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Autore: crimsontriforce    06/09/2011    1 recensioni
Cuore giovane chiama casa. 1832, Yeesha da Tomahna a D'ni.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Yeesha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '4. Dalle rovine della città profonda'
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Se sei un personaggio di Myst, alla socialità hai rinunciato in culla. Nel 1832 Yeesha non sapeva che sarebbe stata immortalata in Revelation ed End of Ages, ma di fatto così è andata e l'assioma regge. Trufax. Nel 1832 comunque, dicevamo, la vispa figliuola se ne va di casa, ricercando il suo destino nelle profondità di D'ni... Tomahna è situata in un luogo ignoto entro 300 miglia dalla Cleft, dicono i soliti bene informati, quindi il tragitto a piedi dura un pochetto. E pochi anni prima le prime carovane inauguravano l'Old Spanish Trail che collega la California a Santa Fe attraversando buona parte del New Mexico...
Ringrazio Harriet per avermi fatto conoscere la musica di Thea Gilmore e per continuare a promptare cose squisitamente D'ni. Mi scusi per quel “(but)” finale nel prompt ma, come dicevo, se sei un personaggio di Myst... XD










I giorni del saluto al cielo


I'm looking for an old soul, where am I gonna go?
I'm looking for an old soul, does anybody know?
It's gotta be flesh and bone, the sweetest idea of home
(but) it's gotta be an old soul
(Thea Gilmore, Old Soul)



Yeesha saltò a sedere sull'asse che chiudeva il fondo del carro. Puntò un piede per non cadere mentre sistemava la sopraveste color muschio e restò appollaiata sulla sua panca improvvisata. Qualche spanna sotto i suoi piedi, la vecchia mulattiera scorreva polverosa; i discorsi della carovana le arrivavano a scoppio, come caricati dal movimento delle grandi ruote ai suoi fianchi. Yeesha si chinò all'indietro e frugò nella sua sacca buttata nell'angolo del carro. Tempo di colazione.
Accarezzò la rilegatura del Libro che l'avrebbe sempre riportata al punto di partenza, fra le braccia di suo padre e di sua madre. Lo spago con cui l'aveva legato dopo averli salutati era ancora stretto in un nodo: non sarebbe tornata indietro. Prese il fagotto delle provviste e restò in profonda considerazione delle possibilità di farcitura di due fette di pane.

Un capino biondo sbucò dall'ombra alle sue spalle. Yeesha salutò la nuova arrivata con un cenno del capo, invitandola ad accomodarsi al suo fianco.
Ripresero il gioco del giorno prima: l'una ricopiava una nuvola su una pagina di un taccuino vuoto di Yeesha, l'altra vi tracciava sopra una forma di animale o oggetto che entrambe potessero riconoscere. Così almeno sperava Yeesha, cercando riscontro nello sguardo dell'amica a ogni passaggio di foglio dopo l'imbarazzo di aver riprodotto al suo meglio la sagoma di un wahrk. Nemmeno la sua colazione era del tutto di questo mondo, ma ritenne il suo ripieno abbastanza simile a un pomodoro da non destare sospetti e ne offrì un trancio.
“Thank you, Anna.”
Chev shem, Thea.”
“Anna...”, disse l'altra. Due giorni prima, nell'unirsi al gruppo in viaggio dalla California, Yeesha si era presentata con un sorriso disarmante e uno “Shorahtee”, certa di non venir capita e di poter scansare domande inopportune. Almeno al nome, però, aveva dovuto mettere una pezza. Ci si sarebbe dovuta abituare. “Italy?”, azzardò Thea dopo aver riflettuto sulla sonorità del nome. Yeesha rise e scosse il capo.
Tentò qualche altro nome – città, Paesi, regioni in un tutt'uno di ipotesi geografiche – e la conversazione scivolò nel silenzio assieme alle ultime briciole di pane.

La strada, i sobbalzi del carro, la vernice screpolata sotto le sue dita e poi il sorriso complice di Thea, la sua sottogonna increspata che le apriva la veste come un fiore quando era seduta: poteva sembrare eterno, se si concentrava. E Yeesha guardava la linea di polvere che si allungava col proseguire della carovana, seguiva con lo sguardo ogni sentiero non preso fino a confonderlo fra le rocce, immaginava di imboccarli tutti e di trovare in fondo a ognuno una risposta diversa alla pietra vecchia che la chiamava.

“You know”, disse Thea lisciandosi la frangia. “No, no you don't. You don't understand a word, right sweetie? But...”
Yeesha però capiva. Si voltò a guardarla con un sorriso neutro, senza tradirsi, ma seguì ogni parola di quella confessione aperta che strascicava ogni sillaba in un modo che le ricordava il verso dei Grici dell'Era di Thiem. Scoprì di essere invidiata. Si sentì descrivere in tutta la bizzarria di straniera apparsa per strada, lontana da ogni centro abitato, senza un gruppo né una mappa né l'ombra di una preoccupazione per essere sola in mezzo al deserto. Una straniera che sotto il vestito portava i pantaloni come un uomo, libera come un uomo di viaggiare e perdersi fra le sue nuvole e i suoi diari mentre Thea era legata al commercio di cavalli del padre e al fratellino che un giorno ne avrebbe ereditato il mestiere.
“Perché non ti vedi con i miei occhi”, avrebbe voluto risponderle. “Sei concreta e sei certa e sei tutta giovane, non solo sulla pelle e sotto c'è pietra. E quando guardi il tuo mondo lo vedi davvero.”

Mentre Thea parlava, abbozzò due figure che si tenevano per mano. Sopra la testa dell'una disegnò una casa, ma esitò ad aggiungere all'altra l'uccellino del deserto che aveva preso a totem fin dall'infanzia. Thea aveva costruito delle fondamenta, incrollabile nella sua dolcezza. Yeesha era ancora il vuoto. Aveva creduto di correre avanti salda sulla terra secca da quando si era messa in viaggio, ma era andata tanto verso la sua chiamata quanto contro di essa, con ogni pensiero che la teneva legata alla superficie, tanto in conflitto con ogni nuova strada intrapresa. Si era sparpagliata con la polvere e restava ferma alla deriva mentre il mondo girava su se stesso, attorno al suo sole, si espandeva lungo il braccio della sua galassia. Yeesha taceva e scopriva che il suo tempo era parallelo a quello della superficie, ma non vi coincideva; che il suo ritmo era il battito ciclico della roccia che si erge e crolla sotto il proprio peso. Un destino pesante, come l'aveva chiamato, che spingeva a terra ogni suo frammento e le avrebbe permesso di ricomporsi solo negli spazi densi di D'ni. Thea e la sua gente non potevano essere casa: il suo punto fermo era antico come le profezie che l'avevano guidata sulla via, come la radice dei suoi pensieri. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere le rovine della Città dalle fugaci memorie d'infanzia e poteva ancora sentire la voce di quel luogo, che sovrastava quella del deserto. Era profonda, triste, vecchia, per nulla dolce, fredda, parecchio morta, difficile e oscura, ma la chiamava. E Yeesha che dentro di sé era già tutte quelle cose rimaneva in attesa. Era nella pietra, non fra quei discorsi che dopo poco le riempivano le orecchie, non fra le donne con i bambini appresso. Osservandoli da lontano poteva vederne la grazia e commuoversi fino alle lacrime per quelle vite; appena si avvicinava di un passo, restava immancabilmente sola.
Si stava scaldando al sole, stava inspirando il cielo, ma la sua strada era una e si snodava nell'ombra. L'indomani avrebbe salutato la carovana e avrebbe proseguito con i suoi piedi, lungo i suoi silenzi.

Prese il taccuino e disegnò un trapezio slanciato sormontato da un semicerchio. Lo traforò con un rettangolo stretto e lo rischiarò con i fasci di luce di sei fari. Lo poggiò su una linea d'acqua buia sotto un cielo nero.
“What is that?”
“Tomahn.” Casa.
“It's beautiful.”
















Note:
@ Yeesha se la fa a piedi da casa al vulcano: così sembrano implicare i Bahroglifi. Lungi da me contraddire un Bahro(glifo)! Con due link avrebbe sicuramente fatto prima, ma non mi stupisce che abbia sentito quel viaggio come un percorso iniziatico e l'abbia fatto tutto in lungo
@ carovana: l'Old Spanish Trail che citavo all'inizio era percorso, mi dice l'internet, da un sacco di migranti in direzione della California. In direzione opposta però viaggiavano sicuramente dei mercanti di cavalli.
@ vestito di Yeesha: inventato, mi sono immaginata un po' un colour swap del vestito di Catherine che si trova nella biblioteca di Myst Island. In teoria a quell'epoca non doveva essere né tinta né tatuata, ma chissà. Restano teorie.
@ “Anna” come nome finto: Yeesha mi sembra sufficientemente ossessionata dalla figura della sua bisnonna da adottarne il nome per girare in incognito. Peraltro è un nome diffuso che può veramente venire da qualunque parte d'Europa.
@ disegno alla fine: beh.
   
 
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