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Autore: Chihiro    06/05/2006    1 recensioni
“Quella casa non è altro che la porta per entrare all’inferno” diceva quella sera il Signor Thopson hai propri figli “Non dovete entrarci per nessun motivo”. “Ma la ragazza che ci abita mi hanno detto che è tanto gentile” sostenne il piccolo Gimmy, un bambino di sette anni con due occhini azzurri e un nasino ricoperto di lentiggini. “sai il motivo per il quale le è vietato entrare in questo paese?” chiese mentre si sedeva su una comoda poltrona. “So solo che aveva fatto qualcosa di veramente pauroso” rispose Gimmy.
Genere: Triste, Dark, Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia mi è venuta in mente la notte di Halloween mentre guardavo Nightmare Bifore Christmas

Questa storia mi è venuta in mente la notte di Halloween mentre guardavo Nightmare Bifore Christmas. Alcune idee le ho prese dal film “The Eye”.

I personaggi di Nightmare Bifore Christmas sono del rispettivo autore mentre gli altri sono di mia creazione.

A NIGHTMARE IN THE HALLOWEEN NIGHT

1

Tutto era iniziato nelle prime ore della notte di Halloween, in una casa lontana da un paesino pittoresco e molto antico. Il suo aspetto non era dei migliori, dava la sensazione di cadere a pezzi da un momento all’altro ed il suo legno pareva marcio fino alla fondamenta. Su essa erano nate strane leggende e storie di paura che i nonni raccontavano ai propri nipoti da quasi un secolo. La causa non era altro che dicerie nate da qualche bocca ignorante e piena di disprezzo per chi ci abitava. Infatti la famiglia che da generazioni viveva lì era considerata una poco di buono e pericolosa solo per il loro carattere introverso e privato.

“Quella casa non è altro che la porta per entrare all’inferno” diceva quella sera il Signor Thopson hai propri figli “Non dovete entrarci per nessun motivo”.

“Ma la ragazza che ci abita mi hanno detto che è tanto gentile” sostenne il piccolo Gimmy, un bambino di sette anni con due occhini azzurri e un nasino ricoperto di lentiggini.

“sai il motivo per il quale le è vietato entrare in questo paese?” chiese mentre si sedeva su una comoda poltrona.

“So solo che aveva fatto qualcosa di veramente pauroso” rispose Gimmy.

“Quando era piccola… circa la tua età penso, lei si divertiva a far prendere paura alla gente con strani trucchi inspiegabili. Certe volte la trovavamo a piangere davanti alla porta di qualcuno, e dopo divenne anche di routine, dicendo che la morte era entrata per portar via la vita ad una persona. Noi ci impaurivamo e la cacciavamo via, ma il giorno dopo però si veniva a sapere che una tragedia era successa nella casa bagnata dalla sue lacrime. Ormai la consideriamo la portatrice di morte”.

Che cattiva che era!”.

“Sì molto cattiva!” Affermò l’uomo prima di girarsi, per guardare fuori dalla finestra, la sagoma della casa dove la ragazza amica della morte viveva.

Nello stesso momento una ragazzina sui quattordici anni stava guardando la luna dal davanzale della sua camera. I suoi lunghi capelli neri le sfioravano la pelle bianchissima del suo viso. Due occhi neri come la pece risaltavano il suo aspetto bellissimo e misterioso.

“La luna stasera è particolarmente bella, hai notato Ceilin?” La sua voce, un armonioso suono, che si perse nella stanza come vento. Prese un peluche a forma di Tigre e se la strinse al petto.

All’improvviso il suo sguardo fu attratto da delle ombre nere che si dirigevano in gruppo verso il paese che tanto la odiava.

Calde lacrime incominciarono a sgorgare dai suoi occhi.

“Perché io?. Perché io ho questa maledizione?”.

Con movimenti veloci prese un maglione bianco appoggiato ad una sedia e se la infilò. Uscì dalla stanza correndo e si infilò in una tromba si scale a chiocciola. Scese ed uscì dalla porta principale col respiro affannato.

In pochi minuti raggiunse le prime case dove alcune ombre si erano fermate.

“Dovete andarvene!, qui sta per accadere una catastrofe!” urlò mentre si dirigeva nella piazza principale.

ma fatele stare zitta quella strega!” gridarono le donne dalle case “Impaurisce i bambini!”.

Sporca ragazzine che cosa vuoi ora?” il sindaco del paesino uscì in vestaglia nella piazza centrale “Ti è stato proibito di venire in questa città. Vattene e lasciaci in pace!” Ringhiò il vecchio sindaco seguito delle molte persone che si erano riunite e munite di forconi e fucili.

“Sindaco dovete ascoltarmi, le ombre oscure in gruppo si sono avvicinate alla gente del paese. Ho paura che qualcosa accadrà. Dovete evacuare la zona” mormorò arrivando davanti al sindaco e cadendo poi hai suoi piedi per la fatica causatagli dalla corsa.

“ragazza sapevi i patti. Noi non ti avremmo fatto del male se tu non ti fossi fatta più rivedere in città” si scostò schifato dalla ragazza “Pertanto vattene!” le urlò puntando il dito verso la sagome nera della sua casa.

Lei si alzò e con il volto rigato dalle lacrime ed ancora Ceilin stretta al petto urlò con le sue ultime forze “Io volevo solo salvarvi ma voi siete soltanto degli ignoranti. Perché non mi volete ascoltare?. Scordatevi delle stupide leggende che incolpano la mia famiglia ingiustamente ed ascoltatemi una buona vol…”.

Ad un tratto un dolore lancinante le percorse il fragile corpo. Si toccò il fianco sinistro con una mano e subito dopo la ritrasse dolorante e spaventata. Le sue dita erano macchiate di un liquido rosso. Il suo sangue.

Portò tremolante il viso in alto, per guardare l’uomo che le aveva inferto la ferita, forse con forcone. Non era altro che un ragazzo di circa venticinque anni, biondo con gli occhi azzurri e la pelle leggermente abbronzata.

“Non vogliamo sfortune!: Vattene e lasciaci in pace” mormorò a denti stretti e cercando di trattenere la rabbia crescente.

Lei impaurita e sconfitta si diresse correndo verso la sua casa. Ormai non poteva più far nulla, se quelle persone volevano la morte non dovevano far altro che aspettare qualche ora.

Prima di andarsene si volse verso di loro e con tutto il rancore accumulato in quattordici lunghi anni sibilò malignamente facendosi sentire da tutti “Io vi odio!. Vi odio tutti!!. Spero che la morte che tanto desiderate vi prenda al più presto. Io ho cercato di salvarvi ma voi siete solo degli stupidi!”. E se ne andò correndo, stretta alla sua unica amica.

“maledetta ragazzina ma chi credi di essere?” chiese il sindaco “Gente, … distruggiamo la maledizione della nostra città. Diamo fuoco a quella ragazzina ed a quella casa che porta all’inferno!”.

Numerosi uomini incominciarono ad andare a passo svelto verso la casa della giovane, muniti di torce infuocate e fucili.

Al contempo la mora era entrata nella casa diroccata per andare a svegliare i suoi genitori.

“Mamma, Papà!- venite bisogna andarcene. Siamo in pericolo!”. Entrò nella stanza dei suoi genitori ma uno spettacolo agghiacciante la costrinse a sedersi per terra.

I due coniugi erano distesi sul loro letto matrimoniale. Morti.

Qualcuno aveva ucciso nel sonno i suoi poveri genitori.

Stremata ed abbattuta iniziò ad imprecare fino a quando una voce roca non la portò alla realtà.

“Povera, piccola, sporca ragazzina. Mi fai quasi pena, ma era il mio compito questo” affermò decisa la voce.

All’improvviso un ragazzo moro e di bel aspetto uscì da un angolo della stanza. Con passo lento si avvicinò alla ragazza e le mise una mano sulla spalla destra.

Solo in quel momento lei poté notare l’ombra oscura che aspettava cautamente la sua preda.

“Ora tocca a te. Ma com’è possibili che tu non abbia previsto la tua di fine?. Sei soltanto una portatrice di sventura”.

Ad un tratto una forte luce illuminò la stanza. Un fuoco stava divampando da sotto il letto matrimoniale.

“Oh ma guarda?. Forse per una strega come te è meglio morire bruciata. No?” disse sarcastico il ragazzo. Prese da sotto la sua felpa una corda sfilacciata e molto vecchio. Il suo unico intento era quello di legarla ad un mobile e lasciarla lì.

“per lo meno il tuo corpo non lo troveranno”.

“Io che vi ho fatto di così male?” chiese.

Dietro di lei stava il lungo corridoi che portava alla rampa di scale. La sua unica idea era quella di scappare, ma lasciare così i corpi dei suoi genitori a bruciare non gli andava per niente bene.

“Stai buona”. Lui si avvicinò lentamente ed altrettanto arretrava la giovane impaurita. Registrò ogni suo movimento. Non doveva assolutamente scappare quella sporca ragazzina!.

“Ti potrei tramortire, così sentiresti poco dolore o magari moriresti prima soffocata dal fumo che bruciata!” mormorò flebilmente.

“Tu non mi toccherai!” urlò.

Iniziò a correre con tutto il fiato che le era rimasto nei polmoni e dimenticandosi anche della profonda ferita al fianco sinistro, da cui usciva sgorgava a fiotti il sangue, sporcandole il maglione ed il lungo vestito bianco che indossava.

Arrivò davanti alla porta principale dell’abitazione ma ormai anche essa aveva preso fuoco.

Guardò fuori da una elle grandi finestre e si sorprese di vedere solo uomini e non anche donne e bambini.

“Forse me lo merito. I miei genitori non centravo nulla!”.

Si accasciò esausta sul tappeto rosso-oro dell’entrata.

Respirava di già a fatica e la vista si stava annebbiando, mentre sotto di lei si formava una pozzanghera del suo sangue.

“Avrei tanto voluto una vita diversa da questa. Magari mi bastava soltanto di non aver mai avuto un così strano dono…” pensò “… però se mi arrendo così, l’aiuto dei miei genitori sarà stato vano!” rifletté.

Si ricompose e a fatica riuscì ad alzarsi e dirigersi verso la porta di sevizio in cucina.

Sbatté contro molti mobili prima di poter girare il pomello della porta ed uscire tossendo.

“Sarà meglio passare per il bosco. Così potrò arrivare inosservata al paese qui vicino!”.

Si fece strada fra le alte erbacce dei campi che un tempo erano belli e coltivati della sua famiglia quando la loro reputazione non era ancora stata sporcata dalle leggende e dicerie.

“Spero tanto che non abbiano sentito dolore” mormorò a se stessa “ e che quel ragazzo sia morto nel suo intento!”.

Giunse al sottobosco e con il passo più veloce che poteva dare entrò nelle tenebre quando però delle grida la fecero fermare.

Si girò cautamente verso il paese. Esso aveva preso fuoco e tutte le famiglie che vi erano rimaste vennero chiuse in un cerchio di fuoco.

Lei non poteva far altro che odiarli. Non ce la faceva in alcun modo ad aver pena per loro. Era troppo furiosa con loro!.

Quasi le veniva da ridere di gioia mentre guardava insofferente gli abitanti che morivano bruciati uno dopo l’altro.

“Ve lo meritavate!”.

   
 
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