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Autore: MrBadCath    05/09/2011    4 recensioni
Un'altra opera merDavigliosa firmata MrB. e C.
Speriamo che vi piaccia!
Genere: Comico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le due figure all'interno della vettura non parlavano.

Fissavano la strada che si apriva davanti a loro, mentre l'auto sfrecciava sull'asfalto.

«Non c'è bisogno di andare così forte, ormai siamo quasi arrivati...» sibilò la donna, sul sedile del passeggero, lanciando un'occhiata all'indicatore di velocità. La lancetta si stava spingendo ben oltre le sue aspettative.

«Vuoi ricordarmi ancora una volta, per piacere, perché ti ho chiesto di venire con me?»

«Perché il tuo ex fidanzatino di quando facevi ancora le scuole elementari ti ha invitato a raggiungerlo nella sua dimora italiana per la sua adorabile festicciola di compleanno e visto che il suo attuale fidanzato è un altro dei tuoi ex fidanzati, tu hai...»

«Sì, sì, ho capito...» inconsciamente, aumentò il volume del lettore cd. La donna sbuffò.

«Non siamo tutti sordi come te...» a questo giro toccò all'uomo

«Credevo che questa canzone ti piacesse! L'hai rimessa indietro dieci volte da quando siamo partiti»

«Visto che ci siamo, vuoi per piacere ancora una volta ricordarmi perché non solo ho lasciato guidare te, ma anche scegliere la musica?»

«Perché sono un musicista e sono anche un uomo, quindi mi sono imposto e, ovviamente, ho avuto la meglio» non sbuffò perché non aveva più fiato per farlo e l'uomo sorrise divertito, passandosi una mano sui capelli bianchi e brillanti, incollati dalla gelatina. Le diede un buffetto sulla guancia.

«Grazie di avermi accompagnato»

«Lo dici solo perché stai per chiedermi un altro favore...»

«Dai, non posso scendere di macchina e fare finta che sia tutto a posto, non so che cosa dire e se se ne accorgono farò la figura dell'idiota»

«Apro io la conversazione, del resto, è il mio lavoro»

 

«Sono così in ansia!» la biondina correva avanti e indietro per il grande piazzale sterrato all'ingresso del casolare

«Anthie...» borbottò suo fratello dalla terrazza, dove era sdraiato con Freddie «sai che ti adoro, ma è una settimana ormai che sei in ansia e la stai trasmettendo a tutti, persino a me che sono imperturbabile per natura» la ragazza ignorò il fratello che non le dava soddisfazione e si rivolse direttamente a Freddie, che non aveva fino ad allora mostrato nessun segno di vita

«Ormai dovrebbero essere qui a momenti... non hai sentito Roger?» gli altri ospiti erano già arrivati da un pezzo: si stavano rinfrescando, così non c'era bisogno di stargli dietro

«Mia cara, stenditi qui e rilassati. Quando arriveranno li vedremo» rispose pacato

«Dopotutto, farsi notare è una prerogativa di voi regine» bofonchiò l'altro

«Senti chi parla» Anthea risalì le scale in pietra che conducevano alla terrazza dove i due, circondati da una marea di gatti e animali di vario genere, che Freddie allevava, mentre David li disprezzava.

Il tempo sembrava non aver potuto scalfire la loro bellezza: non che i capelli dell'albino fossero stati molto diversi in passato o che il taglio degli occhi dell'orientale fosse mai stato meno seducente, qualche ruga, la pelle piegata dalle grinze del tempo, i capelli solo sbiaditi.

I due si punzecchiavano come al solito.

Anthea li fissò per un attimo a metà delle scale, sentendosi fuori posto. Era solo la sorella fin troppo minore.

Un'auto sfrecciò a velocità supersonica per la strada sterrata di fronte al piccolo arco di edera che era l'accesso al casolare. David rise, Freddie si alzò in piedi.

La vettura tornò indietro con la retromarcia, inchiodando non appena giunta al centro. Una bestemmia sonora provenne dall'interno.

«Se vuoi andarti a schiantare da qualche fottuta parte perché hai sessantadue anni suonati è un tuo problema, ma io ne ho trentasette e magari mi aspetta ancora qualche giorno da vivere, capisci? Non vedo tutta questa necessità di andare a duecento nella stradina di campagna con il rischio di perdere l'uscita!»

«Respira...» furono le uniche parole che l'uomo ebbe per lei.

Anthea guardò sbigottita il macchinone nero con i vetri oscurati, fino a che i due passeggeri non aprirono le portiere simultaneamente: scesero con altezzosa eleganza, indossando due sorrisi mastodontici.

Freddie e David non persero tempo: superarono la ragazzina ferma per le scale a fissare la scena come un miracolo ed andarono loro incontro.

Roger, nonostante l'età, era straordinariamente bello, oltre ogni sua aspettativa. Nessuna foto gli rendeva onore, figuriamoci le battute sul dietologo. Aveva il fascino di un marpione dagli occhi di cristallo, di un celeste quasi trasparente.

Al di fuori di ogni sua aspettativa, la prima a parlare fu la donna. Era molto più giovane di lui: di certo, non era sua moglie. Arrivava a stento ai quarant'anni. Indossava un abitino a fiori a metà tra il formale e l'informale, forse un po' pacchiano per la moda italiana.

«Chi... compie ben sessantacinque anni oggi?» aprì le braccia e guardò verso la terrazza.

Freddie e David li sbranarono entrambi di infinite tenerezze, poi fu il momento delle presentazioni.

I due strinsero la mano alla più piccola della combriccola.

«Molto piacere, sono felice di conoscerti, David non fa che parlare di te» l'albino arrossì, nel limite del possibile e fulminò il batterista con uno sguardo di ghiaccio

«Piacere, io sono Catherine, sono l'assistente e manager di Roger»

«Ovviamente oggi non è qui in questa veste!» rise fragorosamente Freddie e lei lo colpì sul braccio, rischiando di fargli perdere l'equilibrio «Anche perché Anthie vi ha sistemati in una bella stanza per gli ospiti matrimoniale» la bionda si sentì morire

«Possiamo fare i lettini, non c'è problema!»

«Quanto sei innocente, ragazzina» disse il biondo, scompigliandole i capelli... cosa che lei odiava «il matrimoniale andrà benissimo, io non scalcio»

«Oh, certo, ma russi!» replicò prontamente l'altra «Ma non preoccuparti, Anthea, quello l'avrei sentito anche con i lettini separati. Sarina mi ha regalato un paio di tappini per le orecchie, guarda...» mostrò un pacchettino che teneva nell'enorme borsa appesa alle sue spalle

«Quell'idiota le ha fatto una specie di delega per somministrarmi il sonnifero, non ti dico altro» David rise sommessamente «comunque io non russo, è una cattiveria bella e buona»

«Non lo è» ammise Freddie «sii onesto per una volta!»

«Io non posso fare altro che acconsentire» anche David prese la sua parte

«Sei così sordo che non ti senti!» aggiunse la donna

«Grazie al cielo noi altri non avremo di questi problemi. Le stanze sono insonorizzate, nel bene e nel male»

«Prima il piacere e poi il dovere» sospirò Anthea, invidiando la condizione di Catherine. Tutti scoppiarono a ridere «Entriamo? Sarete esausti» proseguì, facendo gli onori di casa «Il viaggio com'è andato? Quanto ci avete messo?» Roger si sentì frastornato da tutte quelle domande

«Troppo» si lamentò «ogni cinque chilometri qualcuno doveva fermarsi per fare pipì»

«Scusa se sono un essere umano e vivo»

«Stanotte vedi di non svegliarmi se ti alzi»

«Non credo che mi sentirai, comunque, per dirla tutta, la verità è che Roger si è trovato in difficoltà con la precedenza a destra»

David sorrise, con una mano poggiata sulla spalla del batterista:

«Io e Freddie non ne sappiamo nulla, quando dormiva con noi, Roger era talmente stanco da non muovere nemmeno un muscolo» shignazzò.

Tutti lo seguirono sotto la veranda, dove su un tavolino accuratamente apparecchiato, c'erano dei pasticcini dall'aria molto invitante, David se ne spinse uno fra le labbra e dopo averlo masticato accuratamente lo ingoiò

«Dovete assaggiarli, ragazzi, sono...» Anthea e Catherine tremarono solo al pensiero delle loro diete. Freddie gli prese la mano:

«Andiamo dentro, cari, qui fuori fa troppo caldo»

Il salone era arredato in modo completamente differente dalla casa londinese della coppia, era meno impegnato, decisamente più moderno e meno vistoso.

«E questo?!» chiese Roger divertito, facendo in giro su se stesso

«Ho legato Freddie e non gli ho permesso di sfogliare neanche uno di quel fottuti cataloghi di aste. Non capisco che senso abbia comprare dei mobili che puzzano di vecchio»

«Il solito insensibile» commentò il festeggiato, arricciando il naso

«Quello che puzza di vecchio sei tu, David» Roger rise sonoramente, aveva quasi un decennio meno dell'albino, che sorrise, cercando di dirgli qualcosa tipo

«Almeno io, non sono sordo, grasso e rincoglionito»

Non ci poteva fare nulla, odiava quando qualcuno sottolineava quanto stesse invecchiando, quell'idea gli si depositò sul fondo della testa, come un peso di ferro nell'acqua.

C'erano anche John e Brian in salone.

A Roger sembrò di aprire un vecchio album di foto, aveva sfiorato la copertina ruvida per giorni, prima di arrivare lì.

Freddie, invece, sorrise nostalgico. Era quasi impressionante vedere John, l'ultima volta che erano stati assieme era stata durante le take di Innuendo, quando aveva i capelli a cespuglio, spolverati di neve alla base. Ora erano completamente bianchi, molto più corti.

Si guardarono tutti e quattro, era come se il tempo si fosse fermato, il mondo avesse smesso di girare per far sì che quattro vecchi amici godessero di un momento fin troppo emozionante.

Il viso spigoloso di Brian si aprì in un sorriso, che contagiò i tre vecchi compagni di note.

«Non siamo male per essere quattro regine in avanti con gli anni, che ne dite?» la voce di Freddie, esaltata risuonò nella testa degli, ormai, Ex-Queen.

Si sentivano quasi come un quartetto di coniugi divorziati: congelati l'uno alla vista dell'altro, ma vogliosi di dirsi tante cose.

>Erano rimasti tutti e quattro a fissarsi, David, Anthea e Catherine erano andati in cucina, a spizzicare dai piatti che sarebbero stati serviti sul grande tavolo del salone. Viva la dieta.

«Adoro il salmone» commentò l'uomo, passandosi una tartina davanti agli occhi

Dal grande arco della cucina si poteva intravedere la scena che si stava consumando fra i quattro musicisti.

Tutti e tre la guardarono con lo stesso sguardo: una punta di invidia e di felicità.

Non sarebbero mai riusciti a penetrare la membrana che si era creata attorno a Freddie, Roger, John e Brian, era troppo spessa, rafforzata da ricordi e affetto, quel capitolo della loro vita sarebbe rimasto inviolato.

Per sempre.

«Ragazzi!» una voce serena e rilassata, che David non aveva mai dimenticato guizzò nell'aria, allegra

«Peter, non riesci a non aiutare in cucina» sorrise David, mettendogli una mano su un fianco, stringendolo a sé. Sembravano quasi padre e figlio. Del resto il loro rapporto non era mai stato tanto diverso, da quando Freddie e David vivano assieme a Garden Lodge, quella di Peter era una presenza costante, consigliava, preparava, li aiutava. Loro non avrebbero mai smesso di adorarlo per tutte le parole di conforto e affetto che gli aveva donato.

Lasciando Catherine a intrattenere tutti gli ospiti, Roger, David e Freddie si erano allontanati, addentrandosi nel boschetto retrostante alla casa.

Una sigaretta pendeva dalla bocca di David, la nicotina incandescente brillava a ogni suo tiro.

Si guardarono negli occhi, Roger incrociò le dita a quelle della mano di Freddie, si sorrisero.

Camminarono silenziosamente, sentendo le foglie scricchiolare sotto di loro, poi si fermarono, affascinati dal lago che si poteva scorgere fra le montagne.

«È proprio un bel posto, qui» osservò Roger, che non aveva mai visto un panorama così emozionante, forse era l'Italia, forse era rivedere la persona che non aveva mai smesso di amare.

«Monaco, 1985» David guardò gli sguardi sorpresi di Roger e Freddie, che non sapevano dove volesse arrivare «fiumi di gente, alcool e droga...»

«Ora...» Roger non finì la frase, perché interrotto

«Ora siamo tre vecchi decrepiti, uno sordo, per di più!»

«Hey!» obiettò l'interessato, incrociando le braccia al petto offeso.

David si sedette con le gambe a penzoloni sullo strapiombo:

«Mi ha fatto piacere, rivederti, Rog», si girò verso di lui, impegnandosi per notare come

fosse cambiata la sua espressione alla ricezione di quelle parole, ma il biondino si impegnò a non dargli soddisfazione, avrebbe solo incrementato il suo ego.

Gli occhi azzurri erano sovrastati da quelli innevati e freddi dell'albino:

«Anche io sono stato felice di vedervi» rispose, riferendosi palesemente a Freddie, che si

girò improvvisamente di spalle, per asciugare due lacrime sfuggite dagli occhi, che erano stati ludici per tutto il giorno.

La sua reazione non sfuggì agli occhi del suo compagno, che si alzò lentamente e dopo essersi avvicinato, lo baciò sulla fronte.

«Torniamo dentro, oppure penseranno che ci siamo appartati» ridacchiò, mentre la scena gli passò sfocata davanti agli occhi.

«Vi voglio bene, ragazzi.»

 

Senza troppa remore Anthea porse il suo regalo a Freddie

«Su, Freddie, aprilo ora,che è ora di andare a dormire per i vecchietti» li canzonò Catherine, buttandosi sul divano soffice, proprio accanto a Brian.

Il pacchetto faceva la sua bella figura, la carta appariscente era racchiusa da un filo argentato, arricciato con cura.

Freddie se lo passò fra le dita e lo tirò debolmente, sembrava quasi temesse di rovinare quell'elegante imballaggio.

Pensò a cosa potesse essere, ma non gli venne in mente nulla.

Lo incuriosirono i forellini praticati sulla scatola che si mosse, fra le sue mani.

Guardò i visi degli amici che gli stavano attorno, erano curiosi di vedere la sua espressione, una volta aperto il pacchetto misterioso

«Su Freddie, apri!» lo invogliarono, eccitati.

 

Gli occhi grandi e azzurri della creatura, poco più grande del palmo di una sua mano, scintillarono nella penombra in cui la stanza era intrata, fuori era calato il buio.

Qualcosa in quella piccola creatura scombussolò quello che pareva essere l'equilibrio di Freddie, già molto precario.

Si sentì improvvisamente molto più vecchio.

Stringeva nelle sue mani la vita, quel gattino appena nato, mentre lui aveva già un piede nella fossa.

Anthea, si sentì realizzata, nel vedere gli occhi del festeggiato inumidirsi progressivamente per l'emozione.

Tutti gli invitati erano contenti della reazione di Freddie, che sembrava al settimo cielo, del resto, che cosa si poteva desiderare di più?

Gli amici riuniti attorno a lui, la torta con le sessantacinque candeline, messe lì appositamente e meticolosamente da David, che si era impuntato nel farlo.

Eppure Freddie non si sentiva felice come avrebbe dovuto: un'altra lacrima, dolce e amara, gli inumidì la guancia.

«Il prossimo anno, Freddie, siamo a sessantasei!» esclamò Brian, dandogli due pacche sulla spalla

«Io preferisco 69» sorrise malizioso David, passandosi una mano fra i capelli lisci come spaghetti, che ricaddero sulla fronte.

Tutti scoppiarono in una fragorosa risata.

Il gattino, accoccolato sulla pancia di Freddie miagolò, il suo nuovo padrone gli promise che l'avrebbe trattato al meglio, come tutti i gatti di casa Mercury.

Avrebbe riversato tutto il suo amore su di lui.

Finché la morte non avrebbe portato via uno dei due, chissà quando.

Chissà chi, per primo.

Un'altra lacrima.

   
 
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