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Autore: Nick Name    06/09/2011    2 recensioni
Viaggio nell'anima e nella vita di amore e felicità.
Genere: Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un caldo torrido copriva le terre dello zimbawe,e i piccoli gruppi di bimbi del centro estivo vagabondavano costantemente a cercare l'ombra;alcuni si inseguivano e,saltellando al riparo degli alberi,si rotolavano nell'arida sabbia estiva,altri si riposavano,mentre altri più temerari giocavano con un pallone che poteva avere decenni.
Un solo ragazzo stava separato dagli altri,al riparo di un albero scarno e striminzito giocava con una trottola nera e rideva,con gli occhi,ogni volta che essa finiva la sua corsa rimbalzando sul terreno,l'ultimo disperato tentativo di domare il tempo.
Quando mi avvicinai notai nei suoi occhi vivaci anche un'intelligenza e una saggezza un po' ingenui,una curiosità che lo spingeva,mi disse il capo-reparto,a essere escluso dagli altri ragazzi,ma d'altronde era lui stesso che non tollerava la vita passiva che i suoi compagni adottavano.
Mi avvicinai a lui. Nessuna reazione. Feci ancora un passo e lui mi lanciò un breve sguardo di sfuggita,forse per capire il motivo di quella mia intrusione nel suo mondo,dove il tempo poteva essere fermato da una trottola in movimento,come se il vortice potesse fermare l'inesorabile vorticare del tempo.
Quando mi sedetti davanti a lui,si ritirò leggermente,rannicchiandosi contro l'albero;vidi i suoi occhi per un attimo, ancora ridevano,beffardi.
In realtà non sapevo cosa dire ora,dopo aver aspettato per tanto questo momento,e stavo disperatamente pensando a come potevo far capire a quel povero bambino che il mondo non era completamente sbagliato e che forse un giorno il governo...oh...il bambino ora mi stava osservando.
Debolmente,spinse verso di me la sua trottola e,poiché io non la facevo girare,mi osservò,stupito...io non sapevo giocare. La riprese poi timido,quasi a mostrarmi come fosse facile fermare il tempo per lui e mi disse,flebile,impacciato :”C'est...facile” . É semplice.
“non come credi...è da tanto tempo che io ho smesso di sognare...ormai spendo tutto il mio tempo a far felici le persone che amo,ma ogni volta mi rendo conto che dovrei amare anche me,ma l'amore è una catena tenace...se una stella può fondere insieme gli elementi...solo una grande forza può spezzarli...” .
Il bambino fermo la trottola.Mi disse di come era nato,tra i lamenti della madre,in una casetta di latta in balia del vento;mi parlò dei suoi giochi fatti con le sue stesse mani,o immaginati,mi parlò del fiume,un drago indomabile,mentre i suoi occhi si riempivano di vuoto.
“non posso permettermi di sognare,non posso perchè questo è tutto ciò che la vita dà e voi,adulti,siete stupidi se smettete di farlo”
“hai mai fatto felici gli altri perchè ti sentivi sollevato a farlo?non hai mai pensato che anche qualcun' altro aveva il piacere di condividere la tua felicità?” dissi,senza convinzione.
“gli altri possono divertirsi come io faccio da solo.”
“ma tu potresti divertirti di più;e anche loro”
Nessuna risposta.
Il bambino aveva fatto ripartire la trottola,la sua trottola.
Si era fatto tardi ormai,e il mio tempo per la pausa era finito da un pezzo così mi alzai pensieroso e mi stavo già avviando riluttante verso il campo quando mi fermo:
“ Infelice. Tieni.”
Aveva in mano la trottola e me la porgeva. La testa bassa,gli occhi guadavano il terreno vuoto e polveroso,ma io potevo immaginare ancora quel luccichio,quelle pupille,vivaci ma anche riflessive, che riempivano e raddolcivano la sua vita.
Da qualche parte,forse nell'autocommiserazione,trovai finalmente la forza di voltarmi e quando già i pensieri erano scappati volando lontano,allora anche qualche passo si affacciò debolmente,come gli ultimi raggi di sole che però fuggivano veloci e come le nuvole di sabbia che subito sparivano nel nulla dove erano nate, e qui ancora si crogiolano le anime. Le anime dei dannati e le anime dei santi.
Affrettai il passo solo quando mi accorsi dei densi nuvoloni che intanto si erano formati,ma rallentai non appena sentii le prime gocce cadere soffici sulla testa e sulle spalle,non avevo più la fissazione dell'asciutto,ero in Africa,ero libero.
Percorsi l'ultimo tratto di corsa. Ero tutto bagnato,così come gli alberi, che si abbeveravano avidi di quelle fitte goccioline. Alcuni uccelli sfrecciarono sopra di me e si andarono a rifugiare sotto un albero,cominciarono a becchettare il terreno,dove qualche bambino maldestro aveva lasciato magari briciole di pane, e poi mi guardarono,e nei loro occhi vidi una risata beffarda.
Mi fermai quindi un attimo.
Quanto? Un semplice attimo.
Guardai ancora, un'altra volta, il paesaggio intorno a me.
La pianura dopo la pioggia. Gli alberi sporadici e sottili,fragili sculture di ghiaccio su una lava incandescente. Il tramonto.
Il sole e le mille nubi calde, immobili in un dipinto di Kandinskij,suonavano una soffice melodia.

   
 
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