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Autore: POPster    06/09/2011    4 recensioni
Gerard dovette ammettere che sua madre aveva ragione: c'era un'aura particolare in quella casa. Era qualcosa di strano, ma poteva sentirlo. Si chiese chi ci abitasse prima, e perché l'avessero venduta.
Donna si voltò a guardarlo, dopo aver spalancato le imposte della grande finestra che dava sul vialetto d'entrata, e come se potesse leggergli il pensiero sorrise «Pensa che i vecchi proprietari l'avevano comprata da poco. Non hanno voluto dirmi perché l'abbiano messa in vendita. Dev'essere successo qualcosa di triste. Sembravano davvero giù di morale.».
Mikey, che era appena entrato in casa dopo aver recuperato il suo zaino dal portabagagli ed averci riposto dentro il suo lettore mp3 alzò gli occhi al cielo «Mamma, non cominciare con le tue storie di fantasmi, tragedie e spiriti, per favore!» disse guardandosi intorno.
Trovava quella casa alquanto inquietante. Lui non era come Gerard e sua madre. Quei due riuscivano a sembrare da manicomio, a volte, quando si mettevano a parlare di sesto senso e cose varie.
Mikey non aveva nessun sesto senso. Anzi, era più che lieto di avere solamente i suoi miseri cinque sensi, erano già tanto...
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TRYING

Capitolo 1

    Le strade erano deserte. Il sole che stava tramontando colorava tutto di un denso arancione.
Holmes St. era un viale lungo, affiancato da case in stile vittoriano. Al numero 329 c'era la nuova dimora della famiglia Way.
Era un affare, aveva detto Donna parcheggiando l'auto nel viale davanti la casa. L'avevano venduta ad un prezzo bassissimo, e quando l'aveva vista era rimasta così colpita da quella villa che non aveva potuto fare a meno di acquistarla.
    Diceva che sentiva un'aura positiva provenire da quelle pareti. Mikey e Gerard si erano guardati ed avevano fatto una smorfia. Donna Way parlava sempre in modo strano e faceva spesso riferimento a strane sensazioni e al paranormale. Ormai i due ci avevano fatto l'abitudine, ma era imbarazzante quando se ne usciva con cose del genere davanti ai loro amici.
    Non che ne fossero pieni. Anzi, potevano contare gli amici sulle dita di una mano. Ma Mikey era positivo. Nuova casa, nuova scuola, nuova vita, aveva detto.
    Mentre Gerard sperava solo che la sua camera fosse tanto grande come la precedente, almeno per contenere la sua libreria, tutti i suoi fumetti e anche le sue tele ed i suoi strumenti per disegnare.
    Donna sembrava la più entusiasta di tutti, scese di corsa dall'auto e cominciò a rovistare nella borsa alla ricerca delle nuove chiavi di casa.
    Gerard si strinse nella sua giacca nera, raggiungendo sua madre.
La facciata anteriore non aveva un bell'aspetto.
    Quando aprirono la porta, questa cigolò rumorosamente.
    «Certo che è stato un affare. Questa casa cade a pezzi...» disse Gerard accendendosi una sigaretta.
Sua madre non gli diede ascolto ed entrò dentro.
    La porta d'entrata dava su un grande salone con camino. I divani erano ricoperti da grandi teli bianchi, così come ogni altro mobile nella stanza.
    A differenza dell'aspetto esterno, usando un pò di immaginazione per rimuovere gli strati di polvere che ricoprivano ogni superficie, l'interno non era poi così male.
    Probabilmente il vento e le piogge invernali avevano reso la parte esterna della casa ciò che era, ovvero una villa degna di un film horror. Ma Gerard dovette ammettere che sua madre aveva ragione: c'era un'aura particolare in quella casa. Era qualcosa di strano, ma poteva sentirlo. Si chiese chi ci abitasse prima, e perché l'avessero venduta.
    Donna si voltò a guardarlo, dopo aver spalancato le imposte della grande finestra che dava sul vialetto d'entrata, e come se potesse leggergli il pensiero sorrise «Pensa che i vecchi proprietari l'avevano comprata da poco. Non hanno voluto dirmi perché l'abbiano messa in vendita. Dev'essere successo qualcosa di triste. Sembravano davvero giù di morale.».
    Mikey, che era appena entrato in casa dopo aver recuperato il suo zaino dal portabagagli ed averci riposto dentro il suo lettore mp3 alzò gli occhi al cielo «Mamma, non cominciare con le tue storie di fantasmi, tragedie e spiriti, per favore!» disse guardandosi intorno.
    Trovava quella casa alquanto inquietante. Lui non era come Gerard e sua madre. Quei due riuscivano a sembrare da manicomio, a volte, quando si mettevano a parlare di sesto senso e cose varie.
    Mikey non aveva nessun sesto senso. Anzi, era più che lieto di avere solamente i suoi miseri cinque sensi, erano già tanto.
    «Qual'è la mia camera?» chiese poi.
Donna sorrise di nuovo, incitando i suoi figli a seguirla al piano superiore.
    Le scale scricchiolavano sotto i loro passi. Mikey fece un respiro di sollievo quando sua madre accese la luce del corridoio.
    Il secondo piano della casa era composto da un lungo corridoio che ospitava le porte di tre camere da letto ed un unico grande bagno in fondo, sulla sinistra.
    Lungo la parete destra erano sistemate due grandi mensole in legno d'ebano. La signora Way le guardò soddisfatta «Sistemerò qui la mia collezione di bambole di porcellana..».
    Gerard e Mikey si scambiarono uno sguardo «Dovresti buttarle, mettono paura...» dissero all'unisono.
    «Allora, questa sarà la camera di Gee...» fece lei cambiando discorso. Indicò la prima stanza ed aprì la porta lentamente «E' la camera più grande, così hai spazio per le tue cose. Ho pensato che potresti usare quell'angolo per disegnare...» spiegò entrando nella camera.
    Le pareti erano dipinte di blu, e c'erano degli adesivi a forma di stella sul soffitto. Probabilmente chi occupava quella stanza in precedenza doveva essere ancora un bambino.
    Gerard si sedette sul letto singolo piazzato contro la parete, sotto la finestra che dava sul cortile «Bello, mi piace qui...» disse scrutando ogni angolo ed immaginando dove sistemare le sue cose. Tanto sarebbe stato un caos come la sua precedente cameretta, nel giro di qualche giorno.
    Mikey si schiarì la gola, per attirare l'attenzione di sua madre «Allora? Qual'è la mia camera?» chiese di nuovo.
Donna gli fece cenno di seguirla, ed aprì la porta della camera accanto. Fece una strana smorfia quando ci entrò. Come se avesse visto qualcosa. O sentito qualcosa. Mikey la guardò aggrottando le sopracciglia «Tutto bene?» chiese. Detestava quando sua madre faceva così. Gli metteva un'incredibile ansia addosso.
    «Si tesoro, tutto bene... allora, ti piace?» domandò Donna tornando a sorridere, come niente fosse.
    Mikey si guardò intorno con un espressione di disappunto «Ma le pareti sono rosa!» si lamentò «E che diavolo è quello? Cioè, un poster dei... Backstreet Boys? Stiamo scherzando, vero?».
    Sua madre rise divertita «Puoi sempre ridipingerla e togliere il poster...» disse calma «Starai bene qui. Ho una bella sensazione...» aggiunse poi.
Lui rabbrividì.
    Quando lei fu fuori dalla camera, posò a terra il suo zaino e si guardò intorno. Anche la sua finestra dava sul cortile. La sua camera era di fianco a quella di Gerard, ed era già qualcosa. Sapeva che poteva sgattaoilare in camera sua ogni volta che non voleva dormire da solo. Perché anche se detestava ammetterlo, spesso Mikey aveva paura di stare solo. Gerard gli infondeva sicurezza, perché era il suo fratellone, e lo avrebbe protetto da qualunque cosa.
    Sospirò. Accanto alla porta d'entrata c'era una scrivania bianca, e appese sopra ad essa, un paio di scarpette da danza. Erano bianche, anche se la polvere che le ricopriva le faceva sembrare più che altro grigie.
    Poi accanto c'era un foglio appuntato con un chiodo "NON osate toccare! Per nessun motivo!" c'era scritto. Con una grafia delicata e morbida. Mikey la osservò per alcuni minuti, quasi assorto nei pensieri.
    Riguardò le scarpe. Erano consumate, ed anche se lui non ne sapeva molto di danza, chiunque le avesse indossate le aveva sfruttate parecchio.  C'era anche un altro letto nella stanza, poggiato sulla parete destra. Anche la sua camera era abbastanza grande. Ed era contento di avere un letto in più. Sarebbe stato utile, nel caso avesse mai fatto amicizia con qualcuno ed avrebbe voluto invitarlo a restare a dormire.
    «Ehi! Venite giù a darmi una mano con gli scatoloni!» urlò Donna dal piano inferiore. Gerard e Mikey la raggiunsero alla macchina, e dopo averla aiutata a svuotarla di tutti gli scatoloni, la aiutarono a sistemare le varie cose in giro. C'erano ancora un mucchio di oggetti che dovevano andare a prendere nella vecchia casa a Bloomfield e sicuramente sarebbero andati presto a recuperarle.
   
    Durante la cena, Gerard chiese a sua madre informazioni sulla cittadina. Voleva sapere se ci fossero negozi d'arte nelle vicinanze, se ci fossero locali in cui poter ascoltare un pò di musica dal vivo, quali fossero le fermate d'autobus più vicine e quanto ci avrebbe impiegato ad andare all'Università e cose simili.
    Mikey invece era ansioso per il suo primo giorno di scuola. Avrebbe cominciato il prossimo lunedì, così aveva anche un paio di giorni per girovagare per la nuova città alla ricerca di posti e gente interessante.
    Andarono a letto molto presto, stanchi dal viaggio e dal trasloco. Gerard mise su un CD e si mise a disegnare, mentre Mikey si rigirò nel letto più volte prima di trovare la posizione adatta per dormire.
   
    Il giorno seguente Mikey fu il primo a svegliarsi. Erano le 7 del mattino e nella casa regnava il silenzio più assoluto. Il sole se ne stava nascosto, ancora per un pò, da qualche parte lontana, lasciando spazio ad un cielo ancora scuro e pesante.
    Si stropicciò gli occhi sbadigliando, poi mise gli occhiali ed andò, cercando il più possibile di non far rumore, al piano inferiore.
    Aprì il frigorifero. Non c'era granché, solo una bottiglia di succo d'arancia e gli avanzi della cena del giorno precedente. Così sospirò, tornando in camera sua, dove si vestì in fretta per uscire a fare colazione.
    Avrebbe preso caffè e muffin anche per sua madre e suo fratello.
    Il freddo che lo colpì appena fuori dalla porta di casa gli penetrò le ossa, così dovette stringersi nella sua felpa, dopo aver messo il cappuccio sulla testa. Si avviò a passo svelto verso il lungo viale. Non c'erano bar in quella via, così camminò seguendo le indicazioni che segnalavano una Cafè nelle vicinanze, svoltando sulla sinistra e proseguendo per almeno una decina di metri su quella via.
    L'insegna del locale era luminosa, con un grande muffin marrone accanto alla scritta "Macy's Coffee". Mikey sorrise. Al solo pensiero di un caffè bollente si sentì già più caldo.
    L'aroma si diffondeva per la strada ancora deserta. Dalla vetrina del locale, poteva vedere un'anziana signora intenta a sistemare dolci sul bancone, mentre un'altra signora sistemava le sedie attorno al tavolo.
    Aprì la grande porta bianca e si rifugiò all'interno.
    Le due signore lo guardarono e sorrisero «Devi essere nuovo, non ti ho mai visto prima...» disse la più anziana.
Mikey scrollò le spalle, abbassando il cappuccio della felpa prima di prendere posto al bancone. Il locale era vuoto.
    «Già... ci siamo trasferiti ieri...» rispose cordiale, guardando il menù appeso sulla parete, alle spalle della signora «Potrei avere un caffè bollente? Fa davvero freddo oggi...» aggiunse poi.
    L'altra signora si mise al lavoro, mentre Mikey la osservava in silenzio. Si sentiva a disagio. Si sentiva osservato.
    Così mentre attendeva la sua colazione decise di dare un'occhiata intorno.

    Ivory si ritrovava lì sempre alla stessa ora. Sempre nello stesso punto.
Si guardò intorno e sbuffò. Non aveva senso. Ovviamente era da tempo ormai che non riusciva a trovare un senso a tutta quella situazione, ma non c'era nemmeno modo di ottenere una risposta.
    Sembrava che nessuno volesse darle ascolto.
    Sospirò, sedendosi sul marciapiede.
Le due signore nel Macy's, dall'altra parte della strada, sembravano impegnate, così decise di dare un'occhiata. Solitamente a quell'ora non c'era mai nemmeno l'ombra di un cliente.
    Attraverso la vetrina riuscì a scorgere la figura di un ragazzo.
    Non lo aveva mai visto prima. Era seduto al bancone, indossava una felpa scura e sembrava a disagio.
    Lo osservò per qualche secondo, finché lui...
Ivory scrutò più attentamente. La stava davvero guardando? L'aveva vista?
    Il ragazzo sembrava non toglierle gli occhi di dosso. Ivory provò a sollevare una mano, come per salutarlo. No, non poteva essere vero.
    Stava quasi per alzarsi da terra. Sarebbe entrata lì e gli avrebbe chiesto "Puoi vedermi?".
    Ma fece una smorfia delusa, quando lui voltò di nuovo lo sguardo verso le due signore del Macy's. No, non poteva averla vista.
    Certo che no.
    Delusa, si alzò e cominciò a camminare. Una delle tante camminate che faceva ormai da tempo.
    Osservava le prime famiglie svegliarsi, i bambini andare a scuola, i ragazzi fermarsi a comprare le sigarette di nascosto prima delle lezioni. Donne che andavano a fare la spesa. Chi portava a spasso il cane. Chi andava a lavoro in macchina.
    Osservava tutta quella gente, e nessuno vedeva lei, invece.
    Era straziante.



- - -
Ok, questa nuova FF mi gira nella testa da un pò di tempo.
Volevo farne un'originale, ma poi ho avuto un flash in cui Mikey sarebbe stato bene nel ruolo di "Noah" - si, si sarebbe chiamato Noah, se fosse stata un'originale u.u - e tutto il resto che non sto qui a spoilerarvi, quindi boh, l'ho fatta sui Chem.
Ah, ci tengo a precisare che questa storia è stata moltomamoltomolto ispirata da "Se Solo Fosse Vero", film/libro che adoro.
Quest'ultima frase basta a chiarire ciò che non è abbastanza chiaro in questo primo capitolo introduttivo... almeno credo. Se così non fosse, tanto meglio, si chiama "suspense" e ci piace, no? XD
Detto questo, la smetto di blaterare.
Ah, vi consiglio di leggere anche questa FF di Foolshaded, è bellissima!
Mh, ok, il titolo della FF viene dalla bellissima, stupenda, grandiosa canzone Just Like Heaven dei bellissimi, stupendi, grandiosi The Cure.
Ok, direi che è tutto.
XOXO
 

Terexina
 

   
 
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