Questa storia mi è venuta in
mente la notte di Halloween mentre guardavo Nightmare
Bifore Christmas. Alcune idee le ho prese dal film “The Eye”.
I personaggi di Nightmare
Bifore Christmas sono del rispettivo autore mentre gli
altri sono di mia creazione.
A NIGHTMARE IN THE HALLOWEEN NIGHT
1
Tutto era iniziato nelle
prime ore della notte di Halloween, in una casa lontana da un paesino
pittoresco e molto antico. Il suo aspetto non era dei migliori, dava la
sensazione di cadere a pezzi da un momento all’altro ed il suo legno pareva
marcio fino alla fondamenta. Su essa
erano nate strane leggende e storie di paura che i nonni raccontavano ai propri
nipoti da quasi un secolo. La causa non era altro che dicerie nate da qualche
bocca ignorante e piena di disprezzo per chi ci abitava. Infatti
la famiglia che da generazioni viveva lì era considerata una poco di buono e
pericolosa solo per il loro carattere introverso e privato.
“Quella casa non è altro che
la porta per entrare all’inferno” diceva quella sera il Signor Thopson hai propri figli “Non dovete entrarci per nessun motivo”.
“Ma la ragazza che ci abita
mi hanno detto che è tanto gentile” sostenne il
piccolo Gimmy, un bambino di sette anni con due occhini azzurri e un nasino
ricoperto di lentiggini.
“sai il motivo per il quale
le è vietato entrare in questo paese?” chiese mentre
si sedeva su una comoda poltrona.
“So solo che aveva fatto
qualcosa di veramente pauroso” rispose Gimmy.
“Quando era piccola… circa la
tua età penso, lei si divertiva a far prendere paura
alla gente con strani trucchi inspiegabili. Certe volte la trovavamo a piangere
davanti alla porta di qualcuno, e dopo divenne anche di routine, dicendo che la morte era entrata per portar via la vita ad
una persona. Noi ci impaurivamo e la cacciavamo via,
ma il giorno dopo però si veniva a sapere che una tragedia era successa nella
casa bagnata dalla sue lacrime. Ormai la consideriamo la portatrice di morte”.
“Che
cattiva che era!”.
“Sì molto cattiva!” Affermò l’uomo prima di girarsi, per guardare fuori dalla finestra,
la sagoma della casa dove la ragazza amica della morte viveva.
Nello stesso momento una
ragazzina sui quattordici anni stava guardando la luna dal davanzale della sua
camera. I suoi lunghi capelli neri le sfioravano la pelle bianchissima del suo
viso. Due occhi neri come la pece risaltavano il suo
aspetto bellissimo e misterioso.
“La luna stasera è
particolarmente bella, hai notato Ceilin?” La sua voce, un armonioso suono, che
si perse nella stanza come vento. Prese un peluche a
forma di Tigre e se la strinse al petto.
All’improvviso il suo sguardo
fu attratto da delle ombre nere che si dirigevano in gruppo verso il paese che
tanto la odiava.
Calde lacrime incominciarono
a sgorgare dai suoi occhi.
“Perché io?.
Perché io ho questa maledizione?”.
Con movimenti veloci prese un
maglione bianco appoggiato ad una sedia e se la infilò. Uscì dalla stanza
correndo e si infilò in una tromba si scale a
chiocciola. Scese ed uscì dalla porta principale col respiro affannato.
In pochi minuti raggiunse le
prime case dove alcune ombre si erano fermate.
“Dovete andarvene!, qui sta per accadere una catastrofe!” urlò mentre si
dirigeva nella piazza principale.
“ma
fatele stare zitta quella strega!” gridarono le donne dalle case “Impaurisce i
bambini!”.
“Sporca
ragazzine che cosa vuoi ora?” il sindaco del paesino uscì in vestaglia
nella piazza centrale “Ti è stato proibito di venire in questa città. Vattene e
lasciaci in pace!” Ringhiò il vecchio sindaco seguito delle molte persone che
si erano riunite e munite di forconi e fucili.
“Sindaco dovete
ascoltarmi, le ombre oscure in gruppo si sono avvicinate alla gente del paese.
Ho paura che qualcosa accadrà. Dovete evacuare la zona” mormorò
arrivando davanti al sindaco e cadendo poi hai suoi piedi per la fatica
causatagli dalla corsa.
“ragazza sapevi
i patti. Noi non ti avremmo fatto del male se tu non ti fossi fatta più
rivedere in città” si scostò schifato dalla ragazza “Pertanto vattene!” le urlò
puntando il dito verso la sagome nera della sua casa.
Lei si alzò e con il volto
rigato dalle lacrime ed ancora Ceilin stretta al petto urlò con le sue ultime
forze “Io volevo solo salvarvi ma voi siete soltanto
degli ignoranti. Perché non mi volete ascoltare?.
Scordatevi delle stupide leggende che incolpano la mia famiglia ingiustamente
ed ascoltatemi una buona vol…”.
Ad un tratto un dolore lancinante le percorse il fragile corpo. Si toccò il fianco
sinistro con una mano e subito dopo la ritrasse
dolorante e spaventata. Le sue dita erano macchiate di un liquido rosso. Il suo
sangue.
Portò tremolante il viso in
alto, per guardare l’uomo che le aveva inferto la
ferita, forse con forcone. Non era altro che un ragazzo di circa venticinque
anni, biondo con gli occhi azzurri e la pelle leggermente abbronzata.
“Non vogliamo sfortune!: Vattene e lasciaci in pace” mormorò a denti stretti e
cercando di trattenere la rabbia crescente.
Lei impaurita e sconfitta si
diresse correndo verso la sua casa. Ormai non poteva più far nulla, se quelle
persone volevano la morte non dovevano far altro che aspettare qualche ora.
Prima di andarsene si volse
verso di loro e con tutto il rancore accumulato in quattordici lunghi anni
sibilò malignamente facendosi sentire da tutti “Io vi odio!.
Vi odio tutti!!. Spero che la morte
che tanto desiderate vi prenda al più presto. Io ho cercato di salvarvi ma voi siete solo degli stupidi!”. E se ne andò correndo, stretta alla sua unica amica.
“maledetta ragazzina ma chi
credi di essere?” chiese il sindaco “Gente, …
distruggiamo la maledizione della nostra città. Diamo fuoco
a quella ragazzina ed a quella casa che porta all’inferno!”.
Numerosi uomini
incominciarono ad andare a passo svelto verso la casa della giovane, muniti di
torce infuocate e fucili.
Al contempo la mora era
entrata nella casa diroccata per andare a svegliare i suoi genitori.
“Mamma, Papà!- venite bisogna andarcene. Siamo in pericolo!”. Entrò nella
stanza dei suoi genitori ma uno spettacolo
agghiacciante la costrinse a sedersi per terra.
I due coniugi erano distesi
sul loro letto matrimoniale. Morti.
Qualcuno aveva ucciso nel
sonno i suoi poveri genitori.
Stremata ed abbattuta iniziò
ad imprecare fino a quando una voce roca non la portò
alla realtà.
“Povera, piccola, sporca
ragazzina. Mi fai quasi pena, ma era il mio compito questo”
affermò decisa la voce.
All’improvviso un ragazzo
moro e di bel aspetto uscì da un angolo della stanza.
Con passo lento si avvicinò alla ragazza e le mise una mano sulla spalla
destra.
Solo in quel momento lei poté
notare l’ombra oscura che aspettava cautamente la sua preda.
“Ora tocca a te. Ma com’è
possibili che tu non abbia previsto la tua di fine?.
Sei soltanto una portatrice di sventura”.
Ad un tratto una forte luce illuminò la stanza. Un fuoco stava divampando
da sotto il letto matrimoniale.
“Oh ma guarda?. Forse per una strega come te è
meglio morire bruciata. No?” disse sarcastico il ragazzo. Prese da sotto la sua
felpa una corda sfilacciata e molto vecchio. Il suo
unico intento era quello di legarla ad un mobile e lasciarla lì.
“per lo meno il tuo corpo non
lo troveranno”.
“Io che vi ho fatto di così
male?” chiese.
Dietro di lei stava il lungo corridoi che portava alla rampa di scale. La sua
unica idea era quella di scappare, ma lasciare così i corpi dei suoi genitori a
bruciare non gli andava per niente bene.
“Stai buona”. Lui si avvicinò
lentamente ed altrettanto arretrava la giovane impaurita. Registrò ogni suo
movimento. Non doveva assolutamente scappare quella sporca ragazzina!.
“Ti potrei tramortire, così
sentiresti poco dolore o magari moriresti prima soffocata dal fumo che
bruciata!” mormorò flebilmente.
“Tu non mi toccherai!” urlò.
Iniziò a correre con tutto il
fiato che le era rimasto nei polmoni e dimenticandosi anche della profonda
ferita al fianco sinistro, da cui usciva sgorgava a fiotti il sangue,
sporcandole il maglione ed il lungo vestito bianco che indossava.
Arrivò davanti alla porta
principale dell’abitazione ma ormai anche essa aveva
preso fuoco.
Guardò fuori
da una elle grandi finestre e si sorprese di vedere solo uomini e non
anche donne e bambini.
“Forse me lo merito. I miei
genitori non centravo nulla!”.
Si accasciò esausta sul
tappeto rosso-oro dell’entrata.
Respirava di
già a fatica e la vista si stava annebbiando, mentre sotto di lei si
formava una pozzanghera del suo sangue.
“Avrei tanto voluto una vita
diversa da questa. Magari mi bastava soltanto di non aver mai avuto un così
strano dono…” pensò “… però se mi arrendo così, l’aiuto dei miei genitori sarà stato vano!” rifletté.
Si ricompose e a fatica riuscì
ad alzarsi e dirigersi verso la porta di sevizio in
cucina.
Sbatté contro molti mobili prima di poter girare il pomello della porta ed
uscire tossendo.
“Sarà meglio passare per il
bosco. Così potrò arrivare inosservata al paese qui vicino!”.
Si fece
strada fra le alte erbacce dei campi che un tempo erano belli e coltivati della
sua famiglia quando la loro reputazione non era ancora stata sporcata dalle
leggende e dicerie.
“Spero tanto che non abbiano
sentito dolore” mormorò a se stessa “ e che quel ragazzo sia
morto nel suo intento!”.
Giunse al sottobosco e con il
passo più veloce che poteva dare entrò nelle tenebre quando però delle grida la
fecero fermare.
Si girò cautamente verso il
paese. Esso aveva preso fuoco e tutte le famiglie che vi erano rimaste vennero chiuse in un cerchio di fuoco.
Lei non poteva far altro che
odiarli. Non ce la faceva in alcun modo ad aver pena per loro. Era troppo
furiosa con loro!.
Quasi le veniva da ridere di gioia mentre guardava insofferente gli abitanti che morivano
bruciati uno dopo l’altro.
“Ve lo meritavate!”.