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Autore: Fiamma Drakon    06/09/2011    0 recensioni
Arrivato davanti alla porta della sala, l'aprì senza il minimo garbo - tanto ormai non c'era più nessuno - ed entrò.
Subito però si fermò, notando che, anche se la riunione era finita da una quindicina di minuti, all'interno c'era ancora qualcuno.
«America?!» esclamò ad alta voce, quasi gridando per la sorpresa.
L'americano non diede segno d'averlo minimamente sentito: si limitò soltanto a voltare dall'altro lato la testa.
Il francese si avvicinò, osservandolo: Alfred era seduto ad un capo del tavolo, la sedia precariamente in bilico sulle zampe posteriori mantenuta in quella posizione dalle gambe che il ragazzo teneva accavallate sul piano innanzi a sé.
Le braccia erano incrociate sul petto e la testa era reclinata all’indietro in una posizione che Francis giudicò scomoda, ma che l’altro pareva trovare piacevole.
Vedendo che non c’era nessun altro eccetto loro in quella stanza - e che c’era una penna nera abbandonata nei pressi del proprio posto - il francese pensò che forse poteva permettersi di fare uno scherzetto innocuo all’americano.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When France's jokes wouldn't go as he wants___ «Dove ho la testa...? Accidenti!» borbottò Francia, sospirando, mentre tornava indietro verso la sala riunioni.
Aveva dimenticato di prendere i suoi documenti e non voleva che inavvertitamente qualcuno li gettasse via: le risate sguaiate di Inghilterra gli riecheggiavano già nella mente se fosse accaduta una cosa del genere.
Scosse la testa per allontanare il pensiero: era tornato indietro subito, per cui non avrebbe dovuto esserci nessun problema a trovare le sue cose dove le aveva lasciate.
Arrivato davanti alla porta della sala, l'aprì senza il minimo garbo -  tanto ormai non c'era più nessuno -  ed entrò.
Subito però si fermò, notando che, anche se la riunione era finita da una quindicina di minuti, all'interno c'era ancora qualcuno.
«America?!» esclamò ad alta voce, quasi gridando per la sorpresa.
L'americano non diede segno d'averlo minimamente sentito: si limitò soltanto a voltare dall'altro lato la testa.
Il francese si avvicinò, osservandolo: Alfred era seduto ad un capo del tavolo, la sedia precariamente in bilico sulle zampe posteriori mantenuta in quella posizione dalle gambe che il ragazzo teneva accavallate sul piano innanzi a sé.
Le braccia erano incrociate sul petto e la testa era reclinata all’indietro in una posizione che Francis giudicò scomoda, ma che l’altro pareva trovare piacevole.
In un angolo del tavolo, c’era appoggiato un bicchierone di coca-cola ed un involucro di carta bianca nel quale - Francia era pronto a scommetterci qualsiasi cosa - era avvolto un hamburger.
Bonnefoy prese i suoi documenti - che fortunatamente erano ancora dove li aveva lasciati - senza riuscire a staccare gli occhi da lui: perché si era addormentato - era ovvio che stesse dormendo - nella sala riunioni...?
Va bene che avevano finito più tardi del solito e fuori il sole era addirittura già tramontato, ma decidere di passare lì la notte, oltretutto dormendo su una sedia, non sembrava una decisione molto sensata.
L’indomani mattina - adesso che ci pensava meglio - ci sarebbe stata un’altra riunione, e a giudicare dalla circostanza, America sembrava intenzionato a rimanere fino al giorno seguente - magari non aveva niente di meglio da fare a casa.
Quando dormiva, Bonnefoy doveva ammettere che tutto sommato era carino, molto più di quanto fosse da sveglio; per giunta gli occhiali - che al momento gli stavano leggermente storti sul naso - gli davano un’aria più intelligente di quel che avrebbe potuto dare se avesse cominciato a parlare.
Vedendo che non c’era nessun altro eccetto loro in quella stanza - e che c’era una penna nera abbandonata nei pressi del proprio posto - il francese pensò che forse poteva permettersi di fare uno scherzetto innocuo all’americano, ancora profondamente addormentato.
Così prese la penna e si avvicinò ad Alfred brandendola con fare minaccioso, un ghigno malefico a deformargli le labbra.
America aveva un’espressione beata nel sonno: le palpebre dolcemente chiuse e la bocca aperta, dal lato della quale scivolava fuori un innocuo rivoletto di bava.
Sembrava un bambino.
Francia gli posò la penna sulla guancia sinistra e cominciò a disegnare, dando libero sfogo alla sua “arte”.
Pensò di disegnare dei fiori. In fin dei conti, non sarebbero stati certamente quelli a farlo scoprire: di fiori ce n’erano dovunque. Era impossibile risalire a lui tramite quelli.
«Francia, sei un genio!» si disse, complimentandosi con sé stesso per la trovata.
Per tutta la durata dell’operazione, Jones non mosse nemmeno un muscolo: rimase abbandonato contro la sedia, profondamente assopito.
Quando terminò, l’ignara vittima si limitò semplicemente a voltare di nuovo la testa.
«Ihih... perfetto!» si compiacque a mezza voce Bonnefoy, osservando il suo “capolavoro” per qualche minuto, per poi voltargli le spalle e andarsene.

«Ahah! America! Pfff... AHAHAH!».
Alfred fu svegliato da una risata sguaiata che conosceva perfettamente.
Schiuse gli occhi e fece per tirarsi su e mettersi a sedere. Spostando il peso del corpo, il precario equilibrio della sedia sotto di lui - della quale pareva essersi dimenticato - venne a spezzarsi e l’americano finì gambe all’aria, sbattendo dolorosamente la testa sul pavimento.
Si mise carponi a fatica, per poi fissare il tavolo davanti a sé: Inghilterra, piegato in due, rideva come un matto, indicandolo. Accanto a lui, Cina stava cercando di soffocare una risata nella manica della casacca e Russia - innanzi a Wang - semplicemente lo fissava, sorpreso e perplesso.
La sera avanti aveva pensato che, rimanendo ad aspettare lì fino all’indomani, quando si fosse svegliato avrebbe potuto vantarsi d’essere arrivato per primo alla riunione. Non aveva minimamente considerato l’eventualità di venire svegliato dall’arrivo degli altri - e per di più in un modo simile.
L’americano si rimise in piedi, senza riuscire a capire perché quei tre stessero palesemente ridendo di lui.
Così - tra le tante opzioni che gli si affacciarono in testa - optò per la più semplice e banale: la richiesta diretta.
«Che cosa c'è?» domandò, una traccia di sonno ancora percepibile nella voce ma soverchiata dal tono irritato, indignato e curioso insieme.
Arthur a fatica respirava, perciò non era nemmeno implicata la possibilità che rispondesse.
La replica, infatti, giunse da Ivan, che con espressione da bambino disse: «Hai il viso pieno di scarabocchi, America».
«C-come?» fece l'americano, sbattendo perplesso le palpebre.
Scarabocchi...?
«Hai la faccia tutta disegnata, aru» precisò Yao, ridacchiando.
«S-sei... ridicolo! AHAHAH!» riuscì a dire Inghilterra.
Alfred mise su il broncio, scocciato dal suo deliberato prenderlo in giro.
Comunque, per il momento l'unica cosa importante era che riuscisse a scoprire cosa aveva in faccia.
«C'è uno specchio da qualche parte? Avete uno specchio?» domandò, guardandosi freneticamente in giro, senza riuscire a trovare l'oggetto in questione da nessuna parte.
«Uffa, quando Francia serve non è mai in orario, aru...» borbottò Yao contrariato, mentre Braginski si toglieva uno minuscolo specchietto rotondo dalla tasca e glielo porgeva.
Curioso che proprio lui si portasse in giro oggetti simili.
«Tieni» disse il russo, sorridendo gentilmente all’americano.
Dal suo modo di fare stranamente garbato si sarebbe potuto dire che l’intera faccenda lo divertisse. Di solito quando si generava il caos nelle riunioni su di lui sortiva sempre quel genere d’effetto.
America l'afferrò senza tante cerimonie e si apprestò a specchiarsi nella minuscola lastra rotonda.
Tutto ciò che riuscì a fare fu contemplare il suo viso a bocca aperta, scioccato: era ricoperto di disegni neri, tracciati con una punta sottile e con una certa bravura, doveva riconoscerlo.
Sulle guance aveva tanti disegni di baci a stampo di labbra inequivocabilmente femminili di varie dimensioni e disegni di rose, la più grande delle quali gli “decorava” l’occhio sinistro, formando una corolla di petali attorno all’orbita.
Ne aveva così tanti che si stupì del perché non si fosse accorto di niente: chissà quanto c’era voluto al fautore di quello scempio per portarlo a compimento!
Furono proprio i fiori a metterlo sull'avviso. Nonostante non fosse particolarmente brillante, anche lui arrivava alla conclusione che chiunque gli avesse fatto quell'affronto letteralmente adorava le rose.
E, tra tutte le persone che conosceva, ce n'era una sola che amava così tanto ed in modo decisamente palese quel fiore.
L'unico che - guarda caso - quella mattina non era ancora arrivato.
«Francia...!» sibilò l'americano, furente.
«Come?» domandò Cina.
«Eccomi, vi ho fatto aspettare?».
In quello stesso momento, Francis apparve sulla soglia con il suo solito atteggiamento da uomo prezioso che snervava praticamente tutti.
Eccetto Arthur - troppo impegnato a ridere come un ossesso dell’ex colonia - tutti fissarono la loro attenzione sul nuovo venuto.
Soprattutto America.
Francia, al vedere il proprio capolavoro sul suo viso, si lasciò sfuggire una mezza risatina, ma non osò rischiare di reclamare come propria quell’opera d’arte.
«Chi ti ha fatto quei disegni...? Sei ridicolo...!» esclamò, sinceramente divertito, ma Alfred la prese solamente come una provocazione bella e buona, di fronte alla quale non riuscì a reprimere la rabbia e l’indignazione per essere stato oltraggiato a quel modo.
«Tu...!» ringhiò, mentre scattava verso di lui aggirando il tavolo.
Francis lo schivò un momento prima che l’americano lo investisse letteralmente, ma non riuscì ad impedirgli di afferrarlo per il collo.
«Francia...!» sibilò, scuotendolo.
«M-mi stai soffocando...! America!» esalò a fatica il francese, cercando disperatamente di allentare la sua presa.
«È quello che voglio fare!» replicò Jones, scoppiando a ridere di quella sua risata esagerata ed inspiegabilmente inquietante.
«No, as... aspetta... co-come hai fatto a... scoprirmi...?» esalò Francis, lottando per non venire ammazzato.
«Quelle orribili rose» disse semplicemente Alfred «Sei l’unico pervertito che disegnerebbe delle rose in faccia a qualcuno!» esclamò, stringendo la presa.
«America ha ragione» intervenne Ivan con innocenza «È stata una mossa stupida da parte tua, visto che sei l’unico che farebbe una cosa simile» aggiunse.
«C-cosa?! Pervertito...? Stupido?!».
Non accettava di farsi insultare a quel modo - e poi perché stupida? Lui l’aveva trovata un’idea intelligente!
Fece per replicare, ma America strinse ulteriormente, impedendo alla sua voce di uscire.
«M-mi dispiace!» si arrese Francia con un fil di voce «E voi... aiutatemi!» tentò, rivolgendosi agli altri tre, ma nessuno in quel momento era disposto a mettersi contro America, non quando quest’ultimo era così infuriato.
   
 
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