalia    05/05/2006    18 recensioni
Cedric, redento, muore accanto ad Orube.
La storia di un uomo che, appena appreso cosa sia l'amore, non può permettersi di sfiorarlo.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Grazie alla neve
Bianca e abbondante
A quella nebbia
Densa e avvolgente
Grazie al tuono, piogge e temporali
Al sole capace
Di guarire tutti i mali
Grazie alle stagioni, a tutte le stagioni…


Mai avrei potuto pensare simili parole. Mai…
Eppure, come tutti, anche io possiedo una terra natia. Ed era persino bello, quel mondo ove nacqui e dal quale fuggii chissà quanti universi fa; eppure l’ho dimenticato. Rinnegato. Scacciato nel profondo del mio cuore, sostituito da troppi padroni, da troppe schiavitù consenzienti.
Sei tu ad avermelo fatto ricordare; sei tu, che usavi i ricordi del tuo paese per farmi sentire un verme alieno in un mondo sconosciuto. Se tu… la donna per cui sto morendo.

- Per quanto tempo resterai qui? – Sbuffai, sedendo al tavolino; di fronte a me, i pezzi bianchi e quelli neri mantenevano le loro fredde posizioni, sparpagliati per la scacchiera. Una partita lasciata a metà, in attesa che lei, la mia fredda avversaria, decidesse la sua prossima mossa.
- E’ una domanda così stupida che non merita neppure una risposta. – Lei mi rivolse il suo solito sguardo, gelido come una lama di ghiaccio che, lentamente, scivolò lungo la mia spina dorsale. Un brivido impagabile. Era così pericolosa, la mia cara Orube.
Così… letale. Mi attraeva, come un polo positivo inesorabilmente calamita verso di sé quello negativo. E cos’altro eravamo, noi due, se non l’esemplificazione del giorno e della notte? Del bene e del male? Sempre che questi due concetti abbiamo ancora un significato… Cosa di cui dubito.
Eppure: osservaci, Orube. Io, l’oscuro servitore di padroni assetati di potere, dalla chioma paradossalmente color dell’oro, e spietati occhi specchio del cielo; e tu, la paladina della giustizia, con iridi e capelli più neri della notte.
Ah, la meravigliosa magia che ci legava… così profonda, da spaventarmi. Così immensa, eppure impercettibile. Io stesso faticavo a comprenderla; e lei… dubito addirittura che ne avesse intuito l’esistenza. Era troppo pratica, Orube. Troppo presa dal controllarmi, per accorgersi che i miei sguardi verso di lei erano divenuti sempre meno… duri. Ormai somigliavano, purtroppo per me, alle occhiate che gli umani sono soliti scambiarsi. Era una cosa che mi terrorizzava; ma che, paradossalmente, mi scaldava. Nel profondo.
- Questa è una vera e propria violazione della mia privacy. Potrei denunciarvi. – Commentai piattamente, notando divertito la scintilla di furia omicida che vidi scattare nei suoi occhi. Era così bello, farla infuriare: era l’unico, solo punto di contatto che potevo cercare. E lo cercavo, assiduamente.
- Così come noi potremmo denunciare te per sequestro di persona? – Sibilò, così contrita eppure così stanca, sedendosi sulla sedia di fronte a me. Erano tre giorni e tre notti che non lasciava quello scantinato, quel buco di umidità nel retro della mia libreria; occhiaie profonde segnavano il suo volto, eppure non cedeva: il suo senso del dovere avrebbe potuto distruggere intere nazioni, se solo lei lo volesse.
- Non me. Lui. – e, con un pollice all’altezza della spalla, indicai il libro incastonato nel muro, buffa gemma circondata da preoccupanti crepe. Risi della sua espressione truce, quindi mi accomodai meglio.
E il silenzio cadde. Fu come una coperta pesante, che oppresse ogni pensiero; l’orologio continuò a ticchettare, segnando il passare del tempo: secondi, minuti, ore. Nessuno di noi fiatò. E mentre lei, impegnata nell’osservare con duri occhi di guerriera quello spazio ormai così fastidiosamente familiare, non badava a me, io approfittavo di quella stranita intimità. Ne approfittavo, lasciando che i miei sensi di uomo potessero godere della sua figura, del suo profumo.
Non chiedetemi come mi fossi innamorato; non chiedetemi cosa sia l’amore. Non potrei rispondervi. Di una cosa sola sono certo: se, in quei momenti, fossi stato certo di quello che provavo come lo sono ora, mi sarei alzato, e l’avrei baciata. Anche se, per questo, lei avesse tentato di ammazzarmi. Lo avrei fatto. E avrei riso, fuggendo ai suoi colpi d’ascia.
Il capo di Orube ondeggiò, le sue palpebre scivolarono verso il basso. Si accasciò sul tavolino, con lentezza, scostando inconsapevolmente molti pezzi della scacchiera; un fante cadde, sfracellandosi al suolo. Fu un suono deleterio, che eppure non la risvegliò: era troppo stanca, la fanciulla.
Mi alzai, osservando quella schiena che, smossa da lievi respiri, mi indicava il morbido ritmo del suo sonno. Mi alzai, ma, invece che avviarmi verso di lei, invece che scaldarla con una coperta, rivolsi uno sguardo d’intesa al libro parlante. E firmai la mia condanna.


Condanna che sconto adesso, poggiato a questa immaginaria roccia in questa inesistente caverna. All’interno di un libro, ecco dove ci troviamo. Ecco dove sto morendo. All’interno di uno stupido, maledetto libro.
Quelli che sentite, flebili, disperati, sono i respiri di un condannato a morte. Io, che sono scampato alla rovina di Phobos, muoio per salvar lei, la donna inginocchiata accanto al mio corpo. Guardatela: non è bellissima? Anche in questi suoi abiti borghesi, anche in questa sua espressione affranta. E’ stupenda, davvero. La mia vita non è andata sprecata, se ho saputo donarla per un fiore come lei.
Non perdere tempo con me, Orube. Abbandonami, salva la tua preziosa esistenza. Tu, dolcissima eppure fredda creatura, che hai inconsapevolmente scavato in me, nella mia acidità, trovandovi un fulcro di improbabile dolcezza… non sprecare le tue lacrime per un verme.
E’ grazie a te che io posso andarmene senza rabbia; è per merito tuo se questo nuovo Cedric può guardarsi attorno, un sorriso riconoscente al ricordo di ciò che hli è stato offerto, dei soli e delle lune che lo hanno illuminato, della vita che lui stesso, stupidamente e rozzamente, ha rovinato.
Ma ora ho compreso. Ho compreso. Ho compreso… ogni… cosa...

Grazie alle mani
Che mi hanno aiutato
A queste gambe
Che mi hanno portato
Grazie alla voce
Che porta i miei pensieri
Al cuore capace
Di nuovi desideri
Grazie alle emozioni, a tutte le emozioni…
*

Addio.





* Nomadi, 'Ma che film la vita'

Innanzitutto, vorrei scusarmi. Vorrei scusarmi per la scarsità di questa fanfiction... è che ho scritto in preda ai sentimenti, cosa che non mi accade mai.
Mi ero affezionata a Cedric. Accidenti, avevo creduto in lui. E in Orube. Dividerli in questo modo è stato orribile, oltre che sadico.
Ringrazio chi è giunto sino a qui a leggere. Come sempre, ricordo che commenti e consigli sono ben graditi ^^
   
 
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > W.i.t.c.h. / Vai alla pagina dell'autore: MeliaMalia