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Autore: The Plague    04/09/2011    3 recensioni
E' la mia prima fanfiction, quindi siate clementi!
Dopo anni e anni, Harry incontra l'ultima persona che avrebbe desiderato o immaginato di rivedere: suo cugino Dudley, e la sua famiglia. Scoprirà che è diventato esattamente ciò che ci si aspettava, ma che nasconde un segreto.
La seconda parte l'ho aggiunta su suggerimento di Fry93, che ringrazio :)
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dudley Dursley, Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Petunia Dursley
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Harry scese dal taxi e si avviò verso l’ingresso del Ministero della Magia.
Un’altra dura giornata di lavoro all’Ufficio Auror, si disse. Sostò per qualche minuto sul marciapiede, fuori dalla toilette pubblica dove avrebbe dovuto infilarsi in un water e tirare lo sciacquone. Erano anni che ripeteva quei gesti tutti i giorni, ma non si sarebbe mai abituato a compierli senza un vago brivido di disgusto. Si guardò attorno, cercando inconsciamente di rimandare il fatidico momento, come uno studente che bighellona attorno al portone della scuola pur sapendo che le lezioni inizieranno a minuti. L’acciottolato era sporco e grigio come il cielo di quella mattina settembrina; gli autobus londinesi sfrecciavano sbuffando sulla strada e a pochi passi da lui un gruppo di pedoni aspettava il verde per attraversare la strada. Harry li osservò pigramente: notò subito un ragazzino dall’aria compita che indossava un golf di lana e pantaloni di velluto a coste, accompagnato da quella che doveva essere sua madre; vicino a loro c’era un uomo di cui non poteva scorgere il viso, che spingeva una sedia a rotelle.
Bè, una normalissima famiglia inglese, pensò. Si voltò e fece per entrare nella toilette, quando si sentì chiamare da una voce piuttosto familiare: « Harry? Harry Potter? »
Cielo, fa’ che non sia un altro mago adorante in cerca del mio autografo, sospirò Harry. Ma voltandosi si trovò davanti l’uomo che spingeva la sedia a rotelle. Lo osservò rapidamente: vestiti ordinari, scarpe un po’scalcagnate, una zazzera di capelli biondo spento, abbondanti masse di carne che gonfiavano la camicia e un impressionante doppio mento. Fu solo quando lo guardò in viso che si accorse che quell’uomo era suo cugino, Dudley Dursley.
« Dudley? » chiese confusamente. L’uomo accennò un sorriso.
« Già, ehi, Harry, ecco… Ecco, è un bel po’ di tempo che non ci vediamo, no? » balbettò.
Harry non poteva credere alle immagini che il suo cervello gli stava mandando. Quello era suo cugino, il ragazzino corpulento e viziato che non si era mai visto negare niente eccetto il suicidio, che lo aveva tiranneggiato per anni? Ridotto a non potersi permettere un paio di scarpe decenti?
« Dudley, io… Io sono felice di rivederti ». Harry non era sicuro della sincerità dell’affermazione.
« Già, Harry, anch’io… Bè, guardati, tu adesso… ehm… Perdonami, Harry, ma proprio non so cosa fate voi.. voi diversi, una volta usciti da…quella scuola, ecco ».
Harry cominciò a spiegargli dell’Ufficio Auror, sebbene non fosse sicuro che suo cugino riuscisse ad afferrare il concetto, ma una voce stridula richiamò Dudley all’ordine: « Dud! Muoviti, è verde! »
I due si voltarono verso la donna che accompagnava il bambino: minuta e segaligna, aveva un grande naso a becco e una carnagione non troppo sana, e portava un curioso cappello troppo grande per la sua testa, coronata da ciuffi di capelli grigi.
« Sì, biscottino, ecco, vieni qui, cara, io… volevo presentarti mio cugino Harry, ecco, è questo qui » farfugliò Dudley. « Harry, lei è mia moglie, Marcia ».
« Sì, salve, lei dev’essere quello orfano, no? Dud, dobbiamo proprio andare adesso. Eugene farà tardi a scuola… Oh, già, questo è nostro figlio Eugene, ha otto anni, carino, no? Ma adesso siamo proprio di fretta, piacere di averla conosciuta» sentenziò Marcia spingendo avanti il ragazzino, che assunse un’espressione solenne e strinse la mano ad Harry, dicendo: « Lieto di fare la sua conoscenza, signor Harry ».
Dudley sembrava visibilmente a disagio. « Tesoro, cara, perché non prendi la mamma e voi tre andate a comprarvi una limonata dall’altra parte della strada? Ecco, io, io avrei due cose da dire a Harry, qui » mormorò, quasi temendo che la moglie lo bastonasse per la sua proposta inconcepibile.
In effetti Marcia impallidì e gli rivolse una smorfia. « Molto bene, Dud, ma fra cinque minuti ti voglio con noi, intesi? Coraggio, Petunia, adesso attraversiamo la strada, eh? » concluse rivolgendosi alla fragile creatura sulla sedia a rotelle.
Solo in quel momento Harry abbassò lo sguardo e scrutò attentamente la vecchina invalida: sembrava fatta di cristallo rivestito di pergamena, aveva ciuffetti di radi capelli bianchi e lo sguardo assente nel  volto intessuto di rughe. « Zia…zia Petunia? » tentò di dire, ma i tre erano già lontani.
« Già, Harry, ma non ti riconoscerebbe. Sai, a stento riconosce me, ecco, lei è anziana e malata, è diventata di nuovo come una bambina » disse Dudley guardandola allontanarsi.
Harry non poteva convincersi che quella signora fosse l’energica e severa zia che aveva conosciuto nella sua infanzia. Si disse che adesso non era più in condizioni di picchiarlo con il battipanni, e poi si sentì meschino per quel pensiero crudele.
Dudley stava raccontando: « Sai, dopo che sei andato via tu, io.. io ho studiato al college, poi ho trovato un lavoro, ecco, sono un impiegato, e poi ho sposato Marcia e abbiamo avuto Eugene, e… Abbiamo una bellissima casa a Camden, Harry, dovresti vederla, Marcia la tiene pulitissima, e Eugene, bè, lui è veramente bravissimo », ma Harry lo fermò chiedendo: « Dov’è zio Vernon? »
Dudley abbassò ancora di più lo sguardo, sempre se era possibile, e sussurrò: « Bè, lui è morto, Harry, un…un paio di anni fa ».
Harry arrossì e impallidì in rapida successione. « Oh. Mi dispiace, Dudley. Lui… Lui voleva bene a te e a zia Petunia ». Non potrei dire niente di più gentile che non sia un’enorme stupidaggine, si disse.
Dudley sembrò comunque confortato, e sorrise. All’improvviso drizzò la testa, e parve che fosse internamente dilaniato da una lotta tra il suo cervello che voleva farlo parlare a raffica e il suo senso del pudore che voleva fermarlo.
« Sai, Harry, io… Io non è che sia molto felice, ecco. Oh, vedi, ho una famiglia perfetta, una casa perfetta,un lavoro perfetto… » cominciò.
Il tutto dev’essere incredibilmente noioso, dedusse Harry.
« Ma ecco, io non riesco ad essere felice, ed è per questo che… Vedi, io non amo affatto mia moglie, Harry! ». La voce di Dudley si era trasformata in uno stridio strozzato che cominciava ad attirare l’attenzione dei passanti. Evidentemente aveva cercato di dire quello che gli passava per la testa in fretta, prima che la sua sobrietà da impiegato britannico glielo impedisse.
« Oh, Dudley, sai, ecco, io credo che alla nostra età questo sia normale… » esordì Harry.
Il cugino lo fermò con uno scatto impaziente della testa. « No, Harry, quello che intendo dire è che io, io amo un’altra persona! »
Harry allargò le braccia. « Bè, questo non è del tutto deprecabile, sai? Voglio dire, tua moglie è sicuramente un tesoro, ma queste cose succedono, non devi fartene una colpa ».
« E’ un uomo, Harry. Si chiama Sidney ».
Harry si fermò a metà di un’altra frase confortante. Subito gli venne in mente il professor Silente. Di certo non poteva essere paragonato a suo cugino per quell’unico tratto che avevano in comune, ma lui non se la sentiva di condannare Dudley. Dopotutto, era amore.
« Oh. Dudley, credo francamente che sia la stessa cosa. Ma secondo me faresti meglio a dirlo a tua moglie, voglio dire, non puoi continuare a vivere così, no? Non stai troppo bene, a quanto sembra » rispose.
Dudley gli si avvicinò costringendolo a fare un passo indietro per non trovarsi a strettissimo contatto con il suo faccione sudato e paonazzo. « Harry, non posso, non posso! Marcia mi odierebbe, Eugene mi odierebbe, e lei mi succhierebbe via tutti i soldi con la scusa degli alimenti, e Sidney è un’artista! Certo, uno… uno spirito creativo, ma non può mantenersi, capisci? » rantolò.
« Ma io non capisco davvero come posso aiutarti! » sbottò Harry. Si stava facendo tardi per il lavoro, e inoltre quel colloquio cominciava a diventare decisamente troppo spinoso. Si guardò attorno nervosamente, ma le mani di suo cugino gli strinsero le spalle in una morsa umidiccia, costringendolo a fissarlo negli occhi.
« Harry, nascondimi! Fammi un incantesimo, fammi diventare invisibile! Oppure.. oppure… » i suoi occhi si illuminarono di un bagliore vagamente folle che Harry ricordava di aver visto ingigantito negli occhi di Bellatrix Lestrange « …Oppure uccidili, Harry! Uccidili tutti! »
Inorridito, Harry poggiò la mano sulla bacchetta che riposava nella tasca della giacca.
« Non posso, Dudley! Io non sono al di sopra della legge, e poi.. Si tratta di esseri umani, diavolo! Come pensi che potrei ucciderli? » disse esasperato.
« Allora trasformami in un mago, Harry! Dammi una bacchetta, e li ucciderò io! Lo farò! Cosa devo fare per diventare come te? »
Per un allucinato istante Harry pensò che si sarebbe messo a spiegargli la prassi per l’istruzione dei maghi, partendo dalla lettera di ammissione ad Hogwarts; poi riprese lucidità e fece per calmarlo, quando Marcia gridò dall’altra parte della strada: « Dud! Muoviti, fannullone! E’ tardissimo! »
Dudley girò disperatamente lo sguardo, poi rivolse ad Harry una rapida occhiata in cui lui intuì tutto il terrore ed il disagio che provava nel dover tornare al fianco di quella donna. Infine si lanciò sulle strisce pedonali, evitando per un pelo di essere investito da una motocicletta, e corse via, gridando: « Aiutami, Harry! Aiutami! »
Quello era il sobrio, discreto, perfettamente normale Dudley Dursley, impiegato con un villino a Camden, un figlio promettente, una carriera immobile, una vita all’apice della monotonia e una moglie assolutamente deliziosa.Harry entrò nella toilette con un vago senso di malinconia e oppressione, che gli sarebbe rimasto addosso per tutta la giornata come un pesante mantello.
Quella sera tornò a casa più esausto del solito e si distese su una poltrona mentre Ginny e la sua bacchetta preparavano la cena. Albus scese di corsa le scale e gli mostrò il suo nuovo gufo, ma, non ricevendo la reazione entusiasta che si era aspettato, entrò a passo di marcia in cucina e disse: « Mamma, credo che papà sia stato Confuso».
Ginny continuò a maneggiare cucchiai e padelle. « Albus, è impossibile, tuo padre è un Auror molto bravo, non può farsi Confondere dal primo goblin che passa».
« Ma mamma, è silenzioso, ha lo sguardo lontano e non sa tenere il filo di quello che gli dico» insisté Albus.
Ginny lasciò la bacchetta a fare il suo lavoro e andò a sedersi sul bracciolo della poltrona di Harry.
« Cos’hai, Prescelto?»disse in tono scherzoso ma comprensivo.
Harry le raccontò del suo incontro con Dudley e delle proposte disperate che lui gli aveva rivolto. Sua moglie sgranò gli occhi sempre di più man mano che procedeva, fino a sembrare un gigantesco lemure dai capelli rossi con due palle da baseball nei bulbi oculari. « E’ terribile, Harry! Senti, perché non gli hai suggerito di andare da uno di quei specialisti Babbani che curano la mente delle persone?»
« Oh, uno psichiatra! Certo, giusto, non ci avevo pensato!» Harry si diede uno schiaffo mentale in fronte per non essersi fatto venire in mente la cosa più ovvia.
Ma adesso come troverò il modo di incontrarlo di nuovo? Non mi ha lasciato un indirizzo né un numero di telefono, e mandargli un gufo sarebbe solo un altro modo di sconvolgerlo, se somiglia a suo padre, rifletté mentre andava a sedersi a tavola.
« Come pensi che potrei rivederlo, cara?» borbottò.
Ginny coprì le voci dei figli che volevano sapere chi doveva rivedere, quando, perché,dove e se quel qualcuno aveva per caso una collezione di Gobbiglie. “Torna dove lo hai incontrato stamattina, se passa di lì per portare il figlio a scuola ci sarà sicuramente anche domani».
« Ho sposato una donna eccezionale!”»rise Harry.
Ginny ammucchiava i piatti nel lavandino con la bacchetta. « Hai sposato una donna che riesce ad arrivare all’ora di cena con le sue facoltà mentali intatte, sciocchino».
Il giorno dopo Harry era di nuovo davanti all’ingresso del Ministero. Aspettò per mezz’ora, rischiando un richiamo disciplinare per ritardo, ma non vide nessuno, solo taxi, macchine della polizia, autobus e due ambulanze con le sirene spiegate. Alzò le spalle e andò al lavoro.
La stessa scena si ripeté nei successivi quattro giorni: Harry aspettava ansioso e impaziente accanto alla toilette, e non vedendo traccia di Dudley, si convinceva che aveva fatto tutto il possibile e se ne andava.
Finché, il quinto giorno, vide due passanti dall’aria distinta che confabulavano guardando un giornale Babbano, e ne colse per caso le parole.
« Un impiegato perfetto, una moglie molto sobria, una condotta lavorativa ineccepibile! Lavorava nella mia sezione, e giuro che non ho mai visto una persona così discreta!» diceva uno.
L’altro lo guardava accarezzandosi i folti baffi. « Sai, Archibald, qui c’è scritto che era in preda alla depressione…» mormorò scettico.
Archibald alzò le braccia: « Giuro, giuro che non si vedeva! Sembrava così inquadrato, così normale!»
Harry si avvicinò e chiese cortesemente se poteva prendere in prestito il giornale.
In prima pagina, un titolo agghiacciante.
Impiegato londinese dà fuoco alla casa uccidendo moglie, figlio e madre, poi si toglie la vita.
Scorse rapidamente la notizia: « Dudley Dursley… impiegato del Ministero dei Trasporti… in preda a disturbi psichici, ha incendiato la sua casa di Camden dopo averci chiuso dentro la sua famiglia… in strada, davanti all’intero quartiere, ha blaterato assurdità riguardo a maghi e sparizioni… prima di uccidersi con un colpo di revolver… Oh, cielo!». Mollò il giornale e corse via seguito dagli sguardi stupefatti dei due impiegati.
« Forse era un suo parente, Archie» sentenziò alla fine il baffuto.
Harry stava correndo senza una meta, cercando di mettere ordine nella sua testa.
Non poteva crederci! Dud aveva davvero avuto il coraggio di compiere una simile strage? Aveva ucciso zia Petunia, sua moglie e il piccolo Eugene in un modo così crudele? Si era addirittura suicidato?
Quel giorno Harry non andò al lavoro, ma tornò a casa e si rifugiò fra le consolanti braccia di Ginny.
« Coraggio, Harry, lui stava male, tu… Tu non avresti potuto fare niente!» lo consolò.
« Che brutta fine, Ginny, che brutta fine per un Dursley, uno di quelli che lucidavano la cucina e falciavano il prato tutto alla stessa altezza. E adesso, finire così…» sussurrò Harry.
Ginny gli scompigliò i capelli. « E’ una cosa orribile, lo so. Sembra che siano tornati i tempi dei Mangiamorte. Ma Harry, non fartene una colpa».
« Ma lui aveva chiesto aiuto! Aveva chiesto a me di fare qualcosa!»
« E che cosa, dimmi? Sai che non avresti potuto aiutarlo con la magia, per quanto era tremendo ciò che ti chiedeva. Avevi trovato la cosa giusta da fare, Harry. Sei solo arrivato troppo tardi.»
Già,  pensò Harry. Troppo tardi.
  
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