Our life
togheter
1°
Settembre 2009
In casa
Lupin quella mattina, tutto era diverso dagli altri giorni
dell’anno. Si
respirava un’aria di eccitazione, agitazione e nervosismo.
Quel
giorno, infatti, Ted Remus Lupin avrebbe cominciato a frequentare
Hogwarts e
grazie ai suoi studi sarebbe diventato un grande mago, proprio come i
suoi
genitori. Quella mattina si era svegliato presto, anzi prestissimo.
Alle cinque
e mezza era già in piedi. Si era fatto una doccia che
avrebbe dovuto essere
rilassante, si era pettinato alla meglio, aveva cambiato il colore dei
suoi
capelli trasformandoli nel loro vero colore.
“Teddy!” lo chiamò una voce femminile.
Lui fece
una smorfia al suo riflesso dello specchio, poi corse al piano
inferiore. Sua
madre stava bevendo un caffè, mentre suo padre leggeva la
Gazzetta del Profeta,
tranquillo come sempre.
“Che c’è,
mamma?”.
“Ti sei
già vestito?”.
“Ehm … No. Devo mettermi già i vestiti
da mago?”.
Remus,
seduto nell’angolino, sorrise al linguaggio ancora
leggermente infantile del
figlio. Alzò lo
sguardo su di lui,
scrutandolo. Era inutile, gli assomigliava troppo, soprattutto quel
giorno che
aveva lasciato i capelli del loro colore naturale: erano castano dorati
come i
suoi. Gli ricadevano sulla fronte, leggermente spettinati, gli occhi
azzurri,
il riflesso dei suoi, brillavano per l’agitazione ma anche
per le forti
emozioni.
Indossava
una maglietta a
mezze maniche blu e dei
pantaloni della tuta grigi. La pelle era bianca, come quella della
madre. Aveva
gli stessi lineamenti, pensò Lupin, gli stessi lineamenti
della donna di cui si
era innamorato.
“No. Ti
cambierai sul treno, a meno che tu non voglia già
indossarli” riprese Tonks
agitando la bacchetta, facendo finire la tazzina di caffè,
insieme a quella di
Remus, nel lavandino.
“Penso di
no” mormorò Teddy, sedendosi sul divano.
Ninfadora
lo guardò preoccupata: era normale che suo figlio fosse
agitato quel giorno, lo
era anche lei. Come se la sarebbe cavata ad Hogwarta senza lei e Remus?
Gli si sedette accanto, silenziosa, sperando fosse lui a rompere il
ghiaccio.
Purtroppo, il figlio aveva ereditato parte del carattere del padre. Era
infatti
riflessivo come lui e tendeva a non esternare i problemi agli altri a
meno che
non gli venisse chiesto.
“Come ti
senti? Sei nervoso?”.
Il
ragazzino la guardò per
un attimo, poi
abbassò lo sguardo “Sì”
farfugliò.
“E
perché?”. Era cresciuto troppo in fretta,
pensò Tonks. Gli sembrava che fosse
nato ieri, mentre quel giorno stava per andare a scuola! Aveva 11 anni!
Era più
maturo dei suoi coetanei, ma era ancora ingenuo. Era ancora un bambino.
“Non so
in che casa vorrei finire, esattamente”.
“In
qualunque casa andrà bene, tesoro”.
“Mamma …” disse il bambino, guardandola
negli occhi “Che ne diresti se
diventassi un Corvonero?”.
Lei sorrise. Era stato il problema di tutti i maghi. Lei stessa aveva
dato il
tormento alla madre finchè, quest’ultima,
esasperata, l’aveva quasi sbattuta
fuori di casa.
Lupin
intanto, ascoltava attentamente la discussione. Anche lui aveva avuto
il suo
stesso timore. Da quel che sapeva lui, quando era piccolo, avrebbe
giurato di
finire a Corvonero, invece il destino l’aveva collocato a
Grifondoro, là dove
aveva incontrato i suoi migliori amici.
“Sarei
contenta. Corvonero è una buona casa.” Rispose
Tonks, cercando di infondergli
sicurezza.
“Sì, ma…”
farfugliò ancora Teddy imbarazzato.
“Che cosa?”.
Si stropicciò la maglia con le dita, nervoso “E se
diventassi un … Un …
Serpeverde?” sussurrò con voce appena udibile.
Remus e la madre sorrisero. Non sarebbe mai finito a Serpeverde, non
Teddy che
era coraggioso, leale, creativo, nobile. Non era ambizioso o altro.
Certo, se
fosse finito a Serpeverde i loro sentimenti nei confronti del figlio
non
sarebbe cambiato di un briciolo, anzi! Sarebbe stato il primo
Serpeverde della
famiglia.
“Non c’è nulla di male a finire a
Serpeverde, Teddy” spiegò la madre
“E’ una
casa come le altre”.
“Ma Ron mi ha raccontato che tanti maghi Serpeverde erano
cattivi. Come …
Voldemort”.
I due
maghi adulti fremettero a sentire quel nome. Ormai il pericolo era
passato, ma
era un ricordo indelebile. Il dolore e la devastazione che aveva
provocato nel
mondo magico non si poteva cancellare.
“Non è
vero. Non tutti i Serpeverde sono cattivi. Ci sono stati anche maghi
cattivi in
altre case” disse Tonks, poi gli scompigliò i
capelli “Su, Teddy, non ti
preoccupare. Sarai un mago fantastico, in qualunque casa tu finisca!
L’importante è che tu impari tante cose
nuove!” concluse, facendogli
l’occhiolino che strappò un sorriso al figlio.
Si alzò
“Vado a controllare che tu abbia messo tutto. Tu puoi fare
quello che vuoi ora.
Sei in anticipo, Ted” disse Ninfadora per poi sparire al
piano superiore.
Il
ragazzino si diresse in giardino, seguito dallo sguardo attento del
padre che
mise via il giornale e lo raggiunse.
Teddy si era seduto sull’erba fresca, a gambe incrociate.
Remus seguì il suo
esempio e si lasciò accarezzare dall’aria
mattutina.
Padre e
figlio rimasero silenziosi, a godersi la presenza reciproca. In quel
momento,
seduti accanto nella stessa posizione, erano simili come due gocce
d’acqua. Ninfa
dora che dalla cucina li vide, sorrise. Capì che doveva
lasciare loro quello
spazio, quel momento padre-figlio.
“Allora,
Teddy, sei pronto?”.
“Spero di
sì, papà” disse, sospirando
“Ho … paura”.
“È
normale averne. È un momento importantissimo nella vita di
tutti i maghi”
spiegò il padre “Anche io lo ero alla tua
età. Non sapevo in che casa finire,
non avevo amici ed ero sempre stato emarginato da tutti”
mormorò, perdendosi
nei ricordi.
“Beh, gli
altri bambini sbagliavano, papà!”
esclamò convinto.
Remus sorrise.
Suo figlio aveva una grande empatia per la sua età.
“Grazie, Ted. Sai quando sono salito sul treno ero smarrito.
Non volevo sentire
gli sguardi carichi di disprezzo degli altri, così mi
rifugiai in uno
scompartimento vuoto, l’unico non ancora occupato. Ho tirato
fuori il mio libro
e ho cominciato a leggere, finchè due ragazzini esuberanti
non sono venuti a
chiedermi se potevano sedersi con me. Ero imbarazzato. Erano molto
amici tra
loro e io mi ero sentito escluso, tutto subito. Mi sbagliavo, invece.
Mi hanno
subito coinvolto nelle loro discussioni e nei loro scherzi. Per la
prima volta
nella mia vita mi sentii bene, un ragazzino normale, come tutti gli altri. Uno dei
due mi ha difeso da
altri ragazzi che mi prendevano in giro. Erano suoi parenti, ma ho
capito
subito che non erano in buoni rapporti tra di loro. Comunque con loro
due siamo
stati subito grandi amici” Raccontò perdendosi nei
ricordi, poi tornò a fissare
lo sguardo negli occhi del figlio “Sai chi erano questi
ragazzini?”.
“Ehm”
fece imbarazzato.
“Sirius Black e James Potter” rispose, con una nota
di dolore. Gli faceva
sempre male pensare a loro.
“James
Potter? Il padre di Harry?”
“Sì, Teddy. E Sirius Black è stato il
padrino di Harry, nonché il cugino di tua
madre”.
“Davvero?”.
“Sì. Sarebbe molto fiero di te.”
Il
piccolo arrossì “Me lo ricordo! Harry mi ha
mostrato delle sue foto. Era un
signore coi capelli lunghi, neri. Aveva la faccia un po’
… triste”.
“Già. Ha passato brutti momenti. Ma sai, Teddy,
lui voleva molto bene a Harry.
Era come un figlio per lui. Era il figlio del suo migliore amico. Ha
giurato di
proteggerlo da ogni pericolo e l’ha fatto. È morto
per salvarlo.”.
“Lo so. Harry me ne aveva parlato”.
Remus sorrise. Gli avrebbe raccontato poi la storia dei Malandrini.
“E’ stao un
ottimo padrino, come Harry lo è per te”. Il figlio
non rispose, immerso nei
suoi pensieri.
“Teddy, non devi avere paura di finire a Serpeverde.
È un’ottima casa” aggiunse
il padre.
“Pero’ non voglio”.
“Avanti. Perché no?”.
“Non mi piace” disse mettendo il broncio
“Io voglio essere come te, papà”.
Al padre gli si strinse il cuore. Era una frase semplice, ingenua ma
bellissima. Voleva essere come lui.
“Vuoi diventare un Grifondoro?”.
“Sì! Come Harry, Ron, Hermione
…”
Lui rise “Vedo che hai le idee chiare. Se è quello
che vuoi, molto
probabilmente sarai accontentato. Vieni smistato non solo per le tue
qualità ma
anche secondo ciò che desideri”.
Il
bambino annuì “Harry mi ha detto che lui
inizialmente doveva essere un
Serpeverde, ma poi è finito a Grifondoro”.
“Sì. A quanto vedo, vi assomigliate molto in
questo”.
“Papà, sarei un buon grifondoro?”.
Lui lo guardò. Era così simile a lui …
E a Sirius in quel momento. Anche Sirius
voleva finire a tutti i costi a Grifondoro. Detestava Serpeverde, la
casa in
cui erano andati tutti i suoi parenti. Sorrise a ricordare lui, James e
…
Peter. I Malandrini, quattro studenti Grifondoro. Teddy gli
assomigliava
troppo. Aveva il cuore di un Grifondoro e quella leggera inclinazione a
ficcarsi nei guai, come lui, Sir, James ed Harry.
“Certo”.
“Tu dici che potrei esserlo?”.
“Ne sono quasi sicuro, Ted”.
Lui sorrise, raggiante “Evviva!”
saltellò, inciampando.
In
quello, pensò Remus, aveva preso dalla madre. Era
leggermente goffo come lei.
Teddy gli
andò incontro e lo abbracciò velocemente.
Lupin lo
strinse a sé. Suo figlio era ciò che aveva di
più importante.
“Grazie,
papà!”
“Di
nulla”, poi gli scompigliò i capelli “E
ora andiamo”.
Il bambino annuì poi corse dentro, portandosi dietro un
grosso baule. Ninfadora
lo seguì per poi raggiungere Remus. I due si presero per
mano, con Teddy che
camminava poco davanti a loro.
Salirono
sull’automobile volante e si diressero verso di casa di Harry
che gli
aspettava, sorridente.
Il
Ragazzo-che-è-sopravvissuto era ormai diventato un uomo.
Aveva già avuto tre
figli.
I capelli
neri erano scompigliati come sempre, gli occhi brillavano di
felicità, come se
fosse lui a dover andare ad Hogwarts. Portava ancora i suoi occhiali
tondi.
Era la
fotocopia di James, pensò Remus. Gli assomigliava
già quand’era un ragazzino,
ma ora era identico a lui.
“Zio
Harry!” lo salutò Teddy, correndogli incontro.
“Ehi, ciao! Allora, pronto?”-
“Sì! Sei venuto alla fine!”
“Certo. Ti avevo promesso o no che ti avrei
accompagnato?”.
Lui annuì, diventando taciturno. Il nervosismo era tornato a
colpirlo, tuttavia
grazie alla parole del padre era più tranquillo di prima.
“Ciao Harry” salutò allegramente Tonks,
mentre ripartiva a tutta velocità.
“Ciao,
Ninf … Tonks!” si corresse subito
l’uomo. “Remus” fece un cenno al suo ex
professore.
“Tutto
bene, Harry?”.
“Oh sì! Ho dovuto lasciare a casa James che voleva
venire ad Hogwarts a tutti i
costi”.
Il mago rise “Ti capisco”.
Il viaggio durò poco, ma per tutto il tragitto, i tre adulti
avevano parlato
tranquillamente, mentre il bambino era rimasto in silenzio, immerso nel
suo
mondo.
Chissà se avrebbe avuto degli amici come Sirius e James, si
chiedeva. Era un
tipo socievole, faceva amicizia facilmente, anche con i Babbani.
Arrivarono
a King’s Cross che era piena di Babbani e maghi. Tanti
ragazzini come lui,
erano agitati, per mano ai genitori.
Prese il
suo fedele gufo e il baule che si trascinava dietro e sospirando, corse
verso
il muro, scomparendo. Harry rivide sé stesso la prima volto
che attraversò il
muro finendo al binario 9 ¾. Teddy doveva essere ansioso
come lui.
Remus,
Tonks ed Harry lo seguirono, ritrovandosi nel mondo magico, gremito di
madri
che salutavano in lacrime i loro figli. Teddy provò un
attimo di nostalgia. Il
giorno che aveva sempre aspettato con ansia era arrivato e lui non
voleva
lasciare la sua casa, i suoi genitori, Harry.
Si
strinse di più al padre che se ne accorse e gli mise un
braccio sulle spalle,
poi si inginocchiò per arrivare alla sua altezza.
“Non avere paura, Teddy. Non sarai solo. Troverai tantissimi
amici e io e la
mamma ti scriveremo spesso, promesso” disse Remus, per poi
accarezzare la
guancia al figlio.
Dora, con le lacrime agli occhi, abbracciò il suo piccolo,
singhiozzando e
farfugliando frasi sconnesse e sdolcinate.
Harry gli
sorrise e tirò fuori dalla tasca della giacca una specie di
pergamena. Sul volto di Remus apparve un'ombra di divertimento. Aveva
capito subito di cosa si trattasse. Teddy invece guardò il
curioso
oggetto che aveva in mano con aria sospetta.
“Ecco, Teddy. Questa è tua” disse il
padrino porgendogli la preziosa mappa. Con
la coda dell’occhio vide l’ex professore
ridacchiare.
“Che cos’è?”.
“E’ un oggetto molto speciale. Una mappa. Era di
tuo padre che me l’ha
gentilmente concessa, ma ora penso che tu debba esserne il legittimo
proprietario.”.
“Ma … Non si vede niente!”
protestò il bambino.
“Non funziona ora. Devi pronunciare una formula speciale per
usarla e anche
quando avrai finito.”.
“E quale?”
“Dovrai
scoprirlo tu. Sono sicurissimo che ce la farai. Ti sarà
utile”, disse “potrai
usarla una volta che sarai smistato. E sono certo che finirai a
Grifondoro,
Teddy” concluse Harry “ce l’hai nel
sangue”.
Teddy farfugliò una frase sconnessa, ringraziò
Harry e salutò ancora una volta
i suoi genitori.
“Sono fiero di te” gli disse Remus.
“Ci vediamo a Natale, piccolo” fece Tonks mentre
osservava il figlio salire sul
treno.
Sbuffando, il treno partì. Remus e Ninfadora rimasero
abbracciati l’un l’altro
fino a che l’Hogwarts Express non svanì dalla loro
vista.
“Se la caverà senza di noi?” chiese la
Metamorphomagus leggermente preoccupata.
“Puoi giurarci. Non dimenticare che è un
Malandrino!” esclamò Remus, fingendosi
orgoglioso e ricevendosi un pugno dalla moglie.
Harry rise a quella vista. Sarebbero rimasti sempre gli stessi.
Hogwarts
La sala era colma di studenti, vecchi e nuovi. La maggior parte erano
accomodati alle lunghe tavole ricche di cibo dall’aria
squisita. Gli sguardi si
puntarono tutti sui nuovi arrivati, che si sentirono a disagio.
Il soffitto era illuminato da candele sospese per aria. Un fantasma
rise
vedendo tutti quei ragazzini dalle facce smarrite.
Teddy
Lupin, con accanto il suo nuovo amico Josh Trevor, si guardò
attorno. Suo padre
e sua madre gli avevano parlato tantissime volte di Hogwarts, anche
Harry
l’aveva fatto, ma nessun racconto provocava in lui emozioni
di stupore e
meraviglia come in quel momento. Capì cosa voleva dire il
suo padrino quando
gli aveva detto “Solo quando varcherai la soglia,
capirai”.
Il suo sguardo perlustrò ogni angolo dell’enorme
sala, fissandosi sul tavolo
dei professori. Al centro era seduta una donna anziana,
dall’aria saggia. Era
la preside Minerva McGranitt.
La donna
si fece avanti e cominciò a fare un discorso di benvenuto,
poi un cappello
parlante canticchiò una filastrocca in cui dava felicemente
del buon arrivato a
tutti.
Finalmente
il momento tanto atteso era arrivato. Lo smistamento.
Sentì la preside chiamare “Arnold,
Fred”. Un ragazzino dai capelli castano
scuro si avviò verso la donna, con aria spaurita. Il
cappello mormorò qualche
frase, facendo sobbalzare il ragazzo dopodiché venne
pronunciato il verdetto
“Grifondoro!”. Il tavolo in cui erano seduti gli
studenti di quella casa
applaudì.
“Barker, Brad”. Questa volta un ragazzo dai capelli
neri e l’aria sicura e
spavalda si fece avanti. Aveva uno sguardo … cattivo, si
ritrovò a pensare Teddy.
Il cappello, non appena fu posizionato sulla testa del giovane
urlò
“Serpeverde!”.
Teddy rabbrividì. Non voleva finire in compagnia di uno come
quello. Il tempo
passava e ragazzi e ragazze venivano smistate di casa in casa. Quando
cominciava ad annoiarsi sentì la voce dire “Lupin,
Teddy”.
Ci fu un mormorio quando udirono il suo nome. Sentì mille
sguardi puntati sulla
sua schiena. Perché lo guardavano così? Harry gli
aveva raccontato che lui
aveva sempre gli occhi di tutti addosso, ma lui non era certo famoso
come il
suo padrino!
“Ehi” sentì una voce bisbigliare,
proveniente dai Serpeverde “Ma quello non è
il figlio di Remus Lupin? Il lupo mannaro?!”.
Lui fece una smorfia, ignorando i commenti cattivi degli altri.
La McGranitt gli mise in testa il cappello e questo cominciò
a borbottare
“Bene, bene! Lupin, eh? Un altro?”. Teddy
sobbalzò “Una mente davvero
brillante. La casa giusta per te sarebbe Corvonero”.
Sentì un misto di
delusione e tristezza farsi avanti nel suo petto “Tuttavia
percepisco un gran coraggio
e nobiltà d’animo! Credo che non mi resti
scelta”. Il suo cuore cominciò a
battere furiosamente. “Rispetterò la tradizione di
famiglia. GRIFONDORO!”.
In quell’istante fu il ragazzino più felice del
pianeta. Ce l’aveva fatta! Il
suo sogno si era realizzato! Era diventato un Grifondoro, come suo
papà!
Si alzò barcollante dalla sedia e sbirciò
indietro. Teddy giurò di aver visto
la McGranitt sorridere, soddisfatta.
Era
passata una settimana da
quando era arrivato ad Hogwarts. Aveva fatto amicizie con tantissimi
ragazzini,
tra cui, ovviamente Josh che era stato smistato anche lui a Grifondoro.
Un
altro suo grande amico era Benjamin Thomas, figlio di Dean Thomas che
era stato
amico di Harry e che ammirava il suo papà.
“Mio padre dice sempre che il tuo papà
è stato il più grande insegnante di
Difesa contro le Arti oscure!”
Teddy
aveva cominciato ad imparare i primi incantesimi di Trasfigurazione,
materia in
cui era particolarmente bravo. Eccelleva in tutto pero’. Era
lo studente più
bravo. Amava difesa contro le arti oscure e secondo il suo professore
agli
esami avrebbe preso il massimo dei voti.
Una sera,
nel dormitorio, mentre tutti gli altri dormivano, prese la mappa che
aveva
gelosamente custodito nella sua valigia.
La
osservò attentamente, cercando di capire come funzionasse.
La rigirò, provò a
scuoterla ma non successe nulla. Cominciando ad indispettirsi prese la
bacchetta e cominciò a mormorare possibili frasi per far
succedere qualcosa ma
senza successo.
Poi ad un
tratto, come se fosse una cosa che aveva sempre saputo, alzò
la bacchetta e
pronunciò “Giuro solennemente di non avere buone
intenzioni!”.
Sulla
pergamena apparvero delle scritte, come se una mano invisibile vi
stesse
scrivendo.
I Signori
Lunastorta, Codaliscia,
Felpato e Ramoso Consiglieri e Alleati dei Magici Malfatto sono fieri
di presentarvi
LA MAPPA DEL MALANDRINO.
Teddy
guardò ammirato e stupito ciò che vedeva sulla
mappa. Tutti i presenti a
Hogwarts, ogni movimento che facevano in tempo reale.
C’era anche lui. La scritta Teddy Lupin era immobile nel
dormitorio. Rimase
tanto tempo a guardare divertito le figure muoversi. La Mc Granitt
finiva il
giro del castello.
Ma chi
erano Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso? Sicuramente erano dei
geni per
inventare una cosa simile, pensò Teddy. Avrebbe tanto voluto
conoscerli. Il suo
padrino aveva detto che era appartenuta a suo padre. Forse lui avrebbe
saputo
spiegargli. Quando il sonno cominciò a prendere il
sopravvento, realizzò di non
sapere come fare per far scomparire il contenuto della Mappa agli
altri. Uffa,
e ora come avrebbe fatto?!
Provò a ricordare tutte le conversazione avute con suo padre
e con Harry in
cerca di qualche dettaglio che gli potesse utile.
“Un giorno ti parlerò dei
Malandrini.
Anzi, lo farà Remus” disse il mago più
famoso di tutti i tempi seduto sulla
riva di un lago con accanto Teddy. “Sono grandi maghi. E poi
erano davvero dei
combina guai.”.
Il bambino ascoltava attentamente le sue parole, poi sentì
il padrino mormorare
una frase: Fatto il Misfatto, pronunciò con il sorriso sulle
labbra.
“Che cosa?” chiese Teddy.
Lui sorrise, prendendolo in braccio. “Un giorno
capirai”.
Sapeva come fare ora. Prese la bacchetta e diede un colpetto
leggero alla
Mappa mormorando “Fatto il misfatto!”.
Le
scritte, così come erano apparse, scomparvero e Teddy Lupin
si addormentò
sorridente.
Una donna
si pettinava i capelli che quella sera non volevano stare a posto.
Sbuffò,
frustrata, poi decise di lasciar perdere. Si sistemò meglio
il vestito che
indossava per l’occasione. Festeggiavano i loro 11 anni di
matrimonio, non
avendo avuto occasione di farlo prima.
Ninfadora
indossava jeans neri che le fasciavano le gambe snelle, una maglietta
fucsia e
delle scarpe da ginnastica. Era una delle poche che si vestiva in modo
femminile, o almeno, normale, in quel modo che sua madre avrebbe voluto
che si
vestisse sempre.
Scese le
scale, arrivando al piano di sotto e trovò Remus, il suo
Remus, suo marito che
amava alla follia vestito con il miglior abito che aveva. Indossava un
completo
che gli aveva comprato lei per il suo compleanno: camicia bianca,
giacca nera e
pantaloni del medesimo colore e scarpe nere lucide. I capelli erano
pettinati
perfettamente, striati leggermente di grigio. Gli occhi azzurri
brillavano per
la felicità. Era bellissimo, semplicemente bellissimo.
Dovette far appello a
tutte le sue forze per non saltargli addosso seduta stante. Gli sorrise
e lo
abbracciò, baciandolo.
“Sei
bellissimo, Remie!”.
L’uomo
ridacchiò “Mai quanto te, Dora”.
La donna
che era ancora aggrappata a lui, si discosto leggermente.
“Dove ha intenzione
di portarmi, signor Lupin?”.
Il mago sorrise “Adesso lo vedrai.” Poi la prese
per mano ed si
smaterializzò con lei.
Si
ritrovarono in un vicolo buio ed isolato, illuminato solo da un
lampione
solitario.
“Dove
siamo?”.
“Siamo in
un villaggio poco lontano da Londra. Si chiama Lowf Village”
rispose lui
prendendola per mano e conducendola nella piazza principale del paese,
in cui
c’erano diverse panchine e almeno 4 lampioni che la
illuminavano. Era presente
anche una chiesa e c’era un negozio ora chiuso. Per il resto,
era deserto. Non
c’era nessuno.
“E’
abitato da babbani o maghi?”.
“Entrambi, a dire il vero, ma con prevalenza di
maghi”.
“E
riescono a convivere senza dare nell’occhio?”.
“Certo. Qualche incantesimo e il gioco è
fatto!” spiegò il mago sorridendole.
“Ma non ti ho portata qui per farti un giro turistico o
spiegarti le
particolarità del villaggio”.
Si
ritrovarono in una via nascosta, in cui si vedeva un ristorante
illuminato, con
un’insegna penzolante in legno decorato da scritte dorate e
argentate che erano
disegnate da alcuni folletti.
Remus
spinse delicatamente la porta che si spalancò con un
tintinnio. Il posto era
occupato da diverse persone, tutta gente magica che rideva e scherzava.
L’aria
era familiare, piacevole.
I tavoli
erano distanti l’uno dall’altro, qualcuno era
occupato da famiglie, altri, più
riservati, da coppie più o meno giovani.
Un
ragazzo sulla trentina d’anni li avvicinò
“Avete prenotato?” chiese
squadrandoli. Si soffermò più su Ninfadora, con
disappunto di Lupin che si
irrigidì impercettibilmente.
“Sì” fece
con voce professionale “Remus Lupin”.
Sul viso del giovane si dipinse un sorriso, apparentemente forzato
“Oh si. Il
signor Lupin. Prego” disse facendoli strada.
Si
accomodarono ad un tavolo in un angolo, molto lontano da tutti gli
altri.
“Wow,
Remie! È bellissimo questo posto!”.
L’uomo sorrise “Sono felice che ti piaccia
… Non è granchè, ma
…”.
“Non dirlo nemmeno per scherzo. È perfetto, Remus,
davvero” disse guardandolo
negli occhi azzurri. Era davvero una serata fantastica. Il posto era
vero, non
era un ristorante super lusso ma a lei non importava. Non le era mai
importato.
Remus, poi, non aveva ancora avuto possibilità di trovare
lavoro. Le leggi
contro i licantropi erano state rievocate, tranne quella per quanto
riguardava
le professioni. Anche se lei guadagnava molto, uno stipendio per una
famiglia
era relativamente poco, tuttavia non si facevano mai mancare nulla.
E poi, c’erano le serate speciali, come quella. Quelle serate
indimenticabili
che finivano sempre nel migliore dei modi e che facevano innamorare
sempre di
più i due l’uno dell’altro, per quanto
possibile.
Mangiarono
in modo ottimo, si divertirono e parlarono di cose generali a cose
più intime.
“Lo
sai,
Dora, se Sirius fosse qui ora …”
“Ci direbbe che siamo troppo dolci e troppo
noiosi!” interruppe la
Metamorphomagus per poi scoppiare a ridere, contagiando anche il
marito, che si
perse nei ricordi scolastici. Ricordò la risata del suo
migliore amico che era
più simile ad un latrato di un cane egli ritornarono in
mente tutte le loro
bravate, i loro misfatti…
“Teddy ha mandato una lettera questa mattina?”
chiese Remus.
“Oggi no,
ma stai tranquillo. È un bravo ragazzo, se la
caverà! E poi … Sei più
apprensivo più te di me, amore” rispose Tonks con
tono leggermente divertito,
mentre i suoi capelli assunsero per un attimo una tonalità
viola.
Il mago
abbassò lo sguardo, imbarazzato “Non è
vero”.
“mmm” fece lei, ridacchiando
“D’accordo lasciamo perdere. Comunque, Ted si
è
trovato tantissimi amici, lo sai, vero?”.
“Sì”.
“Non sarà mai solo!”.
“Lo so.”
“Nemmeno tu lo sei mai stato” ribadì
lei, afferrandogli la mano “Ci sono stati
Sirius, James e sì.. anche Peter. E poi sono arrivata
io!” trillò sorridendo.
Remus la guardò negli occhi “Ti amo”.
L’Auror sentì il suo cuore accelerare, proprio
come la prima volta in cui gliel’aveva
detto “Ti amo anche io, Remus” farfugliò.
Il licantropo ridacchiò “Sono felice di vedere che
ti emozioni ancora come
undici anni fa”.
“Ehi! È colpa tua! Sei tu che mi fai
quest’effetto!”
“Certo”
fece lui alzando gli occhi.
“Pensi che migliorerò mai? Pensi che
smetterò di avere questa reazione da
adolescente ogni volta che tu mi dici ti amo o ogni volta che mi
sfiori?”.
“Spero di no, Ninfadora, perché è
bellissimo vederti arrossire. Tu
sei bellissima”.
La tonalità dei capelli della Metamorphomagus
diventò un improvviso rosso
accesso, per poi tornare velocemente rosa. Remus sorrise e si
avvicinò a lei,
baciandola, per poi smaterializzarsi a casa, ancora uniti da quel bacio
che,
durante la notte, si trasformò in qualcosa di molto
più intenso.
Note Autrice:
Un’altra fic su Remus e Ninfadora
che questa volta comprende anche il piccolo Teddy che ora ha 11 anni e
comincia
a frequentare la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts!
Ho voluto
cambiare il corso degli eventi, non far morire Remus e Tonks e far
crescere Ted
con i rispettivi genitori!
E’ una
fic che si svilupperà in due capitoli!
Spero solo che vi piaccia e che lascerete qualche recensione anche
piccola!
Grazie.
Franci.