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Autore: Diamant Rose    07/09/2011    0 recensioni
'A noi, vecchi amici che non ci lasceremo mai.'
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un curioso bussare alla porta distolse la mia attenzione dall’acquario dove avevo abbandonato i piatti mezzi insaponati ed unti. Interruppi di colpo quella dolce melodia ch’ero solita canticchiare durante le faccende domestiche e che mi teneva compagnia. Asciugai in fretta e furia le dita gocciolanti su di uno strofinaccio rosso e consunto e mi affrettai ad aprire.
Con un tonfo sordo attirai a me la maniglia, mentre il mio sguardo si posava sulla figura imponente che si ergeva dallo zerbino fino a dieci centimetri oltre la mia modesta statura.
La luce fioca del vano scala illuminava debolmente il volto dell’altro, anche se ormai avrei riconosciuto quella sagoma anche ad occhi chiusi.
- Hey ciao! Come stai? A cosa devo la tua visita?
Dissi in un sussurro, facendomi da parte per farlo entrare. Un rumore secco seguì l’apparizione del ragazzo nella stanza, con il quale si poteva affermare che la porta si era ufficialmente chiusa.
Sforzai con tutta me stessa di inclinare le mie labbra rosse in una sottospecie di sorriso, accomodandomi sul divano rosso a fianco del mio amico, che non intendeva rispondermi.
Strano.
La sua espressione mi trasmetteva l’idea di qualcosa che non andava, un fatto che mi voleva nascondere. Le sue mani erano serrate nelle tasche dei jeans sformati, e la sua attenzione era apparentemente concentrata su un punto indefinito del tappeto, colorato e rifinito con ornamenti orientali. Un altro particolare decisamente insolito era il modo ostinato con cui teneva stretta la sua borsa a tracolla, come se contenesse qualche cosa di valore che non intendeva mostrarmi.
Ma cosa gli prendeva?!
Con un leggero sospiro avvicinai la mano ai capelli biondi di lui, carezzandoglieli dolcemente, con quell’affetto e sicurezza che si dà a un fratello.
- Sei sicuro si star bene? Ti va di parlarne? …mh?
Le mie dita scivolarono da quei fili d’oro ch’erano i suoi capelli lungo la guancia, finendo sotto il suo mento, alzandogli il volto nella mia direzione e costringendolo a incrociare i miei occhi.
Dolore. Intravedevo questo nelle sue iridi azzurro-grigiastre.
Eppure le uniche poche frasi che giunsero alle mie orecchie furono:
- Non preoccuparti Ann. Ero solo venuto a bere qualcosa con te.. Così, da buoni amici quali siamo.
Cercò di sorridere, ma ciò che percepii non fu che una smorfia falsa che /teoricamente/ doveva rappresentare qualcosa di positivo, ma che si tradiva con la tristezza, peggiorando non poco la mia agitazione e il mio senso di inquietudine.
- Certo. Lo sai che mi fido di te.. Ti voglio bene!
Avvinghiai le mie braccia al suo corpo caldo e scosso da qualche tremito per qualche istante, alzandomi subito dopo con movimenti fluidi e recuperando due vecchi bicchieri dalla credenza.
Poi spalancai il frigorifero alla ricerca di qualcosa di leggero da bere: non rientrava nelle mie intenzioni sbronzarmi. Non quel giorno almeno.
La mia ricerca venne interrotta improvvisamente quando il ragazzo mi afferrò saldamente il polso.
Sobbalzai. Non mi ero accorta che si era alzato, tantomeno che si fosse avvicinato così tanto a me.
Mi mostrò nuovamente quel sorriso –che mi pareva sempre più un ghigno- e mise sul tavolo una bottiglia verde di vetro, una di quelle vecchio stampo, che si trovano facilmente a casa di qualche nonno.
La cosa mi incupì parecchio.
Sentivo chiaramente il cuore pulsare a raffica nel mio petto, accompagnando il mio respiro sempre più rapido e confuso.
Anche lui era abbastanza agitato, in quanto manifestava i miei stessi ‘sintomi’.
“Fantastico.” Commentai ironicamente.
Lui lasciò subito la presa ferrea sul mio arto, dedicandosi a versare uno strano liquido nei bicchieri della nutella che entrambi amavamo.
Ogni cosa di lui mi inquietava: le sue movenze incerte, la bevanda che stava versando e che dimostrava molta consistenza, un po’ più liquida del miele, ma trasparente.
Afferrai i mio drink, rigirandolo nervosa tra le dita.
Alzai appena gli occhi, appena per incrociare il suo braccio alzato verso il soffitto, mentre la sua voce calda riscaldava la stanza.
- A noi, migliori amici che non ci lasceremo mai.
Sentivo la sua attenzione puntata su di me, mentre con grazia e calma avvicinavo il bicchiere alle labbra.
Ne trangugiai senza ritegno il liquido. Che ci poteva mai essere di male in una semplice bevanda?
Dal fondo del bicchiere che mi copriva la visuale, distinsi la sua sagoma che beveva, come avevo fatto io.
‘Paranoica.’ Imprecai contro me stessa.
Ma facevo bene ad avere i miei dubbi, in quanto una strana sensazione di bruciore allo stomaco mi attraversò i nervi. La mia pelle, già pallida, si fece in pochi istanti ancora più cerea.
Lo sentii avvolgermi in un abbraccio caldo, mentre con un’eccessiva velocità la realtà intorno a me diveniva sempre più sfuocata, riducendosi a chiazze confuse e senza contorni definiti.
Appoggiai istintivamente il capo sul suo petto, alla disperata ricerca di quel suono che di certo mi avrebbe tranquillizzato.
Finimmo stesi sulle fredde mattonelle del pavimento. Anche se non ero più in piedi, tuttavia, potevo udire il battito debole e soffocato del suo cuore, lento quanto il mio.
Poi venne il silenzio, accompagnato a braccetto dal freddo.
Tutto era fermo, statico. Solo una goccia di quel liquido colava ancora dalle mie labbra.
Se solo avessi voluto esaminarlo avrei capito tutto.
Peccato.
Solo ora comprendo il senso delle parole ‘non ci lasceremo mai’.
Stretti assieme ci addormentammo, con la consapevolezza che non ci saremo più svegliati, uniti assieme per l’eternità.  
   
 
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